domenica 25 febbraio 2024

La Percentuale di Suolo Impermeabilizzato nelle Regioni Italiane

 

In media è cresciuta del 3,03% nelle regioni italiane tra il 2015 ed il 2021

 

L’Istat calcola l’impermeabilizzazione del suolo da copertura artificiale. La variabile è definita come la percentuale di suolo impermeabilizzato sul totale della superficie territoriale. I dati fanno riferimento alle regioni italiane tra il 2015 ed il 2021.

Ranking delle regioni italiane per valore della percentuale di suolo impermeabilizzato nel 2021. La Lombardia è al primo posto per valore dell’impermeabilizzazione del suolo con un valore pari a 12,37 unità, seguita dal Veneto con 11,93 e dalla Campania con 10,54 unità. A metà classifica vi è il Piemonte con un valore pari a 6,98 unità, seguito dalle Marche con un valore pari a 6,95 unità e dalla Sicilia con un valore pari a 6,52 unità. Chiudono la classifica la Basilicata con  un valore pari a 3,23 unità, seguita dal Trentino Alto Adige con un valore pari a 3,06 unità e dalla Valle D’Aosta con un ammontare di 2,16 unità.

Ranking delle regioni italiane per variazione percentuale del suolo impermeabilizzato tra il 2015 ed il 2021. La Liguria è al primo posto per variazione percentuale del suolo impermeabilizzato tra il 2015 ed il 2021 con un valore pari a 8,74% corrispondente ad una variazione da un ammontare di 7,21 unità fino a 7,84 unità. Segue il Piemonte con una variazione pari a 6,40% corrispondente ad una variazione da un ammontare di 6,56 unità fino ad un valore di 6,98 unità. La Basilicata è al terzo posto con una variazione pari a +3,86% corrispondente ad una variazione tra 3,11 unità fino a 3,23 unità. A metà classifica vi è il Veneto con una crescita della superficie impermeabilizzata con un valore pari a 2,49% corrispondente ad una variazione ad un ammontare di 11,64 unità fino a 11,93 unità. Segue la Campania con un valore di +2,43% corrispondente ad una variazione da un ammontare di 10,29 unità fino ad un valore di 8,95 unità. Segue l’Emilia Romagna con una variazione pari a +2,29% corrispondente ad una variazione da un ammontare di 8,75 unità fino ad un valore di 8,95 unità. Tra gli ultimi posti abbiamo l’Umbria con un valore pari a +1,54% corrispondente ad una variazione da un ammontare di 5,20 unità fino ad un valore di 5,28 unità Segue la Calabria con un valore di 1,20 unità pari ad una variazione da un ammontare di 5,02 unità fino ad un valore di 5,08 unità. La Toscana è all’ultimo posto con un valore pari a +1,15% corrispondente ad una variazione da un ammontare di 6,10 unità fino ad un valore di 6,17 unità. In media la percentuale di suolo impermeabilizzato è cresciuta del 3,03% tra il 2015 ed il 2021 nelle regioni italiane.

Macro regioni italiane. Il valore della percentuale di suolo impermeabilizzato è cresciuto in tutte le macro-regioni italiane tra il 2015 ed il 2021. In modo particolare tale valore è cresciuto dell’1,94% nel Nord-Est, dell’1,89% nel Mezzogiorno, dell’1,84% nelle Isole, dell’1,71% nel Sud, dell’1,66% nel Nord, dell’1,51% nel Nord-Ovest e dell’1,5% nel Centro. La percentuale di suolo impermeabilizzato è cresciuta di più nelle macro-regioni meridionali rispetto alle regioni settentrionali, anche se le regioni settentrionali hanno dei livelli assoluti di suolo impermeabilizzato più elevato.

Clusterizzazione con algoritmo k-Means ottimizzato con il coefficiente di Silhouette. Di seguito presentiamo una clusterizzazione con algoritmo k-Means ottimizzato con il coefficiente di Silhouette. Vengono individuati cinque clusters ovvero:

  • ·       Cluster 1: Calabria, Abruzzo, Umbria;
  • ·       Cluster 2: Puglia, Lazio, Friuli Venezia Giulia, Emilia Romagna;
  • ·       Cluster 3: Veneto, Lombardia, Campania;
  • ·       Cluster 4: Trentino Alto Adige, Basilicata, Sardegna, Valle d’Aosta, Molise;
  • ·       Cluster 5: Piemonte, Sicilia, Marche, Toscana, Liguria.

Dal punto di vista della media risulta il seguente ordinamento dei clusters ovvero: C3>C2>C5>C1>C4. La clusterizzazione mette quindi in evidenza una dimensione molto frastagliata della condizione delle regioni italiane per valore dell’impermeabilizzazione del suolo. Le regioni leader sono Lombardia, Veneto e Campania. All’ultimo posto vi sono Trentino Alto Adige, Basilicata, Sardegna, Valle d’Aosta e Molise. Possiamo notare che i clusters sono molto eterogenei tra di loro nel senso sia geografico, che economico e sociale. Probabilmente possiamo notare una tenue relazione positiva tra il valore del livello di impermeabilizzazione del suolo e la popolazione. Regioni che hanno un numero più elevato di impermeabilizzazione del suolo tendono ad essere caratterizzate da un livello più alto di popolazione e densità di popolazione. E’ probabile che la densità della popolazione e la popolazione in senso assoluto siano una delle motivazioni dominanti del consumo di suolo. Al contrario sembra che le motivazioni economiche siano assolutamente irrilevanti per la motivazione del consumo di suolo. Infatti, regioni a reddito pro-capite basso come per esempio la Campania e la Puglia hanno dei livelli di consumo di suolo molto elevati comparabili, soprattutto nel caso della Campania, alle regioni che hanno maggiore reddito pro-capite come per esempio la Lombardia ed il Veneto. Tale condizione sta a significare che il consumo di suolo è tendenzialmente indipendente rispetto al valore a metro quadro in euro delle aree sottoposte ad impermeabilizzazione.

