domenica 29 ottobre 2023

Il Tasso di Mancata Partecipazione al Lavoro nelle Regioni Italiane

 

È diminuito in media del 17,34% tra il 2018 ed il 2022

 

L’Istat calcola il valore del tasso di mancata partecipazione lavoro. Il tasso di mancata partecipazione al lavoro è il rapporto tra la somma di disoccupati e inattivi “disponibili” (persone che non hanno cercato lavoro nelle ultime 4 settimane ma sono disponibili a lavorare), e la somma di forze lavoro (insieme di occupati e disoccupati) e inattivi “disponibili”, riferito alla popolazione tra 15 e 74 anni. I dati sono disponibili tra il 2018 ed il 2022 nelle regioni e macro-regioni italiane.

Ranking delle regioni italiane per valore del tasso di mancata partecipazione al lavoro nel 2022. La Sicilia è al primo posto per valore del tasso di mancata partecipazione al lavoro nel 2022 con un valore pari a 35,3, seguita dalla Campania con un valore pari a 33,3 e dalla Calabria con un valore pari a 33 unità. A metà classifica vi sono il Lazio con un valore di 14,5 unità, seguito dall’Umbria con un valore di 12,2 unità e dalla Liguria con un valore di 11,2 unità. Chiudono la classifica la Lombardia con un valore pari a 8,5 unità, seguita dal Veneto con un valore di 7,8 unità e dal Trentino Alto Adige con un valore di 5,9 unità. Chiudono la classifica la Lombardia con un valore di 8,5 unità, seguita dal Veneto con un valore di 7,8 unità e dal Trentino Alto Adige con un valore di 5,9 unità.

Ranking delle regioni italiane per valore della variazione percentuale del tasso di mancata partecipazione al lavoro tra il 2018 ed il 2022. Il Trentino Alto Adige è al primo posto per valore della variazione percentuale del tasso di mancata partecipazione al lavoro tra il 2018 ed il 2022 con un valore pari a -9,23% corrispondente ad una variazione da un ammontare di 6,50 unità fino ad un valore di 5,90 unità. Segue la Campania con una variazione da un ammontare di 37,50 unità fino ad un valore di 33,30 unità ovvero pari ad una variazione di -11,20%. L’Emilia Romagna è al terzo posto con una variazione da un ammontare di 10,00 unità fino a 8,80 unità ovvero pari a -12,00%. A metà classifica troviamo la Sardegna con una variazione da 27,90 unità fino a 23,10 unità ovvero pari ad una variazione di -17,20%. Seguono l’Umbria con una variazione da un ammontare di 14,80 unità fino ad un valore di 12,20 unità equivalente ad un valore di -17,57% e la Puglia con un valore da 30,90 unità fino ad un valore di 25,40 unità ovvero pari ad una variazione di -17,80%. Chiudono la classifica le Marche con una variazione da un ammontare di 13,80 unità fino a 10,30 unità ovvero pari ad una variazione di -25,36%, seguita dalla Liguria con un valore pari a -26,80% corrispondente ad una riduzione da 15,30 unità fino a 11,20 unità e dal Veneto con un valore pari a -27,10% pari ad una variazione da 10,70 unità fino a 7,80 unità. In media tra il 2018 ed il 2022 il valore del tasso di mancata partecipazione al mercato del lavoro è diminuito di -17,34%.

Il tasso di mancata partecipazione al lavoro nelle macro-regioni italiane tra il 2018 ed il 2022. Il valore del tasso di mancata partecipazione al lavoro nelle macro-regioni italiane tra il 2018 ed il 2022 è passato da un ammontare di 37,2 unità fino ad un valore di 32,1 unità ovvero pari ad un ammontare di -5,10 unità corrispondente a -13,71%. Il valore del tasso di mancata partecipazione nel Mezzogiorno è passato da un ammontare di 34,7 unità fino ad un valore di 29,8 unità ovvero pari ad una variazione di -4,90 unità corrispondente a -14,12%. Il tasso di mancata partecipazione nel Sud Italia è diminuito da un ammontare di 33,5 unità fino ad un valore di 28,7 unità ovvero pari ad una variazione di -4,80 unità pari a -14,33%. Il tasso di mancata partecipazione nel Centro Italia è diminuito da un valore di 15,7 unità fino ad un valore di 12,4 unità ovvero pari a -21,02%. Il tasso di mancata partecipazione al lavoro nel Nord-Ovest è diminuito da 11,6 unità fino a 9,3 unità ovvero pari ad una riduzione di -2,30 unità pari a -19,83%. Il tasso di mancata partecipazione nel Nord Italia è diminuito da un ammontare di 11 unità fino ad un valore di 8,8 unità ovvero pari ad un ammontare di -2,20 unità pari a -20,00%. Il tasso di mancata partecipazione nel Nord-Est è passato da un ammontare di 10,1 unità fino a 8,1 unità ovvero pari ad un ammontare di -2,00 unità pari a -19,80%.

Clusterizzazione con algoritmo k-Means ottimizzato con il coefficiente di Silhouette. Di seguito presentiamo una clusterizzazione con algoritmo k-Means ottimizzato con il coefficiente di Silhouette. I dati mostrano la presenza di tre clusters:

  • ·       Cluster 1: Friuli Venezia Giulia, Valle d’Aosta, Lombardia, Piemonte, Toscana, Veneto, Emilia Romagna, Marche, Umbria, Trentino Alto Adige, Liguria, Lazio, Abruzzo;
  • ·       Cluster 2: Calabria, Campania, Sicilia;
  • ·       Cluster 3: Sardegna, Basilicata, Molise, Puglia.

Dal punto di vista dell’ordinamento dei clusters notiamo il seguente orientamento: C2>C3>C1. Ovvero le regioni meridionali guidano le regioni italiane per valore del tasso di mancata partecipazione al lavoro. Tuttavia anche all’interno delle regioni meridionali vi sono delle significative differenze con la Calabria, la Campania e la Sicilia che hanno valori più elevati rispetto alla Sardegna, alla Basilicata, al Molise ed alla Puglia. L’Abruzzo è l’unica regione del Sud Italia che fa parte del cluster 1 ovvero del cluster più virtuoso in termini di mancata partecipazione al lavoro. Ne deriva pertanto una netta contrapposizione tra regioni meridionali e le regioni del Centro-Nord.

