martedì 30 aprile 2024

Le Domande di Design nelle Regioni Italiane

 

Sono aumentate in media del 4,53% tra il 2018 ed il 2023

L’European Innovation Scoreboard calcola le domande di design nelle regioni italiane in base al PIL. L’indicatore è costituito da un rapporto. Il numeratore presenta il numero delle domande di design che sono depositate presso l’Ufficio dell’Unione Europea per la Proprietà Intellettuale mentre al denominatore vi è il PIL in Standard di Potere d’Acquisto. Le domande di design fanno riferimento all'aspetto esteriore di un prodotto o di parte di esso risultante dalle linee, dai contorni, dai colori, dalla forma, dalla consistenza, dai materiali e/o dai suoi ornamenti. Può essere considerato prodotto qualsiasi oggetto industriale o artigianale, compresi gli imballaggi, i simboli grafici e i caratteri tipografici, esclusi i programmi per elaboratore. Comprende anche prodotti composti da più componenti, che possono essere smontati e rimontati. La protezione del design è direttamente opponibile in ciascuno Stato membro e prevede sia la possibilità di un diritto di disegno o modello comunitario non registrato che registrato per un'area che comprende tutti gli Stati membri. I dati fanno riferimento alle regioni italiane nel periodo tra il 2018 ed il 2023.

Domande di design nelle regioni italiane nel 2023. L'analisi delle domande di design nelle varie regioni italiane per l'anno 2023 fornisce un interessante spaccato delle dinamiche creative e industriali del paese. Questi dati, rappresentando la frequenza di registrazione di nuovi design, offrono uno spettro ampio di come le varie regioni contribuiscano all'innovazione estetica e funzionale nel contesto economico e produttivo nazionale. Le regioni di Friuli Venezia Giulia, Marche, Umbria e Veneto spiccano con i valori più elevati, tutti superiori a 150, indicando una forte inclinazione verso settori come il mobile, il design industriale e la moda, settori in cui il design è fondamentale. In particolare, queste regioni ospitano alcune delle eccellenze italiane in termini di design e manifattura, che contribuiscono non solo all'economia locale ma anche al prestigio internazionale dell'Italia in questi campi. Emilia Romagna, con un valore di 148,70, si conferma come un altro centro nevralgico per l'innovazione nel design, sostenuto dalla presenza di industrie meccaniche e di automobili, dove il design gioca un ruolo chiave nel valore aggiunto dei prodotti. Questo valore elevato è anche il risultato di una politica regionale che da anni incentiva l'investimento in R&D e la collaborazione tra università e industrie. Al contrario, regioni come Molise, Calabria e Sardegna mostrano i valori più bassi, sotto i 40, suggerendo una minore attività nel campo del design registrato. Questo potrebbe riflettere un tessuto economico con una minore concentrazione di industrie legate strettamente al design, o una minore propensione all'innovazione formale nei prodotti locali. Anche Campania e Sicilia, nonostante la ricca tradizione artigianale e creativa, mostrano numeri relativamente modesti, forse indicando una necessità di maggior supporto in termini di politiche di incentivo alla registrazione del design. Lombardia e Toscana, con valori rispettivamente di 117,20 e 113,94, si posizionano bene, riflettendo la loro importanza come centri di moda, design e lusso. Queste regioni beneficiano di un clima imprenditoriale che valorizza e investe nel design come elemento differenziatore e di competitività. Interessante è anche il caso di Basilicata, che sorprende con un alto valore di 97,20. Questo dato potrebbe indicare una specifica politica regionale volta a promuovere il design come leva di sviluppo economico, o la presenza di specifiche realtà imprenditoriali che puntano fortemente sull'innovazione estetica. In conclusione, i dati del 2023 sulle domande di design in Italia mostrano una mappa variegata, con alcune regioni che eccellono e altre che restano indietro. Questo panorama suggerisce l'opportunità per una politica nazionale più coordinata che possa elevare il livello generale dell'innovazione nel design attraverso incentivi, formazione e supporto alle imprese, soprattutto in quelle aree meno sviluppate. Le politiche di incentivo potrebbero non solo aumentare il numero di registrazioni ma anche stimolare una maggiore integrazione del design nell'industria locale, contribuendo così al rilancio economico e alla competitività internazionale dell'Italia.

Domande di design nelle regioni italiane tra il 2018 ed il 2023.  Particolarmente notevole è la crescita esponenziale in Basilicata, con un aumento del 103,29% delle domande, passando da 47,81 a 97,20. Questo incremento massiccio potrebbe essere il risultato di politiche regionali mirate a promuovere l'innovazione o di un'attenzione crescente verso il settore del design come motore di sviluppo economico. La trasformazione potrebbe anche essere alimentata dall'arrivo di nuove aziende o dalla nascita di start-up focalizzate sul design. In contrasto, regioni come Molise e Valle d'Aosta hanno registrato significative diminuzioni nelle loro domande di design, rispettivamente del -30,86% e del -17,41%. Questi cali potrebbero riflettere una varietà di fattori, inclusa la mancanza di supporto istituzionale, la diminuzione dell'attività industriale o semplicemente cicli economici regionali che hanno visto una riduzione degli investimenti nel settore del design. Altre regioni, come la Campania e la Lombardia, hanno mostrato una leggera flessione nelle domande di design, suggerendo forse una stabilizzazione dopo periodi di crescita o la maturazione dei mercati locali di design. In queste aree, potrebbe essere necessario rinnovare l'attenzione e il sostegno alle industrie creative per stimolare nuovamente la crescita. Regioni come il Friuli Venezia Giulia e il Veneto, che hanno mantenuto o mostrato variazioni minime nelle loro domande di design, potrebbero invece essere già ben stabilite come centri di eccellenza nel design, mantenendo una solidità nel numero di domande grazie a una base industriale forte e consolidata che continua a innovare ma senza grandi sconvolgimenti. La situazione in regioni come l'Emilia Romagna e la Toscana mostra una crescita moderata ma continua, suggerendo un ambiente in cui l'innovazione nel design è costantemente sostenuta e valorizzata. Queste regioni potrebbero beneficiare di un tessuto industriale robusto e diversificato che include la moda, il design d'interni e l'industria automobilistica, tutti settori che richiedono un flusso costante di nuovi design. Interessante è il caso di regioni come Puglia e Trentino Alto Adige, che hanno visto crescite sostanziali del 29,85% e 22,23% rispettivamente. Questo potrebbe indicare una nuova focalizzazione sul design come elemento distintivo e come vantaggio competitivo nei mercati nazionali e internazionali.

Domande di design nelle macro-regioni italiane tra il 2018 ed il 2023.  L'analisi delle domande di design nelle macro-regioni italiane dal 2018 al 2023 rivela dinamiche interessanti che riflettono tendenze diverse nell'innovazione e nella creatività regionale. Questi dati mostrano come le varie aree del paese abbiano risposto agli stimoli economici e culturali in termini di design, offrendo una panoramica del cambiamento e della crescita in questo settore. In particolare, il Sud mostra un aumento notevole e costante delle domande di design, crescendo da 48,24 nel 2018 a 55,66 nel 2023, con un incremento assoluto di 7,41 e una percentuale di crescita del 15,36%. Questo incremento può essere interpretato come il risultato di un rinforzato interesse e investimento nelle industrie creative e di design, forse spinto da nuove politiche di sostegno all'innovazione o da un incremento delle attività economiche che richiedono un forte elemento di design. La crescita nel Sud potrebbe anche riflettere una strategia di recupero rispetto ad altre regioni più tradizionalmente associate all'innovazione nel design, come il Nord e il Centro. Al contrario, il Nord ha mostrato una sorprendente stabilità, con una variazione assoluta quasi nulla (-0,01) e una variazione percentuale anch'essa nulla (-0,01%). Questo suggerisce che la regione potrebbe essere arrivata a una sorta di saturazione o stabilizzazione nelle sue capacità di generare nuove domande di design, oppure che le industrie del Nord sono in una fase di consolidamento piuttosto che di espansione. La mancanza di crescita potrebbe anche indicare una competitività acuta e una lotta per l'innovazione, dove il mantenimento del status quo è già una sfida. Il Centro ha visto una crescita moderata, con un aumento delle domande di design da 117,56 nel 2018 a 122,43 nel 2023, registrando un incremento assoluto di 4,88 e una crescita percentuale del 4,15%. Questa crescita, sebbene non drammatica, indica una continua evoluzione e un interesse nel settore del design, possibilmente alimentata da un ambiente economico robusto e da una presenza consolidata di istituzioni accademiche e centri di ricerca che promuovono l'innovazione. Le differenze nelle tendenze di crescita tra queste macro-regioni possono essere influenzate da vari fattori, inclusi il tipo di industrie predominanti in ciascuna regione, le politiche regionali di sostegno all'innovazione, l'accesso a risorse educative e creative, e la disponibilità di investimenti in ricerca e sviluppo. Il Sud, ad esempio, potrebbe beneficiare ora di una maggiore attenzione alle politiche di incentivazione che hanno stimolato la creatività e l'innovazione in risposta a una base precedentemente più bassa di attività nel settore del design.