Conclusioni. Il valore del consumo di suolo è cresciuto del 3,03% tra il 2015 ed il 2021 in media per le regioni italiane. Le regioni leader per consumo di territorio sono Lombardia, Veneto e Campania. È probabile che sia il livello assoluto di popolazione che la densità di popolazione siano delle variabili in grado di predire il consumo di suolo. Considerando le macro-regioni italiane risulta che le regioni settentrionali tendono ad avere un livello di consumo di suolo superiore alle regioni meridionali, anche se tale effetto complessivo potrebbe essere dovuto alla presenza di Lombardia e Veneto nel campione delle regioni settentrionali. Infatti nel 2021 l’impermeabilizzazione del suolo in Lombardia ha raggiunto il livello di 12,37% mentre nel Veneto con 11,93%. Ovviamente vi sono molti rischi nell’impermeabilizzazione del suolo che fanno riferimento soprattutto alla crescita del rischio idrogeologico. Per esempio, il fatto che in Liguria il valore dell’impermeabilizzazione del suolo tra il 2015 ed il 2021 sia cresciuta quasi del 9% è molto grave per la salvaguardia del territorio. Infatti notoriamente la Liguria è una delle regioni più fragili dal punto di vista del rischio idrogeologico, con rischi elevati anche di smottamenti e frane. Il consumo di suolo è molto grave soprattutto nelle aree del paese caratterizzate dalla presenza di fiumi, valli, monti e colline ovvero nella stragrande maggioranza del territorio italiano. Occorre che le istituzioni siano attente al consumo di suolo per evitare che i vantaggi economici derivanti dall’edificazione non siano dispersi nella crescita dei costi sociali derivanti dalla crescita del rischio idrogeologico.






 


La Disponibilità Totale di Verde Urbano nelle Regioni Italiane

 

Tra il 2011 ed il 2021 è cresciuta in media del 2,29%

 

L’Istat calcola la disponibilità totale di verde urbano nelle regioni italiane. La variabile è definita come il numero di metri quadrati di verde urbano per abitante nei comuni capoluogo di provincia/città metropolitana. I dati fanno riferimento alle regioni italiane tra il 2011 ed il 2021.

Ranking delle regioni italiane per valore della disponibilità totale di verde urbano nel 2021. Il Trentino Alto Adige è al primo posto per valore della disponibilità totale di verde urbano con un ammontare di 319,2 unità, seguito dal Molise con un valore pari a 317,3 unità e dall’Umbria con 100,3 unità. A metà classifica troviamo la Calabria con un valore pari a 33,33 unità, seguita dalle Marche con un valore pari a 29,8 unità, e dall’Abruzzo con un ammontare di 291, unità. Chiudono la classifica la Campania con un valore di 15,5 unità, seguita dalla Sicilia con 15,4 unità e dalla Puglia con 9,7 unità.

Ranking delle regioni italiane per variazione percentuale della disponibilità totale di verde urbano tra il 2011 ed il 2021. La Campania è al primo posto per valore della variazione percentuale della disponibilità totale del verde urbano con un valore pari a 9,93% corrispondente ad una variazione da un ammontare di 14,1 unità fino ad un valore di 15,5 unità. Segue la Sicilia con una variazione pari a +9,22% corrispondente ad una variazione da un ammontare di 14,1 unità fino ad un valore di 15,4 unità. Le Marche sono al terzo posto con un valore pari a 7,97% corrispondente ad una variazione da 27,6 unità fino ad un valore di 29,8 unità. A metà classifica vi è la Calabria con un valore pari a 5,38% corrispondente ad una variazione da un valore di 31,6 unità fino ad un valore di 33,3 unità. Segue la Sardegna con una variazione pari a +5,29% corrispondente ad una variazione da un ammontare di 34 unità fino ad un valore di 35,8 unità. Segue il Molise con una variazione del 3,83% corrispondente ad una variazione da 305,6 unità fino a 317,3 unità. Chiudono la classifica l’Umbria con un valore pari a +1,62% corrispondente ad una variazione da un ammontare di 98,7 unità fino a 100,3 unità. Segue il Lazio con un valore pari a +0,46% corrispondente ad una variazione da 21,8 unità fino a 21,9 unità. Chiude la classifica il Trentino Alto Adige con un valore pari a -2,41% corrispondente ad una variazione da 327,1 unità fino a 319,2 unità. Tra il 2011 ed il 2021 in media la percentuale di disponibilità totale di verde urbano è cresciuta del 2,29%.

La disponibilità di verde urbano nelle macro-regioni italiane tra il 2011 ed il 2021. La disponibilità di verde urbano tra il 2011 ed il 2021 è cresciuta in tutte le macro-regioni italiane. In modo particolare è cresciuta nel Nord con un valore di 3,22%, nel Nord-Ovest con un valore pari a 4,86%, nel Nord-Est con un valore pari a 2,43%, il Centro con un valore pari a 1,11%, il Mezzogiorno con 6,73%, il Sud con 6,00  e le Isole con 7,82%. Notiamo che il valore della disponibilità di verde urbano è cresciuta soprattutto nelle regioni meridionali in termini percentuali tra il 2011 ed il 2021 anche se in termini assoluti il valore del verde urbano tende ad essere più alto nelle regioni settentrionali rispetto alle regioni meridionali.

Clusterizzazione con algoritmo k-Means ottimizzato con il coefficiente di Silhouette. Di seguito viene presentata una clusterizzazione con algoritmo k-Means ottimizzato con il coefficiente di Silhoeutte. Scegliamo la soluzione con k=3 che è subottimale rispetto a k=2 in quanto in k=2 si verifica una eccessiva polarizzazione dei due clusters. I clusters individuati sono indicati di seguito ovvero:

  • ·       Cluster 1: Toscana, Piemonte, Lazio, Lombardia, Valle d’Aosta, Abruzzo, Marche, Liguria, Sicilia, Campania, Calabria, Veneto, Puglia, Sardegna, Emilia-Romagna;
  • ·       Cluster 2: Trentino Alto Adige, Molise;
  • ·       Cluster 3: Basilicata, Umbria, Friuli Venezia Giulia.

Dall’analisi risulta il seguente ordinamento dei clusters ovvero: C2>C3>C1. Pertanto le regioni che hanno maggiore verde urbano sono Trentino Alto Adige e Molise. Vi è comunque una grande polarizzazione dovuta al fatto che i valori del C2 che è il cluster dominante sono molto elevati rispetto a quelli degli altri clusters. In termini di valore medio i valori del Cluster 2 sono circa 16 volte superiori a quelli del Cluster 1 e circa 4 volte superiori a quelli del Cluster 3. Non è possibile del resto individuare degli elementi di discriminazione tra i clusters che siano determinati sulla base di condizioni socio-economiche e geografiche in quanto i clusters sono molto eterogenei tra di loro.

Conclusioni. Il valore della disponibilità di verde urbano risulta essere cresciuta tra il 2011 ed il 2022 di un valore pari a 2,29% in media nelle regioni italiane. La disponibilità di verde urbano tende comunque ad essere superiore nelle regioni del Nord, rispetto alle regioni Centro-Meridionali.




 



sabato 24 febbraio 2024

Giorni Consecutivi Senza Pioggia nelle Regioni Italiane

 Sono diminuiti del 2,12% tra il 2011 ed il 2022

L’Istat calcola i giorni consecutivi senza pioggia.  I giorni senza pioggia sono definiti come il numero massimo di giorni consecutivi nell’anno con precipitazione giornaliera inferiore o uguale a 1 mm. I dati fanno riferimento alle regioni italiane nel periodo tra il 2011 ed il 2022.