Conclusioni. Il valore del tasso di mancata partecipazione nelle regioni italiane è significativamente diminuito in tutte le regioni e le macro-regioni italiane. In media, considerando le regioni il tasso di mancata partecipazione al lavoro è diminuito del 17, 34%. Tuttavia, è necessario considerare che esistono differenze rilevanti tra Nord, Centro e Sud Italia. Infatti il tasso di mancata partecipazione al lavoro è diminuito velocemente nel Centro Italia tra il 2018 ed il 2022 con un valore pari a -21,02%, ed anche nel Nord con -20,00%, mentre nel Mezzogiorno è diminuito solo del 14,12%. Inoltre considerati in valore assoluto il valore del tasso di mancata partecipazione nel Mezzogiorno rilevato nel 2022 è pari al 240% del medesimo valore rilevato nel Centro e pari a 338% del valore del Nord Italia. I mercati del lavoro locali, regionali, interregionali e macro-regionali sono caratterizzati da rilevanti diseguaglianze ed inefficienze che impediscono, soprattutto alla popolazione meridionale, di poter accedere ad una partecipazione al mercato del lavoro più ampia e con maggiori possibilità di connettere il lavoro al reddito ed al miglioramento complessivo della vita individuale e collettiva.















sabato 21 ottobre 2023

Il Tasso di Occupazione nelle Regioni Italiane tra il 2018 ed il 2022

 

È cresciuto in media del 3,10% tra il 2018 ed il 2022

L’Istat calcola il tasso di occupazione nelle regioni e macro-regioni italiane. Il tasso di occupazione è definito come la percentuale di occupati nella fascia di età 20-64 anni sulla popolazione di 20-64 anni. I dati analizzati fanno riferimento al periodo tra il 2018 ed il 2022.

Ranking delle regioni italiane per tasso di occupazione nel 2022. Il Trentino Alto Adige è al primo posto per valore del tasso di occupazione con un valore pari a 77,1 unità, seguito dalla Valle d’Aosta con un valore pari a 74,9 unità e dall’Emilia Romagna con un valore pari a 74,8 unità. A metà classifica troviamo il Piemonte con un valore pari a 71,3 unità, seguito dalla Liguria con un valore di 70,7 e dall’Umbria con un valore di 47,3 unità. Chiudono la classifica la Campania con un valore di 47,3 unità, seguita dalla Calabria con un valore di 47 e dalla Sicilia con un valore di 46,2 unità.

Ranking delle regioni italiane per valore della variazione percentuale del tasso di occupazione tra i l 2018 ed il 2022. La Puglia è al primo posto per crescita percentuale del tasso di occupazione tra il 2018 ed il 2022 con una variazione da un ammontare di 49,40 unità fino ad un valore di 53,40 unità ovvero pari ad un valore di 8,10%. Segue la Basilicata con una variazione del tasso di occupazione tra il 2018 ed il 2022 da un ammontare di 53,30 unità fino ad un valore di 57,30 ovvero pari ad un ammontare di 4 unità pari al 7,50%. Infine al terzo posto la Liguria con una variazione del tasso di occupazione da un ammontare di 67,40 unità fino ad un valore di 70,70 unità pari ad un valore di 3,30 unità equivalente al 4,90%. A metà classifica vi è il Friuli Venezia Giulia con una variazione da un ammontare di 70,90 unità fino ad un valore di 73,40 unità pari ad una variazione di 2,50 unità equivalente ad un valore di 3,53%. Segue la Toscana con una variazione da un ammontare di 71,30 unità fino ad un valore di 73,70 unità ovvero equivalente ad un valore di 2,40 unità pari ad un ammontare di 3,37%. Chiude il gruppo di metà classifica la Calabria con una variazione da un ammontare di 45,50 unità fino ad un valore di 47,00 unità ovvero pari ad un ammontare di 1,50 unità equivalente ad un ammontare del 3,30%. Chiudono la classifica il Piemonte con una variazione da un ammontare di 70,70 unità fino a 71,30 unità ovvero pari ad un valore di 0,60 unità equivalente ad un valore di +0,85%. Segue il Trentino Alto Adige con un valore del tasso di occupazione in crescita da un ammontare di 765,50 unità fino ad un valore di 77,10 unità ovvero pari ad un ammontare di 0,60 unità equivalente ad un valore di 0,78%. Chiude infine l’Emilia Romagna dove il tasso di occupazione è cresciuto tra il 2018 ed il 2022 da un ammontare di 74,40 unità fino ad un valore di 74,80 unità ovvero pari ad un valore di 0,40 unità equivalente ad un valore di 0,54%. In media il valore del tasso di occupazione è cresciuto da un ammontare di 63,14 unità fino ad un valore di 65,1 unità ovvero pari ad una variazione di 1,96 unità equivalente ad una crescita di 3,10%.

Ranking delle macro-regioni italiane per variazione percentuale del valore del tasso di occupazione. Il Sud è al primo posto per valore della variazione percentuale del valore del tasso di occupazione passando da un ammontare di 48,6 unità nel 2018 fino ad un valore di 51,1 unità nel 2022 ovvero una variazione pari a 2,5 unità equivalente ad un valore di 5,14%. Al secondo posto vi è il Mezzogiorno con una variazione da 48,2 nel 2018 fino a 50,5 nel 2022 ovvero pari ad un +2,3 unità equivalente ad un valore di +4,77%. Al terzo posto vi sono le Isole dove il tasso di occupazione tra il 2018 ed il 2022 è passato da un ammontare di 47,2 unità fino ad un valore di 49,3 unità ovvero pari ad una variazione di 2,1 unità equivalente ad una variazione di 4,45%. Il Centro è al quarto posto con una variazione da un ammontare di 67,7 unità fino ad un valore di 69,7 unità ovvero pari ad una variazione di 2 unità equivalente ad un valore di 2,95%. Segue il Nord-Est con una variazione da un ammontare di 73 unità fino ad un valore di 74,1 unità ovvero pari ad una variazione di 1,1 unità equivalente ad una variazione di 1,51%. Il Nord-Ovest è al sesto posto con una variazione da un ammontare di 71,6 unità fino ad un valore di 72,6 unità ovvero pari ad una variazione di 1 unità equivalente ad un valore di 1,4%. Chiude la classifica il Nord con una variazione da un ammontare di 72,2 unità fino ad un valore di 73,2 unità ovvero pari ad un valore di 1 unità equivalente ad un valore di 1,39%.

