Sono
cresciute in media del 47,49% tra il 2018 ed il 2023
Di seguito analizzo i
dati relativi alle startup italiane che sono raccolte in periodici report da
parte del MIMIT-Ministero delle Imprese e del Made in Italy. I report sono
trimestrali. Di seguito prendiamo in considerazione la media dei trimestri per
le 20 regioni italiane nel periodo tra il 2018 ed il 2023.
Le
startup nelle regioni italiane. L'analisi dei dati
relativi alle startup nelle regioni italiane per l'anno 2023 mostra una mappa
dettagliata dell'imprenditorialità innovativa nel paese. I numeri riflettono la
vitalità e la diversità dell'ecosistema delle startup italiane, evidenziando sia
i poli di maggiore attività che le aree con minore concentrazione di queste
realtà imprenditoriali. La Lombardia emerge chiaramente come il cuore pulsante
dell'innovazione in Italia, con 3734 startup. Questo dato non sorprende, data
la presenza di Milano, capitale economica e finanziaria del paese, che attrae
talenti, investimenti e offre un terreno fertile per lo sviluppo di nuove
imprese tecnologiche. Seguendo la Lombardia, il Lazio si posiziona come il
secondo centro più importante per le startup, con 1739 entità. La regione,
grazie alla presenza di Roma, combina l'accesso a vasti network di investitori
e risorse culturali e tecnologiche, creando un ambiente ideale per
l'innovazione. La Campania, con 1443 startup, si afferma come un altro hub
significativo, dimostrando che anche il Sud Italia è capace di generare
un'importante attività imprenditoriale, soprattutto intorno alla città di
Napoli. L'Emilia Romagna e il Veneto, con rispettivamente 990 e 901 startup,
sottolineano il loro ruolo di regioni dinamiche, supportate da una solida base
industriale e da un'inclinazione verso l'innovazione e lo sviluppo tecnologico.
Il Piemonte, con 759 startup, e la Toscana, con 621, evidenziano la loro
capacità di attrarre imprenditori e startup, grazie a città come Torino e
Firenze che offrono ecosistemi stimolanti per la crescita delle nuove imprese. Sorprendentemente,
regioni meno popolate e tradizionalmente meno associate all'innovazione tecnologica
come la Puglia e la Sicilia mostrano numeri significativi, con 617 e 714
startup rispettivamente, indicando un vivace movimento di imprenditorialità
anche al di fuori dei centri urbani maggiori. In contrasto, regioni come la
Valle d'Aosta, il Molise e la Basilicata, con 16, 84 e 130 startup
rispettivamente, riflettono una realtà imprenditoriale più contenuta,
probabilmente a causa di limitazioni in termini di accesso a capitali, risorse,
o semplicemente per una minore densità di popolazione. Questi dati, nel loro
complesso, dipingono un'immagine di un'Italia che, nonostante le disparità
regionali, mostra un tessuto imprenditoriale in movimento e in continua
evoluzione. La diversità regionale nel numero di startup evidenzia sia le sfide
che le opportunità per l'ecosistema imprenditoriale italiano, sottolineando
l'importanza di politiche e iniziative di supporto mirate a promuovere
ulteriormente l'innovazione e l'imprenditorialità in tutte le regioni del
paese.
Il grafico mostra il
numero di startup nelle diverse regioni italiane nel 2023. La Lombardia guida
con un numero notevolmente alto di startup, seguita da Lazio e Campania. Il
grafico riflette la distribuzione geografica dell'innovazione e
dell'imprenditorialità in Italia, con un'evidente concentrazione nelle regioni
economicamente più forti e nelle aree urbane maggiori. Le regioni con il minor
numero di startup, come la Valle d'Aosta, il Molise e la Basilicata, indicano
aree di potenziale crescita e sviluppo futuro nel panorama imprenditoriale
italiano.
Divario
Nord-Sud. L'analisi dei dati sulle startup italiane dal 2018 al
2023 rivela una tendenza interessante che riflette le dinamiche economiche
regionali del paese e suggerisce l'esistenza di un divario tra il Nord e il Sud
Italia. Se da un lato la Lombardia, nel Nord, emerge come un colosso
nell'ecosistema delle startup con una crescita notevole che la porta a contare
3734,25 startup nel 2023, altre regioni settentrionali come il Veneto, l'Emilia
Romagna, il Friuli Venezia Giulia e il Trentino Alto Adige mostrano anch'esse
una crescita positiva, sebbene in misura più contenuta. Questi numeri
evidenziano il Nord Italia come un'area di forte attività imprenditoriale e
innovativa, sostenuta da infrastrutture solide, accesso al capitale e un
ambiente favorevole alle imprese. Dall'altro lato, il Sud Italia, rappresentato
da regioni come la Campania, la Sicilia e la Puglia, dimostra una vitalità
sorprendente, con la Campania in particolare che raddoppia quasi il numero
delle sue startup, attestandosi a 1442,75 nel 2023. Questo dimostra che,
nonostante le sfide strutturali e economiche storiche, il Sud sta guadagnando
terreno nell'ambito dell'innovazione e dell'imprenditorialità. Tuttavia,
regioni come la Calabria e la Basilicata, nonostante registrino una crescita,
mostrano numeri assoluti più modesti, suggerendo che il divario non è
completamente colmato. La comparazione tra le due macro-aree del paese indica
che, sebbene esista divario in termini di volume totale e densità di startup,
con il Nord che tende ad avere una concentrazione maggiore, alcune regioni del
Sud stanno facendo passi da gigante, sfidando le aspettative e contribuendo a
una ridistribuzione più equilibrata dell'attività imprenditoriale nel paese.