Ranking delle regioni per valore dei giorni consecutivi senza pioggia nelle regioni italiane nel 2022. La Sardegna è al primo posto per valore dei giorni consecutivi senza pioggia nel 2022 con un valore pari a 74, seguita dalla Sicilia con un valore pari a 46 e dal Veneto con un valore pari a 36. A metà classifica vi è il Lazio con un valore pari a 27 unità, seguito dalla Liguria e dal Trentino Alto Adige con un valore pari a 25 unità. Chiudono la classifica il Molise, la Campania e Basilicata con un valore pari a 21.

Ranking delle regioni per valore della variazione percentuale dei giorni consecutivi senza pioggia tra il 2011 ed il 2022. La Sardegna è al primo posto per variazione percentuale dei giorni consecutivi senza pioggia tra il 2011 ed il 2022 con un valore pari a 94,74% corrispondente ad una variazione da un ammontare di 38 unità fino ad un valore di 74 unità. Segue il Piemonte con una variazione pari al 50% corrispondente ad una variazione da un ammontare di 22 unità fino ad un valore di 33 unità. Al terzo posto il Veneto con una variazione percentuale del 50,00% corrispondente ad una variazione da un ammontare di 24 unità fino ad un valore di 36 unità. A metà classifica vi sono le Marche con una variazione pari a +22,22% corrispondente ad una variazione da un ammontare di 18 unità fino ad un valore di 22 unità. Segue la Liguria con una variazione pari a +19,05% corrispondente ad una variazione da un ammontare di 21 unità fino ad un valore di 25 unità. Segue l’Emilia Romagna con una variazione pari ad un ammontare di 13,64% corrispondente ad una variazione da un ammontare di 22 unità fino ad un valore di 25 unità. Chiudono la classifica la Calabria con una variazione pari a -42,11% corrispondente ad una variazione da un ammontare di 38 unità fino ad un valore di 22 unità, seguita dalla Sicilia con una variazione pari a -48,60% corrispondente ad una variazione da 89,5 unità e dalla Puglia con una variazione da un ammontare di 45 unità fino ad un valore di 22 unità. In media, i giorni consecutivi senza pioggia nelle regioni italiane sono diminuiti del 2,12% tra il 2011 ed il 2022.

Giorni consecutivi senza pioggia nelle macro-regioni italiane tra il 2011 ed il 2022. L’andamento dei giorni consecutivi senza pioggia è stato altalenante nelle macro-regioni italiane tra il 2011 ed il 2022. Vi sono infatti delle macro-regioni nelle quali i giorni consecutivi senza pioggia sono diminuiti e altre nelle quali sono aumentati. Le macro-regioni caratterizzate da una crescita del valore dei giorni consecutivi senza pioggia sono il Nord con un valore pari a +12,50%, il Nord Ovest con +31,82%, il Nord-Est con +8,33%, il Centro con +12,50% e le Isole con +20,00%.  Le macro-regioni nelle quali i giorni consecutivi senza pioggia sono diminuiti sono il Mezzogiorno con un valore pari a -28,95%, il Sud con -34,38%. Pertanto le regioni del Centro-Nord sono state caratterizzate da una crescita del valore dei giorni consecutivi senza pioggia mentre al contrario le regioni meridionali sono state caratterizzate da una riduzione del medesimo valore.

Clusterizzazione con algoritmo k-Means ottimizzato con il coefficiente di Silhouette. Di seguito presentiamo una clusterizzazione con algoritmo k-Means ottimizzato con il coefficiente di Silhouette. Vengono individuati a questo scopo tre clusters ovvero:

  • ·       Cluster 1: Liguria, Abruzzo, Valle d’Aosta, Trentino Alto Adige, Lombardia, Marche, Piemonte, Emilia-Romagna, Molise, Toscana, Friuli Venezia Giulia, Veneto, Umbria;
  • ·       Cluster 2: Campania, Puglia, Calabria, Basilicata, Lazio;
  • ·       Cluster 3: Sicilia, Sardegna.

Se consideriamo la media dei clusters possiamo notare il seguente ordinamento ovvero C3>C2>C1. Ovvero, la riduzione dei giorni di pioggia ha riguardato soprattutto due regioni ovvero la Sicilia e la Sardegna. Al secondo posto vi sono altre regioni centro-meridionali, nelle quali la riduzione dei giorni di pioggia è stata consistente ovvero quelle rappresentate nel C2. Infine, vi sono le regioni del cluster 3 che sono essenzialmente regioni del centro-nord con eccezione del Molise e dell’Abruzzo. Ne deriva che la riduzione dei giorni di pioggia è essenzialmente un fenomeno delle regioni meridionali e del Lazio.

Conclusioni. I giorni consecutivi senza pioggia sono diminuiti del 2,12% tra il 2011 ed il 2022 nelle regioni italiane. In generale, il valore dei giorni consecutivi senza pioggia è cresciuto nelle macro-regioni del Centro-Nord ed è diminuito nelle macro-regioni meridionali. Tuttavia, alcune regioni meridionali, come per esempio la Sicilia e la Sardegna hanno dei livelli molto elevati di giorni senza pioggia. Pertanto i dati mostrano una riduzione delle piogge nelle regioni centro-settentrionali ed una crescita nelle regioni meridionali ad eccezione delle Isole. Ovviamente la riduzione dei giorni di pioggia può comportare degli effetti assolutamente negativi sull’agricoltura e sulla distribuzione delle risorse idriche, soprattutto nelle regioni settentrionali, che sono peraltro caratterizzate dalla presenza di aziende agricole molto avanzate dal punto di vista tecnico-organizzativo.












L’Indice di Durata dei Periodi di Caldo nelle Regioni Italiane

 

Tra il 2011 ed il 2022 è cresciuto in media del 64,07%

 

L’Istat calcola l’indice di durata dei periodi di caldo. La variabile è definita come numero di giorni nell’anno in cui la temperatura massima è superiore al 90° percentile della distribuzione nel periodo climatologico di riferimento (1981-2010), per almeno sei giorni consecutivi. I dati fanno riferimento alle regioni italiane tra il 2011 ed il 2022.

Ranking delle regioni per indice di durata dei periodi di caldo nel 2022.  Il Lazio è al primo posto per valore dell’indice di durata dei periodi di caldo nel 2022 con un valore pari a 63, seguito dall’Umbria con un valore pari a 61 e dalla Liguria con un valore pari a 51,5. A metà classifica vi sono le Marche con un valore pari a 42, seguita dalla Basilicata con un valore pari a 41, e dalla Valle d’Aosta pari a 40,5 unità. Chiudono la classifica il Friuli Venezia Giulia con un valore pari a 31 seguita dalla Puglia con un valore pari a 29 e dal Trentino Alto Adige con un valore pari a 27.