Divario Nord-Sud. L'analisi delle domande di design nelle macro-regioni italiane dal 2018 al 2023 rivela una significativa dinamica di crescita nel Sud, a differenza del Nord che mostra una sostanziale stasi. Questo scenario offre una lente di ingrandimento su potenziali divari regionali e le loro implicazioni per lo sviluppo economico e l'innovazione. Il Sud ha registrato un incremento notevole del 15,36% nelle domande di design, crescendo da 48,24 nel 2018 a 55,66 nel 2023. Questo aumento suggerisce una crescente vitalità nel settore del design, che potrebbe essere stimolata da una serie di fattori inclusi il miglioramento delle infrastrutture, l'implementazione di politiche di incentivo più efficaci, o un crescente riconoscimento dell'importanza del design nell'economia locale. L'aumento potrebbe anche riflettere un cambiamento nel tessuto industriale del Sud, con un focus crescente su settori come il turismo, l'arredamento e i beni di consumo, che sono intensivi di design. In netto contrasto, il Nord mostra un'anomalia statistica con una variazione percentuale praticamente nulla (-0,01%). Nonostante sia tradizionalmente la locomotiva economica e industriale dell'Italia, con una forte concentrazione di industrie manifatturiere e di design, il Nord non ha registrato una crescita significativa nelle domande di design durante il periodo in esame. Questo potrebbe indicare una saturazione nel mercato del design o forse una maggiore competizione che impedisce una crescita netta delle registrazioni di nuovi design. Il Centro, con una crescita moderata del 4,15%, si posiziona tra il Sud e il Nord, suggerendo una stabilità nel settore del design, supportata da un ambiente economico equilibrato e da una diversità di industrie che continuano a investire nell'innovazione del design. Questi dati evidenziano un apparente divario Nord-Sud nel contesto delle domande di design in Italia. Mentre il Nord sembra affrontare una fase di stallo o di maturità, il Sud sta emergendo come un nuovo centro di crescita per il design. Questa tendenza potrebbe avere significative implicazioni per le politiche economiche e di sviluppo regionale. Per esempio, potrebbe esserci una necessità di rinnovare le strategie nel Nord per rilanciare l'innovazione, mentre nel Sud potrebbe essere opportuno sostenere e capitalizzare l'attuale momento di crescita attraverso ulteriori investimenti e incentivi.

Politiche Economiche. Per incrementare le domande di design nelle regioni italiane, è fondamentale implementare politiche economiche che stimolino l'innovazione, supportino le imprese creative, e facilitino la protezione della proprietà intellettuale.  Offrire incentivi fiscali alle imprese che investono in ricerca e sviluppo di nuovi prodotti e design. Questo potrebbe includere detrazioni fiscali o crediti d'imposta per spese in design e innovazione, facilitando così gli investimenti in attività creative. Creare fondi di sovvenzione specifici per progetti di design, soprattutto per start-up e piccole e medie imprese. Questi finanziamenti potrebbero coprire una parte dei costi di sviluppo e registrazione di nuovi design, rendendo il processo meno oneroso per i creatori. Investire nell'educazione al design nelle scuole e università per promuovere la consapevolezza e la competenza in questo campo. Organizzare workshop, seminari e corsi di formazione professionale per aggiornare le competenze dei designer e degli imprenditori sulle ultime tendenze e tecnologie nel settore del design. Stabilire o potenziare centri di design regionali che fungano da hub per la collaborazione, l'innovazione e la condivisione di risorse tra aziende, designer e istituti di ricerca. Questi centri potrebbero offrire accesso a tecnologie avanzate, spazi di lavoro condivisi, e servizi di consulenza legale e commerciale. Promuovere il design italiano a livello nazionale e internazionale attraverso campagne di marketing, fiere del settore e esposizioni. Questo aiuterebbe le imprese locali a ottenere una maggiore visibilità e a espandere i loro mercati. Incoraggiare le partnership tra istituti accademici e industrie per trasferire conoscenze e innovazioni dal mondo accademico al mercato. Queste collaborazioni possono accelerare lo sviluppo di nuovi design e aumentare il tasso di registrazione dei design. Semplificare il processo di registrazione del design e ridurre i costi associati. Garantire che i diritti di proprietà intellettuale siano protetti in modo efficace e che vi sia un sistema giuridico che supporti i creatori nel difendere i loro design dall'uso non autorizzato. Adattare le politiche di supporto al contesto specifico di ciascuna regione, tenendo conto delle sue industrie dominanti e delle esigenze particolari dei suoi imprenditori e designer. Per esempio, regioni con una forte presenza nel settore della moda potrebbero beneficiare di incentivi specifici per il design di moda.

Conclusioni. Le domande di design sono aumentate nelle regioni italiane in media del 4,53% tra il 2018 ed il 2023. Tale valore è cresciuto anche nel Sud Italia con un valore pari a +15,36%, ed anche nel Centro con +4,15%. Le domande di design nel Nord sono diminuite tra il 2018 ed il 2023 di un ammontare pari a -0,01%. Tuttavia se guardiamo al 2023 possiamo notare una notevole diseguaglianza tra le macro regioni italiane. La regione leader per le domande di design è il Centro, seguito dal Nord. Il Sud Italia invece è notevolmente staccato con un valore che è pari al 50,43% del Nord e pari al 45,46% del Centro.

 




Le Domande di Marchio nelle Regioni Italiane

 

Sono cresciute in media del 32,35% tra il 2018 ed il 2023.

L’European Innovation Scoreboard-EIS calcola le domande di marchio per miliardo di PIL nelle regioni italiane. Il dato è costituito da un rapporto tra il numero di domande di marchio depositate presso l’Ufficio dell’Unione Europea per la Proprietà Intellettuale-EUIPO ed il Prodotto Interno Lordo in Standard di Potere di Acquisto.  I marchi sono un importante indicatore di innovazione, soprattutto per il settore dei servizi. Il marchio comunitario conferisce al suo titolare un diritto uniforme applicabile in tutti gli Stati membri dell'Unione Europea attraverso un'unica procedura che semplifica la politica dei marchi a livello europeo. Soddisfa le tre funzioni essenziali di un marchio: identifica l'origine di beni e servizi, garantisce una qualità costante attraverso la prova dell'impegno dell'azienda nei confronti del consumatore, ed è una forma di comunicazione, una base per la pubblicità e la pubblicità. I dati sono disponibili per le 20 regioni italiane tra il 2018 ed il 2023.

Andamento delle domande di marchio nelle regioni italiane nel 2023.  I dati mostrano come il Veneto sia la regione con il maggior numero di domande di marchio, con un valore di 168,48, segnalando un ambiente imprenditoriale particolarmente attivo e forse una maggiore propensione all'innovazione e alla protezione dei propri prodotti e servizi. Al contrario, la Calabria presenta il numero più basso di domande con solo 53,23, che potrebbe indicare una minore attività industriale o una minore inclinazione verso l'innovazione e la protezione legale dei propri beni intellettuali nella regione. Questo dato potrebbe essere anche il risultato di barriere economiche o di una mancanza di informazione sull'importanza del marchio. La Lombardia e l'Emilia Romagna mostrano anch'esse numeri elevati, rispettivamente 157,93 e 153,44, confermando il loro ruolo di motori economici del Nord Italia con una forte concentrazione di industrie e servizi avanzati. La Lombardia, in particolare, ospita un grande numero di aziende di moda e design, settori in cui la registrazione del marchio è cruciale per la tutela della proprietà intellettuale. Interessante è anche il caso del Trentino-Alto Adige e della Toscana, con rispettivamente 146,12 e 141,72. Questi dati riflettono una solida base industriale e una forte identità regionale, che valorizza e cerca di proteggere le proprie peculiarità attraverso il marchio. Anche la Campania e la Puglia, con 111,94 e 115,98 rispettivamente, mostrano un'attività significativa. Questo potrebbe riflettere un crescente dinamismo economico in queste regioni, tradizionalmente meno industrializzate rispetto al nord, ma che negli ultimi anni hanno visto un incremento delle iniziative imprenditoriali. Al centro, il Lazio si posiziona con un valore di 97,06, che è relativamente alto ma non ai livelli del Nord Italia. Questo può essere attribuito alla diversa composizione economica della regione, che, pur essendo la sede di Roma e quindi del governo e di molte istituzioni, potrebbe non avere la stessa concentrazione di attività manifatturiere o di alta tecnologia. Le regioni con valori intorno o sotto gli 80, come la Liguria, la Sardegna e la Valle d'Aosta, con rispettivamente 81,19, 83,99 e 85,32, potrebbero riflettere economie più limitate in termini di varietà industriale o di minori opportunità o necessità di registro dei marchi. Un'ulteriore analisi è necessaria per comprendere pienamente le cause dietro queste differenze, includendo fattori come il PIL regionale, il livello di industrializzazione, l'educazione e l'accesso alle informazioni sui diritti di proprietà intellettuale. Tuttavia, questi dati offrono una panoramica chiara su come le varie regioni italiane stiano adottando strumenti legali per la tutela delle innovazioni e degli investimenti in marchi, indicando differenze significative nel tessuto economico e imprenditoriale del paese.