Variazioni del tasso di occupazione nel pre e post Covid 19  Di seguito analizziamo l’impatto del Covid 19 sull’andamento del tasso di occupazione nelle regioni italiane. Per considerare tale andamento analizzeremo tre variabili ovvero la media pre-Covid 19, ovvero la media del tasso di occupazione tra il 2018 ed il 2019, il valore del 2020 considerato come valore Covid 19, ed il valore della media post Covid19 considerato come media 2021-2021. In generale possiamo notare che tutte le regioni hanno ridotto il tasso di occupazione nel confronto tra la media pre-Covid 19 ed il Covid 19. Così come il valore del tasso di occupazione è cresciuto in tutte le regioni italiane tra il Covid 19 ed il Post-Covid19. In modo particolare, considerando il valore medio per tutte le regioni italiane possiamo notare una riduzione del valore del tasso di occupazione tra la media pre-Covid 19 ed il Covid 19 con un valore pari a -1,98%. Tuttavia a seguito del Covid 19 il tasso di occupazione ha iniziato a crescere positivamente con un valore medio pari a +3,05%. Complessivamente, in media, tra il pre-Covid 19 ed il post-Covid 19 il valore del tasso di occupazione è cresciuto di 0,64%. Tuttavia se analizziamo le singole regioni possiamo notare che non tutte le regioni hanno reagito positivamente in un confronto tra pre-Covid 19 e post-Covid 19. A tal proposito è possibile costituire un ranking delle regioni italiane sulla base del seguente indicatore ovvero: MediaPostCovid/MediaPreCovid*100. Possiamo notare che vi sono delle regioni che possono essere considerate come “vincenti” ovvero che hanno visto crescere il valore del tasso di occupazione nel confronto tra il pre-Covid19 ed il post-Covid19, e delle regioni “perdenti” ovvero regioni per le quali il tasso di occupazione tra il pre-Covid19 ed il post-Covid19 è diminuito.

Regioni vincenti. Le regioni vincenti sono quelle regioni nelle quali il tasso di occupazione pure avendo avuto una flessione negativa tra il pre-Covid19 ed il post-Covid19, hanno fatto segnare dei valori positivi in termini di tasso di occupazione tra il pre-Covid19 ed il post-Covid19. Il tasso di occupazione nella Basilicata è cresciuto in un confronto tra la media pre-Covid19 e la media post-Covid19 di un valore pari a 5,56%. Variazioni positive la media pre-Covid19 e la media post-Covid19 si sono registrate anche in Puglia con un valore pari a +4,32%, la Liguria con +2,74%, Friuli Venezia Giulia con un valore di 2,46%, la Campania con +2,21%, Sardegna con +2,12%, Umbria con +1,98%, Sicilia con +1,91%, Calabria con +1,87%, Marche con +1,51%, Toscana con +0,84%, Valle d’Aosta con +0,41%, Abruzzo con +0,32%.
Regioni perdenti. Tra le regioni per le quali si è verificata una riduzione del tasso di occupazione tra la media pre-Covid19 e la media post-Covid19, ovvero regioni perdenti, vi sono il Piemonte con -0,28%, il Veneto con -0,35%, la Lombardia con -0,68%, l’Emila Romagna con -1,00%, il Molise con -1,12%, il Trentino Alto Adige con -1,24%.

Se confrontiamo le regioni perdenti con le regioni vincenti possiamo notare che molte regioni che vincenti sono meridionali mentre molte regioni perdenti sono settentrionali. Tali risultato può apparire paradossale. Tuttavia, potrebbe essere spiegato considerando che per le regioni che hanno tasso di occupazione ridotti, come nel caso del Mezzogiorno, hanno maggiori probabilità di crescere nel tasso di occupazione rispetto alle regioni del Nord che invece hanno dei tassi di occupazione molto elevati.

 

Clusterizzazione con l’utilizzo dell’algoritmo k-Means ottimizzato con il coefficiente di Silhouette. Di seguito presentiamo una clusterizzazione con l’utilizzo dell’algoritmo k-Means ottimizzato con il coefficiente di Silhouette. Vengono individuati due clusters ovvero:

  • ·       Cluster 1: Toscana, Veneto, Lombardia, Valle d’Aosta, Piemonte, Friuli Venezia Giulia, Marche, Emilia Romagna, Umbria, Trentino Alto Adige, Liguria, Lazio, Abruzzo;
  • ·       Cluster 2: Calabria, Campania, Sicilia, Puglia, Basilicata, Sardegna, Molise.

Possiamo notare che il valore medio del tasso di occupazione delle regioni del cluster 1 è superiore rispetto al valore del tasso di occupazione del cluster 2. Le regioni del Cluster 1 sono regioni del Nord Italia con l’unica eccezione dell’Abruzzo. Mentre le regioni del Cluster 2 sono regioni meridionali. Possiamo notare che esiste quindi una significativa differenza tra le regioni del Centro-Nord e le regioni del Sud Italia.