Ranking delle regioni per indice di durata dei periodi di caldo tra il 2011 ed il 2022. La Sardegna è al primo posto per valore della variazione percentuale dell’indice di durata dei periodi di caldo tra il 2011 ed il 2022 con un valore pari a 616,67% corrispondente ad una crescita da un ammontare di 6 unità fino ad un valore di 43 unità. Segue la Calabria con una variazione pari a +385,71% corrispondente ad una variazione da 7 unità fino a 34 unità. Il Molise è al terzo posto con un valore pari a 181,25% corrispondente ad una variazione da un ammontare di 16 unità fino ad un valore di 45 unità. A metà classifica vi sono le Marche con una variazione pari a +75,00% corrispondente ad una variazione da un ammontare di 24 unità fino ad un valore di 42 unità. Segue la Puglia con un valore di 70,59% corrispondente ad una variazione da un ammontare di 17 unità fino ad un valore di 29 unità. Di seguito la Campania con una variazione percentuale pari a 66,67% corrispondente ad una variazione da un ammontare di 24 unità fino a 40 unità. Chiudono la classifica il Trentino Alto Adige con un valore pari a -22,86% corrispondente ad una variazione da un ammontare di 35 unità fino ad un valore di 27 unità. Segue il Friuli Venezia Giulia con una variazione pari a -31,11% corrispondente ad una variazione da 45 a 31. Occorre considerare che molto rilevante è anche il valore della Sicilia. In Sicilia infatti nel 2011 l’indice di durata dei periodi di caldo era pari a 0 ed è arrivato ad un valore di 35 nel 2022. Tra il 2011 ed il 2022 il valore dell’indice della durata dei periodi di caldo è cresciuto in media per le regioni italiane da un ammontare di 25,4 unità fino ad un valore di 41,7 unità ovvero pari ad un ammontare di 64,07%.

Macro-regioni italiane. Il valore dell’indice della durata dei periodi di caldo tra il 2011 ed il 2022 è cresciuto in tutte le macro-regioni italiane con eccezione del Nord-Est. Nello specifico l’indice della durata dei periodi di caldo è cresciuto nel Nord con un valore pari a 5,71%, nel Nord-Ovest con un valore pari a +26,47%, nel Centro per un ammontare pari a 71,88%, nel Mezzogiorno per un ammontare pari a 216,67% e nel Sud per un ammontare pari a 123,53%. Il Nord-Est è l’unica macro-regione italiana nella quale si è verificata una riduzione del valore della durata dell’indice di caldo pari a -8,33%.

Clusterizzazione con algoritmo k-Means ottimizzato con il coefficiente di Silhouette. Di seguito presentiamo una clusterizzazione con algoritmo k-Means ottimizzato con il coefficiente di Silhouette. Vengono individuati due clusters ovvero:

  • ·       Cluster 1: Molise, Calabria, Sicilia, Abruzzo, Basilicata, Puglia, Sardegna, Marche, Campania;
  • ·       Cluster 2: Lombardia, Valle d’Aosta, Veneto, Piemonte, Emilia-Romagna, Friuli Venezia Giulia, Trentino Alto Adige, Lazio, Toscana, Umbria, Liguria.

Confrontando i due cluster analizzati possiamo notare il seguente ordinamento in base al valore medio ovvero: C1>C2. Possiamo notare che le regioni del Cluster 1 sono essenzialmente le regioni meridionali. Al contrario le regioni del Cluster 2 sono le regioni del Centro-Nord. Pertanto l’indice di durata del periodo di caldo è cresciuto di più nelle regioni meridionali rispetto alle regioni settentrionali. Tuttavia se guardiamo allo sviluppo in serie storica del grafico del cluster 1 e del cluster 2 allora risulta che il cluster 1 non è sempre stato dominante rispetto al cluster 2 nel periodo 2011-2022. Nello specifico c’è stato un periodo tra il 2013 ed il 2014 nel quale il valore del cluster 2 è stato superiore al cluster 1. E vi sono stati quattro periodi nei quali il valore del Cluster 2 è stato esattamente pari al valore del Cluster 1 ovvero tra il 2012 ed il 2013, tra il 2014 ed il 2015, nel 2016 e tra il 2020 ed il 2021. Pertanto l’andamento dei due clusters mette in evidenza una tendenziale crescita del valore dell’indice di durata del periodo di caldo anche se non è sempre chiara la struttura di dominanza dei due clusters.

Conclusioni. Dall’analisi condotta possiamo sintetizzare le seguenti proposizioni:

  • ·       il valore dell’indice della durata del periodo di caldo tra il 2011 ed il 2022 è aumentato in tutte le regioni italiane con eccezione di Veneto, Trentino Alto Adige, Friuli Venezia Giulia;
  • ·       l’indice della durata del periodo di caldo tra il 2011 ed il 2022 è cresciuto in tutte le macro-regioni con eccezione del Nord-Est;
  • ·       Il valore dell’indice di durata del periodo di caldo tende ad essere in media più alto per le regioni meridionali rispetto alle regioni settentrionali.

Tuttavia, se consideriamo il valore medio per le regioni italiane notiamo che tra il 2011 ed il 2022 l’indice di durata del periodo di caldo è aumentato del 64%.






 


giovedì 22 febbraio 2024

L’Insoddisfazione per il Paesaggio del Luogo di Vita nelle Regioni Italiane

 Circa il 18,6% degli intervistati è insoddisfatto del paesaggio

L’Istat calcola l’insoddisfazione per il paesaggio del luogo di vita. Tale indicatore considera la percentuale delle persone con più di 14 anni che dichiarano che il paesaggio del luogo di vita è affetto da evidente degrado sul totale delle persone di 14 anni e più. I dati fanno riferimento al periodo tra il 2014 ed il 2022 per le regioni italiane.

Ranking delle regioni italiane per valore dell’insoddisfazione per il paesaggio del luogo di vita nelle regioni italiane nel 2022. La Campania è al primo posto per insoddisfazione per il paesaggio del luogo di vita con un valore pari a 31,3, seguita dalla Calabria con un valore pari a 30,5 unità e dalla Sicilia con un valore pari a 30,4 unità. A metà classifica troviamo il Piemonte con un valore pari a 17,1 unità, seguito dalla Lombardia e dalla Toscana con un valore di 16,1 unità. Chiudono la classifica l’Umbria con un valore di 11,7 unità, seguita dal Friuli Venezia Giulia con un valore di 9,7 unità, e dal Trentino Alto Adige con un valore pari a 8,1 unità.

