I dati relativi agli investimenti destinati
all'abbattimento del rumore e delle vibrazioni in Italia, esclusa la protezione
degli ambienti di lavoro, nel periodo 2016-2022, mostrano un andamento
complesso, segnato da forti oscillazioni e da dinamiche differenziate tra
soggetti privati e pubblici. Le informazioni sono fornite da ISTAT e si
riferiscono alle due categorie di investitori principali: da un lato le società
come produttori specializzati e secondari, dall’altro le amministrazioni
pubbliche e le istituzioni sociali private (ISP). Il dato complessivo passa da
372,1 milioni di euro nel 2016 a 388,3 milioni nel 2022, segnando un aumento
totale piuttosto contenuto pari a 16,2 milioni di euro, ovvero un incremento
del 4,35% in sei anni. Tale crescita limitata suggerisce una priorità
relativamente bassa assegnata a questa specifica voce di intervento ambientale,
soprattutto se confrontata con altri ambiti come il risanamento del suolo e
delle acque.
Focalizzandosi sulle società, i dati iniziano con
un valore di 217,9 milioni di euro nel 2016 e terminano con 230,1 milioni nel
2022. La variazione assoluta è pari a soli 12,2 milioni di euro, corrispondente
a un incremento percentuale del 5,6% nell’intero arco temporale. Tuttavia,
questo dato riassuntivo cela un andamento fortemente irregolare. Tra il 2016 e
il 2017 si registra un calo di 20 milioni di euro (-9,18%), seguito da una
lieve diminuzione nel 2018 (-0,05%). Il 2019 rappresenta un punto di svolta,
con un balzo in avanti di ben 103,9 milioni di euro, equivalente a un aumento
del 52,53% rispetto all’anno precedente. Questo incremento anomalo potrebbe
essere stato causato da investimenti straordinari, nuove normative ambientali
oppure interventi infrastrutturali di rilievo. Tuttavia, il valore non si
mantiene stabile: nel 2020 si assiste a un netto calo (-17,43%), seguito da
ulteriori riduzioni nel 2021 (-6,14%) e nel 2022 (-1,58%). Ciò potrebbe
riflettere un fenomeno di “rimbalzo tecnico” dopo il picco del 2019, ma anche
una difficoltà strutturale nel mantenere alti i livelli di investimento in
questo settore. La traiettoria complessiva evidenzia la fragilità di questo
ambito d’azione nel panorama degli interventi ambientali privati. L’attenzione
delle imprese verso il contenimento del rumore e delle vibrazioni appare legata
più a progetti episodici che a strategie continuative e strutturate.
Diverso, ma ugualmente limitato, è l’andamento
delle amministrazioni pubbliche e delle ISP. Gli investimenti partono da 154,2
milioni nel 2016 e arrivano a 158,2 milioni nel 2022, con una variazione
assoluta di appena 4 milioni e un incremento percentuale del 2,59%. A
differenza delle imprese, tuttavia, le amministrazioni mostrano una maggiore
stabilità. Dopo una lieve flessione iniziale nel 2017 (-2,79%), seguono piccoli
incrementi nel 2018 (+1,53%) e 2019 (+1,91%). Il 2020 segna una contrazione del
9,48%, probabilmente collegata agli effetti della pandemia di Covid-19 e alla necessità
di ridistribuire le risorse pubbliche verso emergenze sanitarie e sociali.
Anche in questo caso, tuttavia, la ripresa è abbastanza pronta: il 2021 segna
un aumento del 7,55%, seguito da un ulteriore incremento del 4,77% nel 2022.
L’andamento complessivo segnala un approccio più regolare da parte del settore
pubblico, pur con risorse molto contenute. Non si registrano picchi improvvisi
o variazioni eclatanti, ma un movimento contenuto e in lieve crescita verso la
fine del periodo. Questo può essere interpretato come un segnale di continuità,
seppure con limiti evidenti in termini di impegno economico.
Analizzando il dato aggregato, ovvero la somma
degli investimenti privati e pubblici, si ottiene un quadro altalenante, con
alcune fasi di espansione e altre di contrazione. Nel 2016 il valore
complessivo era pari a 372,1 milioni di euro. Nel 2017 scende a 347,8 milioni
(-6,53%), per poi risalire leggermente a 350 milioni nel 2018 (+0,63%). Il 2019
rappresenta il momento di massima espansione, con 456,8 milioni (+30,51%),
trainato in gran parte dal già citato picco del settore privato. Segue un
marcato calo nel 2020, con una contrazione del 14,73% che riporta il totale a
389,5 milioni. Il 2021 e il 2022 registrano variazioni minime: prima una
leggera flessione (-1,21%), poi una modesta ripresa (+0,91%), fino a
raggiungere i 388,3 milioni nel 2022. Complessivamente, l’intero ciclo si
chiude con un modesto incremento di 16,2 milioni di euro rispetto al 2016,
segno che le politiche in questo ambito sono state disomogenee e poco incisive
nel lungo periodo.
