venerdì 22 novembre 2024

La Produttività del lavoro in agricoltura nelle regioni italiane

 

La Produttività del lavoro in agricoltura è un indicatore economico che misura l'efficienza con cui il lavoro viene utilizzato per produrre output agricolo. Solitamente, essa è espressa come il rapporto tra il valore della produzione agricola (output) e la quantità di lavoro impiegata per produrla. Questo indicatore è fondamentale per valutare il progresso tecnologico, l'uso di macchinari, le competenze lavorative e l'efficienza generale del settore agricolo. I dati fanno riferimento al periodo tra il 1995 ed il 2021.

La produttività del lavoro in agricoltura nel 2021. I dati relativi alla produttività del lavoro in agricoltura per il 2021 evidenziano significative differenze tra le regioni italiane, riflettendo un panorama agricolo eterogeneo. Al vertice si colloca la Lombardia, con una produttività di 37.543,78 €, seguita da Emilia-Romagna e Trentino-Alto Adige/Südtirol, rispettivamente con 35.507,09 € e 28.853,24 €. Queste regioni, caratterizzate da economie agricole avanzate, beneficiano di un utilizzo intensivo della tecnologia, infrastrutture efficienti e sistemi di coltivazione altamente meccanizzati. La Lombardia, in particolare, è nota per la forte presenza di aziende agroalimentari innovative e per un'agricoltura che si avvale di avanzati metodi di gestione delle risorse. Le regioni del Centro-Nord, come Toscana, Liguria e Lazio, mostrano valori intermedi, intorno ai 24.000-25.000 €, che riflettono una produttività agricola solida ma meno incisiva rispetto alle aree leader. In queste regioni, la diversificazione colturale e la presenza di produzioni di qualità come vino e olio contribuiscono a mantenere buoni livelli di redditività per lavoratore. Tuttavia, si osserva una lieve distanza rispetto a regioni come Emilia-Romagna e Lombardia, probabilmente legata a minori investimenti in tecnologie agricole avanzate. Nel Sud Italia e nelle isole, invece, i dati segnalano produttività significativamente inferiori. La Campania, con 25.870,61 €, rappresenta un'eccezione positiva rispetto al resto del Mezzogiorno, dove i valori scendono progressivamente: dalla Sicilia con 16.806,00 € fino alla Calabria, che chiude la classifica con soli 12.293,55 €. Le regioni meridionali affrontano sfide strutturali come frammentazione aziendale, accesso limitato alle innovazioni tecnologiche e carenze infrastrutturali. La Puglia, ad esempio, nonostante il suo ruolo di primo piano nella produzione agricola nazionale, registra una produttività di appena 13.974,60 €, sottolineando il peso di fattori critici quali la mancanza di meccanizzazione e il limitato valore aggiunto delle produzioni. Il Trentino-Alto Adige/Südtirol rappresenta un caso particolare, con una produttività di 28.853,24 €, che pur collocandosi in alto nella classifica, rispecchia un'agricoltura fortemente specializzata, incentrata su colture di pregio come mele e vini, spesso supportata da politiche di sostegno mirate e da una gestione aziendale moderna. Le Marche, la Basilicata e l’Umbria si posizionano nella fascia più bassa del Centro Italia, con valori tra i 15.000 € e i 17.000 €. Questo dato evidenzia un sistema agricolo meno strutturato rispetto alle altre regioni centrali, probabilmente a causa di un minore accesso a mercati competitivi e tecnologie avanzate. In sintesi, il divario tra Nord e Sud appare netto e riconducibile a fattori come diversità strutturali, differente accesso a innovazione e infrastrutture, e disparità nelle politiche di sostegno. Mentre il Nord beneficia di un'agricoltura industrializzata e integrata nei mercati globali, il Sud e le isole mostrano margini di miglioramento legati all'ammodernamento e all'ottimizzazione delle risorse. Questi dati evidenziano la necessità di strategie differenziate per promuovere lo sviluppo agricolo e ridurre le disuguaglianze territoriali.