Ranking delle regioni italiane per variazione percentuale del valore dell’insoddisfazione per il paesaggio del luogo di vita nelle regioni italiane tra il 2014 ed il 2022. La Sicilia è al primo posto per valore della variazione percentuale del valore dell’insoddisfazione per il paesaggio del luogo di vita nelle regioni italiane tra il 2014 ed il 2022 con un valore pari a +31,6% corrispondente ad una variazione tra 23,1 unità fino a 30,4 unità. La Valle d’Aosta è al secondo posto con una variazione pari a +28,57% corrispondente ad una variazione da un ammontare di 11,2 unità nel 2014 fino ad un valore di 14,4 unità nel 2022. Segue la Toscana al terzo posto con una variazione pari a +21,97% corrispondente ad una variazione da un ammontare di 13,2 unità fino ad un valore di 16,1 unità. Il Piemonte è a metà classifica con un valore pari a +2,4% corrispondente ad una variazione da un ammontare di 16,7 unità fino ad un valore di 17,1 unità. Segue l’Umbria con un valore pari a -0,85% corrispondente ad una variazione da un ammontare di 11,8 unità fino ad un ammontare di 11,7 unità. Segue la Puglia con un valore pari a -1,19% corrispondente ad una variazione da un ammontare di 25,3 unità fino ad un valore di 25 unità. Tra gli ultimi posti vi è il Veneto con un valore pari a -15,7% corrispondente ad una variazione da un ammontare di 17,2 unità fino ad un valore di 14,5 unità. Segue il Friuli Venezia Giulia con un valore pari ad un ammontare di -16,38% corrispondente ad una variazione da un ammontare di 17,2 unità fino ad un valore di 14,5 unità. Segue l’Abruzzo con una variazione pari a -30,32% corrispondente ad una variazione da un ammontare di 22,1 unità fino ad un valore di 15,4 unità.

L’insoddisfazione per il paesaggio di vita nelle macro-regioni italiane tra il 2014 ed il 2022. L’insoddisfazione per il paesaggio di vita è diminuita nel Nord con un valore pari a -5,06%, nel Nord-Ovest con un ammontare pari a -4,02%, nel Nord-Est con un valore pari a -7,30% e nel Sud con un valore pari a -0,74%. Vi sono tuttavia delle macro-regioni nelle quali il valore dell’insoddisfazione per il paesaggio di vita è cresciuto ovvero il Centro con +9,14%, il Mezzogiorno con un valore pari a +6,15% e le Isole con un valore pari a +22,13%. Mediamente, il valore dell’insoddisfazione per il paesaggio di vita è cresciuto nelle macro-regioni italiane da un ammontare di 20,47 unità fino ad un valore di 21,31 unità ovvero pari ad un ammontare di +4,12%.

Clusterizzazione con algoritmo k-Means ottimizzato con il coefficiente di Silhouette. Di seguito presentiamo una clusterizzazione con algoritmo k-Means ottimizzato con il coefficiente di Silhouette. Vengono individuati due clusters come di seguito:

  • ·       Cluster 1: Sicilia, Lazio, Puglia, Campania, Calabria, Basilicata, Sardegna, Liguria;
  • ·   Cluster 2: Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Marche, Veneto, Toscana, Valle d’Aosta, Umbria, Trentino Alto Adige, Lombardia, Piemonte, Molise, Abruzzo.

Dal punto di vista del cluster possiamo notare il seguente ordinamento ovvero C1>C2. Il cluster C1 è essenzialmente costituito dalle regioni meridionali con l’aggiunta di Lazio e Liguria. L’unica regione meridionale assente nel cluster 1 e presente nel cluster 2 è l’Abruzzo. Il Cluster 2 è invece costituito dalle regioni del centro-nord con l’aggiunta dell’Abruzzo. Ne deriva pertanto che le regioni meridionali sono caratterizzate da un elevato livello di insoddisfazione per il paesaggio del luogo di vita. Tale valore risulta essere controfattuale. Infatti generalmente le regioni meridionali tendono ad accogliere soprattutto nei periodi estivi un livello molto elevato di turisti che scelgono quei luoghi proprio per motivazioni paesaggistiche. Ne deriva pertanto che i meridionali sono altamente insoddisfatti per la qualità del paesaggio al netto delle località turistiche e quindi soprattutto con riferimento ai paesi dell’entroterra e delle città non costiere. Particolarmente grave il caso della Campania, pure caratterizzate da bellezze paesaggistiche rilevanti, nella quale circa il 30% della popolazione si dichiara insoddisfatta del paesaggio.

Conclusioni. Il valore dell’insoddisfazione per il paesaggio del luogo di vita risulta esere in media invariato tra il 2014 ed il 2022. Tuttavia tale valore è cresciuto nelle regioni centro-meridionali ed è diminuito nelle regioni del centro-nord. Ne deriva che la qualità della vita risulta essere compromessa nelle regioni meridionali dal punto di vista paesaggistico. Le motivazioni relative alla crescita dell’insoddisfazione per il paesaggio del luogo di vita possono essere ricondotte essenzialmente all’abusivismo edilizio, alla scarsa cultura civica ed anche all’azione delle eco-mafie che hanno certamente ridotto la fruibilità del paesaggio nelle regioni meridionali. Dobbiamo anche considerare che il paesaggio deve essere considerato un bene scarso. Infatti, il paesaggio viene eccessivamente utilizzato per motivazioni costruttive con effetti perversi sia sul livello della qualità della vita della popolazione sia per le questioni della sicurezza idro-geologica dei territori.











 

lunedì 12 febbraio 2024

L’Abusivismo Edilizio nelle Regioni Italiane

 

È cresciuto in media del 12,94% tra il 2004 ed il 2022

 L’Istat calcola il valore dell’abusivismo edilizio. L’abusivismo edilizio è definito come numero di costruzioni abusive per 100 costruzioni autorizzate dai Comuni. I dati fanno riferimento al periodo tra il 2004 ed il 2022 nelle regioni italiane.

Ranking delle regioni italiane per valore dell’abusivismo edilizio nel 2022. La Basilicata e la Calabria sono al primo posto per valore dell’abusivismo edilizio nel 2022 con un valore pari a 54,1, seguite dalla Campania con un valore pari a 50,4 unità e dalla Sicilia con 48,2 unità. A metà classifica vi sono il Lazio con un valore dell’abusivismo edilizio pari a 20, seguito dall’Umbria e dalle Marche con un valore di 10,9 unità e dalla Toscana con 6,8 unità. Chiudono la classifica l’Emilia Romagna con un valore pari a 4,2 unità, seguiti dal Trentino Alto Adige e Friuli Venezia Giulia con 3,3 unità.