Andamento delle domande di marchio nelle regioni italiane tra il 2018 ed il 2023. La regione che ha mostrato la crescita percentuale più significativa è la Sardegna, con un impressionante aumento del 164,617% nelle domande di marchio, passando da 31,740 nel 2018 a 83,990 nel 2023. Questo enorme salto potrebbe essere indicativo di uno sviluppo accelerato dell'attività economica regionale o di una maggiore consapevolezza dell'importanza del marchio. Anche la Puglia e la Sicilia hanno registrato aumenti molto elevati, rispettivamente del 90,506% e del 90,021%. Questi dati indicano un vibrante risveglio dell'attività imprenditoriale in queste regioni, tradizionalmente meno industrializzate rispetto al Nord Italia, ma che ora sembrano puntare molto sulla protezione e la valorizzazione dei propri prodotti e servizi. Al contrario, il Veneto, pur essendo una delle regioni più industrializzate e con il più alto numero di domande di marchio nel 2023, ha mostrato la crescita percentuale più bassa, solo del 6,253%. Questo potrebbe suggerire che la regione aveva già un alto livello di attività relativa ai marchi nel 2018, con meno margine per incrementi sostanziali. Tra le regioni del Nord, la Lombardia ha continuato a mostrare una solida crescita con un aumento del 25,895% delle domande, consolidando la sua posizione come uno dei principali centri economici e industriali del paese. Questo rispecchia l'importante base industriale della regione e la sua proattività nella protezione della proprietà intellettuale. L'Emilia Romagna e il Trentino Alto Adige hanno entrambi registrato incrementi moderati, rispettivamente del 16,173% e del 25,541%. Questi dati riflettono la stabilità delle loro economie mature e diversificate, che continuano a investire nella protezione del marchio come strumento per la competitività. Al centro, il Lazio ha mostrato un incremento del 45,249%, molto probabilmente spinto dalla concentrazione di start-up tecnologiche e dalla crescente attività imprenditoriale nella capitale, Roma. Nel complesso, questi dati suggeriscono che il sud e le isole stanno recuperando rispetto al nord, tradizionalmente più attivo in termini di domande di marchio.


 

di marchio nelle macro-aree italiane—Sud, Nord e Centro—tra gli anni 2018 e 2023 offre un'interessante prospettiva sulla dinamica del tessuto imprenditoriale del paese. La variazione sia assoluta che percentuale di queste domande sottolinea differenze regionali significative e tendenze di crescita che riflettono un'evoluzione nell'approccio alla protezione della proprietà intellettuale e all'innovazione. Il Sud ha mostrato la crescita percentuale più marcata tra le tre aree, con un incremento del 60,69% nelle domande di marchio, passando da 51,34 nel 2018 a 82,5 nel 2023. Questo notevole aumento, con un cambiamento assoluto di 31,16, è indicativo di un vigoroso risveglio economico. Potrebbe essere dovuto a una serie di fattori, tra cui incentivi governativi per le startup, una maggiore attività imprenditoriale e un rafforzamento delle infrastrutture commerciali e tecnologiche che hanno permesso una più ampia penetrazione dei mercati nazionali ed internazionali. Il Centro ha registrato un aumento del 30,97% nelle domande, con un salto da 90,73 a 118,83. L'incremento assoluto di 28,1 riflette una crescita robusta, testimoniando un ambiente imprenditoriale che continua a espandersi fortemente. Questa regione beneficia di una posizione geografica che facilita le interazioni commerciali tra il nord e il sud dell'Italia, oltre a una concentrazione di industrie ad alta tecnologia e istituti di ricerca che promuovono l'innovazione. Il Nord, nonostante sia l'area con il più alto numero di domande sia nel 2018 che nel 2023, ha mostrato la crescita percentuale più bassa, attestandosi al 19,14%. Sebbene l'aumento assoluto di 20,15 sia consistente, la percentuale inferiore rispetto alle altre aree suggerisce una possibile maturazione del mercato o una saturazione nella registrazione di nuovi marchi. Il Nord Italia, con le sue economie avanzate e consolidate, potrebbe essere in una fase di stabilizzazione dove la crescita delle domande di marchio diventa meno esponenziale, ma più sostenuta e qualitativamente orientata verso l'innovazione di nicchia e la specializzazione. Questi dati, complessivamente, evidenziano una trasformazione nel panorama industriale e commerciale italiano, con un Sud in rapida ascesa che cerca di colmare il divario storico con il Nord. Le implicazioni di queste tendenze sono profonde, indicando non solo una crescita economica diversificata, ma anche una crescente consapevolezza dell'importanza della protezione della proprietà intellettuale come leva per la competitività e l'innovazione. Inoltre, la dinamica tra le regioni suggerisce che le politiche di incentivo e supporto all'imprenditorialità e all'innovazione potrebbero aver giocato un ruolo cruciale in questa evoluzione, alimentando un ambiente in cui le imprese sono più propense a investire in marchi per distinguersi in un mercato globale sempre più affollato.



Divario Nord-Sud.  L'analisi delle domande di marchio nelle macro-regioni italiane tra il 2018 e il 2023 suggerisce un'interessante dinamica tra il Nord e il Sud del paese, con evidenti segnali di un ridursi del tradizionale divario economico e industriale tra queste aree. Sebbene esista ancora una differenza nel volume totale delle domande, con il Nord che continua a superare il Sud, le tendenze di crescita indicano che il Sud sta guadagnando terreno in modo significativo. Il Sud ha registrato un aumento del 60,69% nelle domande di marchio, crescendo da 51,34 nel 2018 a 82,5 nel 2023. Questo salto percentuale è notevolmente superiore rispetto al 19,14% registrato dal Nord nello stesso periodo. Tale crescita robusta nel Sud potrebbe essere interpretata come il risultato di diversi fattori positivi: miglioramento delle condizioni economiche, incentivi governativi mirati a stimolare l'innovazione e l'imprenditorialità, e una maggiore propensione delle imprese locali a proteggere i propri brand e innovazioni attraverso la registrazione di marchi. In contrasto, il Nord mostra una crescita più moderata, con un incremento assoluto di 20,15 nelle domande di marchio, che suggerisce una fase di consolidamento piuttosto che di espansione rapida. Questo potrebbe essere dovuto al fatto che il Nord ha già un tessuto industriale e commerciale ben sviluppato, con molte imprese già stabilite che potrebbero avere meno necessità immediate di nuove registrazioni di marchio rispetto a start-up o imprese in espansione nel Sud. Il Centro, con un aumento del 30,97%, si posiziona a livello intermedio, riflettendo una situazione più bilanciata tra vecchie industrie consolidate e nuove iniziative imprenditoriali. Sebbene il volume delle domande di marchio nel Sud rimanga inferiore rispetto al Nord, il tasso di crescita evidenzia un dinamismo che potrebbe portare a una riduzione progressiva del divario economico e industriale tra le due macro-regioni. Questo fenomeno è significativo perché la protezione dei marchi è spesso indicativa di una maggiore maturità economica e di una strategia imprenditoriale orientata alla crescita a lungo termine e all'innovazione. Tuttavia, è importante notare che la presenza di un divario non si misura soltanto attraverso il volume delle domande di marchio, ma anche attraverso indicatori come il PIL regionale, i livelli di investimento in R&D, l'educazione, e l'accesso ai mercati finanziari e internazionali. Inoltre, le differenze nella tipologia di industrie prevalenti in ciascuna regione possono influenzare questi numeri, con il Nord che potrebbe avere un maggior numero di aziende in settori ad alta tecnologia o a intensa capitalizzazione, che tradizionalmente registrano più marchi.