La produttività del lavoro in agricoltura tra il 1995 ed il 2021. I dati relativi alla produttività del lavoro in agricoltura dal 1995 al 2021 mostrano tendenze fortemente diversificate tra le regioni italiane, evidenziando cambiamenti significativi in termini di valore assoluto e percentuale. In particolare, si osservano miglioramenti rilevanti in alcune regioni, mentre altre registrano una stagnazione o addirittura una contrazione della produttività. La Liguria si distingue per il più alto incremento percentuale, pari a circa il 269%, passando da 6.956,83 € a 25.655,47 €. Questo aumento è probabilmente legato alla riconversione verso colture ad alto valore aggiunto, come quelle florovivaistiche, che caratterizzano l'agricoltura ligure e che beneficiano di un mercato di nicchia. Allo stesso modo, regioni del Sud come la Campania e la Sardegna mostrano significativi miglioramenti in valore assoluto e percentuale, rispettivamente +14.977,40 € (137%) e +10.990,75 € (110%). Questi dati suggeriscono un rafforzamento della produttività in contesti che hanno investito in modernizzazione, diversificazione delle colture e valorizzazione dei prodotti tipici locali. D'altro canto, regioni come il Molise, il Lazio e la Basilicata evidenziano incrementi intermedi, oscillanti tra il 71% e il 98%. Sebbene questi valori siano incoraggianti, riflettono ancora un potenziale di crescita limitato rispetto ad aree del Nord. Le difficoltà strutturali, come la frammentazione aziendale e l'accesso limitato a tecnologie avanzate, potrebbero spiegare questa disparità. La Calabria e la Puglia, nonostante i progressi, mostrano incrementi inferiori (68% e 55%), indicando persistenti ostacoli allo sviluppo, tra cui la carenza di infrastrutture e l'insufficiente valorizzazione delle risorse agricole. Regioni come il Trentino-Alto Adige/Südtirol e l'Emilia-Romagna hanno registrato aumenti assoluti significativi (+9.009,61 € e +9.546,15 €), ma percentualmente più contenuti, rispettivamente +45% e +36%. Questi risultati riflettono sistemi agricoli già molto efficienti nel 1995, dove i margini di crescita sono più limitati rispetto a regioni con livelli iniziali più bassi. Analogamente, Friuli-Venezia Giulia e Veneto mostrano incrementi modesti sia in valore assoluto che percentuale, a conferma di un'agricoltura matura ma con progressi meno accentuati. Un caso a parte è rappresentato da regioni come Piemonte, Toscana e Lombardia, che evidenziano una contrazione della produttività. Il Piemonte e la Toscana registrano rispettivamente diminuzioni di -3,15% e -9,37%, mentre la Lombardia mostra una drastica riduzione del -67,18%, passando da 114.380,18 € nel 1995 a 37.543,78 € nel 2021. Questa flessione potrebbe essere attribuita a fattori come cambiamenti strutturali nell'agricoltura, riduzione della superficie coltivabile a favore di usi alternativi del suolo o una maggiore meccanizzazione che, pur riducendo la forza lavoro, non ha generato proporzionali aumenti di produttività. Nel caso lombardo, il valore eccezionalmente elevato del 1995 potrebbe essere stato influenzato da fattori straordinari non sostenibili nel lungo termine. In sintesi, i dati evidenziano una dinamica territoriale complessa. Mentre alcune regioni, soprattutto del Sud, mostrano progressi significativi, altre tradizionalmente forti sembrano perdere slancio, suggerendo la necessità di strategie mirate per ridurre il divario e garantire una crescita equilibrata a livello nazionale.

Conclusioni. In media il valore della produttività del lavoro in agricoltura è cresciuto dell’11,82% tra il 1995 ed il 2021 passando da un ammontare di 19.525,08 euro fino a 21.883,16 euro. Le regioni che hanno performato meglio sono: Liguria con +268,78%, Campania con 137,49%, Sardegna con un valore di 109,84%, Molise con 97,67%, Lazio con +78,27%. Le regioni che hanno performato peggio sono il Veneto con un valore di 14,86%, Marche con 11,93%, Piemonte con -3,14%, Toscana con -9,37%, Lombardia con -67,17%.