Ranking delle regioni italiane per variazione percentuale dell’abusivismo edilizio tra il 2004 ed il 2022. Il Lazio è al primo posto per valore della variazione percentuale dell’abusivismo edilizio tra il 2004 ed il 2022 con una variazione pari a +73,91% corrispondente ad una variazione da 11,5 unità fino a 20,00 unità. Seguono la Basilicata e Calabria con una variazione pari a +49,45% corrispondente ad una variazione da un ammontare di 36,2 unità fino a 54,1 unità. Segue la Puglia con una variazione pari a +34,36% corrispondente ad una variazione da un ammontare di 25,9 unità fino a 34,8 unità. A metà classifica vi è il Friuli Venezia Giulia con una variazione pari ad un valore di +22,22% corrispondente ad una crescita da 2,7 a 3,3. Segue la Sicilia con una crescita pari a +16,99% corrispondente ad una variazione da 41,2 fino a 48,2 unità. Segue la Lombardia con un valore pari a +4,44% corrispondente ad una variazione da un ammontare di 4,5 unità fino a 4,7 unità. Chiudono la classifica la Valle d’Aosta con una variazione pari a -26,32% corrispondente ad una diminuzione da 5,7 unità fino a 4,2 unità. Segue la Toscana con una variazione pari a -31,31% corrispondente ad una riduzione da 9,9 unità fino a 6,8 unità. La Liguria chiude la classifica con un valore pari a -61,68% corrispondente ad una variazione da 16,7 unità fino a 6,4 unità. In media l’abusivismo edilizio è previsto in crescita del 12,94% tra il 2004 ed il 2022 corrispondente ad una variazione da 18,1 unità fino a 20,4 unità.

L’abusivismo edilizio nelle macro-regioni italiane tra il 2004 ed il 2022.  L’abusivismo edilizio è cresciuto nelle seguenti macro-regioni ovvero: Centro con +45,54%, Isole con +21,00%, Mezzogiorno con +15,19%, Sud con 12,57%. Vi sono anche delle macro-regioni nelle quali l’abusivismo edilizio è diminuito ovvero: Nord con -8,00% e Nord-Ovest con -14,55%. Possiamo notare pertanto che il valore dell’abusivismo edilizio è significativamente cresciuto nelle macro-regioni meridionali mentre è diminuito nelle macro-regioni settentrionali.

Clusterizzazione con algoritmo k-Means ottimizzato con il coefficiente di Silhouette. Di seguito presentiamo una clusterizzazione con algoritmo k-Means ottimizzato con il coefficiente di Silhouette. Vengono individuati tre clusters ovvero:

  • ·       Cluster 1: Molise, Abruzzo, Puglia, Sardegna;
  • ·       Cluster 2: Lombardia, Valle d’Aosta, Piemonte, Emilia-Romagna, Veneto, Friuli Venezia Giulia, Trentino Alto Adige, Toscana, Marche, Umbria, Liguria, Lazio;
  • ·       Cluster 3: Calabria, Basilicata, Campania, Sicilia.

Viene individuato il seguente ordinamento dei cluster dal punto di vista della media ovvero: C3>C1>C2. Ne deriva che al primo posto vi è il cluster 3 composto da quattro regioni meridionali. Segue il Cluster 1 composto dalle altre quattro regioni meridionali. Le regioni centro-meridionali invece si trovano tutte all’interno del cluster 2 caratterizzati da livelli di abusivismo edilizio assai più ridotti rispetto alle regioni meridionali. Notiamo pertanto che il valore dell’abusivismo edilizio risulta essere molto diffuso nelle regioni meridionali, mentre tale valore tende a diminuire significativamente nelle regioni settentrionali.

 Conclusioni. L’abusivismo edilizio è cresciuto in media nelle regioni italiane del 12,94% tra il 2004 ed il 2022. Possiamo notare l’esistenza di un vero divario tra le regioni meridionali e le regioni del centro-nord. Per esempio se consideriamo l’abusivismo edilizio nel Sud Italia nel 2022 risulta un valore pari a 42,1 unità mentre nel Nord-Est il medesimo valore è pari a 4,6 e nel Nord-Ovest pari a 4,7 unità. Ne deriva che il valore dell’abusivismo edilizio nelle regioni meridionali è quasi 10 volte più grande rispetto alle regioni del Nord e circa 2,8 volte più grande rispetto alle regioni del Centro Italia. I dati mettono in evidenza una incapacità dei comuni meridionali di gestire le concessioni edilizie. Inoltre la presenza elevata dell’abusivismo edilizio potrebbe essere un indicatore anche di fenomeni di corruzione e relazioni pericolose tra le aziende del settore delle costruzioni e le amministrazioni comunali. È assai probabile che i comuni di piccole dimensioni siano ancora più attraversati da fenomeni di abusivismo edilizio come evidenziato dai dati della Basilicata e della Calabria. Nelle regioni settentrionali il valore dell’abusivismo edilizio è molto basso. Per esempio nel Trentino Alto Adige e il Friuli-Venezia Giulia vi sono 3,3 abusivismi edilizi ogni 100 costruzioni. Il medesimo livello per la Basilicata e la Calabria è pari a 54,1. Ovvero in Basilicata e Calabria più della metà delle costruzioni sono realizzate attraverso abusivismi edilizi. La questione degli abusivismi edilizi diventa grave soprattutto dinanzi ai rischi idro-geologici. Infatti, il territorio di molte regioni, anche meridionali, presenta delle fragilità. L’abusivismo edilizio costituisce pertanto un costo sia in termini di illegalità che in termini di rischi ambientali. Una possibile soluzione per risolvere la questione potrebbe consistere nell’attribuzione alle regioni delle procedure nei comuni caratterizzati da elevati livelli di abusivismo ovvero superiori al 50,00%.








 

domenica 4 febbraio 2024

La Densità e Rilevanza del Patrimonio Museale nelle Regioni Italiane

 

È diminuita del -10,02% tra il 2017 ed il 2021

 

L’Istat calcola il valore della densità e rilevanza del patrimonio museale. La variabile è definita come numero di strutture espositive permanenti per 100 km2 ovvero musei, aree archeologiche e monumenti aperti al pubblico, ponderato per il numero dei visitatori. Il peso di ciascuna struttura si assume pari a Vi/VM, dove Vi è il numero di visitatori della struttura, M il totale delle strutture e V il totale dei visitatori.

Ranking delle regioni italiane per valore della densità e rilevanza del patrimonio museale nel 2021. Il Lazio è al primo posto per valore della densità e rilevanza del patrimonio museale nel 2021 con un ammontare di 4,09 unità, seguito dalla Campania con 3,58 e dalla Toscana con 3,28 unità. A metà classifica vi sono l’Emilia Romagna con 1,21, il Trentino Alto Adige con 1,19 unità e il Piemonte con 1,18 unità. Chiudono la classifica il Molise con 0,19 unità, seguito dalla Basilicata con 0,18 unità e dall’Abruzzo con 0,16 unità.

