Passa ai contenuti principali

La spesa in ricerca e sviluppo nel settore pubblico nelle regioni italiane

 

E’ diminuita tra il 2018 ed il 2023 in media del 2,81%

 

Tutte le spese di ricerca e sviluppo nel settore pubblico (GOVERD) e nel settore dell’istruzione superiore (HERD) (Eurostat). La spesa in ricerca e sviluppo rappresenta uno dei principali motori della crescita economica in un’economia basata sulla conoscenza. Pertanto, le tendenze dell’indicatore della spesa per R&S forniscono indicazioni chiave sulla futura competitività e ricchezza dell’UE. La spesa per la ricerca e lo sviluppo è essenziale per effettuare la transizione verso un’economia basata sulla conoscenza, nonché per migliorare le tecnologie di produzione e stimolare la crescita. Il valore è espresso in percentuale del PIL. I dati fanno riferimento alle regioni italiane nel periodo tra il 2018 ed il 2023.

La spesa in ricerca e sviluppo nel settore pubblico nel 2023. I dati relativi alla spesa in ricerca e sviluppo (R&D) nel settore pubblico, espressi come percentuale del Prodotto Interno Lordo (PIL) per le varie regioni italiane nel 2023, offrono uno spaccato significativo delle priorità regionali in materia di investimenti in innovazione e sviluppo tecnologico. Si osserva una marcata diversità tra le regioni, con il Lazio che si distingue per il più alto investimento in R&D, raggiungendo il 122,1993% del PIL. Questo dato, eccezionalmente elevato, sottolinea forse un'intensa concentrazione di attività di ricerca pubblica e privata, potenzialmente influenzata dalla presenza di numerosi istituti e università, nonché dalla vicinanza delle sedi delle principali istituzioni italiane. Allo stesso tempo, regioni come la Sardegna e il Friuli Venezia Giulia dimostrano un impegno significativo verso la ricerca, superando entrambe il 100% del PIL. Questi investimenti possono riflettere strategie mirate a compensare limitazioni strutturali o economiche attraverso l'innovazione e lo sviluppo tecnologico. In contrasto, la Valle d'Aosta si posiziona all'estremo opposto dello spettro, con una spesa in R&D che rappresenta solo il 37,68573% del PIL, suggerendo una diversa allocuzione delle risorse pubbliche o un tessuto economico meno incentrato sulla ricerca pura e applicata. Le discrepanze regionali possono derivare da vari fattori, inclusi il tessuto industriale locale, la presenza di università e centri di ricerca, le politiche di investimento locale e le priorità strategiche regionali. La Lombardia, ad esempio, pur essendo una delle regioni economicamente più vigorose d'Italia, mostra una percentuale relativamente bassa di spesa in R&D (53,9403%), il che potrebbe indicare una maggiore enfasi su altri tipi di investimenti economici o una forte integrazione con il settore privato della ricerca e sviluppo. In conclusione, questi dati evidenziano non solo l'importanza strategica che le diverse regioni attribuiscono alla ricerca e allo sviluppo ma anche come tali investimenti possano essere influenzati da una complessa interazione di fattori economici, sociali e politici. Essi sollevano interrogativi interessanti sull'efficacia di tali investimenti in termini di risultati ottenuti e su come le diverse regioni bilancino le esigenze di sviluppo immediato con gli investimenti a lungo termine nella conoscenza e nell'innovazione.

La spesa in ricerca e sviluppo nel settore pubblico nelle regioni italiane tra il 2018 ed il 2023. Analizzando i dati relativi alla spesa in ricerca e sviluppo nel settore pubblico in percentuale del PIL tra il 2018 e il 2023 nelle varie regioni italiane, possiamo osservare diverse tendenze interessanti. Primo, c'è una varietà significativa tra le regioni in termini di cambiamenti nella spesa. Alcune regioni, come il Friuli Venezia Giulia, hanno visto un incremento significativo della spesa (+7,128%), raggiungendo addirittura il 100% della loro spesa in R&S rispetto al PIL, il che suggerisce un forte impegno verso l'innovazione e lo sviluppo. Anche il Trentino Alto Adige ha registrato un aumento notevole (+12,634%), dimostrando un dinamismo notevole nel settore della ricerca. In contrasto, regioni come la Calabria e la Puglia hanno sperimentato delle decrescite preoccupanti, rispettivamente del -18,841% e del -16,721%, indicando forse delle difficoltà nel mantenere gli investimenti in ricerca e sviluppo o una ridistribuzione delle risorse in altri settori. Interessante notare come la regione con la spesa più alta in termini assoluti nel 2018, il Lazio, abbia subito una leggera decrescita (-2,684%), pur rimanendo su livelli relativamente alti. Questo potrebbe riflettere una stabilizzazione degli investimenti dopo periodi di forte espansione. Alcune regioni hanno mantenuto una certa stabilità, come il Veneto, dove la variazione percentuale è stata dello 0%. Questo potrebbe indicare una politica di continuità negli investimenti in R&S.

