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Il Tasso di Occupazione nelle Regioni Italiane tra il 2018 ed il 2022

 

È cresciuto in media del 3,10% tra il 2018 ed il 2022

L’Istat calcola il tasso di occupazione nelle regioni e macro-regioni italiane. Il tasso di occupazione è definito come la percentuale di occupati nella fascia di età 20-64 anni sulla popolazione di 20-64 anni. I dati analizzati fanno riferimento al periodo tra il 2018 ed il 2022.

Ranking delle regioni italiane per tasso di occupazione nel 2022. Il Trentino Alto Adige è al primo posto per valore del tasso di occupazione con un valore pari a 77,1 unità, seguito dalla Valle d’Aosta con un valore pari a 74,9 unità e dall’Emilia Romagna con un valore pari a 74,8 unità. A metà classifica troviamo il Piemonte con un valore pari a 71,3 unità, seguito dalla Liguria con un valore di 70,7 e dall’Umbria con un valore di 47,3 unità. Chiudono la classifica la Campania con un valore di 47,3 unità, seguita dalla Calabria con un valore di 47 e dalla Sicilia con un valore di 46,2 unità.

Ranking delle regioni italiane per valore della variazione percentuale del tasso di occupazione tra i l 2018 ed il 2022. La Puglia è al primo posto per crescita percentuale del tasso di occupazione tra il 2018 ed il 2022 con una variazione da un ammontare di 49,40 unità fino ad un valore di 53,40 unità ovvero pari ad un valore di 8,10%. Segue la Basilicata con una variazione del tasso di occupazione tra il 2018 ed il 2022 da un ammontare di 53,30 unità fino ad un valore di 57,30 ovvero pari ad un ammontare di 4 unità pari al 7,50%. Infine al terzo posto la Liguria con una variazione del tasso di occupazione da un ammontare di 67,40 unità fino ad un valore di 70,70 unità pari ad un valore di 3,30 unità equivalente al 4,90%. A metà classifica vi è il Friuli Venezia Giulia con una variazione da un ammontare di 70,90 unità fino ad un valore di 73,40 unità pari ad una variazione di 2,50 unità equivalente ad un valore di 3,53%. Segue la Toscana con una variazione da un ammontare di 71,30 unità fino ad un valore di 73,70 unità ovvero equivalente ad un valore di 2,40 unità pari ad un ammontare di 3,37%. Chiude il gruppo di metà classifica la Calabria con una variazione da un ammontare di 45,50 unità fino ad un valore di 47,00 unità ovvero pari ad un ammontare di 1,50 unità equivalente ad un ammontare del 3,30%. Chiudono la classifica il Piemonte con una variazione da un ammontare di 70,70 unità fino a 71,30 unità ovvero pari ad un valore di 0,60 unità equivalente ad un valore di +0,85%. Segue il Trentino Alto Adige con un valore del tasso di occupazione in crescita da un ammontare di 765,50 unità fino ad un valore di 77,10 unità ovvero pari ad un ammontare di 0,60 unità equivalente ad un valore di 0,78%. Chiude infine l’Emilia Romagna dove il tasso di occupazione è cresciuto tra il 2018 ed il 2022 da un ammontare di 74,40 unità fino ad un valore di 74,80 unità ovvero pari ad un valore di 0,40 unità equivalente ad un valore di 0,54%. In media il valore del tasso di occupazione è cresciuto da un ammontare di 63,14 unità fino ad un valore di 65,1 unità ovvero pari ad una variazione di 1,96 unità equivalente ad una crescita di 3,10%.

