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Cresce la fragilità alfabetica degli studenti italiani: un Paese sempre più diviso tra Nord e Sud

 

·         Aumentano gli studenti con competenze alfabetiche insufficienti, soprattutto dopo la pandemia e nelle regioni meridionali.

·         Il divario Nord-Sud resta marcato, ma anche le regioni più forti registrano peggioramenti significativi.

·         La scuola italiana fatica a garantire equità e qualità, riflettendo fragilità strutturali e sociali profonde.

 

L’analisi dei dati relativi alla competenza alfabetica non adeguata tra gli studenti delle classi terze della scuola secondaria di primo grado nel periodo 2018-2023 offre un quadro complesso e articolato delle dinamiche regionali italiane in ambito educativo, restituendo l’immagine di un Paese ancora profondamente segnato da divari territoriali, ma anche da tendenze comuni che evidenziano fragilità sistemiche e resistenze strutturali. A livello generale, i dati mostrano un incremento della quota di studenti con competenze alfabetiche insufficienti nella quasi totalità delle regioni, con variazioni percentuali complessive che oscillano tra valori contenuti, come nel caso dell’Umbria con un modesto +4,9%, e incrementi più marcati, come quello del Friuli-Venezia Giulia, che registra un aumento del 32,4%. Questo andamento generale, sebbene con intensità differenti, segnala un peggioramento diffuso, probabilmente influenzato anche dalle ricadute della pandemia di Covid-19, che ha interrotto la continuità didattica e accentuato le disuguaglianze già presenti nel sistema scolastico.

Osservando le regioni del Nord, si nota che tutte presentano un incremento del fenomeno, anche se partendo da livelli relativamente più bassi rispetto al Centro e soprattutto al Sud. Il Piemonte passa da un 30,4% nel 2018 a un 36,1% nel 2023, con una variazione assoluta di 5,7 punti e una crescita del 18,8%. Tale andamento è indicativo di una difficoltà strutturale a contenere la dispersione implicita nelle competenze di base, pur in un contesto socioeconomico mediamente più favorevole. La Valle d’Aosta, con valori più bassi in termini assoluti, evidenzia comunque un peggioramento, passando dal 26,7% al 29,9%, segno che anche nei contesti più piccoli e teoricamente più controllabili la tenuta delle competenze di base è problematica. La Liguria mostra invece un peggioramento consistente, passando dal 31,9% al 40%, pari a un incremento del 25,4%, che colloca questa regione tra quelle del Nord con l’aumento più marcato. Anche la Lombardia, nonostante le sue performance economiche e infrastrutturali, registra un peggioramento di oltre sei punti percentuali, con un incremento relativo del 22,4%. Veneto, Friuli-Venezia Giulia ed Emilia-Romagna seguono una tendenza analoga: tutti segnano un aumento tra i quattro e gli otto punti, ma il Friuli spicca con l’aumento più alto in termini relativi, pari al 32,4%. Ciò potrebbe essere letto non solo come conseguenza di un peggioramento effettivo, ma anche come possibile risultato di un inasprimento dei criteri di valutazione o di una maggiore precisione nella rilevazione. In generale, il Nord appare comunque più stabile e con livelli medi inferiori al 35-36%, mantenendo un vantaggio strutturale rispetto al Mezzogiorno.

Nel Centro Italia la situazione mostra un andamento intermedio. La Toscana cresce di quasi sei punti, arrivando al 37%, segno di un peggioramento progressivo e costante nel tempo. L’Umbria si distingue come una delle poche regioni che registra una variazione molto contenuta, appena +1,4 punti in termini assoluti e +4,9% in termini relativi, rimanendo stabile tra il 28,5% e il 29,9%. Questa tenuta potrebbe riflettere una maggiore efficacia delle politiche educative locali o una minore incidenza dei fattori di fragilità socioeconomica. Le Marche e il Lazio mostrano invece incrementi più marcati, rispettivamente del 16,4% e del 16,3%, segno che la problematica della competenza alfabetica non adeguata si estende anche in territori centrali con condizioni socioeconomiche intermedie.

Il quadro cambia radicalmente nel Mezzogiorno, dove le percentuali iniziali erano già sensibilmente più alte e gli incrementi, pur più contenuti in termini relativi, rappresentano un consolidamento di una condizione di forte criticità. Campania, Puglia, Basilicata, Calabria e Sicilia si collocano tutte su valori superiori al 39%, con picchi che superano il 50% in alcune annualità. La Campania, pur segnando un incremento contenuto di 1,1 punti e una variazione percentuale del 2,4%, rimane stabilmente la regione con uno dei livelli più alti di studenti con competenze alfabetiche insufficienti, passando dal 45% al 46,1%. La Puglia, con una variazione di tre punti e un incremento del 7,8%, raggiunge il 41,3%, mentre la Basilicata cresce solo di un punto, restando su valori simili, pari al 39,2%. La Calabria, che partiva già da livelli molto alti (48% nel 2018), arriva al 49,4% nel 2023, con una crescita moderata ma significativa se si considera la già elevata base di partenza. La Sicilia conferma il trend negativo, passando dal 47,3% al 50,2%, mentre la Sardegna mostra un incremento più marcato di sei punti, attestandosi anch’essa al 45,9%. In generale, il Sud mantiene una distanza strutturale rispetto al resto del Paese, con un divario medio di circa dieci-quindici punti percentuali rispetto al Nord.