Conclusioni. Possiamo notare che il tasso di occupazione è cresciuto nel periodo considerato ovvero tra il 2018 ed il 2022 in tutte le regioni. In media tra il 2018 ed il 2022 il tasso di occupazione è cresciuto di un ammontare pari a 3,10%. Possiamo quindi sintetizzare le maggiori proposizioni suggerite dall’analisi dei dati:

  • ·       Esiste una significativa differenza in termini di tasso di occupazione tra il Sud ed il Centro-Nord rilevata nel periodo tra il 2018 ed il 2022;
  • ·       Il tasso di occupazione nel Mezzogiorno è cresciuto più velocemente rispetto alle regioni del Centro-Nord tra il 2018 ed il 2022;
  • ·       Tutte le regioni italiane hanno ridotto il tasso di occupazione nel passaggio tra il periodo pre-Covid19 ed il periodo del Covid19;
  • ·       Tutte le regioni italiane hanno visto crescere il tasso di occupazione nel passaggio tra il Covid e la media post-Covid19;
  • ·       Tuttavia alcune regioni nel post-Covid19 non hanno ancora raggiunto il livello del tasso occupazione del pre-Covid19 e queste regioni sono: Piemonte, Veneto, Lombardia, l’Emila Romagna Molise, Trentino Alto Adige.

Infine possiamo notare che nell’attuale mercato del lavoro, e soprattutto nell’attuale contesto macro-economico costituito da inflazione ed incertezze internazionali, non è sufficiente calcolare il numero delle persone che lavorano e che risultano occupate. Infatti si pone sempre più grave il problema dei working poors ovvero dei lavoratori poveri: persone che pure lavorando rimangono povere o soggette alla fragilità finanziaria. Ne deriva che occorrerebbe calcolare anche quante sono le persone che risultano occupate e che pure rischiano povertà. Potremmo scoprire così che molti lavoratori del Nord Italia, che vivono nelle aree metropolitane delle grandi città produttive del Nord, sperimentano nuove forme di povertà pure risultando formalmente occupati nelle statistiche ufficiali dell’Istat. Infine dobbiamo considerare che il tasso di occupazione reale delle regioni meridionali potrebbe essere più elevato rispetto a quello rilevato ufficialmente a causa della presenza del lavoro nero. Ne deriva che i mercati del lavoro sono ampiamente inefficienti ed incapaci sia di garantire stipendi adeguati ai lavoratori sia di fare emergere i lavoratori dall’economia sommersa, informale ed illegale.
















La Fruizione delle Biblioteche nelle Regioni Italiane tra il 2019 ed il 2022

 

È diminuita del 34,9% in media per le regioni italiane

L’Istat calcola la fruizione delle biblioteche. La fruizione delle biblioteche è calcolata come la percentuale di persone di 3 anni e più che sono andate in biblioteca almeno una volta nei 12 mesi precedenti l’intervista sul totale delle persone di 3 anni e più. I dati fanno riferimento al periodo tra il 2019 ed il 2022 per le regioni e le macro-regioni italiane.

Ranking delle regioni italiane per valore della fruizione delle biblioteche nel 2022. Il Trentino Alto Adige è al primo posto per valore della fruizione delle biblioteche con un valore pari a 26,6 unità, seguito dalla Valle d’Aosta con un valore di 20,8 e dalla Lombardia con un valore di 15,7 unità. A metà classifica vi sono il Piemonte con un valore di 10,6 unità, seguito dalle Marche con un valore di 10,4 unità e dalla Liguria con un valore di 8,3 unità. Chiudono la classifica la Calabria con un valore di 5,2 unità, seguito dalla Puglia con 5,1 unità e dalla Sicilia con un valore di 4,4 unità.

Ranking delle regioni italiane per valore della variazione percentuale della fruizione delle biblioteche tra il 2019 ed il 2022. La Campania è al primo posto per valore della variazione percentuale della fruizione delle biblioteche tra il 2019 ed il 2022 con un valore pari a -23,4% passando da 7,7 unità fino a 5,9 unità, segue il Trentino Alto Adige con un valore pari a -24,9% pari ad una variazione da un ammontare di 35,4 unità fino a 26,6 unità e dalle Marche con una variazione pari a -26,2% pari ad una variazione da un ammontare di 14,1 unità fino ad un valore di 10,4 unità. A metà classifica vi sono la Calabria con un valore pari a -35% equivalente ad una variazione da un ammontare di 8 unità fino ad un valore di 5,2 unità, seguita dalla Sicilia con -36,2% passando da 6,9 unità fino a 4,4 unità e dalla Valle d’Aosta con una variazione pario a -36,4% corrispondente ad una variazione da un ammontare di 32,7 unità fino ad un valore di 20,8 unità. Chiudono la classifica la Basilicata con una variazione pari a -44,8% pari ad una variazione da un ammontare di 10,5 unità fino ad un valore di 5,8 unità, seguita dall’Umbria con una variazione pari ad un ammontare di -46,3. In media il valore della fruizione delle biblioteche tra il 2019 ed il 2022 è diminuito del -34,9% corrispondente ad una variazione da un ammontare di 15,9 unità fino ad un valore di 10,3 unità.

Ranking delle macro-regioni italiane per valore della variazione percentuale della fruizione delle biblioteche tra il 2019 ed il 2022. Il Nord-Ovest è al primo posto per valore della variazione percentuale della fruizione delle biblioteche tra il 2019 ed il 2022 con una variazione pari ad un ammontare di -30,8% passando da un valore di 19,8 fino ad un valore di 13,7. Segue il Nord con una variazione pari ad un ammontare di -32,5% pari ad una riduzione da un ammontare di 20,6 unità fino ad un valore di 13,9 unità. Al terzo posto vi sono le Isole con una variazione pari a -34,1% passando da un ammontare di 9,1 unità fino ad un valore di 6 unità. Segue il Nord-Est con una variazione pari a -34,6% corrispondente ad una variazione da un ammontare di 21,7 unità fino ad un valore di 14,2 unità. Segue il Centro con una variazione pari a -34,8% corrispondente ad una variazione da un valore di 14,1 unità fino a 9,2 unità. Il Sud Italia è al sesto posto con una variazione pari ad un ammontare di -34,9% corrispondente ad una variazione da un ammontare di 8,6 unità fino ad un valore di 5,6. Chiude il Mezzogiorno con una variazione da un ammontare di 8,8 unità fino ad un valore di 5,7 unità ovvero pari ad una variazione di -35,2%.