 

Regioni

1995

2021

Var Ass

Var Per

Top Performers

Liguria

6.956,83 €

25.655,47 €

18.698,64 €

268,781

Campania

10.893,21 €

25.870,61 €

14.977,40 €

137,493

Sardegna

10.005,56 €

20.996,31 €

10.990,75 €

109,8464

Molise

10.698,46 €

21.147,96 €

10.449,50 €

97,67294

Lazio

13.629,31 €

24.298,23 €

10.668,92 €

78,27924

Worse Performers

Veneto

20.098,16 €

23.085,90 €

2.987,74 €

14,86574

Marche

14.458,39 €

16.184,33 €

1.725,94 €

11,93729

Piemonte

21.799,69 €

21.113,05 €

-686,64 €

-3,14977

Toscana

27.491,89 €

24.915,09 €

-2.576,80 €

-9,37295

Lombardia

114.380,18 €

37.543,78 €

-76.836,40 €

-67,1763

 

domenica 17 novembre 2024

Investimenti di Venture Capital e PIL (PPP) nel Global Innovation Index

 

La variabile "Investitori di venture capital, affari per miliardo di PIL PPP$" misura il livello di attività nel settore del venture capital in relazione alla dimensione economica di un paese, rappresentata dal suo Prodotto Interno Lordo (PIL) a parità di potere d'acquisto (PPP). Questo indicatore cattura il numero di accordi di venture capital per miliardo di PIL PPP$, fornendo un quadro dell'ecosistema imprenditoriale e della disponibilità di finanziamenti per startup e aziende innovative. Il venture capital svolge un ruolo cruciale nel promuovere l'innovazione e sostenere nuove imprese, specialmente in settori ad alta crescita come tecnologia, biotecnologia e intelligenza artificiale. Un numero elevato di affari in proporzione al PIL PPP$ indica un ambiente favorevole per gli investimenti ad alto rischio, un forte interesse degli investitori e un ecosistema di startup dinamico. Questo è spesso associato alla presenza di infrastrutture avanzate, politiche governative di sostegno e una cultura imprenditoriale attiva. Al contrario, un basso livello di attività di venture capital può riflettere barriere istituzionali, una scarsa propensione al rischio o la mancanza di opportunità percepite. La variabile è un indicatore chiave per valutare la capacità di un paese di attrarre investimenti in innovazione e sostenere la crescita economica attraverso il finanziamento delle idee imprenditoriali. I dati fanno riferimento al periodo tra il 2013 ed il 2022.

Investimenti di Venture Capital e PIL (PPP) nel Global Innovation Index nel 2022. I dati relativi agli investitori di venture capital e agli affari per miliardo di PIL PPP$ nel 2022 evidenziano una notevole disparità tra i paesi in termini di dinamismo e sviluppo dell'ecosistema imprenditoriale. Al vertice della classifica si trovano paesi come Cipro, Hong Kong, Israele, Lussemburgo, Mauritius e Singapore, ciascuno con un punteggio di 100. Questo risultato riflette ambienti economici altamente favorevoli agli investimenti di venture capital, sostenuti da politiche governative mirate, infrastrutture finanziarie avanzate e una cultura imprenditoriale consolidata. Questi paesi fungono da hub globali per l'innovazione, attraendo investimenti significativi e sostenendo lo sviluppo di startup ad alto potenziale. Tra i paesi europei, Estonia (88,5) e Malta (73,6) si distinguono per l’eccezionale capacità di attrarre investitori di venture capital nonostante le loro dimensioni economiche relativamente ridotte. Questo risultato può essere attribuito a strategie di incentivazione fiscale, facilità burocratica e un forte focus sull'innovazione tecnologica. Anche paesi come la Svizzera (65,6) e il Regno Unito (61,4) mostrano un elevato dinamismo, trainato dalla loro storica leadership nei settori della ricerca e dello sviluppo tecnologico. Il caso degli Stati Uniti (42,9) è interessante. Nonostante il punteggio relativamente più basso rispetto ai paesi leader, gli Stati Uniti rimangono uno dei mercati più grandi e attivi per il venture capital, grazie a un’enorme base di investimenti e alla presenza di un ecosistema imprenditoriale di scala globale. Altri paesi come il Canada (56,5) e la Svezia (38,3) mantengono solide posizioni, supportate da politiche di sostegno all'innovazione e da economie avanzate. In Asia, Cina (12,2) e India (10,1) presentano punteggi moderati, che tuttavia nascondono mercati in rapida espansione e un potenziale significativo nel lungo termine. Singapore (100), invece, rappresenta un modello di eccellenza, evidenziando come dimensioni contenute non siano un limite per creare un ecosistema di venture capital di prim’ordine. Paesi come l’Italia (3,9), il Brasile (4,4) e la Spagna (7,7) mostrano un livello relativamente basso di attività di venture capital in rapporto al PIL PPP$. Questo suggerisce la necessità di politiche più incisive per incentivare gli investimenti e migliorare il coordinamento tra il settore pubblico e quello privato. Le economie meno sviluppate, come Nigeria (3,7), Kenya (6,6) e Ghana (4,2), sono limitate dalla mancanza di infrastrutture finanziarie avanzate e da ambienti economici meno favorevoli agli investimenti ad alto rischio.Infine, i punteggi più bassi sono attribuiti a paesi come Sri Lanka (0,3), Etiopia (0,2) e Kazakistan (0,2), che riflettono ecosistemi imprenditoriali poco sviluppati e una scarsità di capitale di rischio disponibile. Questi risultati sottolineano la necessità di migliorare le condizioni economiche e normative per attrarre maggiori investimenti di venture capital e favorire l'innovazione. In generale, i dati evidenziano come il venture capital rimanga concentrato in regioni con economie avanzate e infrastrutture favorevoli, lasciando molte nazioni in difficoltà nell’attrarre finanziamenti per la crescita delle startup.