Questa persistenza delle disuguaglianze territoriali suggerisce che la questione delle competenze alfabetiche non adeguate non può essere affrontata unicamente in chiave didattica, ma richiede un approccio sistemico che tenga conto del contesto socioeconomico, delle opportunità educative e della qualità delle infrastrutture scolastiche. Le regioni del Mezzogiorno, pur registrando talvolta variazioni percentuali più contenute, rimangono intrappolate in una condizione di svantaggio cronico, dove la scuola fatica a compensare le carenze ambientali e familiari. Il Nord, d’altra parte, mostra un progressivo peggioramento che potrebbe essere collegato a nuove forme di disuguaglianza interna, con una crescente polarizzazione tra studenti forti e deboli e un effetto amplificato dalla didattica a distanza.

L’anno 2021 rappresenta un momento di svolta nei dati, probabilmente legato alle conseguenze della pandemia e alla lunga sospensione delle lezioni in presenza. Quasi tutte le regioni registrano un picco in quell’anno o in quello immediatamente successivo. Ad esempio, la Liguria passa dal 32,4% del 2019 al 37,5% del 2021, la Lombardia dal 29,1% al 33,6%, il Friuli dal 28,3% al 32%, la Toscana dal 32,5% al 35,7% e la Sicilia dal 47,6% al 50,5%. Questo andamento evidenzia come la crisi sanitaria abbia avuto un impatto trasversale sulle competenze di base, riducendo l’efficacia dell’apprendimento e aggravando le disuguaglianze territoriali e sociali. Anche dopo il ritorno alla normalità, i valori non tornano ai livelli pre-pandemici, segno che gli effetti della crisi hanno lasciato una traccia duratura.

La lettura comparata delle variazioni assolute e percentuali permette di distinguere tra due fenomeni diversi: da un lato, le regioni che partivano da livelli già alti e mostrano un peggioramento contenuto, come la Calabria o la Campania; dall’altro, quelle che partivano da livelli medio-bassi ma registrano aumenti rilevanti, come il Friuli-Venezia Giulia o la Liguria. Nel primo caso si tratta di una stagnazione in una condizione di fragilità strutturale, nel secondo di una preoccupante tendenza regressiva che colpisce anche i territori tradizionalmente più performanti. L’Italia nel suo complesso sembra quindi muoversi verso un livellamento verso il basso, in cui le regioni forti peggiorano più di quelle deboli, ma senza che queste ultime migliorino in modo significativo.

Un altro elemento interessante è rappresentato dalle differenze tra regioni confinanti o appartenenti a macroaree omogenee. Ad esempio, il divario tra Veneto e Friuli, due regioni contigue e simili per caratteristiche socioeconomiche, aumenta nel tempo, segnalando differenze nella qualità del sistema scolastico o nell’attuazione delle politiche regionali. Analogamente, il confronto tra Toscana e Umbria mette in luce due traiettorie divergenti, con la prima in crescita e la seconda stabile. Al Sud, invece, si osserva una relativa omogeneità, segno che le difficoltà strutturali agiscono in modo trasversale.

Sul piano interpretativo, il concetto di “competenza alfabetica non adeguata” non si limita alla mera capacità di leggere e scrivere, ma include la comprensione del testo, la capacità di interpretare e utilizzare l’informazione in modo critico, elementi fondamentali per la cittadinanza attiva e per la prosecuzione degli studi. L’aumento di questa quota di studenti rappresenta quindi un indicatore preoccupante non solo per il sistema scolastico, ma per la coesione sociale e per le prospettive economiche del Paese. Una popolazione giovanile con competenze linguistiche insufficienti rischia di trovarsi penalizzata nel mercato del lavoro e meno attrezzata per partecipare alla vita democratica.

In sintesi, i dati evidenziano una duplice criticità: da un lato, la crescita generalizzata delle competenze alfabetiche non adeguate, che indica un problema di tenuta complessiva del sistema educativo; dall’altro, la persistenza di divari territoriali che confermano l’esistenza di un’Italia a due velocità. Se il Nord resta complessivamente su valori migliori ma in peggioramento, il Sud continua a mantenere livelli di criticità altissimi che si riproducono nel tempo. La pandemia ha agito come fattore amplificatore di debolezze già presenti, ma la radice del problema è più profonda e riguarda la capacità della scuola di rispondere in modo equo ed efficace alle diverse esigenze degli studenti. Il percorso futuro richiede un investimento mirato nella formazione dei docenti, nella personalizzazione della didattica, nel sostegno alle aree più fragili e nella riduzione delle disuguaglianze di contesto. Solo così sarà possibile invertire una tendenza che, se trascurata, rischia di compromettere in modo duraturo le basi culturali e sociali del Paese.

 

Fonte: ISTAT

Link: www.istat.it

 












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