PREMESSA
Distinguo l’empirismo come struttura di pensiero e di azione dalla empirico come categoria dell’esperienza che può essere comune a tutte le donne e gli uomini che conducono nella propria esistenza una qualche ricerca di carattere filosofico, morale, scientifico o politico.
ASSISTERE ALL’INTUZIONE
Appare impossibile d’uscire dalla dissoluzione morale.
Che pure essendo vero come dice Socrate che il filosofo cerca di allontanarsi dal corpo, d’affamarlo nei suoi bisogni, questo è grande male e sofferenza.[1] E certo che la felicità potrebbe essere nella sofferenza, come dice sempre Socrate, che “Il ogni cosa viene dal suo contrario”[2] ma si tratta d’una esperienza complessa che necessita di certezze e campi ristretti.
Che forse noi possiamo mettere a noi delle limitazioni quando il mondo non è in alcun modo limitato?
Non saprei.
Certo lo spirito, il demone, il dio, la volontà, la libertà, il logos, la ragione tutti questi enti sono e non sono e la loro apparizione alla vita è tutt’altro che costante e liberatrice.
Si può essere schiavi della virtù e del vizio senza provare particolare giovamento né nell’uno né nell’altro.
E Socrate va bene per la città, dove il privato e il pubblico sono congiunti e necessari, dove ci si conosce e il destino del singolo dipende dalla capacita di modificare il destino di tutti.
Ma in questo mondo libertario, dove non v’è senso alcuno nella comune collettiva idea e azione, poiché mancano quelle strutture legislative della rappresentanza a legare i comuni destini, che senso ha parlare di virtù morale, virtù civile, virtù pubblica? Ciascuno abbandonato alla deriva della transvalutazione dei valori che alla fine nulla sono se non indistinto e lagunare pastiche di coscienza e libido.
Sicchè questa è la più grande evoluzione morale dell’uomo? La possibilità di mixare l’istinto con la ragione senza più domandarsi se l’una conduce l’altra o viceversa? E creare una scienza, una civiltà, un progresso che ottimizza questa condizione dell’uomo, delle sue strutture produttive, di governo, di Potere?
E’questo forse un errore filosofico, della morale , della scienza?
L’EGUAGLIANZA IRREVERSIBILE[3]
Certo che lo è. Ed è l’errore di sempre, l’errore dell’empirismo, l’idea che le eguaglianze siano per ciò stesso reversibili, cioè che gli enti così come ci appaiono e così come sono istruiti e costruiti siano legati da forze reversibili. E certo che la felicità esiste quando esiste uno stato fisico e mentale favorevole ad essa e dunque possiamo dire che esiste una eguaglianza tra questi concetti e possiamo anche usare le strutture della matematica tradizionale per esprimerle ovvero che felicità= f(mente, corpo), e possiamo anche farne derivare una serie di azioni volte ad aumentare la felicità ovvero ottimizzare la mente e il corpo per ottenere la felicità e lo possiamo anche scrivere matematicamente felicità=max(mente, corpo). E tuttavia questo che cosa significa?
Che veramente quando stiamo bene fisicamente e siamo sani mentalmente allora siamo felici? Non avete mai visto la sconforto dei sani, dei ricchi, dei belli, di coloro che secondo questa relazione di eguaglianza matematica dovrebbero essere felici?
Allora che cosa è che non va in tutto questo modo d’intendere la felicità, come condizione dello spirito, come forza della morale, come bene etico ? c’è di male che le eguaglianze che sono prodotte da particolari stati dell’essere non possono essere considerate ontologicamente valide, metafisicamente assolute, ma esse devono potere essere analizzare evolutivamente. Se cioè la felicità scaturisce da una particolare condizione, è il processo che ha portato a creare quella particolare condizione che risulta essere analizzato e non la semplice presa d’atto del fatto che le cose sono uguali così come si sono appunto manifestate,come appaiono all’operatore esterno. Allora ecco l’errore dell’empirismo, d’abbandonare il suo stesso episteme nel momento della formulazione del giudizio, dell’analisi, dell’azione.
Quindi l’empirismo che si fonda sui fatti, non dovrebbe successivamente trascendere nell’analisi metafisica, come a considerare appunto che la felicità dipenda sempre dalla buona condizione mentale e fisica, ma dovrebbe appunto empiricamente, limitarsi a dire che quella particolare felicità si è venuta a costruire attraverso un certo percorso mentale e fisico, e che tale verità è acclusa a quell’unico caso e alla sua genesi. E dunque in questo caso si dovrebbe utilizzare una nuova notazione matematica , quella cioè dell’eguaglianza irreversibile, che cioè è una uguaglianza ma che non può essere invertita né analizzata in ordine diverso rispetto a come i membri sono presentati, ragione per cui la chiameremo anche eguaglianza ordinativa. Felicità=f(mente, fisico) irr, significa che essendo vera la felicità di un individuo è possibile analizzare la sua condizione di felicità ma, nello stesso tempo, la condizione fisica e mentale dell’individuo nulla possono dirci empiricamente sulla felicità dell’individuo stesso. E’ questa una relazione irreversibile epistemologicamente. Sicchè empiricamente tutte le supposizione che si possono fare circa la possibilità di ricostruire la felicità partendo dalla condizione di spirito e di mente sono in realtà fallaci e ascientifiche, poiché non ha senso l’astrazione dal empirismo, avendo maggiore significanza l’induzione nell’empirismo.
E l’induzione ha un forte limite che è il suo stesso campo di esistenza, vale a dire essa non si può generalizzare.[4] Essa è gravata dai suoi dati, dalle sue analisi, dalla sua struttura empirica appunto.