Ranking delle regioni italiane per valore della variazione percentuale della densità e rilevanza del patrimonio museale tra il 2017 ed il 2021. L’Umbria è al primo posto per valore della densità e rilevanza del patrimonio museale tra il 2017 ed il 2021 con un valore pari a +94,44% corrispondente ad una variazione da 0,72 unità fino a 1,4 unità. Seguono le Marche con un valore pari a +43,1% corrispondente ad una variazione da 0,58 unità fino a 0,83 unità. E il Molise con valore pari a +35,71% corrispondente ad una variazione da un ammontare di 0,14 fino a 0,19 unità. Il Trentino Alto Adige è a metà classifica con un valore pari a 9,17% corrispondente ad una variazione da 1,09 unità fino 1,19 unità. Segue la Lombardia con un valore pari a +1,29% corrispondente ad una variazione da un ammontare di 1,55 unità fino a 1,57 unità. All’undicesimo posto vi è il Piemonte con una variazione pari a 0,00%. Agli ultimi posti vi è la Puglia con una variazione pari a -27,03% corrispondente ad una variazione da 0,37 unità fino a 0,27 unità corrispondente ad una variazione di -0,2 unità. Segue la Liguria con una variazione pari a -37,8% corrispondente ad una variazione da un ammontare di 1,27 unità fino a 0,79 unità. Chiude il Lazio con una variazione pari a -43,19% corrispondente ad una riduzione da un ammontare di 7,2 unità fino a 4,09 unità.

Densità e rilevanza del patrimonio museale nelle macro-regioni italiane tra il 2017 ed il 2021. Il valore della densità e rilevanza del patrimonio museale ha avuto un andamento altalenante tra il 2017 ed il 2021. Due sono le aree del paese caratterizzate da una crescita della variabile analizzata ovvero Isole con +5,97% e Nord-Est con +0,71%. Due sono le macro-aree italiane caratterizzate da una invarianza del valore della densità e rilevanza del patrimonio museale, ovvero Nord e Mezzogiorno con una variazione di 0,00%. Vi sono tre macro-aree che invece sono caratterizzate da una riduzione del valore della variabile osservata ovvero Nord-Ovest con -1,49%, Sud con -3,37% e Centro con -26,36%. Esistono delle rilevanti differenze tra il Mezzogiorno ed il Centro-Nord in termini di densità e rilevanza del patrimonio museale. Nello specifico il valore della variabile osservata nel Mezzogiorno è inferiore del 39,00% rispetto al Nord-Ovest, del 42,00% rispetto al Nord, del 44,00% rispetto al Nord-Est e del 72,00% rispetto al Centro Italia.

Clusterizzazione con algoritmo k-Means ottimizzato con il coefficiente di Silhouette. Di seguito presentiamo una clusterizzazione con algoritmo k-Means ottimizzato con il coefficiente di Silhouette. Vengono individuati due clusters come indicati di seguito ovvero:

  • ·       Cluster 1: Umbria, Marche, Sicilia, Emilia Romagna, Trentino Alto Adige, Calabria, Puglia, Piemonte, Liguria, Basilicata, Valle d’Aosta, Molise, Abruzzo, Friuli Venezia Giulia, Lombardia, Veneto; 
  • ·       Cluster 2: Lazio, Toscana, Campania.

Dal punto di vista dell’ordinamento dei clusters calcolato considerando il valore medio della densità e rilevanza del patrimonio museale risulta che C2>C1. Possiamo notare che il Cluster 2 è composto da sole tre regioni ovvero Lazio, Toscana e Campania. Tali regioni costituiscono un cluster dominante con valori medi superiori di 4 o 5 volte superiori rispetto al valore della media delle regioni del Cluster 1. Certamente vi sono delle regioni che potrebbero anche essere inserite nel cluster 2. Tuttavia è probabile che non vi siano stati degli investimenti rilevanti nel patrimonio museale. Per esempio una di queste regioni è il Veneto.

Conclusioni. Il valore della densità e della rilevanza del patrimonio museale nelle regioni italiane è diminuito tra il 2017 ed il 2021. Nello specifico il valore medio è diminuito del 10,02%. L’analisi delle macro-regioni mostra che il Mezzogiorno ha un valore molto basso di densità e rilevanza del patrimonio museale rispetto alle altre macro-regioni centro-settentrionali. La clusterizzazione evidenzia che il cluster dominante costituito da Lazio, Campania e Toscana.








sabato 3 febbraio 2024

La Spesa Corrente Comunale per la Cultura nelle Regioni Italiane

 

È diminuita in media del 22,61% tra il 2010 ed il 2020

 

L’Istat calcola il valore della spesa corrente dei comuni per la cultura. La variabile è definita come il valore dei pagamenti in conto competenza per la tutela e la valorizzazione di beni e attività culturali, in euro pro capite. I dati fanno riferimento alle regioni italiane tra il 2010 ed il 2020.

Ranking delle regioni italiane per valore della spesa corrente dei comuni per la cultura nelle regioni italiane nel 2020. Il Trentino Alto Adige è al primo posto per valore della spesa corrente dei comuni per la cultura nel 2020 con un valore pari a 46,9 unità, segue il Friuli Venezia Giulia con 32,5 unità, e dall’Emilia Romagna con un ammontare di 31,1 unità. A metà classifica vi sono la Lombardia con un valore pari a 20,1 unità, seguita dal Lazio con un valore di 19,9 unità e dal Veneto con un ammontare di 19,2 unità. Chiudono la classifica il Molise con un valore di 5,3 unità, seguita dalla Calabria con un ammontare di 5,1 unità e dalla Campania con 2,7 unità.

Ranking delle regioni italiane per valore della variazione percentuale della spesa corrente dei comuni per la cultura nelle regioni italiane tra il 2010 ed il 2020. La Sardegna è al primo posto per valore delle variazioni percentuali con un ammontare pari -5,09% corrispondente ad una variazione da un ammontare di 27,5 unità fino ad un valore di 26,1 unità tra il 2010 ed il 2020. Segue il Friuli Venezia Giulia con una variazione pari a -14,25% corrispondente ad una variazione da un ammontare di 37,9 unità fino a 32,5 unità tra il 2010 ed il 2020. Segue il Veneto con un valore pari a -14,67% corrispondente ad una variazione da un ammontare di 22,5 unità fino ad un valore di 19,2 unità. A metà classifica vi sono la Lombardia con un ammontare pari a -19,28% corrispondente ad una variazione da un ammontare di 24,9 unità fino ad un valore di 20,1 unità. Seguono le Marche con una variazione corrispondente ad una riduzione di -20,39% corrispondente ad un ammontare da 25,5 fino ad un valore di 20,3 unità. Segue il Lazio con un valore pari a -30,18% corrispondente ad un ammontare da 28,5 unità fino ad un valore di 19,9 unità. Chiudono la classifica il Molise con un ammontare pari a -53,1% corrispondente ad una variazione da un ammontare di 11,3 unità fino ad un valore di 5,3 unità. Segue la Calabria con un ammontare pari a -54,05% corrispondente ad una variazione da un ammontare di 11,1 unità fino ad un valore di 5,1 unità. La Campania chiude la classifica con un ammontare pari a -61,97% corrispondente ad una variazione da un ammontare di 7,1 unità fino ad un valore di 2,7 unità. In media il valore della spesa per la cultura dei comuni nelle regioni italiane è diminuito del 22,61% tra il 2010 ed il 2022.