 

Investimenti di Venture Capital e PIL (PPP) nel Global Innovation Index tra il 2013 ed il 2022. I dati relativi alla variabile "Investitori di venture capital, affari per miliardo di PIL PPP$" tra il 2013 e il 2022 mostrano un panorama estremamente eterogeneo a livello globale. Le tendenze evidenziano significativi aumenti in alcuni paesi e drastici cali in altri, riflettendo le dinamiche economiche e politiche che influenzano l'ecosistema imprenditoriale e la disponibilità di capitali di rischio. Tra i top performer, Hong Kong (+156,41%) e Lussemburgo (+113,68%) si distinguono nettamente, seguiti da Cipro (+65,56%) e Singapore (+60,51%). Questi risultati suggeriscono un forte sviluppo degli ecosistemi di startup e una crescente attrattività per gli investitori di venture capital. Hong Kong e Singapore, in particolare, beneficiano di economie altamente globalizzate, infrastrutture finanziarie avanzate e politiche favorevoli che incentivano gli investimenti in tecnologia e innovazione. Il Lussemburgo, con il suo piccolo ma sofisticato mercato finanziario, ha rafforzato la sua posizione come hub per gli investimenti. D'altro canto, molti paesi hanno registrato cali drammatici. Tra i peggiori, Sri Lanka (-99,08%), Etiopia (-99,31%) e Kazakhstan (-98,79%) mostrano una quasi totale scomparsa dell'attività di venture capital in rapporto al PIL PPP$. Questi dati riflettono instabilità politica, mancanza di infrastrutture adeguate e scarsa fiducia degli investitori internazionali, elementi che impediscono la crescita dell'ecosistema imprenditoriale. Anche economie avanzate come gli Stati Uniti (-54,26%), Germania (-65,43%) e Giappone (-62,78%) mostrano cali significativi. Questi risultati sorprendenti potrebbero essere attribuiti a una saturazione del mercato o a una riduzione della concentrazione degli investimenti di venture capital verso altri mercati emergenti. In particolare, negli Stati Uniti, pur rimanendo uno dei leader globali in termini assoluti, il declino relativo potrebbe indicare una maggiore diversificazione geografica degli investimenti. Paesi europei come la Svezia (-56,23%), la Finlandia (-68,15%) e la Francia (-61,77%) seguono una tendenza simile, segnalando un indebolimento della crescita dei settori tecnologici o una mancanza di nuove iniziative imprenditoriali in grado di attrarre capitali di rischio. Allo stesso modo, l'Italia (-87,93%) e la Spagna (-85,87%) mostrano cali allarmanti, probabilmente legati a una scarsa propensione al rischio e alla mancanza di politiche strutturate per sostenere le startup. Tra i mercati emergenti, paesi come Brasile (-82,81%) e India (-82,06%) registrano notevoli cali, evidenziando una diminuzione degli investimenti rispetto alle aspettative iniziali per questi mercati. Questo potrebbe riflettere sfide strutturali, come la burocrazia e la volatilità economica, che ostacolano la crescita del venture capital.

Conclusioni. I paesi top performers sono: Hong Kong con +156,41%, Lussemburgo con +113,68%, Cipro con +65,56%, Singapore con +60,51%, United Arab Emirates con +42,42%. I paesi worse performers sono: Uganda con -97,25%, Panama con -97,45%, Kazakhstan con -98,79%, Sri Lanka con -99,08%, Etiopia con -99,31%.