Ranking delle macro-regioni italiane per variazione percentuale del valore del tasso di occupazione. Il Sud è al primo posto per valore della variazione percentuale del valore del tasso di occupazione passando da un ammontare di 48,6 unità nel 2018 fino ad un valore di 51,1 unità nel 2022 ovvero una variazione pari a 2,5 unità equivalente ad un valore di 5,14%. Al secondo posto vi è il Mezzogiorno con una variazione da 48,2 nel 2018 fino a 50,5 nel 2022 ovvero pari ad un +2,3 unità equivalente ad un valore di +4,77%. Al terzo posto vi sono le Isole dove il tasso di occupazione tra il 2018 ed il 2022 è passato da un ammontare di 47,2 unità fino ad un valore di 49,3 unità ovvero pari ad una variazione di 2,1 unità equivalente ad una variazione di 4,45%. Il Centro è al quarto posto con una variazione da un ammontare di 67,7 unità fino ad un valore di 69,7 unità ovvero pari ad una variazione di 2 unità equivalente ad un valore di 2,95%. Segue il Nord-Est con una variazione da un ammontare di 73 unità fino ad un valore di 74,1 unità ovvero pari ad una variazione di 1,1 unità equivalente ad una variazione di 1,51%. Il Nord-Ovest è al sesto posto con una variazione da un ammontare di 71,6 unità fino ad un valore di 72,6 unità ovvero pari ad una variazione di 1 unità equivalente ad un valore di 1,4%. Chiude la classifica il Nord con una variazione da un ammontare di 72,2 unità fino ad un valore di 73,2 unità ovvero pari ad un valore di 1 unità equivalente ad un valore di 1,39%.

Variazioni del tasso di occupazione nel pre e post Covid 19  Di seguito analizziamo l’impatto del Covid 19 sull’andamento del tasso di occupazione nelle regioni italiane. Per considerare tale andamento analizzeremo tre variabili ovvero la media pre-Covid 19, ovvero la media del tasso di occupazione tra il 2018 ed il 2019, il valore del 2020 considerato come valore Covid 19, ed il valore della media post Covid19 considerato come media 2021-2021. In generale possiamo notare che tutte le regioni hanno ridotto il tasso di occupazione nel confronto tra la media pre-Covid 19 ed il Covid 19. Così come il valore del tasso di occupazione è cresciuto in tutte le regioni italiane tra il Covid 19 ed il Post-Covid19. In modo particolare, considerando il valore medio per tutte le regioni italiane possiamo notare una riduzione del valore del tasso di occupazione tra la media pre-Covid 19 ed il Covid 19 con un valore pari a -1,98%. Tuttavia a seguito del Covid 19 il tasso di occupazione ha iniziato a crescere positivamente con un valore medio pari a +3,05%. Complessivamente, in media, tra il pre-Covid 19 ed il post-Covid 19 il valore del tasso di occupazione è cresciuto di 0,64%. Tuttavia se analizziamo le singole regioni possiamo notare che non tutte le regioni hanno reagito positivamente in un confronto tra pre-Covid 19 e post-Covid 19. A tal proposito è possibile costituire un ranking delle regioni italiane sulla base del seguente indicatore ovvero: MediaPostCovid/MediaPreCovid*100. Possiamo notare che vi sono delle regioni che possono essere considerate come “vincenti” ovvero che hanno visto crescere il valore del tasso di occupazione nel confronto tra il pre-Covid19 ed il post-Covid19, e delle regioni “perdenti” ovvero regioni per le quali il tasso di occupazione tra il pre-Covid19 ed il post-Covid19 è diminuito.

Regioni vincenti. Le regioni vincenti sono quelle regioni nelle quali il tasso di occupazione pure avendo avuto una flessione negativa tra il pre-Covid19 ed il post-Covid19, hanno fatto segnare dei valori positivi in termini di tasso di occupazione tra il pre-Covid19 ed il post-Covid19. Il tasso di occupazione nella Basilicata è cresciuto in un confronto tra la media pre-Covid19 e la media post-Covid19 di un valore pari a 5,56%. Variazioni positive la media pre-Covid19 e la media post-Covid19 si sono registrate anche in Puglia con un valore pari a +4,32%, la Liguria con +2,74%, Friuli Venezia Giulia con un valore di 2,46%, la Campania con +2,21%, Sardegna con +2,12%, Umbria con +1,98%, Sicilia con +1,91%, Calabria con +1,87%, Marche con +1,51%, Toscana con +0,84%, Valle d’Aosta con +0,41%, Abruzzo con +0,32%.
Regioni perdenti. Tra le regioni per le quali si è verificata una riduzione del tasso di occupazione tra la media pre-Covid19 e la media post-Covid19, ovvero regioni perdenti, vi sono il Piemonte con -0,28%, il Veneto con -0,35%, la Lombardia con -0,68%, l’Emila Romagna con -1,00%, il Molise con -1,12%, il Trentino Alto Adige con -1,24%.