Politiche economiche. L'incremento delle domande di marchio è un indicatore significativo della vitalità economica e dell'innovazione in una regione. Le politiche economiche per stimolare questo tipo di attività nelle regioni italiane possono svolgere un ruolo cruciale nell'attrarre investimenti, promuovere l'innovazione e proteggere la proprietà intellettuale. Una strategia efficace richiede un approccio integrato che coinvolga governi locali e nazionali, istituti di ricerca e il settore privato. Una delle politiche più dirette per stimolare l'incremento delle domande di marchio è offrire incentivi fiscali alle aziende che investono in R&D e nella registrazione di marchi. Questo può includere deduzioni fiscali, crediti d'imposta per attività di ricerca e sviluppo, e sovvenzioni specifiche per coprire i costi di registrazione dei marchi. Questi incentivi possono ridurre l'onere economico per le start-up e le PMI, incentivando la protezione dei loro sviluppi innovativi. Molte imprese, soprattutto le piccole e medie imprese, non sono pienamente consapevoli dei benefici della registrazione di un marchio e della protezione della proprietà intellettuale. Campagne di sensibilizzazione e seminari educativi organizzati in collaborazione con le camere di commercio locali possono aumentare la consapevolezza sui diritti di proprietà intellettuale e il loro impatto sulla competitività aziendale. Istituire o potenziare gli uffici locali di proprietà intellettuale per offrire assistenza tecnica, consulenze legali e supporto amministrativo per la registrazione dei marchi. Questi uffici potrebbero lavorare in sinergia con università e centri di ricerca per facilitare il trasferimento tecnologico e la commercializzazione di innovazioni. Migliorare le infrastrutture digitali per rendere il processo di registrazione dei marchi più semplice e meno dispendioso in termini di tempo. Questo include la digitalizzazione dei servizi di registrazione e la creazione di piattaforme online che permettano una facile interazione tra imprenditori e l'ufficio marchi. Stimolare le partnership tra il mondo accademico e le industrie per promuovere la ricerca applicata e l'innovazione. Questo può portare allo sviluppo di nuovi prodotti e servizi che necessitano di protezione tramite marchi. Inoltre, queste collaborazioni possono essere incentivate tramite finanziamenti specifici e programmi di incubazione aziendale che facilitano la commercializzazione delle innovazioni. Promuovere la creazione di cluster regionali che connettano aziende, università e centri di ricerca in settori specifici come biotecnologie, tecnologie digitali, o manifatturiero avanzato. Questi cluster possono beneficiare di supporti dedicati, inclusi fondi per la protezione della proprietà intellettuale e per la promozione di marchi a livello internazionale. Semplificare la burocrazia e le normative che riguardano la registrazione dei marchi e la protezione della proprietà intellettuale. Una politica normativa chiara e semplificata può ridurre significativamente i tempi e i costi associati alla registrazione di un marchio, rendendolo più accessibile per le piccole e medie imprese. Incoraggiando l'adozione di queste politiche, le regioni italiane possono non solo incrementare il numero delle domande di marchio, ma anche stimolare l'innovazione e la competitività economica. Questi interventi richiedono un impegno coordinato tra vari livelli di governo e il settore privato, ma hanno il potenziale di trasformare significativamente il panorama industriale e imprenditoriale del paese.

Conclusioni. Le domande di marchio sono cresciute in media nelle regioni italiane nel periodo tra il 2018 ed il 2023 del 32,35% passando da un ammontare di 80,81 unità fino ad un valore di 106,95 unità. A livello di macro-regione è possibile notare una crescita significativa sia nel Sud Italia con +31,16%, che nel Nord Italia con +19,14% e nel Centro Italia con un valore di +30,97%. Tuttavia guardando i dati del 2023 è possibile notare una leadership spiccata del Nord Italia seguito dal Centro Italia mentre il Sud risulta essere molto indietro. Nel 2023 il livello delle domande di marchio nel Sud Italia sono state pari ad un ammontare del 65% rispetto al corrispondente valore del Nord Italia.


martedì 23 aprile 2024

Le Domande di Brevetto nelle Regioni Italiane

 

Sono diminuite del -1,91% tra il 2018 ed il 2023

L’European Innovation Scoreboard-EIS calcola il numero delle domande di brevetto nelle regioni italiane[1]. L’indicatore è costituito da un rapporto. Al numeratore vi è il numero di domande di brevetto depositate presso l’Ufficio dei Brevetti Europeo. Al denominatore vi è il Prodotto Interno Lordo in Standard di Potere di Acquisto.  La capacità delle imprese di sviluppare nuovi prodotti determinerà il loro vantaggio competitivo. Una misura del tasso di innovazione di nuovi prodotti è il numero di brevetti.  I dati fanno riferimento alle 20 regioni italiane tra il 2018 ed il 2023.

Le domande di brevetto nelle regioni italiane nel 2023. Le regioni del nord Italia, come Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Lombardia, Piemonte e Veneto, mostrano i valori più alti, con Emilia Romagna al vertice con un impressionante 98,94. Queste cifre non sorprendono, considerando la consolidata reputazione di queste aree per la loro forte industria manifatturiera e tecnologica, nonché per il dinamico ambiente imprenditoriale che supporta l'innovazione e la ricerca. La Lombardia e il Veneto, in particolare, beneficiano di un ecosistema di imprese mature e start-up, oltre a università e centri di ricerca di alta qualità che favoriscono la generazione continua di nuove idee e prodotti brevettabili. Al contrario, regioni come Basilicata, Calabria e Sicilia registrano i valori più bassi, rispettivamente 33,45, 40,13 e 39,82. Questo riflette le sfide persistenti nel sud Italia, dove l'infrastruttura economica e di ricerca può essere meno sviluppata e dove le imprese potrebbero avere minor accesso a finanziamenti e supporto per attività di ricerca e sviluppo. Queste regioni potrebbero beneficiare di politiche mirate a stimolare l'innovazione e l'imprenditorialità, così come di investimenti in istruzione e ricerca che possano tradursi in un aumento della capacità di innovazione. Interessante è anche l'analisi di regioni come Toscana e Marche, che presentano valori relativamente elevati di 79,42 e 70,24. Questo può indicare un ambiente fertile per l'innovazione in settori specifici, come può essere quello biomedicale per la Toscana, che vanta un robusto settore della salute e delle biotecnologie. Inoltre, la Liguria e l'Umbria, con valori di 66,86 e 63,75, mostrano che anche regioni di dimensioni più contenute possono competere efficacemente nel panorama innovativo grazie a nicchie di specializzazione e a politiche regionali efficaci nel supportare la ricerca e lo sviluppo. Questi dati indicano chiaramente che la capacità di innovazione, misurata tramite le domande di brevetto, è un fattore critico per il vantaggio competitivo delle regioni. Le imprese che riescono a sviluppare nuovi prodotti attraverso l'innovazione tecnologica non solo contribuiscono al progresso economico della loro regione ma rafforzano anche la posizione dell'Italia nel mercato globale. La sfida per l'Italia rimane quella di ridurre il divario tra nord e sud nel campo dell'innovazione, garantendo che anche le regioni meno avanzate possano partecipare più attivamente all'economia dell'innovazione.

Le domande di brevetto nelle regioni italiane tra il 2018 ed il 2023. Il Molise, con un incremento percentuale del 24,47%, mostra la crescita più notevole in termini di domande di brevetto, passando da 38,34 nel 2018 a 47,72 nel 2023. Questo potrebbe indicare un rinnovato focus su attività di R&D e una strategia regionale efficace per il sostegno all'innovazione. Analogamente, Campania e Abruzzo hanno registrato significativi incrementi percentuali (16,11% e 14,49% rispettivamente), suggerendo un ambiente favorevole all'innovazione e potenzialmente un maggiore investimento in settori tecnologici chiave. In contrasto, regioni come Friuli Venezia Giulia e Toscana hanno visto una riduzione marcata nel numero di brevetti, con cali del 26,08% e 8,90%. Queste contrazioni potrebbero riflettere vari fattori, come cambiamenti nelle priorità economiche, riduzione degli investimenti in specifici settori o la naturale volatilità nel ritmo di produzione di innovazioni brevettabili. In particolare, la drastica diminuzione in Friuli Venezia Giulia potrebbe indicare una crisi o una ristrutturazione significativa nel tessuto industriale locale. Liguria, Lazio e Lombardia mostrano anch'esse una diminuzione, sia pure più contenuta, evidenziando forse una saturazione o un cambiamento nelle aree di ricerca e sviluppo focalizzate. La Valle d'Aosta e Umbria registrano pure una leggera flessione, potenzialmente indicativa di difficoltà economiche più ampie o di una transizione in atto nei settori chiave. D'altra parte, regioni come Veneto e Piemonte mostrano una crescita positiva, benché moderata, con incrementi rispettivamente del 3,25% e 1,48%. Questo è coerente con il loro ruolo di poli industriali e centri di ricerca ben consolidati, capaci di mantenere un flusso costante di innovazioni. Il caso dell'Emilia Romagna è particolarmente interessante: nonostante una leggerissima diminuzione percentuale, mantiene un volume di domande di brevetto molto alto. Questo suggerisce che, nonostante una piccola contrazione, la regione rimane un fulcro vitale di attività di R&D in Italia. Queste tendenze regionali mostrano come l'innovazione possa essere influenzata da una complessità di fattori, inclusi i cambiamenti economici, le politiche di supporto all'innovazione, l'accesso al finanziamento per la ricerca e sviluppo, e le dinamiche del mercato globale.