Performance

Countries

2013

2022

Var Ass

Var Per

Top Performers

Hong Kong SAR, China

39

100

61

156,41

Luxembourg

46,8

100

53,2

113,68

Cyprus

60,4

100

39,6

65,56

Singapore

62,3

100

37,7

60,51

United Arab Emirates

19,8

28,2

8,4

42,42

Worse Performers

Uganda

29,1

0,8

-28,3

-97,25

Panama

27,4

0,7

-26,7

-97,45

Kazakhstan

16,5

0,2

-16,3

-98,79

Sri Lanka

32,5

0,3

-32,2

-99,08

Ethiopia

28,8

0,2

-28,6

-99,31

 




La collaborazione in R&S tra università e industria nel Global Innovation Index

La variabile "Collaborazione in R&S tra università e industria" nel contesto del Global Innovation Index misura il livello di cooperazione tra istituti accademici e imprese nel campo della ricerca e sviluppo (R&S). Questo indicatore è fondamentale per valutare la capacità di un paese di trasformare conoscenze accademiche in applicazioni pratiche, prodotti innovativi e soluzioni tecnologiche che favoriscono la crescita economica e la competitività globale. Una forte collaborazione tra università e industria contribuisce a colmare il divario tra ricerca teorica e applicazione pratica, favorendo il trasferimento tecnologico e la creazione di brevetti. Le università apportano competenze scientifiche avanzate e laboratori di ricerca, mentre le imprese offrono risorse finanziarie, esperienza di mercato e capacità di commercializzazione. Insieme, queste sinergie promuovono lo sviluppo di tecnologie avanzate e prodotti innovativi. Il livello di collaborazione varia notevolmente tra i paesi, riflettendo fattori come il sostegno governativo, la disponibilità di finanziamenti per la R&S, e la cultura dell'innovazione. Un'elevata cooperazione in R&S è spesso associata a un ecosistema di innovazione più solido, una maggiore produttività e un aumento della competitività internazionale. Questo indicatore fornisce, dunque, una misura chiave del potenziale innovativo e della capacità di un paese di sostenere la crescita economica basata sulla conoscenza. I dati fanno riferimento al periodo tra il 2013 ed il 2022.

La collaborazione in R&S tra università e industria nel 2022.  I dati relativi alla collaborazione in R&S tra università e industria nel Global Innovation Index 2022 mostrano notevoli differenze tra i paesi, evidenziando diversi livelli di integrazione tra la ricerca accademica e l'innovazione industriale. Gli Stati Uniti guidano la classifica con un punteggio di 79,6, dimostrando un ecosistema solido in cui università e industrie collaborano efficacemente per promuovere progressi tecnologici e crescita economica. Questo risultato è sostenuto da solide partnership pubblico-private, istituzioni di ricerca ben finanziate e una cultura dell'innovazione che facilita il trasferimento di conoscenze. La Svizzera e Israele, entrambe con un punteggio di 77,6, rappresentano esempi di sistemi altamente sviluppati di collaborazione. Il punteggio della Svizzera riflette il suo focus sulla ricerca applicata, mentre quello di Israele sottolinea la vivacità del suo ecosistema di startup e i forti legami tra mondo accademico e industria nei settori high-tech. La Cina, pari ai Paesi Bassi con un punteggio di 70,1, mostra progressi significativi, in particolare nelle scienze applicate e nella tecnologia. I suoi ingenti investimenti in R&S e le politiche che promuovono partnership tra università e aziende hanno rafforzato la sua posizione nel panorama dell'innovazione globale. Molti paesi europei, come l'Irlanda (69,3) e il Belgio (68,8), evidenziano un'ottima performance grazie a un forte supporto governativo e a industrie orientate all'innovazione. Anche Singapore, con lo stesso punteggio del Belgio, si distingue per le sue infrastrutture di ricerca avanzate e le politiche che incentivano la collaborazione tra il settore accademico e quello industriale. Paesi come l'Italia (58,2) e il Vietnam (58,2) mostrano livelli di collaborazione moderati, evidenziando il potenziale di miglioramento. In Italia, la collaborazione potrebbe essere rafforzata attraverso una maggiore integrazione tra ricerca universitaria e necessità del mercato, mentre il Vietnam sta iniziando a costruire un ecosistema di innovazione in espansione, ma deve ancora superare sfide strutturali. Le economie meno sviluppate, come l'Angola (18,7) e lo Yemen (20,7), si collocano in fondo alla classifica, riflettendo una debole connessione tra università e industria, spesso dovuta a infrastrutture inadeguate, mancanza di finanziamenti per la ricerca e instabilità politica. Anche paesi con economie di medie dimensioni, come l'Iran (27,7) e il Paraguay (26,8), mostrano punteggi bassi, sottolineando la necessità di strategie più efficaci per promuovere il trasferimento tecnologico e il coordinamento tra ricerca accademica e industria.

