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Dal 2019 al 2023 la fruizione delle biblioteche
cala ovunque, con perdite medie del 20%.
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Il Nord recupera lentamente, mentre Sud e Isole
restano su livelli minimi di partecipazione.
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La pandemia accelera la crisi delle biblioteche,
ma il 2023 mostra primi segnali di ripresa.
L’analisi dei dati relativi alla fruizione delle
biblioteche in Italia tra il 2019 e il 2023 mette in evidenza una contrazione
generalizzata e profonda, che riflette tanto gli effetti della pandemia quanto
il mutamento delle abitudini culturali degli italiani. Le biblioteche,
tradizionalmente presidio fondamentale della vita culturale e dell’educazione
permanente, hanno subito un drastico calo di frequentazione durante gli anni
dell’emergenza sanitaria e, nonostante i tentativi di ripresa nel biennio
successivo, non sono ancora riuscite a tornare ai livelli pre-pandemici. In
quasi tutte le regioni, la percentuale di cittadini che dichiara di aver
utilizzato i servizi bibliotecari nel corso dell’anno è inferiore rispetto al
2019, con variazioni negative che oscillano tra il -10% e il -40%. Il calo più
consistente si osserva nelle regioni meridionali e insulari, dove la fruizione
era già limitata, ma anche le aree tradizionalmente più attive, come il Nord e
il Centro, mostrano una perdita significativa di utenti. Nel 2019, anno
immediatamente precedente alla pandemia, il tasso medio di utilizzo delle
biblioteche in Italia si attestava attorno al 15-20%, con punte più alte nel
Trentino-Alto Adige (35,4%) e in Valle d’Aosta (32,7%) e valori molto più bassi
nel Mezzogiorno, dove in molte regioni la percentuale non superava il 10%.
Questi dati riflettevano già una forte disomogeneità territoriale, legata alla
diversa densità delle strutture bibliotecarie, alla presenza di università,
alla tradizione culturale locale e alle politiche di promozione della lettura.
La pandemia ha accentuato tali divari e ha colpito in modo trasversale tutte le
regioni, determinando un crollo repentino nel 2020, con valori dimezzati
rispetto all’anno precedente. Le chiusure forzate, le restrizioni di accesso e
il timore del contagio hanno reso impossibile la normale frequentazione degli
spazi pubblici, e le biblioteche hanno dovuto riorganizzarsi in tempi
rapidissimi, puntando sulla digitalizzazione dei servizi, sui prestiti online e
su iniziative a distanza. Tuttavia, l’impatto di questa riconversione non è
stato sufficiente a compensare la perdita di pubblico. Nel 2021 la situazione
resta ancora critica: in quasi tutte le regioni la fruizione si colloca ai
minimi storici, con percentuali comprese tra il 3% e il 10%. Solo in
Trentino-Alto Adige, Valle d’Aosta e Lombardia si registrano valori superiori
al 12%, mentre nel Sud molte regioni non superano il 5%. È solo nel 2022 e, in
misura maggiore, nel 2023 che si intravedono i primi segnali di ripresa, con un
aumento medio di tre o quattro punti percentuali, ma senza raggiungere i
livelli pre-pandemici. Osservando le singole regioni, il Piemonte passa dal
17,2% del 2019 al 13,2% del 2023, con una perdita di 4 punti percentuali e una
variazione relativa del -23,26%. Anche in questa regione, che dispone di un
sistema bibliotecario capillare e moderno, la frequentazione non è tornata ai
valori precedenti alla crisi sanitaria. La Valle d’Aosta mostra invece una
maggiore capacità di recupero: pur avendo perso utenti nel 2020 e nel 2021,
risale fino al 26,8% nel 2023, a soli sei punti dal livello iniziale. Ciò
dimostra una resilienza notevole, probabilmente dovuta al forte radicamento
locale delle biblioteche come centri civici e culturali. In Lombardia, la
regione più popolosa del Paese, la fruizione cala dal 21,6% al 19,7%, con una
perdita più contenuta (-8,80%), segno che il sistema bibliotecario lombardo ha
retto meglio la crisi, anche grazie alla digitalizzazione avanzata dei servizi
e alla collaborazione tra biblioteche comunali e scolastiche. Il Trentino-Alto
Adige si conferma leader nella partecipazione bibliotecaria, con valori che
restano nettamente superiori alla media nazionale: da 35,4% nel 2019 a 29,3%
nel 2023, una perdita di 6 punti ma una tenuta relativa migliore rispetto ad
altre regioni. La tradizione culturale locale, l’efficienza dei servizi
pubblici e la prossimità delle biblioteche alla popolazione hanno permesso una
rapida ripresa, seppur non completa. Il Veneto e il Friuli-Venezia Giulia
mostrano invece cali più marcati, rispettivamente -21,94% e -13,02%, segno di
un rallentamento più evidente nella ripresa post-pandemica. Nel Centro Italia,
l’Emilia-Romagna mantiene buoni livelli ma con un calo del 20,83%, passando dal
21,6% al 17,1%. Toscana, Umbria e Marche si collocano su valori più bassi, con
perdite simili, tra il -15% e il -18%. In Toscana la fruizione passa dal 17,3%
al 14,1%, in Umbria dal 14,7% al 12,5% e nelle Marche dal 14,1% all’11,7%.