Macro-regioni italiane tra il 2018 ed il 2023. Dal 2018 al 2023, il Sud mostra un incremento positivo sia in termini assoluti (+2,91) sia percentuali (+7,13%). Questo aumento può essere interpretato come un segnale di un rinvigorimento dell'attività innovativa in queste regioni, tradizionalmente meno coinvolte nei processi di innovazione rispetto al Nord. Tale crescita è il risultato di politiche di incentivazione alla R&D, di investimenti in start-up tecnologiche e di un maggior coinvolgimento delle università e dei centri di ricerca nel processo di trasferimento tecnologico. Al contrario, le regioni del Nord e del Centro mostrano una tendenza opposta, con una diminuzione sia in termini assoluti (Nord: -3,84, Centro: -4,22) sia percentuali (Nord: -4,63%, Centro: -5,93%). Questo declino potrebbe riflettere diversi fattori, come la saturazione di alcuni mercati, la delocalizzazione di attività R&D verso altre aree più competitive a livello di costi o la naturale fluttuazione dell'innovazione in settori che hanno già raggiunto picchi di sviluppo tecnologico in passato. Il contrasto tra la crescita nel Sud e il declino nel Nord e Centro solleva questioni importanti riguardo l'equilibrio e la coesione territoriale in termini di capacità innovativa. Mentre il Sud sembra avviato su un percorso di recupero, potrebbe essere necessario per il Nord e il Centro rinnovare le loro strategie per mantenere la competitività. Questo potrebbe includere il rafforzamento delle sinergie tra industria e ricerca accademica, il rilancio degli incentivi per le imprese ad alto contenuto tecnologico e un maggiore supporto alla commercializzazione delle innovazioni. Inoltre, la variazione negativa significativa nel Nord e nel Centro potrebbe indicare la necessità di una riflessione più profonda sulle politiche di supporto all'innovazione e sulla distribuzione delle risorse, assicurando che gli incentivi e le opportunità non siano concentrati solo in alcune aree ma distribuiti in modo più equo, per stimolare un tessuto economico e industriale più resiliente e diversificato in tutto il paese.

Divario Nord-Sud.  Il Sud ha mostrato un incremento positivo dal 2018 al 2023, con un aumento del 7,13% nel numero di domande di brevetto, suggerendo un miglioramento nell'attività innovativa. Tuttavia, il numero totale di domande di brevetto nel Sud rimane significativamente inferiore rispetto al Nord, anche se il Nord ha visto una riduzione del 4,63% nello stesso periodo. Analogamente, il Centro ha registrato una diminuzione del 5,93%, indicando che anche queste regioni stanno affrontando delle sfide. Questo scenario riflette un persistente divario tra il Nord, storicamente più industrializzato e con un tessuto economico più robusto, e il Sud, che ha storicamente lottato con una minore industrializzazione e investimenti in R&D. Nonostante i recenti miglioramenti nel Sud, il gap complessivo tra queste aree rimane evidente, con il Nord che continua a dominare in termini di volume totale di innovazione misurata attraverso le domande di brevetto. Il divario sottolinea l'importanza di strategie di sviluppo regionali mirate che possano equilibrare le opportunità di innovazione in tutto il paese, stimolando ulteriormente l'attività innovativa nel Sud mentre si sostengono le regioni del Centro e del Nord per mantenere e rafforzare la loro competitività.

Politiche economiche. Per rinvigorire l'innovazione nelle regioni italiane, si possono adottare diverse politiche economiche che incentivino la ricerca e lo sviluppo. Un'efficace strategia inizia con l'introduzione di incentivi fiscali, quali crediti d'imposta e deduzioni fiscali, per le aziende che investono in R&D. Questo alleggerirebbe il carico finanziario dell'innovazione e stimolerebbe gli investimenti in nuove tecnologie. Estendere tali benefici a collaborazioni tra aziende e istituzioni accademiche potrebbe ulteriormente incrementare l'innovazione condivisa.  Un aumento nei finanziamenti per infrastrutture di ricerca nelle università, specialmente nelle regioni meno sviluppate, creerebbe le fondamenta necessarie per sostenerne le attività innovative. L'istituzione di parchi scientifici e tecnologici fungerebbe da catalizzatore per la crescita di start-up e spin-off universitarie, creando un ambiente fertile per l'innovazione.  Per le start-up e le PMI, programmi di incubazione e accelerazione che offrono accesso a mentoring, reti di investitori e supporto logistico sono essenziali per guidare le fasi iniziali dello sviluppo imprenditoriale. Tali programmi dovrebbero essere affiancati da garanzie di credito e facilitazioni finanziarie che allevierebbero il rischio economico dell'innovazione. Investire nell'educazione e nella formazione specifica per le competenze richieste nell'R&D sarebbe cruciale. Incentivare l'integrazione dell'educazione all'imprenditorialità nei curricula accademici dall'istruzione primaria all'università potrebbe preparare una nuova generazione all'innovazione. Inoltre, promuovere collaborazioni internazionali e il networking attraverso eventi come fiere e conferenze espanderebbe le opportunità di apprendimento e di affari. Dal punto di vista legislativo, semplificare i processi burocratici per il deposito di brevetti e garantire una protezione efficace dei diritti di proprietà intellettuale sono passi fondamentali per rendere l'innovazione più accessibile e sicura. Infine, l'utilizzo di fondi europei e nazionali per finanziare direttamente progetti innovativi in settori chiave come biotecnologie, IT, energia rinnovabile e nanotecnologie potrebbe avere un impatto significativo sullo sviluppo economico delle diverse regioni.

Conclusioni. Il valore delle domande di brevetto è diminuita tra il 2018 ed il 2023 da un ammontare di 63,77 unità fino ad un valore di 62,55 unità ovvero un ammontare pari a -1,91%. Se guardiamo alle macro-regioni italiane possiamo notare che le domande di brevetto sono cresciute tra il 2018 ed il 2023 nel Sud Italia del 7,13% mentre sono diminuite sia nel Nord, per un valore di -4,63%, che nel Centro Italia per un ammontare pari a -4,22%. Tuttavia, i dati del 2023 mettono in evidenza una sproporzione assai significativa tra le regioni del Centro-Nord che hanno dei livelli medio-alti di domande di brevetto ed il Sud Italia che è notevolmente indietro rispetto alle aree più innovative del paese.




lunedì 22 aprile 2024

Le Co-Pubblicazioni Scientifiche tra Pubblico-Privato

 

Sono cresciute tra il 2018 ed il 2023 del 29,24% in media nelle regioni italiane.

L’Eurostat calcola le pubblicazioni pubblico-privato. L’indicatore è costituito da un rapporto. Al numeratore vi è il numero di pubblicazioni di ricerca con coautore pubblico-privato. La definizione di “settore privato” esclude il settore medico-sanitario privato. Le pubblicazioni vengono assegnate al Paese in cui hanno sede le imprese o altre organizzazioni del settore privato. Al denominatore vi è la popolazione totale. L’indicatore cattura i collegamenti di ricerca pubblico-privato e le attività di collaborazione attiva tra ricercatori del settore imprenditoriale e ricercatori del settore pubblico che hanno dato luogo a pubblicazioni academiche.

Co-pubblicazioni scientifiche pubblico-privato nel 2023.  Partendo dai dati, il Trentino Alto Adige si distingue significativamente con 256,11 pubblicazioni, suggerendo una rete collaborativa solida tra le istituzioni accademiche e l'industria all'interno di questa regione. Data la sua forte tradizione nella ricerca, specialmente nei settori dell'ingegneria, dell'agricoltura e della tecnologia dell'informazione, è plausibile che il Trentino Alto Adige goda di un ambiente favorevole alla ricerca congiunta tra università e settore privato. Questo potrebbe riflettere un'elevata capacità di attrarre finanziamenti per progetti congiunti e un alto livello di integrazione tra ricerca accademica e applicazioni industriali. La Liguria e il Molise mostrano anch'essi numeri elevati, con rispettivamente 210,21 e 210,06. Questi dati potrebbero indicare una presenza consolidata di infrastrutture di ricerca e una politica regionale incentrata sul sostegno alla collaborazione tra università e industria. D'altra parte, regioni come Calabria e Basilicata, con 124,98 e 140,37 rispettivamente, sembrano avere meno attività di co-pubblicazione. Questo può essere attribuito a diversi fattori, tra cui una minore concentrazione di università con un forte orientamento alla ricerca o una minor collaborazione con il settore privato. Tuttavia, anche questi numeri più bassi possono rappresentare opportunità significative per tali regioni di sviluppare politiche più aggressive per aumentare la collaborazione tra il settore pubblico e quello privato. La regione Lazio mostra un numero significativo di co-pubblicazioni (188,24), il che è atteso considerando la presenza di numerose università e istituzioni di ricerca, nonché una varietà di industrie ad alta tecnologia. Questo suggerisce una sinergia consolidata tra ricerca accademica e sviluppo industriale, facilitata forse dalla politica governativa e da incentivi regionali specifici. L'Emilia Romagna e la Toscana, con 189,39 e 198,56 pubblicazioni rispettivamente, sono note per le loro economie dinamiche e il forte sostegno alla ricerca e sviluppo. L’analisi delle co-pubblicazioni scientifiche pubblico-private in Italia mostra un panorama variegato, con alcune regioni che spiccano per l'intensa attività collaborativa.