Questo scenario sottolinea l'importanza di continuare a supportare l'ecosistema
startup in tutta Italia, incentivando politiche che favoriscano l'equità
regionale, l'accesso al finanziamento e lo sviluppo di infrastrutture, per
assicurare che ogni parte del paese possa contribuire e beneficiare dell'innovazione
e della crescita economica.
Politiche
economiche per le startup nelle regioni italiane.
In Italia, la crescita e lo sviluppo delle startup sono sostenuti da una serie
complessa e articolata di politiche economiche, implementate sia a livello
nazionale che regionale, con l'obiettivo di creare un ambiente fertile per
l'innovazione e l'imprenditorialità. Tra queste politiche spiccano incentivi
fiscali e contributi, quali crediti d'imposta per investimenti in ricerca e
sviluppo e agevolazioni per gli investitori in startup innovative, mirati a
ridurre il carico fiscale e a stimolare l'investimento privato. Importanti sono
anche i fondi di investimento e i finanziamenti agevolati, gestiti in
collaborazione con il sistema bancario e finanziario, che offrono alle startup
accesso a capitali a condizioni favorevoli, inclusi fondi di venture capital e
piattaforme di crowdfunding. Gli incubatori e gli acceleratori di startup
rappresentano un'altra colonna portante delle politiche di supporto, fornendo
spazi di lavoro, mentorship, e collegamenti vitali con reti di investitori,
facilitando così la crescita e lo sviluppo delle giovani imprese. Iniziative
come Smart & Start Italia, gestite da Invitalia, sono esempi di come il
governo si impegni direttamente nel sostegno finanziario delle startup
innovative, con una particolare enfasi sulle aree del Mezzogiorno, al fine di
promuovere un'equa distribuzione geografica dell'innovazione. Non meno
rilevanti sono i distretti tecnologici e i poli di innovazione, che promuovono
la collaborazione tra università, centri di ricerca, e imprese in settori
chiave, stimolando l'ecosistema dell'innovazione attraverso la condivisione di
conoscenze e risorse. A questo si aggiungono le politiche di formazione e
sviluppo delle competenze, che attraverso programmi specifici mirati a
imprenditori e lavoratori delle startup, puntano a colmare il gap di competenze
necessarie per competere efficacemente sul mercato. L'Italia si impegna anche a
livello internazionale, facilitando la connessione delle startup con ecosistemi
e mercati esteri, e promuovendo la partecipazione a eventi e missioni
commerciali all'estero, al fine di ampliare le opportunità di business. Misure
di semplificazione amministrativa sono state adottate per ridurre la burocrazia
e accelerare i processi di avvio delle attività, rendendo così l'Italia un
terreno sempre più fertile per le startup. In sintesi, le politiche economiche
italiane per lo sviluppo delle startup si caratterizzano per un approccio
multidimensionale che include incentivi finanziari, supporto allo sviluppo e
alla formazione, integrazione con i sistemi di ricerca e innovazione e
facilitazioni burocratiche, tutte mirate a stimolare la nascita e la crescita
di imprese innovative sul territorio nazionale.
Conclusioni.
Tra il 2018 ed il 2023 il numero delle startup nelle regioni italiane è
cresciuto del 47,49% passando da un valore medio di 467 unità fino a 689 unità. Se guardiamo alle
variazioni percentuali possiamo notare che le regioni che sono cresciute di più
sono la Campania con un valore di 105,52%, seguita dal Lazio con +75,61%, e
dalla Puglia con un valore pari a +69,11%. Vi sono comunque delle regioni che
hanno avuto delle performance di basso livello o addirittura negative come nel
caso del Veneto con un valore pari a +7,24%, Marche con -12,61%, e Valle d’Aosta
con -18,75%. Occorre considerare che il movimento delle startup in Italia è
sostanzialmente fallimentare. Vi sono delle motivazioni economiche che possono
illuminare il fallimento delle startup. Innanzitutto l’insufficienza di risorse
finanziarie. In Italia è prevalsa l’idea che sia possibile fare startup,
innovazione tecnologica e ricerca e sviluppo, con gli spin off delle università
e con i soldi pubblici messi a disposizioni dallo Stato o dalle Regioni.