La collaborazione in R&S tra università e industria tra il 2013 ed il 2022. I dati relativi alla variabile "Collaborazione in R&S tra università e industria" nel contesto del Global Innovation Index tra il 2013 e il 2022 mostrano dinamiche diversificate tra i paesi, riflettendo le diverse politiche, strutture economiche e investimenti nella ricerca e innovazione. Le performance migliori si osservano in paesi come l'Algeria (+161,27%), l'Albania (+137,09%) e la Guinea (+97,89%), che hanno registrato significativi progressi in termini assoluti e percentuali. Questi miglioramenti potrebbero essere attribuiti a iniziative governative per promuovere l'innovazione, aumentare i finanziamenti alla ricerca e incoraggiare la collaborazione tra accademia e industria, in particolare in economie in via di sviluppo che stanno cercando di colmare il divario con i paesi più avanzati. Anche paesi come il Vietnam (+56,03%) e l'Azerbaijan (+47,65%) mostrano forti incrementi, segnalando strategie efficaci nel rafforzare le connessioni tra istituzioni accademiche e settori produttivi. Questi miglioramenti possono derivare da politiche volte a diversificare l'economia e ad attirare investimenti esteri focalizzati sull'innovazione. D'altro canto, alcune economie tradizionalmente forti in innovazione hanno mostrato una stagnazione o un leggero miglioramento. L'Italia, ad esempio, ha registrato un aumento del 32,57%, un risultato positivo ma inferiore rispetto a molte economie emergenti. Altri paesi sviluppati come la Cina (+24,73%) e gli Stati Uniti (+3,11%) hanno registrato incrementi meno pronunciati, forse a causa di una saturazione del mercato della collaborazione accademica-industriale o di una già elevata base di partenza. Sul versante negativo, molti paesi hanno registrato cali significativi. Tra i peggiori performer troviamo Bosnia ed Erzegovina (-39,75%), Nigeria (-37,32%) e Nicaragua (-37,25%). Questi dati evidenziano una riduzione dell'interazione tra il mondo accademico e l'industria, probabilmente causata da instabilità politica, mancanza di finanziamenti per la ricerca o debolezza strutturale dei settori produttivi. Anche paesi come il Regno Unito (-22,47%) e il Brasile (-21,86%) hanno registrato cali significativi, indicando che persino economie relativamente sviluppate possono subire battute d'arresto nel rafforzare queste collaborazioni. Alcune economie avanzate, come la Germania (-8,33%) e il Giappone (-11,92%), mostrano una riduzione nella collaborazione accademica-industriale, che potrebbe riflettere cambiamenti nelle priorità economiche o una minore enfasi sulle partnership tradizionali rispetto all'innovazione guidata da aziende private.

Conclusioni. Il valore della variabile analizzata è diminuito in media del -1,04% passando da un ammontare di 46,63 fino ad un valore di 46,15 unità.  I paesi top performers sono: Algeria con +161,27%, Albania con +137,09%, Guinea con +97,89%, Georgia con +80,95%, Costa d’Avorio con +68,86%. I paesi worse performers sono: Iran con -29,87%, Panama con -30,95%, Nicaragua con -37,25%, Nigeria con -37,32%, Bosnia con -39,75%.



 

Performance

Countries

2013

2022

Var Ass

Var Per

Best Performance

Algeria

14,2

37,1

22,9

161,27

Albania

21,3

50,5

29,2

137,09

Guinea

23,7

46,9

23,2

97,89

Georgia

25,2

45,6

20,4

80,95

Cote d'Ivoire

22,8

38,5

15,7

68,86

Worse Performance

Iran, Islamic Rep.

39,5

27,7

-11,8

-29,87

Panama

51,7

35,7

-16

-30,95

Nicaragua

35,7

22,4

-13,3

-37,25

Nigeria

41,8

26,2

-15,6

-37,32

Bosnia and Herzegovina

48,3

29,1

-19,2

-39,75