Co-pubblicazioni scientifiche pubblico-privato tra il 2018 ed il 2023.   I dati evidenziano non solo l'aumento assoluto del numero di pubblicazioni in questo periodo, ma anche la percentuale di crescita, che varia significativamente da regione a regione. La regione con la crescita più marcata, la Valle d'Aosta, che ha visto un incremento impressionante del 75,66% delle co-pubblicazioni, passando da 87,40 nel 2018 a 153,53 nel 2023. Questo dato può riflettere un rinnovato focus sulla ricerca e sviluppo o l'istituzione di nuove politiche di incentivo alla collaborazione tra università e settore privato. È notevole che tale incremento sia avvenuto in una delle regioni più piccole, suggerendo che dimensioni limitate possono essere compensate da politiche efficaci e collaborazioni strategiche. Il Molise ha mostrato la seconda più alta percentuale di crescita con un 71,59%, il che implica una significativa espansione delle attività di ricerca. Questa crescita da 122,42 a 210,06 può essere giustificata da maggiori investimenti nella ricerca ed un aumento della collaborazione tra l'università locale e le imprese. Al contrario, le regioni con i tassi di crescita più bassi, come il Lazio e la Lombardia, mostrano un aumento rispettivamente del 15,13% e del 15,87%. Nonostante questi numeri più modesti, il volume totale delle pubblicazioni rimane alto, indicando una base di ricerca già ben sviluppata che continua a crescere a un ritmo più contenuto. Le regioni tradizionalmente riconosciute come centri di innovazione, come l'Emilia Romagna e la Toscana, hanno visto crescite del 23,49% e del 12,83% rispettivamente. Questo suggerisce una continua, seppur più graduale, espansione delle loro capacità di ricerca, consolidando la loro posizione di leader nell'innovazione scientifica e tecnologica. Un caso interessante è rappresentato dal Trentino Alto Adige, che oltre a registrare una delle maggiori crescite in termini assoluti (+47,75), mostra anche un'importante crescita percentuale (+22,92%). Questo riflette l'efficacia delle politiche regionali volte a incentivare la ricerca collaborativa ed è indicativo di un ambiente altamente sinergico tra università e imprese. Le variazioni regionali possono essere attribuite a diversi fattori, tra cui le politiche regionali, la presenza di università e centri di ricerca, le specializzazioni industriali, e l'efficacia delle collaborazioni tra il settore pubblico e quello privato. L'impatto di queste collaborazioni non è soltanto quantitativo ma anche qualitativo, influenzando direttamente il tipo di ricerca condotta e la sua applicazione pratica nelle industrie locali. L’analisi dei dati tra il 2018 e il 2023 svela un panorama di crescita e sviluppo variegato nel campo delle co-pubblicazioni scientifiche in Italia. Questo fenomeno non solo evidenzia le regioni che stanno emergendo come nuovi centri di ricerca e innovazione, ma sottolinea anche l'importanza delle politiche di supporto alla collaborazione scientifica come leva per lo sviluppo tecnologico e economico regionale. Le differenze significative nella crescita percentuale sottolineano ulteriormente la necessità di strategie su misura per ciascuna regione, capaci di massimizzare le potenzialità locali e promuovere una crescita equilibrata e sostenibile.

Macro-regioni italiane tra il 2018 ed il 2023. L'analisi delle co-pubblicazioni scientifiche pubblico-private in Italia, distinte per macro-aree geografiche – Sud, Nord e Centro – tra gli anni 2018 e 2023, rivela significative variazioni sia assolute che percentuali che meritano un esame approfondito. Questi dati non solo illustrano la dinamica della collaborazione tra il settore pubblico e privato in ambito accademico e industriale, ma offrono anche una panoramica dell'evoluzione della ricerca e dell'innovazione nelle diverse parti del paese. Nel 2018, il Sud registrava 112,56 co-pubblicazioni, un numero che è aumentato a 158,54 nel 2023, mostrando un incremento assoluto di 45,98 unità e un notevole aumento percentuale del 40,85%. Questo marcato sviluppo può essere interpretato come il risultato di politiche incentrate sulla promozione della ricerca e dello sviluppo tecnologico in queste regioni, tradizionalmente meno coinvolte nei circuiti dell'innovazione rispetto al Nord. L'aumento riflette una crescente integrazione tra università e industrie locali, spesso stimolata da finanziamenti specifici e iniziative regionali mirate a colmare il divario tecnologico e scientifico con altre aree del paese. Il Nord, che storicamente ha vantato un robusto ecosistema di ricerca e collaborazione industriale, mostra anch'esso un incremento, passando da 150,61 co-pubblicazioni nel 2018 a 189,93 nel 2023. L'incremento assoluto di 39,31 unità e la crescita percentuale del 26,10% indicano una continua espansione delle attività di ricerca collaborative, sebbene a un ritmo meno accelerato rispetto al Sud. Ciò potrebbe essere dovuto alla saturazione di alcune aree di ricerca o alla maggiore maturità dell'ecosistema di innovazione che vede già una densa rete di collaborazioni esistenti. Per quanto riguarda il Centro, l'aumento è stato più moderato, con un passaggio da 149,15 co-pubblicazioni nel 2018 a 176,08 nel 2023. Questo corrisponde a un incremento assoluto di 26,94 e a una crescita percentuale del 18,06%. Anche in questo caso, la crescita può essere attribuita all'espansione delle sinergie tra le università e le industrie, anche se a un ritmo meno intenso rispetto al Sud. Potrebbe riflettere una fase di consolidamento piuttosto che di rapida espansione, con un'enfasi crescente sulla qualità e sull'impatto delle ricerche condotte in collaborazione. Queste variazioni regionali nel numero di co-pubblicazioni riflettono diverse realtà e dinamiche regionali in Italia. Il Sud, con il suo marcato incremento, potrebbe essere visto come un segnale positivo di un cambiamento verso maggiore equità nella distribuzione delle attività di ricerca e innovazione. D'altra parte, il Nord continua a costruire su una solida base esistente, mentre il Centro si muove a passo più misurato, potenzialmente concentrando le sue risorse su iniziative di più alto profilo o su aree specifiche di specializzazione. In sintesi, i dati tra il 2018 e il 2023 illustrano non solo un'espansione generale delle co-pubblicazioni scientifiche pubblico-private in Italia, ma anche un'evoluzione delle dinamiche regionali che potrebbe influenzare le future politiche di ricerca e sviluppo.

Divario Nord-Sud. I dati sulle co-pubblicazioni scientifiche pubblico-private tra il 2018 e il 2023 mostrano un evidente divario tra il Nord e il Sud Italia, ma rivelano anche un trend positivo che suggerisce una potenziale riduzione di questa discrepanza. Inizialmente, il Nord aveva un vantaggio significativo, con un maggior numero di co-pubblicazioni rispetto al Sud. Tuttavia, nel periodo considerato, il Sud ha registrato un aumento percentuale del 40,85%, superiore al 26,10% del Nord, indicando una crescita accelerata. Questo aumento è riflettuto anche nella crescita assoluta, dove il Sud ha visto un incremento di 45,98 unità contro le 39,31 unità del Nord, nonostante partisse da una base inferiore. Questi cambiamenti sono il risultato di politiche mirate volte a stimolare la ricerca e l'innovazione nelle regioni meridionali, attraverso investimenti in infrastrutture di ricerca, incentivi per le collaborazioni tra università e industrie, e un miglioramento dell'offerta formativa superiore. Tali sforzi sono essenziali per compensare le disparità storiche, che hanno visto il Nord più favorito in termini di sviluppo economico e industriale, e una maggiore densità di tessuto industriale e accademico.

Conclusioni. Il valore delle co-pubblicazioni pubblico-private è cresciuto tra il 2018 ed il 2023 del 29,24% in media nelle regioni italiane. Se guardiamo alle macro-regioni possiamo notare una crescita in media del 18,06% tra il 2018 ed il 2023. Tuttavia la macro-regione nella quale tale variabile è cresciuta di più è il Sud Italia con +40,85%, seguita dal Nord pari a +26,10%, e dal Centro con +18,06%. In valore assoluto il Nord ha un livello di co-pubblicazioni scientifiche pubblico-privato più elevato sia del Centro che del Sud. I maggiori livelli della variabile nel Nord Italia sono dovuti a tre fattori ovvero: al numero elevato di centri di ricerca e università, al numero elevato di imprese disposte a collaborare con enti pubblici, ad un clima generale orientato alla co-partecipazione pubblico-privato. Un clima culturale che è necessario promozionare anche nel Centro Italia e nel Sud Italia.









venerdì 19 aprile 2024

Le PMI Innovative Aperte alla Collaborazione nelle Regioni Italiane

 

Sono cresciute in media del 93,62% tra il 2018 ed il 2023

L’European Innovation Scoreboard-EIS calcola il valore delle PMI Innovative aperte alla collaborazione con altre imprese o organizzazioni pubbliche. È un indicatore costituito da un rapporto. Il numeratore è composto dal numero di piccole e medie imprese con attività di cooperazione all’innovazione, ovvero aziende che hanno sviluppato accordi di cooperazione su attività di innovazione con altre imprese o istituzioni nel triennio precedente all’indagine. Il denominatore è composto dal numero totale di piccole e medie imprese. Tale indicatore misura il grado di coinvolgimento delle PMI nella cooperazione per l’innovazione. Le innovazioni complesse, in particolare nell’ambito ICT, dipendo dalla capacità di attingere a diverse fonti di informazione e conoscenza o di collaborare allo sviluppo di un’innovazione. Tale indicatore misura il flusso di conoscenza tra enti pubblici di ricerca e imprese e tra imprese e altre imprese. L’indicatore è limitato alle PMI in quanto quasi tutte le grandi imprese sono coinvolge in attività di cooperazione all’innovazione. I dati fanno riferimento alle regioni italiane nel periodo tra il 2018 ed il 2023.