Clusterizzazione con algoritmo k-Means ottimizzato con il coefficiente di Silhouette. Di seguito viene presentata una clusterizzazione con algoritmo k-Means ottimizzato con il coefficiente di Silhouette. Vengono individuati due clusters ovvero:

  • ·       Cluster 1: Basilicata, Abruzzo, Molise, Puglia, Campania, Sicilia, Calabria, Lazio, Umbria, Liguria, Marche;
  • ·       Cluster 2: Lombardia, Emilia Romagna, Valle d’Aosta, Veneto, Trentino Alto Adige, Friuli Venezia Giulia, Piemonte, Toscana, Sardegna.

Considerando il valore della media dei clusters possiamo notare che il valore del Cluster 2 risulta essere superiore rispetto al valore del Cluster 1. Il Cluster 2 è composto quasi esclusivamente da regioni del Centro-Nord con eccezione della Sardegna. Le regioni del Cluster 1 sono essenzialmente coincidenti con le regioni meridionali con l’eccezione del Lazio, della Liguria e delle Marche.

Conclusioni. Il valore della fruizione delle biblioteche è diminuito in tutte le regioni e macro-regioni italiane tra il 2019 ed il 2022. In media la fruizione delle biblioteche è diminuita del 34,9%. Tuttavia è assai probabile che la riduzione del valore della fruizione delle biblioteche sia connessa al potenziamento di internet e dell’economia digitale. Infatti è possibile trovare su internet i libri, le fonti e le citazioni che in passato era possibile rinvenire solo nelle biblioteche. Tuttavia, la riduzione dell’utilizzo delle biblioteche deriva anche dall’inefficiente utilizzo ed ammodernamento della rete delle biblioteche italiane. Infatti le biblioteche non possono essere più considerate come dei luoghi per trovare fonti librarie. Le biblioteche devono essere intesi come degli hubs per gli studenti ed i lavoratori della conoscenza con significativo investimento digitale e possibilità di ospitare anche start up che operano nei settori del document management e della produzione editoriale con i nuovi media. Le biblioteche devono quindi diventare luoghi per ospitare le opere multimediali con attenzione anche al metaverso ed alle metodologie di produzione della conoscenza anche attraverso l’intelligenza artificiale, ed i big data. Occorre quindi finanziare dei progetti per la creazione di biblioteche 4.0 che possano ospitare attraverso le nuove tecnologie delle opere connesse al multiverso orientate alla formazione permanente della popolazione offrendo non solo servizi fisici quanto anche digitali nella dimensione delle “phygital libraries”.







La Lettura di Libri e Giornali nelle Regioni Italiane tra il 2005 ed il 2022

 

Tra il 2005 ed il 2022 il valore è diminuita di -17,42

 

L’Istat calcola la lettura di libri e quotidiani. La variabile è calcolata come la percentuale di persone di 6 anni e più che hanno letto almeno quattro libri l’anno-cartacei, e-book, libri on line, audiolibri- per motivi non strettamente scolastici o professionali e/o hanno letto quotidiani-cartacei e/o online-almeno tre volte a settimana sul totale delle persone di 6 anni e più. I dati sono rilevati nell’ambito dell’Indagine sugli aspetti della vita quotidiana. I dati fanno riferimento al periodo tra il 2005 ed il 2022 per tutte le regioni e macro-regioni italiane.

Ranking delle regioni italiane per lettura di libri e giornali nel 2022. Il Trentino Alto Adige è al primo posto per valore della lettura di libri e giornali nelle regioni italiane con un valore pari a 54,9, seguito dal Friuli Venezia Giulia con un valore di 47,9 unità e dalla Valle d’Aosta con un ammontare di 45,5 unità. A metà classifica vi sono la Liguria con un valore di 39,5 unità, seguita dalla Toscana con un valore di 39,4 e dal Lazio con un valore di 36,4 unità. Chiudono la classifica la Campania con un valore di 22,7 unità, seguita dalla Basilicata con un valore di 22,6 unità e dalla Sicilia con un valore di 21,2 unità.

Ranking delle regioni italiane per valore della variazione percentuale della lettura dei libri e dei giornali tra il 2005 ed il 2022. Il Piemonte è al primo posto per valore della variazione percentuale della lettura di libri e dei giornali tra il 2005 ed il 2022 con una variazione da un ammontare di 28,3 unità fino a 32,3 unità ovvero pari a +14,13%. La Puglia è al secondo posto con una variazione da un ammontare di 25 unità fino a 23,4 unità ovvero pari a -1,6 unità pari a -6,4%. Segue l’Abruzzo con una variazione da un ammontare di 34,8 unità fino a 32,3 unità ovvero pari a -2,5 unità pari a -7,18%.A metà classifica vi sono le Marche con un valore pari a -15,79% corrispondente ad una variazione da un ammontare di 41,8 unità nel 2005 fino ad un valore di 40,5 unità nel 2022. Segue il Piemonte con una variazione di -15,8% pari ad una variazione da un ammontare di 48,1 unità fino ad un valore di 40,5 unità. Segue l’Emilia Romagna con un valore pari a -15,87% corrispondente ad una variazione da un ammontare di 52,3 unità fino ad un valore di 44 unità pari ad un valore di -8,3 unità.Chiude la classifica il Lazio con una variazione pari ad un ammontare di -26,02% corrispondente ad una variazione da un ammontare di 49,2 unità fino ad un valore di 36,4 unità, seguito dall’Umbria con una variazione pari a -26,1% corrispondente ad una riduzione da un ammontare di 43,3 unità fino ad un valore di 32 unità, ed infine la Liguria con una variazione pari a -31,06% corrispondente ad una variazione ad un ammontare di 57,3 unità fino ad un valore di 39,5 unità pari a un valore di -17,8 unità. Tra il 2005 ed il 2022 in media il valore della variazione media nelle regioni italiane è passata da un ammontare di 43,62 unità fino ad un valore di 36,02 unità ovvero pari ad un ammontare di -7,60 unità pari a -17,42%.