Se confrontiamo le regioni perdenti con le regioni vincenti possiamo notare che molte regioni che vincenti sono meridionali mentre molte regioni perdenti sono settentrionali. Tali risultato può apparire paradossale. Tuttavia, potrebbe essere spiegato considerando che per le regioni che hanno tasso di occupazione ridotti, come nel caso del Mezzogiorno, hanno maggiori probabilità di crescere nel tasso di occupazione rispetto alle regioni del Nord che invece hanno dei tassi di occupazione molto elevati.

 

Clusterizzazione con l’utilizzo dell’algoritmo k-Means ottimizzato con il coefficiente di Silhouette. Di seguito presentiamo una clusterizzazione con l’utilizzo dell’algoritmo k-Means ottimizzato con il coefficiente di Silhouette. Vengono individuati due clusters ovvero:

  • ·       Cluster 1: Toscana, Veneto, Lombardia, Valle d’Aosta, Piemonte, Friuli Venezia Giulia, Marche, Emilia Romagna, Umbria, Trentino Alto Adige, Liguria, Lazio, Abruzzo;
  • ·       Cluster 2: Calabria, Campania, Sicilia, Puglia, Basilicata, Sardegna, Molise.

Possiamo notare che il valore medio del tasso di occupazione delle regioni del cluster 1 è superiore rispetto al valore del tasso di occupazione del cluster 2. Le regioni del Cluster 1 sono regioni del Nord Italia con l’unica eccezione dell’Abruzzo. Mentre le regioni del Cluster 2 sono regioni meridionali. Possiamo notare che esiste quindi una significativa differenza tra le regioni del Centro-Nord e le regioni del Sud Italia.

Conclusioni. Possiamo notare che il tasso di occupazione è cresciuto nel periodo considerato ovvero tra il 2018 ed il 2022 in tutte le regioni. In media tra il 2018 ed il 2022 il tasso di occupazione è cresciuto di un ammontare pari a 3,10%. Possiamo quindi sintetizzare le maggiori proposizioni suggerite dall’analisi dei dati:

  • ·       Esiste una significativa differenza in termini di tasso di occupazione tra il Sud ed il Centro-Nord rilevata nel periodo tra il 2018 ed il 2022;
  • ·       Il tasso di occupazione nel Mezzogiorno è cresciuto più velocemente rispetto alle regioni del Centro-Nord tra il 2018 ed il 2022;
  • ·       Tutte le regioni italiane hanno ridotto il tasso di occupazione nel passaggio tra il periodo pre-Covid19 ed il periodo del Covid19;
  • ·       Tutte le regioni italiane hanno visto crescere il tasso di occupazione nel passaggio tra il Covid e la media post-Covid19;
  • ·       Tuttavia alcune regioni nel post-Covid19 non hanno ancora raggiunto il livello del tasso occupazione del pre-Covid19 e queste regioni sono: Piemonte, Veneto, Lombardia, l’Emila Romagna Molise, Trentino Alto Adige.

Infine possiamo notare che nell’attuale mercato del lavoro, e soprattutto nell’attuale contesto macro-economico costituito da inflazione ed incertezze internazionali, non è sufficiente calcolare il numero delle persone che lavorano e che risultano occupate. Infatti si pone sempre più grave il problema dei working poors ovvero dei lavoratori poveri: persone che pure lavorando rimangono povere o soggette alla fragilità finanziaria. Ne deriva che occorrerebbe calcolare anche quante sono le persone che risultano occupate e che pure rischiano povertà. Potremmo scoprire così che molti lavoratori del Nord Italia, che vivono nelle aree metropolitane delle grandi città produttive del Nord, sperimentano nuove forme di povertà pure risultando formalmente occupati nelle statistiche ufficiali dell’Istat. Infine dobbiamo considerare che il tasso di occupazione reale delle regioni meridionali potrebbe essere più elevato rispetto a quello rilevato ufficialmente a causa della presenza del lavoro nero. Ne deriva che i mercati del lavoro sono ampiamente inefficienti ed incapaci sia di garantire stipendi adeguati ai lavoratori sia di fare emergere i lavoratori dall’economia sommersa, informale ed illegale.
















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