Tuttavia, si tratta di valori finanziari assolutamente insufficienti. Nelle
economie dove le startup funzionano ovvero USA, Israele, UK, Francia, Cina, e
Germania, le startup hanno a disposizione molte più risorse. Tali risorse non
vengono messe a disposizione solo dallo Stato e dalle regioni. Tali risorse
vengono poste a disposizione da un insieme molto ampio di istituzioni ed
organizzazioni bancarie-finanziarie. Rientrano in questa categoria i business
angels, i venture capitalists, le banche di investimento ed i fondi. Tali
istituzioni ed organizzazioni finanziarie possono mettere a disposizione
miliardi di dollari ed euro nei confronti delle startup. Risorse che invece è
impossibile rinvenire in Italia. In Italia infatti c’è una discriminazione nei
confronti degli operatori finanziari non bancari che impedisce l’investimento
nelle startup. Ne consegue che l’Italia è un paese di medio-basso livello per
capitalizzazione delle startup e capacità di innovazione tecnologica. Tale
valore però non sta a significare che i progetti imprenditoriali degli
startupper italiani siano privi di valore tecnico-scientifico. Al contrario.
Molte idee e business plans sono innovativi. Tuttavia, mancando le risorse
finanziarie, gli startupper italiani rimangono impossibilitati a continuare
nell’espansione delle proprie attività economiche come accade invece per i loro
colleghi anglosassoni, cinesi, francesi e tedeschi.
Tale
circostanza è abbastanza grave in quanto nell’attuale condizione del
capitalismo occidentale, ed anche del comunismo di mercato cinese, le startup
hanno il compito di innovare il sistema economico, il sistema imprenditoriale
ed anche, in un certo senso, la pubblica amministrazione. Ne deriva che il
sotto-finanziamento delle startup si traduce in un ritardo del paese Italia in
termini di innovazione tecnologica e di ricerca e sviluppo. Poiché l’innovazione
tecnologica insieme con la ricerca scientifica, costituiscono uno dei driver
più rilevanti per far crescere il PIL, ne deriva che l’Italia rischia di
rimanere indietro sia nei confronti dei paesi occidentali che dei nuovi paesi
emergenti asiatici.
Un
ulteriore problematica nella gestione delle startup consiste nell’orizzonte
imprenditoriale, e di governance degli startupper. Infatti, mentre, per esempio
negli USA, l’obiettivo degli startupper è quotarsi in borsa, tale meta è
assolutamente assente per gli startupper italiani. L’accesso in borsa è infatti
una impossibilità. Di fatto quotarsi in borsa in Italia è un’operazione al
limite della fattibilità a prescindere dalle caratteristiche quali-quantitative
dei progetti industriali e dai livelli di profittabilità delle idee
imprenditoriali.
Nella
retorica italiana delle startup l’elemento più importante per creare nuove
imprese innovative consisterebbe nella relazione tra università e sistema
imprenditoriale. Tale impostazione non è del tutto errata. Essa però manca di
un ulteriore elemento ovvero della dimensione finanziaria. Infatti, per esempio
negli USA, è vero che c’è una relazione tra università e imprese startup.
Tuttavia, tale relazione è mediata anche dalla presenza di istituzioni ed
organizzazioni finanziarie che offrono risorse sia all’università che alle
startup per fare crescere le imprese con la visione della quotazione in borsa,
per un pronto realizzo degli investimenti finanziati. In questo senso la
finanza agevolata è uno strumento del tutto insufficiente. La finanza
agevolata, ovvero i bandi pubblici predisposti per finanziarie le imprese, non
hanno nessuna capacità di sopperire alla mancanza di operatori specializzati
che sono in grado di creare valore intorno alle idee imprenditoriali proposte
da scienziati, ricercatori e professori universitari.
Infine
è assai rilevante l’introduzione del manager della ricerca scientifica che sia
in grado di gestire la variabile più complessa per una startup ovvero: il
capitale umano. Infatti, le startup sono caratterizzate dalla presenza di
capitale umano qualificato. Tuttavia, proprio per tale motivazione è assai
probabile che tali figure professionali siano sottoposte ad un elevato turnover
a causa della possibilità di trovare nuovi posti di lavoro specializzati in
aziende più grandi che offrono stipendi più alti.
In
sintesi, la crescita delle startup in Italia è una cosa certamente positiva.
Tuttavia, tali organizzazioni sono certamente sotto-dimensionate a causa della
mancanza di opportuni investimenti finanziari, ed in mancanza di progetti che
possano consentire alle imprese di quotarsi in borsa, o di associare all’investimento
pubblico anche l’investimento privato in modo da poter crescere con maggiore
velocità. L’economia dell’innovazione tecnologica è infatti molto competitiva.
Ed in mancanza di adeguate politiche economiche, volte soprattutto a creare
nuovi intermediari finanziari specializzati non bancari e aprire alla
quotazione di borsa, è assai probabile che molte di queste startup non
riusciranno a trasformarsi in vere imprese. Molte chiuderanno. Ed, alcune, le
più fortunate, verranno acquistare, per pochi spiccioli, da aziende che sono
interessate ad estrarne la tecnologia o i brevetti industriali.
Occorre
quindi che il governo ed il parlamento prestino maggiore attenzione alle
startup, operando soprattutto aprendo il mercato a nuovi intermediari
finanziari specializzati, per evitare che con il fallimento delle startup,
fallisca anche il tentativo di introdurre innovazione tecnologica nel mercato e
nelle pubbliche amministrazioni.
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