Ranking delle macro-regioni per variazione percentuale della lettura dei libri e quotidiani tra il 2005 ed il 2022. Il Sud è al primo posto per valore della variazione percentuale tra il 2005 ed il 2022 pari ad un valore di -8,37% corrispondente ad una variazione da un ammontare di 26,30 unità fino ad un valore di 24,10 unità. Il Mezzogiorno è al secondo posto tra le macro-regioni italiane per valore della variazione percentuale della lettura di libri e dei quotidiani tra il 2005 ed il 2022 pari ad una variazione da un ammontare di 28,50 unità fino a 24,80 unità pari a -12,98%. Segue il Nord-Est con una variazione pari a -14,81% corrispondente ad una variazione tra un ammontare di 52,00 unità fino a 44,30 unità ovvero pari ad un ammontare di -7,70 unità. Di seguito il Nord con un valore pari a -17,46% corrispondente ad una variazione tra 52,70 unità fino ad un valore di 43,50 unità. Il Nord-Ovest segue con -19,36% corrispondente pari a 53,20 unità fino a 42,90 unità. Il valore della letture dei libri e dei quotidiani nelle Isole è diminuito di un ammontare pari a -20,78% equivalente ad un valore da 33,20 unità fino a 26,30 unità. Il valore delle letture dei libri e dei quotidiani nel Centro Italia è diminuito di -24,69% corrispondente ad una variazione da un ammontare di 49,00 unità fino a 36,90 unità.

Clusterizzazione con algoritmo k-Means ottimizzato con il coefficiente di Silhouette. Di seguito proponiamo una clusterizzazione con algoritmo k-Means ottimizzato con il coefficiente di Silhouette. Vengono individuate due diverse strutture a cluster ovvero:

  • ·       Cluster 1: Emilia Romagna, Lombardia, Liguria, Sardegna, Valle d’Aosta, Toscana, Veneto, Friuli Venezia Giulia, Piemonte, Trentino, Lazio, Marche, Umbria;
  • ·       Cluster 2: Sicilia, Puglia, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Abruzzo.

Considerando il valore medio della lettura dei libri e dei quotidiani nelle regioni italiane possiamo notare che il Cluster 1 risulta essere dominante rispetto al Cluster 2. Possiamo notare che le regioni che fanno parte del Cluster 1 sono tutte del Centro-Nord, mentre le regioni del Cluster 2 fanno parte del Mezzogiorno. Esiste quindi una chiara distinzione tra Centro-Nord e Sud Italia nel senso della lettura dei libri e dei quotidiani. Il divario Nord-Sud trova una sua rappresentazione anche nell’accesso alla lettura dei libri e dei quotidiani. Tuttavia, notiamo, plottando la media del Cluster 1 rispetto al Cluster 2 che entrambe manifestano un andamento decrescente tra il 2005 ed il 2022. Ne deriva le seguenti considerazioni:

  • ·       Esiste un divario tra Nord e Sud Italia in termini di lettura di libri e quotidiani
  • ·       Sia il Cluster 1 che il Cluster 2 manifestano un andamento decrescente tra il 2005 ed il 2022.

Conclusioni. Il valore della lettura dei giornali e dei quotidiani è diminuita del 17,42% tra il 2005 ed il 2022 nelle regioni italiane. E’ probabile che l’utilizzo dei social network come Facebook, Instagram, Tik Tok e Linkedin abbiano ridotto l’attenzione di molti lettori nei confronti dei libri e dei giornali. A tale andamento bisogna anche aggiungere che il mondo dei videogames online, insieme con le piattaforme di videostreaming come Youtube, Netflix, Amazon Prime che potrebbero aver offerto delle valide alternative all’editoria intesa come entertainment. Tuttavia, è assai probabile che anche il mondo dell’editoria abbia perso l’opportunità di accedere a elevati livelli di digitalizzazione ed innovazione tecnologica, cogliendo nuove occasioni di business.

 

 


 

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lunedì 16 ottobre 2023

I Laureati STEM nelle Regioni Italiane

 

Tra il 2012 ed il 2020 sono cresciuti del 22,58%

L’Istat calcola il valore delle persone che conseguono un titolo terziario STEM nell’anno. Tale valore è costituito dal rapporto tra i residenti nella regione che hanno conseguito nell’anno solare di riferimento un titolo di livello terziario nelle discipline scientifico-tecnologiche e la popolazione di 20-29 anni della stessa regione per mille. Il numeratore comprende i laureati, i dottori di ricerca, i diplomati dei corsi di specializzazione dei master di I e II livello degli ITIS, che hanno conseguito il titolo nelle aree disciplinari di Scienze naturali, Fisica, Matematica, Statistica, Informatica, Ingegneria dell’informazione, Ingegneria Industriale, Architettura ed Ingegneria Civile.

Ranking delle persone che conseguono un titolo di studio terziario STEM nel 2020. Il Molise è al primo posto per valore delle persone che conseguono un titolo di studio terziario STEM nel 2020 con un ammontare pari a 21,50 unità, seguito dall’Abruzzo con un ammontare di 19,70 unità, dal Friuli Venezia Giulia con un ammontare di 18,50 unità. A metà classifica vi sono il Veneto con un ammontare di 16,70 unità, seguito dall’Emilia Romagna con un valore di 16,50 unità e dalla Piemonte con un valore di 16,40 unità. Chiudono la classifica la Sardegna con un ammontare di 13,50 unità, seguita dalla Valle d’Aosta con un ammontare di 12,40 unità e dal Trentino Alto Adige con un valore di 8,40 unità.

