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Il totalitarismo metodologico: il discrimine, la forma del concetto, il criterio di scelta

Lyotard, nel primo capitolo della sua opera, “La condizione postmoderna”, ragiona circa i cambiamenti cha hanno indotto il nuovo stato del sapere. Dal suo punto di vista il cambiamento si è manifestato nel corso degli anni Cinquanta attraverso una crescita dell’importanza della comunicazione e del ragionamento sul linguaggio in tutte le scienze anche se queste variazioni si sono manifestate con diversa intensità nei diversi sistemi economici e sociali, il che sostiene Lyotard, produce una certa discronia.
Dinanzi alle varie caratteristiche e diramazioni di questi percorsi, Lyotard preferisce comunque analizzare gli elementi che sono comuni.

In questo senso si sofferma sull’importanza del linguaggio:

“ Il sapere scientifico è una specie di discorso. Si può dire che da quarant’anni le scienze e le tecnologie cosiddette di punta vertano sul linguaggio […].”

Tutte le scienze, dice Lyotard, devono non solo procedere nella propria evoluzione, ma devono farlo in modo che il risultato di queste evoluzioni sia compatibile con una elaborazione informatica. Le scienze cioè devono potere comunicare tra di loro a mezzo di una forma economica, il bit , e questo porta ogni ambito della scienza, ad interrogarsi sul come rendere i risultati comunicabili. Tutto questo ha formalizzato un linguaggio metodologico, tale per cui prevede una riconnessione immediata del sapere ad altri saperi a mezzo di uno stesso linguaggio. Tuttavia il linguaggio influenza il contenuto del messaggio, sicchè si determina a mezzo dell’egemonia della logica informatica, fondata cioè sull’economia dell’informazione, una sorta di pensiero unico, che guida lo sviluppo della scienza, il quale pensiero non si definisce sotto un profilo qualitativo o ideale, ma puramente economicistico, metodologico, utile cioè allo sviluppo della scienza come risposta al bisogno dell’uomo.
Si addiviene così al postmoderno, essendo esso libertario ( cioè libero dall’alterità ), supera la concezione del valore-disvalore, e approda al metodologismo, finalizzato all’incremento delle posizioni di partenza, alla competizione.
Se il postmoderno fornisce la coscienza all’homo oeconomicus, cioè costituisce l’insieme delle scelte possibili, il totalitarismo metodologico, è quella forza che impone alla creatività e alla libertà, una determinata forma, come se esistessero delle funzioni tra gli elementi dell’insieme delle scelte possibili che dovrebbero essere sempre preferite rispetto ad altre. E questa logica è mutuata dall’economia del linguaggio, dall’informatica, ma in generale dalla scienza economica, che appunto si occupa di analizzare le scelte migliori, gli ottimi, date certe condizioni.

Dunque il totalitarismo metolodogico, cioè questa forma di comunicazione che definisce una caratteristica essenziale dell’ente , riducendo gli spazi ermeneutici, è :

• un discrimine: poiché è un limite, un elemento di selezione per indicare i confini dell’ordinamento;
• la forma del concetto: vale a dire una metodologia, ad alto valore aggiunto di conoscenza, attraverso la quale gli uomini esprimono se stessi e la scienza nel suo sviluppo, risolvendo il problema del rapporto tra forma e contenuto, nella meccanizzazione e regolamentazione del linguaggio;
• il criterio di scelta, ovvero la forza terza che domina la libertà degli uomini.

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