Anche nel Lazio, nonostante la concentrazione di grandi biblioteche pubbliche e
universitarie, il dato scende da 12% a 9,4%, con una variazione negativa del
21,67%. Questi numeri testimoniano come il sistema bibliotecario italiano nel
Centro-Nord, pur dotato di risorse e strutture di qualità, non sia stato immune
all’effetto pandemia e abbia perso una parte significativa del suo pubblico,
soprattutto tra i giovani. Nel Mezzogiorno la situazione è più preoccupante. Le
regioni meridionali partivano già da valori bassi e hanno subito le contrazioni
più gravi. In Abruzzo la fruizione scende da 10,5% a 8,1%, in Molise da 8,9% a
5,2%, in Campania da 7,7% a 5,1%, in Puglia da 9,2% a 6,1% e in Basilicata da
10,5% a 7,8%. Le perdite percentuali superano spesso il 25% e, in alcuni casi,
come Molise e Campania, si avvicinano o superano il 35%. In Calabria, la
regione con il dato più basso, la percentuale di cittadini che frequentano le
biblioteche passa dall’8% al 6%, mentre in Sicilia si scende da 6,9% a 5,5%. In
Sardegna, pur partendo da livelli più alti (15,9%), il dato finale è 11,2%, con
una perdita del 29,56%. Queste cifre confermano un quadro di grave
diseguaglianza territoriale: nelle regioni del Sud e nelle isole, le
biblioteche restano realtà marginali, spesso concentrate nei capoluoghi e con
risorse limitate. Un’interpretazione di questi dati deve tener conto di due
ordini di fattori. Da un lato, l’impatto diretto della pandemia, che ha chiuso
le biblioteche per lunghi periodi e ha modificato le abitudini culturali della
popolazione, spingendo molti utenti verso risorse digitali, non sempre però
riconducibili ai circuiti bibliotecari ufficiali. Dall’altro lato, la tendenza
di lungo periodo di progressiva disaffezione verso la lettura e la
frequentazione di luoghi culturali fisici. Le biblioteche, per molti anni,
hanno rappresentato un punto di riferimento non solo per l’accesso ai libri, ma
anche per la socialità, lo studio e la formazione informale. Oggi, la
concorrenza dei dispositivi digitali, la disponibilità immediata di contenuti
online e il cambiamento nelle modalità di apprendimento hanno reso più
difficile attrarre nuove generazioni di utenti. Tuttavia, la flessione
osservata non deve essere interpretata come un declino irreversibile. I segnali
di ripresa del 2022 e 2023 mostrano che, laddove le biblioteche sono riuscite
ad adattarsi e innovare, il pubblico sta lentamente tornando. Le esperienze più
positive si registrano nelle regioni che hanno investito nella modernizzazione
dei servizi, nella promozione culturale e nella cooperazione con scuole e
università. Il Trentino-Alto Adige, la Valle d’Aosta e la Lombardia ne sono
esempi emblematici: il sistema bibliotecario in queste aree ha saputo integrare
la dimensione digitale con quella fisica, offrendo non solo prestiti online ma
anche spazi per attività culturali, laboratori, incontri e servizi comunitari. L’analisi
territoriale suggerisce inoltre che la fruizione delle biblioteche è
strettamente legata al contesto socioeconomico e al livello di istruzione.
Nelle regioni con redditi più alti, una maggiore concentrazione urbana e una
tradizione culturale consolidata, la partecipazione resta più elevata. Al
contrario, nelle regioni con minore sviluppo economico e infrastrutture
culturali deboli, la biblioteca continua a essere percepita come un luogo
elitario o poco accessibile. Questo fattore contribuisce a rafforzare il
divario Nord-Sud e rischia di escludere una parte crescente della popolazione da
un accesso equo alle risorse culturali. Il futuro delle biblioteche italiane
dipenderà dalla loro capacità di reinventarsi come centri culturali
polifunzionali, capaci di attrarre nuovi pubblici e di rispondere ai bisogni
della società contemporanea. La digitalizzazione non può essere l’unica
risposta: le biblioteche dovranno recuperare la loro funzione di spazio
sociale, luogo di incontro e di partecipazione. In un’epoca segnata dalla
frammentazione dell’informazione e dalla perdita di abitudini culturali
condivise, la biblioteca può tornare a essere un presidio fondamentale per la
democrazia culturale e l’inclusione sociale. Tra il 2019 e il 2023, dunque, la
fruizione delle biblioteche in Italia ha vissuto una fase di crisi senza
precedenti ma anche di trasformazione. La pandemia ha accelerato tendenze già
in atto, ma ha anche offerto un’opportunità per ripensare il ruolo delle
biblioteche nel nuovo ecosistema culturale. Se il calo medio nazionale di oltre
il 20% resta un segnale d’allarme, la lieve ripresa osservata nel 2023 può
rappresentare il primo passo verso una nuova stagione. Il rilancio delle
biblioteche richiederà investimenti, innovazione e un impegno politico e
culturale diffuso, ma anche un cambiamento di percezione da parte dei
cittadini: solo se torneranno a considerare la biblioteca come un luogo vivo,
aperto e utile, sarà possibile invertire la tendenza e restituire a questi
spazi il ruolo che meritano nella vita civile del Paese.
Fonte: ISTAT
Link: www.istat.it
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