Ranking delle regioni italiane per valore della variazione del valore delle persone con titoli STEM tra il 2012 ed il 2022. Il Molise è al primo posto per valore della variazione percentuale delle persone che conseguono un titolo di studio STEM tra il 2012 ed il 2020 con un valore pari a 62,88% equivalente ad una crescita da un ammontare di 13,20 unità fino ad un valore di 21,50 unità pari ad un ammontare dei 8,30 unità. Segue la Puglia con un valore della variazione percentuale pari ad un ammontare di 44,55% ovvero equivalente ad una crescita da un ammontare di 11,00 unità fino ad un valore di 15,90 unità pari ad un valore di 4,90 unità. Di seguito la Basilicata con un valore pari ad un ammontare di 42,97% ovvero pari ad una variazione da un ammontare di 12,80 unità fino ad un valore di 18,30 pari ad una crescita di 5,50 unità.A metà classifica vi sono il Veneto con un ammontare di 21,90% pari ad una variazione da un ammontare di 13,70 unità fino ad un valore di 16,70 unità ovvero pari ad un valore di 3,00 unità. Segue la Liguria con una variazione pari ad un ammontare di 20,55% equivalente ad una variazione da un ammontare di 14,60 unità fino ad un valore di 17,60 unità pari ad un ammontare di 3,00 unità. Di seguito il Lazio con una variazione pari ad un ammontare di 20,53% equivalente ad una variazione ad un ammontare di 15,10 unità fino ad un valore di 18,20 unità equivalente ad una variazione pari ad un ammontare di 3,10 unità.Chiudono la classifica la Toscana con una variazione pari ad un ammontare di 6,15% equivalente ad una variazione da un ammontare di 13,00 unità fino ad un valore di 13,80 unità pari ad un ammontare di 0,80 unità. Segue la Valle d’Aosta con una variazione pari ad un ammontare di 3,33% pari ad una variazione da un ammontare di 12,00 unità fino ad un valore di 12,40 unità. Chiude la classifica il Trentino Alto Adige con una variazione pari ad un ammontare di -1,18% pari ad una variazione da un ammontare di 8,50 unità fino ad un valore di 8,40 unità pari ad un valore di -0,10 unità.Complessivamente tra il 2012 ed il 2020 il valore dei laureati STEM in media nelle regioni italiane è cresciuto da un ammontare di 13,19 unità fino ad un valore di 16,17 unità ovvero pari ad un ammontare di 2,98 unità pari ad un ammontare del 22,58%.

Laureti STEM nelle macro-regioni italiane tra il 2012 ed il 2020. Il valore dei laureati STEM nel Nord Italia è cresciuto da un ammontare di 13,6 unità fino ad un valore di 154,8 unità ovvero una variazione pari ad un ammontare di 2,20 unità pari al +16,18%. Il valore dei laureati STEM nel Nord-Ovest Italia è cresciuto da un ammontare di 13,6 unità fino ad un valore di 15,7 unità ovvero pari ad una variazione di 2,10 unità pari ad un ammontare di 15,44%. Il valore dei laureati STEM nel Nord-Est è cresciuto da un ammontare di 13,5 unità fino ad un valore di 15,9 unità ovvero pari ad una variazione di 2,40 unità pari ad una variazione di 17,78%. Il valore dei laureati STEM nel Centro Italia è cresciuto da un ammontare di 14,5 unità fino ad un valore di 16,8 unità pari ad una variazione di 2,30 unità pari ad un ammontare di +15,86%. Il valore dei laureati STEM nel Mezzogiorno è cresciuto da un ammontare di 11,7 unità fino ad un valore di 15,5 unità ovvero pari ad un ammontare di 3,80 unità pari ad un valore di +32,48%.

Clusterizzazione con algoritmo k-Means ottimizzato con il coefficiente di Silhouette. Di seguito presentiamo una clusterizzazione con algoritmo k-Means ottimizzato con il coefficiente di Silhouette. I dati mostrano la presenza di due clusters ovvero:

  • ·       Cluster 1: Liguria, Lazio, Emilia Romagna, Abruzzo, Friuli Venezia Giulia, Marche, Basilicata, Molise, Veneto, Umbria, Calabria, Piemonte, Lombardia;
  • ·       Cluster  2: Sicilia, Valle d’Aosta, Sardegna, Trentino Alto Adige, Toscana, Puglia, Campania.

Possiamo notare che il Cluster 1 è dominante rispetto al valore del Cluster 2. Tuttavia possiamo notare che non è possibile individuare una distinzione netta tra regioni del Centro-Nord e regioni del Centro-Sud. Inoltre i due cluster sono entrambi eterogenei da un punto di vista del reddito pro-capite. Ne deriva che la distinzione tra regioni dominanti in termini di valore dei laureati STEM e regioni a basso valore dei laureti STEM non dipende né da motivazioni geografiche né da motivazioni strettamente economico-finanziaria. È assai probabile invece che vi siano delle determinanti di carattere sociologico, culturale ed industriale che giustificano l’investimento nelle discipline STEM. Notiamo per esempio che anche l’assetto universitario non è un segnale per la crescita dei laureati STEM. Infatti notiamo che la Puglia che pure è dotata di un Politecnico, ha comunque dei valori bassi in termini di laureti STEM. La Puglia è nel cluster delle regioni che hanno valori ridotti di laureati STEM.

Conclusioni. Il valore dei laureati STEM è cresciuto in tutte le regioni italiane tra il 2012 ed il 2020 con eccezione del Trentino Alto Adige che ha fatto segnare una leggera flessione negativa pari a -1,18%. In  media nel 2020 circa il 16,17% dei laureati nella fascia di età 20-29 anni hanno acquisito un titolo di studio nelle discipline STEM. Si tratta di un valore molto ridotto ed implicitamente indica che circa l’83,83% degli studenti ha conseguito una laurea in discipline non-STEM. Il numero dei laureati nelle discipline STEM dovrebbe crescere coerentemente con gli obiettivi dell’industrializzazione 4.0, della digitalizzazione e dell’applicazione di strumenti organizzativi e manageriali ispirati all’innovazione tecnologica ed alla ricerca e sviluppo. A tal proposito è necessario modificare completamente il sistema educativo italiano per fare in modo di incrementare i laureati nelle discipline STEM in modo da consentire l’avanzamento tecnologico e cognitivo del paese Italia.

 



domenica 15 ottobre 2023

La Competenza Numerica non Adeguata nelle Regioni Italiane

 

È cresciuta dell’11,24% in media tra il 2018 ed il 2022

L’Istat calcola il valore della competenza numerica non adeguata. Si tratta di un valore calcolato come percentuale degli studenti delle classi III della scuola secondaria di primo grado che non raggiungono un livello sufficiente (Livello I + Livello II di 5 Livelli) di competenza numerica. I dati sono prodotti dall’Invalsi nell’ambito delle rilevazioni nazionali sull’apprendimento. I dati fanno riferimento al periodo tra il 2018 ed il 2022. Tuttavia i dati relativi al 2020 sono mancanti insieme con la serie storica relativa alla regione Trentino Alto Adige.