Divario Nord-Sud. Dai dati forniti sulla spesa in ricerca e sviluppo (R&S) nel settore pubblico in percentuale del PIL tra il 2018 e il 2023 nelle varie regioni italiane, emerge una tendenza che può suggerire l'esistenza di un divario Nord-Sud in termini di investimenti in questo ambito. Le regioni del Nord, come il Friuli Venezia Giulia e il Trentino Alto Adige, hanno registrato incrementi significativi della loro spesa in R&S. Il Friuli Venezia Giulia, in particolare, ha raggiunto una spesa in R&S pari al 100% del suo PIL, mentre il Trentino Alto Adige ha visto un aumento della spesa del 12,634%, entrambi segni di un forte impegno verso l'innovazione e la ricerca. Al contrario, molte regioni del Sud hanno mostrato decrementi notevoli o incrementi molto modesti. La Calabria e la Puglia, ad esempio, hanno sperimentato riduzioni significative della loro spesa in R&S, con cali rispettivamente del -18,841% e del -16,721%. Questi dati indicano che queste regioni potrebbero avere difficoltà a mantenere o incrementare gli investimenti in ricerca e sviluppo. Tuttavia, ci sono eccezioni importanti che smentiscono una divisione netta e uniforme tra Nord e Sud. Ad esempio, la Sardegna, nel Sud, ha visto un incremento del 4,159% nella spesa in R&S, dimostrando un impegno verso la ricerca e l'innovazione. Nonostante queste eccezioni, la tendenza generale suggerisce che le regioni del Nord tendono ad avere una maggiore capacità o volontà di investire in R&S rispetto a molte regioni del Sud. Questo divario può essere influenzato da diversi fattori, tra cui la diversa distribuzione delle risorse economiche, la presenza di università e centri di ricerca, e le politiche regionali incentrate sull'innovazione e lo sviluppo tecnologico. In sintesi, i dati suggeriscono l'esistenza di un divario Nord-Sud nell'investimento in ricerca e sviluppo in Italia, sebbene ci siano importanti eccezioni che indicano una realtà più sfumata e complessa.

Politiche economiche per incrementare le spese in ricerca e sviluppo nel settore pubblico nelle regioni italiane.  Per incrementare la spesa in ricerca e sviluppo (R&S) nel settore pubblico in percentuale del Prodotto Interno Lordo (PIL) nelle regioni italiane, è necessario adottare una serie di politiche economiche mirate. Un approccio efficace potrebbe iniziare dalla promozione di partenariati tra università, enti di ricerca e imprese private, incentivando la collaborazione in progetti di R&S attraverso agevolazioni fiscali e sostegni finanziari. Le regioni potrebbero istituire fondi dedicati all'innovazione, destinati a sostenere la ricerca applicata e lo sviluppo tecnologico nelle aree considerate strategiche per lo sviluppo economico locale. Un altro strumento potrebbe essere l'implementazione di "zone di innovazione", aree geografiche dove le imprese che investono in R&S possono beneficiare di condizioni favorevoli, come minori oneri burocratici e fiscali. È fondamentale anche il ruolo dell'educazione: investire nell'istruzione superiore e post-laurea in campi chiave per l'innovazione può garantire la crescita di un capitale umano altamente qualificato, capace di contribuire attivamente alla R&S. Inoltre, potenziare le infrastrutture digitali e tecnologiche rappresenta un prerequisito per un ambiente di ricerca avanzato, permettendo una più ampia diffusione e applicazione dei risultati della ricerca. L'adozione di politiche di procurement pubblico che favoriscano l'acquisto di beni e servizi innovativi può stimolare la domanda di innovazione, creando un circolo virtuoso che alimenti ulteriormente gli investimenti in R&S. Infine, è cruciale instaurare un dialogo costante tra il settore pubblico e quello privato per allineare gli sforzi di R&S alle necessità del mercato e alle priorità sociali, assicurando che gli investimenti siano diretti verso settori chiave per lo sviluppo sostenibile e l'innovazione. Attraverso queste politiche, le regioni italiane possono non solo incrementare la spesa in R&S in percentuale del PIL, ma anche stimolare la crescita economica e la competitività nel lungo termine.