La lettura congiunta dei dati porta a una
considerazione di fondo: l’abbattimento del rumore e delle vibrazioni, esclusa
la protezione degli ambienti di lavoro, rappresenta un ambito di intervento
secondario rispetto ad altri temi ambientali, sia per il settore pubblico che
per quello privato. L’interesse delle imprese sembra guidato da interventi
saltuari e occasionali, forse legati a specifici progetti edilizi,
infrastrutturali o industriali, più che da un piano strategico costante. Il
settore pubblico, invece, mostra un impegno stabile ma limitato, che riflette
probabilmente una bassa priorità assegnata al tema nei programmi di spesa. Le
cause di questa situazione possono essere molteplici. Da un lato, la normativa
italiana ed europea tende a concentrare gli sforzi ambientali su macro-temi
come la riduzione delle emissioni di gas serra, la gestione dei rifiuti o la
bonifica dei suoli, lasciando il tema dell’inquinamento acustico in secondo
piano. Dall’altro lato, l’impatto del rumore e delle vibrazioni sulla salute
pubblica, sebbene documentato, è spesso percepito come meno urgente rispetto ad
altri fattori ambientali, come l’inquinamento atmosferico o idrico.
Tuttavia, l’inquinamento acustico rappresenta un
problema crescente nelle aree urbane, con effetti negativi sulla salute mentale
e fisica della popolazione. L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha più volte
sottolineato la correlazione tra esposizione al rumore e aumento di disturbi
cardiovascolari, stress, insonnia e problemi cognitivi nei bambini. In questo
contesto, i dati ISTAT suggeriscono che esiste un margine significativo per
migliorare l’azione pubblica e privata su questo fronte. La forte crescita
registrata nel 2019 dimostra che, quando stimolati da normative, incentivi o
opportunità progettuali, i soggetti economici sono in grado di attivare
rapidamente risorse consistenti. Il problema, quindi, non sembra risiedere
tanto nella disponibilità di strumenti, quanto nella volontà politica e nella percezione
dell’urgenza di tali interventi.
Guardando al futuro, sarà fondamentale includere
in modo più strutturato la lotta all’inquinamento acustico nei piani di
transizione ecologica e nelle agende urbane sostenibili. Le risorse del PNRR, i
fondi europei della programmazione 2021-2027 e le strategie locali di
resilienza urbana potrebbero costituire occasioni decisive per rilanciare
investimenti in questo settore. In particolare, le città metropolitane, le aree
industriali e le zone ad alta densità di traffico dovrebbero essere al centro
di progetti integrati di contenimento del rumore, con il coinvolgimento attivo
di enti pubblici, aziende e cittadini.
In conclusione, tra il 2016 e il 2022 gli
investimenti per l’abbattimento del rumore e delle vibrazioni in Italia sono
rimasti su livelli modesti e hanno mostrato un andamento irregolare,
soprattutto nel comparto privato. Il settore pubblico ha garantito una certa
stabilità, ma senza compiere salti qualitativi. I dati evidenziano una bassa
priorità sistemica attribuita a questo ambito, nonostante l’importanza
crescente del tema nella salute pubblica e nella qualità della vita urbana.
Serve un cambio di passo, capace di trasformare interventi episodici in
politiche strutturali, accompagnato da strumenti finanziari adeguati,
innovazione tecnologica e consapevolezza sociale.
Abbattimento del rumore e delle vibrazioni (esclusa la protezione degli
ambienti di lavoro) |
2016 |
2017 |
2018 |
2019 |
2020 |
2021 |
2022 |
2016-2022 |
Società come produttori specializzati e secondari |
217,90 |
197,90 |
197,80 |
301,70 |
249,10 |
233,80 |
230,10 |
|
Variazione Assoluta |
|
-20,00 |
-0,10 |
103,90 |
-52,60 |
-15,30 |
-3,70 |
12,20 |
Variazione Percentuale |
|
-9,18 |
-0,05 |
52,53 |
-17,43 |
-6,14 |
-1,58 |
5,60 |
Amministrazioni pubbliche e istituzioni sociali private senza scopo di
lucro al servizio delle famiglie (ISP)
|
154,20 |
149,90 |
152,20 |
155,10 |
140,40 |
151,00 |
158,20 |
|
Variazione Assoluta |
|
-4,30 |
2,30 |
2,90 |
-14,70 |
10,60 |
7,20 |
4,00 |
Variazione Percentuale |
|
-2,79 |
1,53 |
1,91 |
-9,48 |
7,55 |
4,77 |
2,59 |
Totale |
372,10 |
347,80 |
350,00 |
456,80 |
389,50 |
384,80 |
388,30 |
|
Variazione Assoluta |
|
-24,30 |
2,20 |
106,80 |
-67,30 |
-4,70 |
3,50 |
16,20 |
Variazione Percentuale |
|
-6,53 |
0,63 |
30,51 |
-14,73 |
-1,21 |
0,91 |
4,35 |
Aggregati economici per settore istituzionale |
Frequenza: Annuale |
Territorio: Italia |
Fonte: ISTAT |
Link: www.istat.it |
Dati: Milioni di euro |
Aggregato: Produzione di servizi per la protezione dell'ambiente |
Valutazione: Prezzi correnti |
Edizione: Feb-2025 |
Commenti
Posta un commento