PMI innovative con altre nel 2023.   La collaborazione tra imprese nelle varie regioni italiane è un indicatore fondamentale del dinamismo economico e della capacità di innovazione del tessuto imprenditoriale. L'analisi dei dati del 2023 mostra una variegata mappa di cooperazione tra le imprese in Italia, evidenziando sia cluster regionali di elevata collaborazione sia aree con minor intensità di reti imprenditoriali. In particolare, il Trentino Alto Adige si distingue con un valore di 368,59, il che suggerisce un ambiente eccezionalmente collaborativo e possibilmente una serie di politiche e infrastrutture che favoriscono l'integrazione e la sinergia tra le imprese. Questo alto livello di collaborazione può essere correlato alla struttura economica della regione, che include una forte presenza di industrie specializzate come quelle agroalimentari, meccaniche e turistiche, settori in cui la cooperazione tra aziende può generare significativi vantaggi competitivi. Al contrario, la Valle d'Aosta mostra il valore più basso, 58,34, indicando una minore inclinazione o capacità delle imprese locali di instaurare partnership forti. Questo può essere attribuito alla sua geografia e alla dimensione limitata del mercato locale, che potrebbero ostacolare la formazione di reti imprenditoriali estese. Le regioni come Emilia Romagna e Veneto, con valori rispettivamente di 188,40 e 178,65, mostrano anche un elevato grado di collaborazione. Queste regioni, note per il loro spirito imprenditoriale e per clusters industriali ben sviluppati, dimostrano come un tessuto economico solido e diversificato possa essere un terreno fertile per collaborazioni fruttuose. La presenza di distretti industriali, spesso orientati all'esportazione, potrebbe spiegare l'alta intensità di collaborazioni, essenziale per l'innovazione e la crescita in contesti competitivi globali. Regioni come la Campania e la Sardegna, con punteggi relativamente bassi di 91,63 e 95,17, potrebbero riscontrare barriere strutturali o mancanza di incentivi adeguati per una maggiore integrazione tra le imprese. Questo potrebbe riflettere limitazioni sia in termini di risorse finanziarie sia di accesso a reti e conoscenze, che sono cruciali per l'attivazione di collaborazioni efficaci Interessante è anche il caso della Lombardia, che con un valore di 155,48, si posiziona bene ma non ai livelli più alti. Essendo una delle regioni economicamente più forti d'Italia, questo dato potrebbe suggerire che mentre la quantità di imprese e l'economia sono robuste, vi è ancora margine per potenziare la collaborazione diretta tra le aziende. L'analisi suggerisce diverse interpretazioni possibili e implica che per alcune regioni potrebbero essere necessari interventi mirati per stimolare maggiormente la collaborazione interaziendale. Incentivi statali, sostegni per la creazione di reti e miglioramenti infrastrutturali potrebbero essere alcuni degli strumenti utili a incrementare l'integrazione economica regionale. Allo stesso tempo, la comprensione dei fattori culturali, economici e strutturali che influenzano la collaborazione in diverse aree potrebbe fornire spunti cruciali per politiche regionali più efficaci. In sintesi, i dati del 2023 riflettono una fotografia complessa del panorama di collaborazione interaziendale in Italia, che, se adeguatamente interpretata e supportata da politiche adatte, può portare a una maggiore coesione economica e a un incremento della competitività a livello sia nazionale sia internazionale.Inizio modulo

PMI innovative con altre nelle regioni italiane tra il 2018 ed il 2023.  L'analisi dell'evoluzione della collaborazione interaziendale nelle regioni italiane dal 2018 al 2023 fornisce un quadro interessante della dinamica economica locale e del cambiamento nelle reti di imprese. I dati mostrano aumenti significativi in quasi tutte le regioni, con Basilicata, Campania e Veneto che registrano le maggiori crescite percentuali, indicando un'intensificazione delle sinergie aziendali. La Basilicata è la regione con l'aumento più notevole, passando da 29,89 a 169,03, con un incremento assoluto di 139,14 e una variazione percentuale straordinaria del 465,50%. Questo salto può indicare l'implementazione di politiche regionali efficaci volte a stimolare la collaborazione tra le imprese, forse anche in risposta a precedenti isolamenti geografici ed economici. Al contrario, la Sardegna mostra una tendenza opposta, con una diminuzione da 135,64 a 95,17, e una variazione percentuale negativa del -29,83%. Questo declino potrebbe riflettere sfide particolari, come cambiamenti nel tessuto economico o nella disponibilità di incentivi per la collaborazione. La Campania e il Veneto hanno entrambi mostrato aumenti notevoli, rispettivamente del 180,68% e del 184,96%. Questi dati suggeriscono una ripresa e una crescita dell'attività collaborativa che può essere collegata a una rinascita economica post-crisi o a nuove iniziative imprenditoriali che favoriscono la cooperazione. La regione del Trentino Alto Adige continua a essere un esempio eccezionale di alta collaborazione interaziendale, con un salto da 186,85 a 368,59, mostrando non solo un alto valore assoluto ma anche una sostanziale crescita percentuale del 97,27%. Questo può riflettere una cultura forte e consolidata di cooperazione tra le aziende, supportata da un ambiente istituzionale favorevole. L'Emilia Romagna, un'altra regione con un robusto tessuto industriale, ha visto anch'essa una significativa crescita della collaborazione interaziendale, con un aumento del 235,58%. La presenza di distretti industriali e di una rete di piccole e medie imprese che collaborano in vari settori può spiegare questo aumento. Analizzando i dati si può notare che, ad eccezione della Sardegna, tutte le regioni italiane hanno mostrato un aumento della collaborazione tra imprese. Questo fenomeno suggerisce un generale orientamento verso la collaborazione come strumento per aumentare la competitività e l'innovazione.

PMI innovative con altre nelle macro-regioni italiane tra il 2018 ed il 2023. L'evoluzione della collaborazione tra le PMI innovative nelle macro-regioni italiane dal 2018 al 2023 offre un'interessante prospettiva sulla dinamica di cooperazione e sviluppo tecnologico regionale. L'analisi dei dati riflette variazioni significative, che possono fornire spunti per comprendere meglio le politiche regionali, le infrastrutture di supporto all'innovazione e il clima imprenditoriale generale. La regione del Sud mostra una traiettoria di recupero notevole dopo un periodo di stagnazione nel biennio 2019-2020, con valori fermi a 45,91. Questo stallo potrebbe riflettere le difficoltà economiche o una minore concentrazione di risorse e reti di supporto per le PMI innovative. Tuttavia, il marcato incremento registrato dal 2021 al 2023, culminante in un valore di 125,53, evidenzia un cambiamento sostanziale, con un incremento assoluto di 57,27 e una crescita percentuale dell'83,90%. Questo risultato suggerisce che, forse grazie a nuove politiche di sostegno o a un rinnovato focus sulle industrie ad alta tecnologia, il Sud ha iniziato a superare i propri ostacoli strutturali, creando un ambiente più favorevole per la collaborazione tra PMI innovative. Nel Nord, l'area è caratterizzata da un continuo e significativo aumento della collaborazione tra PMI innovative, con un salto da 82,73 nel 2018 a 179,20 nel 2023. Questo incremento, che si traduce in un aumento assoluto di 96,47 e una percentuale di crescita del 116,61%, testimonia una robusta infrastruttura e una solida rete imprenditoriale che supporta l'innovazione continua e la cooperazione. Il Nord, con il suo tessuto industriale avanzato e le numerose iniziative di supporto alle imprese innovative, continua a dimostrare la sua capacità di attrarre e sviluppare talenti e tecnologie di punta. Per quanto riguarda il Centro, dopo un periodo di apparente declino nel 2021, dove il valore scende a 67,18, si assiste a una ripresa notevole fino a raggiungere 131,89 nel 2023. Questo comporta un aumento assoluto di 50,98 e un aumento percentuale del 63,01%. Questo recupero può essere interpretato come il risultato di un rinnovato impegno per rafforzare le politiche di innovazione o migliorare le reti di collaborazione tra le PMI. La presenza di importanti centri urbani e accademici potrebbe aver giocato un ruolo cruciale nel facilitare questo rinnovamento, sostenendo l'adozione di tecnologie innovative e la condivisione di risorse e competenze. In sintesi, i dati del periodo 2018-2023 riflettono un contesto in evoluzione per le PMI innovative nelle diverse macro-regioni italiane. Il Nord si conferma come leader nell'innovazione e nella collaborazione, mentre il Sud e il Centro mostrano segni di una dinamica positiva, superando le sfide e capitalizzando nuove opportunità. Queste tendenze sottolineano l'importanza di politiche mirate e di un supporto continuo alle PMI innovative per stimolare la cooperazione e la crescita economica. La crescita delle collaborazioni tra PMI innovative è cruciale per il rafforzamento della competitività e per la capacità di risposta alle sfide del mercato globale, sottolineando l'essenzialità di un ambiente che favorisca l'interazione, l'apprendimento condiviso e l'innovazione trasversale.

