mercoledì 15 novembre 2023

La Diseguaglianza del Reddito Netto nelle Regioni Italiane

 E’ cresciuta in media del 4,83%

L’Istat calcola il valore della disuguaglianza del reddito netto. Il valore è costituito dal rapporto tra il reddito equivalente totale ricevuto dal 20% della popolazione con il reddito più alto e quello ricevuto dal 20% della popolazione con il più basso reddito. I dati fanno riferimento al periodo 2004-2020 per le 20 regioni italiane. 

Ranking delle regioni italiane per valore della diseguaglianza del reddito netto nel 2020. La Campania è al primo posto per valore della diseguaglianza del reddito netto nel 2020 con un valore pari a 7,5 unità, segue la Sicilia con un ammontare di 7,2 e la Calabria con un ammontare pari a 6,4 unità.  A metà classifica vi sono il Piemonte e la Toscana con un ammontare di 4,7 unità ed il Veneto con un valore di 4,5 unità. Chiudono la classifica il Trentino Alto Adige con un valore di 4,1 unità, seguito dalla Valle d’Aosta con un ammontare di 4,00 unità e dalle Marche con un valore di 3,7 unità. 

Ranking delle regioni italiane per variazione percentuale della disuguaglianza del reddito netto tra il 2004 ed il 2020. La Campania è al primo posto per valore della variazione percentuale della diseguaglianza del reddito netto tra il 2004 ed il 2020 con un ammontare pari a 20,97% corrispondente ad una variazione da un ammontare da 6,2 unità fino ad un valore di 7,5 unità. Segue la Puglia con una variazione della diseguaglianza del reddito netto pari ad un ammontare di +17,65% corrispondente ad una variazione da un ammontare di 5,1 unità fino ad un valore di 6,00 unità. Di seguito la Toscana con una variazione pari ad un ammontare di 17,50% corrispondente ad una variazione da un ammontare di 4,00 unità fino ad un valore di 4,7 unità. A metà classifica vi sono la Sicilia con un valore pari a 4,35% ed una variazione da un ammontare di 6,9 unità fino ad un valore di 7,2 unità, seguita dalla Lombardia con una variazione pari ad un ammontare di 4,08% corrispondente ad una variazione da un ammontare di 4,9 unità fino ad un valore di 5,1 unità. Friuli Venezia Giulia con un valore di 2,44% corrispondente ad una variazione da un ammontare di 4,1 unità fino ad un valore di 4,2 unità. Chiudono la classifica il Trentino Alto Adige con una variazione pari ad un ammontare di -4,65%, seguito dalle Marche con un valore di -9,76% e dalla Basilicata con un ammontare di -12,24%. In media il valore della diseguaglianza del reddito netto è cresciuta tra il 2004 ed il 2021 da un ammontare di 4,87 unità fino ad un valore di 5,1 unità ovvero pari ad una crescita del 4,83%. 

La diseguaglianza del reddito netto nelle macro-regioni italiane tra il 2004 ed il 2020. Il valore della diseguaglianza del reddito netto è cresciuta in tutte le macro-regioni italiane tra il 2004 ed il 2020. Nello specifico è aumentata nel Nord con un valore di 4,26%, nel Nord Ovest per un valore pari a 6,12%, nel Nord-Est con un valore di 2,27%, nel Centro Italia e nel Mezzogiorno con un valor edi 8,33%, nel Sud per un ammontare di 12,28% e nelle Isole per 6,06%. I dati suggeriscono pertanto un peggioramento delle condizioni di eguaglianza materiale nelle macro-regioni italiane. Tuttavia possiamo notare che la diseguaglianza nelle regioni meridionali tende ad essere superiore rispetto alla diseguaglianza delle regioni settentrionali. E probabilmente, oltre una certa misura, la diseguaglianza diventa un limite alla crescita economica ed allo sviluppo sociale. Le regioni meridionali sono quindi affette non solo da un reddito pro capite inferiore rispetto a quello delle regioni settentrionali. Le regioni meridionali sono anche caratterizzate da un processo di accentramento dei redditi talché nel Sud Italia il 20% più ricco ha 6,4 volte il reddito del 20% più povero mentre il medesimo rapporto per il Nord è pari a 4,9. 

Clusterizzazione con algoritmo k-Means ottimizzato con il coefficiente di Silhouette. Di seguito presentiamo una clusterizzazione con algoritmo k-Means ottimizzato con il coefficiente di Silhouette. I dati mettono in evidenza la presenza di due clusters ovvero: 

  • Cluster 1: Toscana, Marche, Trentino Alto Adige, Emilia Romagna, Veneto, Abruzzo,  Friuli Venezia Giulia, Umbria, Piemonte, Valle d’Aosta, Lombardia, Liguria, Basilicata, Puglia, Molise, Sardegna

  • Cluster 2: Sicilia, Campania, Calabria, Lazio.

Dal punto di vista della clusterizzazione possiamo notare il seguente ordinamento ovvero: C2>C1. Ne deriva che il livello della diseguaglianza di 3 regioni meridionali e del Lazio tende ad essere significativamente superiore rispetto al livello della diseguaglianza del centro-nord. Ovvero, le regioni che tendono ad avere dei redditi medio-bassi hanno anche dei livelli diseguaglianza elevati. La diseguaglianza in questi casi potrebbe essere considerata come una concausa della bassa redditività pro-capite. Infatti è assai probabile che vi sia un livello di diseguaglianza oltre il quale l’economia smette di funzionare. Infatti le regioni che hanno livelli del reddito pro-capite più elevati sono anche le regioni che hanno una minore diseguaglianza. Ovvero è assai probabile che il percorso per accedere alla crescita economica passi attraverso delle politiche economiche rivolte alla riduzione delle diseguaglianze economiche. 

Conclusioni. In sintesi possiamo notare come la diseguaglianza sia cresciuta nelle regioni italiane nel periodo considerato ovvero tra il 2004 ed il 2020. In modo particolare la diseguaglianza è presente nelle regioni meridionali ovvero nelle aree dell’Italia con reddito pro-capite più basso. Le regioni del Nord Italia risultano essere caratterizzate da livelli di diseguaglianza del reddito netto assai più contenute rispetto a quelle delle regioni meridionali. Pertanto è assai probabile che l’eliminazione del divario tra Nord e Sud Italia passi attraverso una riduzione delle diseguaglianze reddituali. Tuttavia, poiché il top 20% delle regioni meridionali è costituito esattamente dalla classe dirigente sia pubblica che privata, è assai improbabile che tale gruppo dirigenziale decida di ridurre le proprie prospettive economiche a vantaggio della popolazione. Vi è quindi un problema di qualità delle classi dirigenti meridionali che risultano essere veramente inferiori rispetto alle classi dirigenti settentrionali. Ed anzi si potrebbe utilizzare il differenziale della diseguaglianza reddituale tra regioni settentrionali e regioni meridionali come un metro per valutare l’efficienza redistributiva della classe dirigente meridionale. Un valore che certamente sarebbe negativo per il Sud Italia. 



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