Ranking delle regioni italiane per valore delle competenze numeriche non adeguate nel 2022. La Calabria è al primo posto per valore delle competenze numeriche non adeguate nel 2022 con un valore pari a 62,2, seguita dalla Sicilia con un ammontare di 61,7, e dalla Campania con un ammontare di 58,2. A metà classifica vi sono l’Abruzzo con un ammontare di 43,1, seguito dalla Liguria con un ammontare di 42,7, e dal Piemonte con un valore di 38,9 unità. Chiudono la classifica il Friuli Venezia Giulia con un valore di 33,5, seguito dal Veneto con 33,2 e dalla Valle d’Aosta con un ammontare di 30,4 unità.

Ranking delle regioni italiane per valore della variazione percentuale delle competenze numeriche non adeguate tra il 2018 ed il 2022. Il Friuli Venezia Giulia è al primo posto per valore delle competenze numeriche non adeguate tra il 2018 ed il 2022 con un valore pari a 25,47% pari ad una variazione da un ammontare di 26,70 unità fino ad un valore di 33,50 unità. Segue la Lombardia con una variazione pari ad un valore di 18,03% equivalente ad una variazione da un ammontare di 29,40 unità fino ad un valore di 34,70 unità ovvero pari ad un ammontare di 5,30%. Di seguito la Liguria con una variazione pari ad un ammontare di 17,31% pari ad un ammontare da 36,40 unità fino ad un valore di 42,70 unità ovvero pari ad un ammontare di 6,30 unità.

A metà classifica vi è il Lazio con una variazione delle competenze numeriche non adeguate tra il 2018 ed il 2022 pari ad un valore del 13,28% passando da un valore di 38,40 unità fino ad un valore di 43,50 unità pari ad un ammontare di 5,10 unità. Segue il Piemonte con una variazione pari a 12,75% pari ad una variazione da 34,50 unità fino a 38,90 unità equivalente ad un valore di 4,40 unità. Di seguito vi è anche l’Umbria con una variazione pari ad un ammontare di 11,86% pari equivalente ad una variazione da un ammontare di 31,20 unità fino ad un valore di 43,90 unità.

Chiudono la classifica la Calabria con un valore pari a 6,69% equivalente ad una variazione da un ammontare di 58,30 unità fino ad un valore di 62,20 unità pari ad un ammontare di 3,90 unità. Segue la Basilicata con una variazione pari a 3,16% equivalente ad una variazione da un ammontare di 47,40 unità fino ad un valore di 48,90 unità ovvero pari ad un valore di 1,50 unità. Chiude la classifica la Valle d’Aosta con una variazione pari ad un ammontare di 2,36% equivalente ad una variazione da un ammontare di 29,70 unità fino ad una variazione di 30,40 unità pari ad un ammontare di 0,70 unità. In media il valore della competenza numerica non adeguata tra il 2018 ed il 2022 è cresciuto dell’11,24% per le regioni italiane ovvero da 39,1 unità fino a 43,5 unità.

La competenza numerica non adeguata nelle macro regioni italiane tra il 2018 ed il 2022. La competenza numerica non adeguata nel Nord Italia è cresciuta del 16,23% tra il 2018 ed il 2022 passando da un valore di 30,80 unità fino ad un valore di 35,80 unità ovvero pari ad un ammontare di 5,00 unità. La competenza numerica non adeguata nel Centro-Italia è cresciuta del 13,64% tra il 2018 ed il 2022 passando da un valore di 35,20 unità fino ad un valore di 40,00 unità ovvero pari a 4,80 unità. La competenza numerica non adeguata nel Mezzogiorno è cresciuta dell’8,67%  tra il 2018 ed il 2022 equivalente ad una variazione da un valore di 51,90 unità fino ad un valore di 56,40 unità pari ad un ammontare di 4,50 unità.

Clusterizzazione con algoritmo k-Means ottimizzato con il coefficiente di Silhouette. Di seguito viene presentata una clusterizzazione con algoritmo k-Means ottimizzato con il coefficiente di Silhouette. Vengono individuati due clusters ovvero:

  • ·       Cluster 1: Umbria, Emilia Romagna, Lombardia, Valle d’Aosta, Toscana, Marche, Veneto, Piemonte, Friuli Venezia Giulia, Liguria, Abruzzo, Lazio, Molise;
  • ·       Cluster 2: Campania, Sicilia, Sardegna, Calabria, Basilicata, Puglia.

Il cluster 2 risulta essere dominante rispetto al cluster 1. Ne deriva pertanto il seguente ordinamento dei clusters ovvero: C2>C1. Il Cluster 2 è composto dalla quasi totalità delle regioni meridionali con eccezione dell’Abruzzo e del Molise che invece fanno parte del Cluster 1. Ne deriva pertanto che nella maggior parte delle regioni meridionali il valore delle competenze numeriche non adeguate tende ad essere elevato rispetto al corrispettivo valore delle regioni del Centro-Nord Italia.

Conclusioni. Il valore della competenza numerica non adeguata è cresciuta in tutte le regioni italiane di un valore pari a 11,24% tra il 2018 ed il 2022. Considerando le macro-regioni italiane è possibile notare che il 56,40% degli studenti meridionali ha una competenza numerica non adeguata, contro il 40,00% del Centro Italia ed il 35,80% del Nord Italia. Ne deriva pertanto che le istituzioni scolastiche italiane sono prive della capacità di incrementare le competenze numeriche degli studenti. Occorre intervenire con delle nuove politiche dell’istruzione per incrementare le abilità numeriche degli studenti. Infatti le ridotte competenze numeriche degli studenti potrebbero generare riduzione del capitale umano impiegato nelle discipline STEM con una compressione della capacità competitiva delle regioni italiane nella scienza, tecnologia ed innovazione. Per incrementare la capacità competitiva e produttiva dell’economia italiana occorre investire nelle discipline STEM partendo dalle scuole con l’incremento della competenza numerica degli studenti.