Conclusioni. La spesa in ricerca e sviluppo del settore pubblico è diminuita tra il 2018 ed il 2023 in media del 2,81% passando da 81,76 fino a 78,88. Le regioni nelle quali il valore della spesa in ricerca e sviluppo è cresciuto di più tra il 2018 ed il 2023 sono Trentino Alto Adige con +12,36% e Friuli Venezia Giulia con +7,12%. Tuttavia, vi sono anche regioni nelle quali tale valore è diminuito significativamente ovvero Puglia con -16,72% e Calabria con -18,84%. Guardando alle macro-regioni possiamo notare che in media le regioni del Centro Italia nel 2023 hanno speso un valore pari a 89,32 ovvero superiore allo stesso valore del Sud, corrispondente a 82,02 e del Nord pari a 70,54. Tuttavia, occorre considerare che tali valori sono in termini percentuali del PIL. Inoltre, tali valori non esauriscono il complesso delle risorse economiche che possono essere investite nella ricerca e sviluppo. Infatti a tali valori, individuati nel settore pubblico, bisogna sommare le risorse finanziarie del settore privato. Sommando la spesa in ricerca e sviluppo sia del pubblico che del privato è possibile ottenere un maggiore livello di finanziamento.

Fonte: European Innovation Scoreaboard https://research-and-innovation.ec.europa.eu/statistics/performance-indicators/european-innovation-scoreboard_en 





Commenti

Post popolari in questo blog

Trend globali nella produzione di nuovi medici

  Il lungo arco temporale compreso tra il 1980 e il 2023 offre uno sguardo ricco di dettagli sull’evoluzione della formazione dei medici in numerosi paesi, misurata in laureati in medicina per 100 000 abitanti. All’inizio degli anni Ottanta diverse nazioni presentavano livelli di ingresso nelle facoltà di medicina piuttosto elevati, con alcuni picchi record, mentre altre registravano numeri più contenuti. Nel corso dei decenni successivi il quadro si è fatto più sfaccettato: a un’estensione e a un potenziamento delle politiche di reclutamento hanno fatto da contraltare oscillazioni legate a riforme accademiche, crisi economiche, ristrutturazioni dei sistemi sanitari e flussi migratori di professionisti. Dall’analisi emerge un generale trend di aumento della produzione di nuovi medici a livello mondiale, benché con intensità e momenti diversi a seconda delle regioni e dei contesti nazionali, riflettendo scelte politiche, bisogni demografici e dinamiche di mercato. A livello comple...

Superbonus, PNRR e digitalizzazione il futuro del settore dell’architettura e dell’ingegneria in Italia

  L’analisi del valore aggiunto nel settore delle attività degli studi di architettura e ingegneria, collaudi e analisi tecniche in Italia tra il 2014 e il 2022 evidenzia un incremento complessivo del 34,68%, con un aumento assoluto di 6,08 miliardi di euro. Il settore ha attraversato fasi alterne, con momenti di crescita e contrazione che riflettono l’andamento del mercato delle costruzioni, delle infrastrutture e degli investimenti pubblici e privati. Se nei primi anni del periodo analizzato il comparto ha subito una serie di difficoltà legate alla stagnazione economica e alla riduzione degli investimenti, dal 2020 in poi si è registrata una ripresa significativa, culminata nel boom del 2021 e 2022. Questo andamento è il risultato di una combinazione di fattori, tra cui il rilancio degli investimenti in infrastrutture, l’impatto del Superbonus 110%, il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) e l’aumento della domanda di progettazione e collaudi nel settore edilizio e indus...

Le esportazioni di beni e servizi nell’economia italiana tra il 2014 ed il 2023

  Le esportazioni di beni e servizi FOB (Free on Board) rappresentano il valore totale di beni e servizi venduti da un paese all’estero, calcolato al prezzo FOB, che include i costi fino al punto di carico nel paese esportatore, escludendo trasporto e assicurazione internazionale. Questa variabile è una componente fondamentale della domanda aggregata nella contabilità nazionale e contribuisce direttamente alla determinazione del Prodotto Interno Lordo (PIL). Le esportazioni indicano la capacità di un’economia di competere sui mercati internazionali e riflettono la qualità, l’innovazione e la diversificazione del sistema produttivo di un paese. La loro dinamica è influenzata da fattori globali come la domanda estera, i tassi di cambio, le politiche commerciali e le condizioni macroeconomiche internazionali. Un incremento delle esportazioni favorisce la crescita economica interna, genera occupazione e stimola i settori produttivi nazionali, contribuendo al saldo positivo della bilanc...