Quindi l’eguaglianza irreversibile è uno strumento che ci aiuta a non commettere errori molto diffusi, come quello per esempio di dire che se una persona ha molti soldi è ricco, oppure che se è povero non ha potere, o che il tasso di interesse produce effetti nel mercato finanziario[5]. Queste relazioni empiriche, che generano delle eguaglianze, devono essere maneggiate nella consapevolezza che generalmente si tratta di eguaglianze irreversibili, cioè tali che esprimono non una identità ontologica, nel senso dell’essere, ma una identità ordinativa, evolutiva, che contiene in se il percorso di manifestazione del fenomeno che è irreversibile.
Ecco dove è l’errore di questi nostri tempi. Errore morale ed errore scientifico insieme, essendo l’empirismo uscito dal suo originario alveo morale per invadere la scienza.
E a questo empirismo non si può permettere l’errore esistenziale di trasformarsi in ente, in ontologia.
Esso permarrà nella sua dimensione indagatrice, irreversibile, ordinativa.
Le sue proposizione spurie siano analizzate e tuttavia tenute distinte dalle eguaglianze reversibili, che esse si sono ente, e definiscono l’ontologia del fenomeno che descrivono.
SOCRATE SCACCIATO DA ATENE : OVVERO PERCHE’ L’EGUAGLIANZA IRREVERSIBILE NON SI LEGA AL TUTTO
L’eguaglianza irreversibile, che è dunque il processo descrittivo finale dell’analisi empirica, non riesce a totalizzarsi, a divenire ontologia, a trasformarsi in essere. Le sue verità sono verità ordinative e relative. Esse descrivono un mondo fatto di enti che, ciascuno particolare, non si combinano se non attraverso rapporti che sono causali, o fondati sulla particolare circostanza, sulla condizione, sulle opportunità involontarie. Pensiamo alla morale, alla libertà, alle azioni degli uomini, ciascuna particolare, svincolata, frammentata rispetto a quella degli altri. Questa morale possiede gli stessi elementi dell’empirismo, così come lo abbiamo descritto fino a questo punto. Ciascun individuo fonda le proprie azioni su se stesso, le proprie scelte sulla propria razionalità, la propria condizione sulla propria felicità, e tutto questo è assoluto, ma non nel senso della ontologia, che cioè è completamente assoluto, ma è assoluto relativamente, condizionatamente a quell’individuo. Questa condizione dell’individuo è la condizione libertaria[6] , dell’individuo che non ha di fronte a se alcuna altra libertà o limite o costrizione. E’ evidente che con il l’empirismo morale e scientifico, con la sua manifestazione politica, il libertarismo, non v’è Polis, non v’è Democrazia, non v’è Stato. E tutti questi elementi della società non esistono semplicemente perché, la politica vissuta libertariamente, fondata sull’empirismo, non ha necessità del Dialogo, del Giudizio, della Legge. E senza Dialogo non si accede alla Democrazia, senza Giudizio della Giustizia non v’è subordinazione delle necessità del singolo alla comunità, e senza Legge non v’è ordine.
DEL MONDO NUOVO
Avendo quindi chiuso l’empirismo nella sua struttura epistemologica, essendo esso stesso legato al particolare, che non si lega al tutto, se non per il tramite di similitudini che sono tuttavia incapaci di espandersi al tutto, possiamo ora ragionare dell’eguaglianza e della sua funzione. Certo è difficile perché le limitazioni che sono state imposte alla ricerca filosofica, scientifica, morale e politica, dalla vittoria storica dell’empirismo sono tali che oggi, i dati, il particolare, l’infinitamente piccolo, la micro dimensione individuale sono così invalsi come approdo sicuro della coscienza , della intelligenza, del benessere e della felicità, che appare impossibile pensare e agire diversamente.
E tuttavia anche questa condizione è in realtà una illusione che si fonda su di una eguaglianza irreversibile.
Ho già detto che distinguo l’empirismo dalla categoria dell’empirico.
L’unico elemento che vorrei quindi aggiungere è che in realtà occorre liberarsi dalla schiavitù dell’empirismo, essendo invece al contrario l’empirico una categoria ineliminabile dell’esistenza. E’ necessario pensare all’impossibile, all’improbabile, al non provato, al non datato, al non classificato, poiché lì è la natura non ancora inclusa nel processo di civilizzazione. E invadere i campi nuovi della conoscenza con una scienza totale che, invalsa dalla distinzione tra eguaglianza irreversibile e eguaglianza, sappia liberarsi dal gioco della relativizzazione assoluta, e distinguere relativi e assoluti, senza perdere, come invece è già avvenuto, l’idea che possano esistere delle identità totali, delle uguaglianze veramente assolute, degli elementi che costituiscano non più prova, ma ontologia.
[1] Così Platone nel Fedone.
[2] ibidem
[3] Allo stesso modo si può parlare di diseguaglianza irreversibile.
[4] E pure vero che la statistica cerca di analizzare “L’uniforme nel difforme” e tuttavia anche questa tentativo di creare un macro-empirismo vedremo è asimmetrico e indeterminato, poiché ciò che tra origine dal particolare non possiede la forza dell’assoluto incondizionato, che è tipico della ontologia e della metafisica, ma solo quella dell’assoluto relativo, che è ancora empirismo, costrizione del pensiero, impossibilità d’astrazione.
[5] Con questi esempi voglio appunto significare il concetto di eguaglianza irreversibile. E’ vero che il ricco possiede anche denari, tuttavia non è vero che chi possiede denari è di per ciò stesso ricco, e lo stesso ragionamento vale anche per gli altri esempi. Ciò perché il particolare grava su se stesso e non si trasforma in pensiero creativo, relazionale,di comprensione, non ascende cioè alla scienza.
[6] E’ necessario considerare che il libertarismo costituisce l’egemonia della globalizzazione.