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La Trasformazione dei Lavoratori da Instabili a Stabili nelle Regioni Italiane

 

E’ cresciuta in media del 33,52% tra il 2014 ed il 2020

L’Istat calcola la trasformazione da lavori instabili a lavoratori stabili. L’indicatore è calcolato come percentuale di occupati in lavori instabili al tempo t0 (dipendenti a termine + collaboratori) che a un anno di distanza svolgono un lavoro stabile (dipendenti a tempo indeterminato) sul totale degli occupati in lavori instabili al tempo t0. Fonte: Istat, Rilevazione sulle Forze di lavoro.

Ranking delle regioni italiane per valore della trasformazione dei lavoratori instabili in stabili nel 2020. Il Veneto è al primo posto per valore della trasformazione dei lavoratori da instabili a stabili con un valore pari a 31,10 unità, seguito dalla Lombardia con un ammontare di 28,60 unità, e dal Molise con un valore di 27,00. A metà classifica vi sono il Trentino Alto Adige con un valore di 23,70, seguito dalle Marche e dal Lazio con un valore di 21,10 unità. Chiudono la classifica la Campania con un valore di 15,20 unità, dalla Puglia con un ammontare di 12,80 unità e dalla Calabria con un valore di 9,20 unità.

Ranking delle regioni italiane per valore della variazione percentuale della trasformazione dei lavoratori instabili in stabili tra il 2014 ed il 2020. La Sicilia è al primo posto per valore della trasformazione dei lavoratori instabili in stabili tra il 2014 ed il 2020 con un valore pari a 92,55% ovvero pari ad un ammontare di 8,7 unità passando da 9,4 unità fino ad un valore di 18,1 unità. Segue la Basilicata con una variazione da un ammontare di 8,9 unità fino a 16,8 unità ovvero una variazione di 7,9 unità pari a 88,76%. Segue l’Abruzzo con una variazione da un ammontare di 14,1 unità fino a 25,2 unità ovvero pari ad una variazione di 11,1 unità pari a 78,72%. A metà classifica vi sono l’Umbria con una variazione da 16,8 unità nel 2014 fino a 24 nel 2020 ovvero una variazione pari a 7,2 unità pari a 42,86%. Segue il Molise con una variazione da un ammontare di 18,9 unità nel 2014  fino ad un valore di 27 unità nel 2020 ovvero pari ad una variazione di 8,1 unità equivalente ad un valore di 42,86%. Segue la Sardegna con una variazione da un ammontare di 12,3 unità nel 2014 fino a 17,1 unità nel 2020 ovvero pari ad una variazione di 4,8 unità pari a 39,02%. Chiudono la classifica la Liguria con una variazione da 19,00 unità nel 2014 fino a 19,2 nel 2020 ovvero una variazione pari a 0,2 unità pari a 1,05%. Segue il Friuli Venezia Giulia con una variazione da un ammontare di 20,8 unità nel 2014 fino a 19,7 unità nel 2020 ovvero pari a una variazione di -1,1 unità pari a -5,29%. Chiude la classifica la Calabria con una variazione da un ammontare di 10,2 unità nel 2014 fino ad un valore di 9,2 unità nel 2020 ovvero pari ad una variazione di -1,00 unità pari a -9,8%. In media il valore della trasformazione dei lavoratori da instabili a stabili è cresciuto da un ammontare di 16,01 unità nel 2014 fino a 21,37 unità nel 2020 corrispondente ad un ammontare di 5,37 unità ovvero pari ad un ammontare di 33,52%.

La trasformazione dei lavoratori da instabili in stabili nelle macro-regioni italiane tra il 2014 ed il 2020. La trasformazione dei lavoratori da instabili in stabili nelle Isole è cresciuta da 10,1 unità fino a 17,8 unità ovvero pari ad una variazione di 7,7 unità pari a 76,24 %. La trasformazione dei lavoratori da instabili a stabili nel Nord-Est è cresciuta del 45,65% tra il 2014 ed il 2020 passando da un ammontare di 18,4 unità fino ad un valore di 26,8 unità ovvero pari ad un ammontare di 8,4 unità. La trasformazione dei lavoratori da instabili in stabili nelle macro-regioni italiane tra il 2014 ed il 2020 nel Nord è cresciuto da un ammontare di 19,5 unità fino ad un valore di 26,9 unità ovvero pari ad un ammontare di 7,4 unità pari ad un ammontare di 37,95%. La trasformazione dei lavoratori da instabili a stabili nel Centro è cresciuta da un ammontare di 17,6 unità fino a 23 unità ovvero pari ad un ammontare di 5,4 unità pari a 30,68%. La trasformazione dei lavoratori da instabili a stabili nel Nord-Ovest è cresciuto da un ammontare di 20,6 unità fino a 26,9 unità pari ad un ammontare di 6,3 unità pari ad un ammontare di 30,58%. Nel Sud Italia, la trasformazione dei lavoratori da instabili a stabili tra il 2014 ed il 2020 è cresciuta da un ammontare di 12,8 unità nel 2014 fino a 14,8 nel 2020 ovvero pari ad una variazione di 2 unità pari a 15,63%.

Clusterizzazione con algoritmo k-Means ottimizzato con il coefficiente di Silhouette. Di seguito presentiamo una clusterizzazione con algoritmo k-Means ottimizzato con il coefficiente di Silhouette. I dati mostrano la presenza di due clusters ovvero:

  • ·       Cluster 1: Puglia, Sicilia, Calabria, Campania, Basilicata, Valle d’Aosta, Sardegna;
  • ·     Cluster 2: Piemonte, Toscana, Friuli Venezia Giulia, Umbria, Lombardia, Emilia Romagna, Lazio, Veneto, Trentino Alto Adige, Marche, Liguria, Molise, Abruzzo.

Dal punto di vista della media del valore risulta che il Cluster 2 è superiore rispetto al Cluster 1. Ne deriva pertanto una contrapposizione tra le regioni del Centro-Nord che hanno dei valori elevati della variabile analizzata ed le regioni del Sud Italia che hanno dei valori ridotti. Vi sono tuttavia delle eccezioni. La Valle d’Aosta pure essendo una regione del Nord è compresa nel Cluster 1 ed al contrario il Molise e l’Abruzzo, pure essendo delle regioni del Sud Italia, fanno parte del Cluster 2.

Conclusioni. La trasformazione dei lavoratori da instabili a stabili è aumentata in quasi tutte le regioni tra il 2014 ed il 2020 in media di un ammontare del 33,52%. Tuttavia vi sono delle regioni italiane nelle quali tra il 2014 ed il 2020 il valore della variabile analizzata è diminuito ovvero: Friuli Venezia Giulia con -5,29% e la Calabria con un valore pari a -9,8%. Esiste una significativa contrapposizione tra Centro-Nord Italia e Sud Italia in termini di trasformazione dei lavoratori da instabili a stabili con una dominanza delle regioni settentrionali rispetto alle regioni meridionali. Vi è quindi un significativo miglioramento nelle regioni italiane in termini di crescita dei lavoratori stabili anche se la stabilizzazione della posizione lavorativa non salva il lavoratore della povertà a causa dei bassi redditi e della presenza dei “working poors”.






 

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