La spesa corrente dei comuni per la cultura nelle macro-regioni italiane tra il 2010 ed il 2020.  Il valore della spesa corrente dei comuni per la cultura è diminuita in tutte le macro-regioni italiane tra il 2010 ed il 2020 ovvero: Sud con un -50,00%, Mezzogiorno con -38,26%, Centro con -25,09%, Isole con -22,01%, Nord-Ovest con -17,87%, Nord con -16,12%, Nord-Est con -15,29%. Possiamo notare che il valore della spesa corrente dei comuni per la cultura pure essendo diminuita in tutte le macro-regioni italiane presenta in ogni caso delle importanti differenze tra Sud e Centro Nord. Infatti la spesa corrente dei comuni per la cultura nel Mezzogiorno è inferiore del 78,14% rispetto al Centro, del 75,65% rispetto al Nord-Ovest, del 79,48% rispetto al Nord, del -83,03% rispetto al Nord-Est. Pertanto pure nella generale riduzione della spesa corrente dei comuni per la cultura nelle macro-regioni italiane viene messa in evidenza la presenza di un divario Nord-Sud che arriva fino all’83,03% confrontando il Mezzogiorno con il Nord-Est.

Clusterizzazione con algoritmo k-Means ottimizzato con il coefficiente di Silhouette. Di seguito presentiamo una clusterizzazione con algoritmo k-Means ottimizzato con il coefficiente di Silhouette. Dall’analisi di clusterizzazione è stata esclusa la regione Valle d’Aosta per insufficienza dei dati. L’analisi mette in evidenza la presenza di quattro clusters come indicati di seguito ovvero:

  • ·       Cluster 1: Puglia, Calabria, Molise, Abruzzo, Sicilia, Basilicata, Campania;
  • ·       Cluster 2: Marche, Lombardia, Veneto, Umbria, Lazio, Piemonte, Liguria, Sardegna;
  • ·       Cluster 3: Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Toscana;
  • ·       Cluster 4: Trentino-Alto Adige.

Guardando all’ordinamento dei clusters basato sul valore della media della spesa corrente dei comuni per la cultura possiamo notare la seguente struttura ovvero: C4>C3>C2>C1. Ovvero il valore della spesa corrente dei comuni per la cultura tende ad essere alta nel centro Nord e bassa nel Sud Italia. Notiamo che l’ultimo cluster per valore della spesa comunale per la cultura, ovvero il cluster 1 è composto quasi tutte le regioni meridionali con l’unica eccezione della Sardegna che invece partecipa del cluster 2, ossia, il penultimo cluster. Particolarmente evidente è la struttura del Cluster 4-C4, composto esclusivamente dal Trentino Alto Adige, che ha un livello di spesa comunale per la cultura elevatissimo rispetto agli altri clusters. Ovvero se da un lato nel Trentino Alto Adige la spesa corrente comunale per la cultura varia tra intorno ai 50 euro pro-capite nel periodo di osservazione, dall’altro lato, per le regioni del Cluster 2, ovvero l’ultimo cluster, la spesa pro-capite comunale per la cultura si aggira intorno al 10-12 euro.

Conclusioni. Dall’analisi effettuata risulta che la spesa corrente comunale per la cultura è diminuita in tutte le regioni e macro-regioni italiane nel periodo di osservazione ovvero tra il 2010 ed il 2022. Tuttavia, pure in questa generalizzata riduzione è evidente un divario geografico tra Centro-Nord e Sud Italia. Infatti, le regioni meridionali hanno dei livelli di spesa corrente comunale per la cultura molto ridotti rispetto ai corrispondenti valori delle regioni settentrionali. Dal punto di vista strettamente quantitativo il valore della spesa pro-capite comunale per la cultura nel 2020 risulta essere nel Mezzogiorno pari a 7,1 euro contro i 21,5 euro del Centro Italia, i 27,70 euro del Nord-Est, i 19,3 euro del Nord-Ovest. Il Nord-Est è quindi la macro-regione italiana che raggiunge i massimi livelli di spesa per la cultura a livello comunale. Tuttavia, è necessario considerare che la serie storica analizzata si ferma al 2020 e non prende in considerazione gli effetti del Covid-19. E’ infatti assai probabile che il valore della spesa corrente comunale per la  cultura sia diminuita ancora di più durante il Covid per poi aumentare tra il 2022 ed il 2023. In generale possiamo notare che il valore della spesa per la cultura risulta essere molto basso in termini assoluti. Se infatti si considera che molte città italiane accolgono turisti, si comprende che tale valore dovrebbe aumentare nel medio-lungo periodo invece di diminuire. Certamente occorre considerare che la stragrande maggioranza dei comuni italiani versa in condizioni di bilancio pessime. Alcuni comuni sono anche tecnicamente falliti. Altri richiedono degli interventi finanziari continui da parte dello Stato o delle regioni. Nella realtà le politiche di bilancio esperibili a livello locale sono veramente di basso profilo. Ne consegue che i comuni tagliano la spesa corrente dove possono. Ed una delle prime voci di spesa ad essere tagliate è proprio  la cultura. Rimane quindi il paradosso. L’Italia è un paese che attrae decine di milioni di turisti dall’estero per la cultura ed il proprio patrimonio storico e purtuttavia riduce l’investimento a livello comunale. Molte attività svolte nei comuni sono in realtà finanziate dagli enti regionali e dai ministeri. Soprattutto le manifestazioni più rilevanti che hanno la capacità di attirare turisti e visitatori da altre regioni o dall’estero. Ancora da definire il ruolo del privato for profit e delle fondazioni nella promozione della cultura locale. Infatti la riduzione della spesa corrente comunale per la cultura potrebbe essere più che compensata dalla spesa regionale nei comuni e dall’intervento dei privati. Anche se per far intervenire i privati, sia for profit che no profit, è necessario stabilire dei regolamenti ed avviare una governance pubblico-privato che da un lato eviti speculazioni dei privati e dall’altro lato offra un giusto riconoscimento in termini di brand value e market share agli investitori.