Divario Nord-Sud. Il divario Nord-Sud in Italia è un tema centrale nell'analisi dello sviluppo economico e dell'innovazione, particolarmente evidente quando si esaminano le dinamiche delle PMI innovative che collaborano con altre aziende nelle diverse macro-regioni italiane dal 2018 al 2023. L'analisi rivela una disparità significativa nelle traiettorie di crescita e nella capacità di collaborazione interaziendale, riflettendo differenze strutturali e di opportunità tra le regioni. Nel Sud, dopo un netto calo nel periodo 2019-2020, con valori stagnanti intorno a 45,91, si osserva una ripresa nei tre anni successivi, raggiungendo un valore di 125,53 nel 2023. Questo aumento, che corrisponde a un incremento percentuale dell'83,90%, segnala un rinnovato dinamismo e l'effetto di politiche mirate a incentivare l'innovazione e la cooperazione tra PMI. Tuttavia, nonostante questa crescita, il Sud parte da una base più bassa rispetto al Nord, indicando una storica carenza di infrastrutture e supporto per l'innovazione che solo recentemente sta iniziando a essere indirizzata. Il Nord, d'altra parte, mostra una capacità più grande e costante di sostenere e espandere la collaborazione tra PMI innovative. Partendo già da un valore più alto nel 2018 (82,73), il Nord ha visto un aumento costante e significativo, culminante in un valore di 179,20 nel 2023, con un aumento percentuale del 116,61%. Questo suggerisce non solo una base di partenza più robusta ma anche un ambiente che continua a favorire l'interazione e la sinergia tra imprese innovative, supportato da un tessuto economico e istituzionale più forte e da un accesso più ampio a risorse finanziarie, tecnologiche e umane. Il Centro, con una traiettoria che mostra un calo nel 2021 seguito da una ripresa nel 2023, rispecchia una situazione di media volatilità, ma con una crescita complessiva inferiore rispetto al Nord e una ripresa meno marcata rispetto al Sud. Il valore del 2023 di 131,89 e l'aumento percentuale del 63,01% indicano miglioramenti, ma anche qui le sfide strutturali e di contesto sembrano limitare il potenziale di collaborazione rispetto al Nord. Queste dinamiche confermano l'esistenza di un divario Nord-Sud non solo in termini di valori assoluti ma anche nella velocità e nella capacità di adattamento e crescita. Mentre il Nord si avvantaggia di un contesto preesistente più favorevole, il Sud deve affrontare ostacoli maggiori, sebbene mostri segnali di una significativa capacità di recupero quando vengono forniti adeguati supporti. Il divario rispecchia in parte le disparità più ampie dell'economia italiana, con il Nord che beneficia di una maggiore concentrazione di distretti industriali, di infrastrutture avanzate e di un più ricco ecosistema di innovazione. Il Sud, più marginale in questi contesti, richiede strategie mirate per colmare queste lacune, come incentivi specifici per l'innovazione, il miglioramento delle infrastrutture di ricerca e sviluppo, e una maggiore integrazione nel tessuto economico nazionale e internazionale. In conclusione, il divario Nord-Sud nelle dinamiche di collaborazione tra PMI innovative rimane un indicatore critico delle sfide e delle opportunità nell'economia italiana.

Politiche economiche. Per stimolare lo sviluppo delle PMI innovative e collaborative in Italia, è fondamentale adottare una serie di politiche economiche mirate, che prendano in considerazione sia incentivi fiscali e finanziari sia il supporto diretto alle infrastrutture e alla formazione. Questi interventi devono essere particolarmente sensibili alle disparità regionali, cercando di ridurre il divario significativo tra il Nord e il Sud del paese, e dovrebbero essere implementati attraverso un approccio coordinato che coinvolga il governo, le istituzioni locali e il settore privato. In primo luogo, è cruciale offrire incentivi fiscali e finanziari che possano stimolare direttamente l'innovazione e la collaborazione tra PMI. Ciò include l'introduzione o l'incremento di crediti d'imposta per ricerca e sviluppo, soprattutto per progetti che prevedono collaborazioni tra diverse PMI o tra PMI e istituti di ricerca e università. Altresì, estendere le agevolazioni fiscali per gli investitori che scelgono di supportare finanziariamente startup e PMI innovative può incentivare l'ingresso di nuovo capitale e nuove competenze nel settore. Un ulteriore rafforzamento dei fondi di garanzia aiuterebbe le PMI a ottenere accesso a finanziamenti a condizioni favorevoli, essenziale per sostenerne la crescita e l'espansione. Il supporto diretto attraverso grant e sovvenzioni per progetti di innovazione collaborativa è un altro pilastro fondamentale. In particolare, si dovrebbero favorire le iniziative che promuovono le partnership interregionali, con l'obiettivo di superare le barriere geografiche e economiche che spesso isolano le PMI del Sud. La promozione e il sostegno a incubatori e acceleratori che facilitano la collaborazione e il trasferimento tecnologico tra le imprese innovatrici contribuiscono anche a creare un ambiente fertile per la nascita di nuove idee e prodotti. Inoltre, un servizio di consulenza e supporto finanziario per la protezione della proprietà intellettuale potrebbe salvaguardare le innovazioni e stimolare ulteriori collaborazioni. Per quanto riguarda le infrastrutture, un investimento significativo nelle infrastrutture digitali è imperativo, specialmente nelle regioni meno sviluppate. Questo non solo favorirebbe l'innovazione digitale, ma anche faciliterebbe la collaborazione a distanza, aspetto sempre più rilevante nell'era post-pandemica. È inoltre essenziale promuovere reti di collaborazione stabili tra imprese, università e centri di ricerca, per incentivarne l'interazione continua e produttiva. La formazione e lo sviluppo delle competenze rappresentano un ulteriore campo d'azione. I programmi di formazione tecnica e manageriale per i leader delle PMI potrebbero concentrarsi su come gestire l'innovazione e le collaborazioni interaziendali efficacemente. Promuovere partnership stabili tra PMI e università può facilitare lo scambio di conoscenze e tecnologie, amplificando l'impatto dell'innovazione. Infine, per affrontare il divario regionale, è necessario sviluppare piani di sviluppo su misura per le aree meno avanzate, mirati a stimolare l'innovazione e la collaborazione in loco. Questi piani dovrebbero anche incentivare la decentralizzazione delle attività di innovazione, distribuendo progetti strategici e risorse ben oltre le grandi aree metropolitane del Nord, per garantire una maggiore equità nel sviluppo economico e tecnologico del paese. L'implementazione di queste politiche richiede un impegno costante e coordinato tra i diversi livelli di governo e il settore privato. Solo attraverso un approccio olistico e inclusivo è possibile garantire che le PMI italiane non solo sopravvivano in un mercato competitivo, ma prosperino, contribuendo significativamente all'economia del paese grazie alla loro capacità di innovare e collaborare.

Conclusioni. Le PMI innovative aperte alle collaborazioni sono aumentate in media nelle regioni italiane del 93,62% tra il 2018 ed il 2023 passando da un ammontare di 76,58 unità fino ad un valore di 148,27 unità. Guardando alle macro-regioni italiane possiamo notare che il valore delle PMI innovative aperte alle collaborazioni è cresciuto in tutte le macro-regioni tra il 2018 ed il 2023. Nel Sud dell’83,90%, nel Nord del 116,61% e nel Centro del 63,01%. Tuttavia, se guardiamo al 2023 in termini di valore assoluto possiamo notare che esiste un divario tra il Centro-Sud ed il Nord. Infatti mentre il Sud Italia, nel 2023, ha fatto segnare un valore di 125,53 ed il Centro Italia ha fatto segnare un valore di 131,89 unità, il valore del Nord Italia rimane molto più elevato attestandosi intorno ad un ammontare del 179,2. La collaborazione per le PMI Innovative è particolarmente rilevante. Infatti le PMI innovative non hanno la forza economica di costruire dei dipartimenti specializzati nella Ricerca e Sviluppo o nell’Innovazione Tecnologica in grado di produrre brevetti, marchi, design, innovazione di prodotto e di servizio. Ne deriva pertanto che le PMI innovative, soprattutto all’interno di un medesimo settore di attività economica, tendono a crescere attraverso la collaborazione, nell’ambito dei sistemi di open innovation creando gli “ecosistemi di innovazione”. Tali sistemi possono essere stabiliti per legge, o per accordo tra privati, oppure possono scaturire “naturalmente” per esigenza operativa e tattica delle imprese che intendono utilizzare le esternalità positive delle reti per poter crescere pure avendo a disposizione meno risorse di quelle che le grandi imprese possono investire in termini di Ricerca & Sviluppo. Ne deriva pertanto la necessità di creare dei sistemi di facilitazione della collaborazione tra PMI innovative per stimolare la crescita economica e la competitività e consentire anche alle piccole organizzazioni economiche di poter offrire ai propri clienti dei prodotti che siano innovativi in termini di prodotti e processi.

Fonte dei dati: https://projects.research-and-innovation.ec.europa.eu/en/statistics/performance-indicators/european-innovation-scoreboard/eis#

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