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Boom di titoli STEM nel Mezzogiorno: +66% in Basilicata, +61% in Molise, +59% in Puglia



 

·         Le lauree STEM crescono ovunque in Italia, con aumenti record oltre il 60% nel Sud.

·         Il Nord mantiene livelli alti, ma il Mezzogiorno mostra i tassi di crescita più rapidi.

·         Dal 2012 al 2021 l’Italia rafforza la formazione tecnico-scientifica, spinta da digitalizzazione e innovazione.

 

L’analisi dei dati riguardanti le persone che conseguono un titolo terziario in ambito STEM nel periodo compreso tra il 2012 e il 2021 mostra una tendenza di crescita generalizzata, con intensità e dinamiche differenti tra le regioni italiane. L’insieme dei valori mette in evidenza sia la trasformazione progressiva della cultura formativa italiana sia le disuguaglianze territoriali che ancora caratterizzano il Paese. Le discipline STEM, ossia scienza, tecnologia, ingegneria e matematica, rappresentano un indicatore chiave per misurare la capacità di un territorio di produrre competenze legate all’innovazione e alla competitività economica. Nel complesso, l’Italia sembra muoversi verso un rafforzamento della formazione tecnico-scientifica, ma i tassi di incremento e i livelli assoluti raggiunti sono molto disomogenei. Le regioni del Nord e del Centro mostrano in genere una crescita costante e livelli già elevati all’inizio del periodo, mentre nel Mezzogiorno, pur partendo da valori inferiori, si registra in diversi casi un aumento più marcato, segno di un lento processo di convergenza. Nel 2012, le regioni settentrionali come il Friuli-Venezia Giulia, le Marche, la Liguria e l’Emilia-Romagna già presentavano percentuali relativamente alte di laureati in ambito STEM, attorno o superiori al 15 per cento. Friuli-Venezia Giulia, con il 16,6 per cento, e le Marche, con il 16,8 per cento, figuravano tra le aree con la maggiore propensione verso gli studi scientifici. Al contrario, regioni come Sicilia e Sardegna registravano valori intorno al 10-11 per cento, segnalando una più bassa diffusione della cultura tecnico-scientifica e una minore capacità del sistema universitario locale di attrarre studenti in tali ambiti. Tuttavia, nei dieci anni successivi si osserva un aumento diffuso, con un trend di crescita in quasi tutte le regioni, tranne qualche lieve contrazione o stagnazione in territori specifici come la Valle d’Aosta e il Trentino-Alto Adige. Analizzando i singoli casi, il Piemonte passa da un 14,2 per cento nel 2012 a un 17,8 nel 2021, con una variazione assoluta di 3,6 punti e una crescita relativa del 25,35 per cento. Si tratta di un progresso solido ma non eccezionale, che riflette la maturità del sistema universitario piemontese e la stabilità della domanda formativa nelle discipline tecnico-scientifiche. Diverso il discorso per la Valle d’Aosta, che mostra un lieve calo complessivo, da 12 a 11,4 per cento, con una variazione negativa del 5 per cento. Tale andamento può essere spiegato sia dalla piccola dimensione del sistema accademico regionale, che rende i valori più sensibili a oscillazioni annuali, sia da una minore offerta formativa specializzata in ambito STEM. La Liguria invece mostra una crescita costante e significativa, passando da 14,6 a 17,9 per cento (+22,6 per cento), trainata probabilmente dalla presenza di poli universitari con forte vocazione ingegneristica e tecnologica. La Lombardia segue un percorso simile, crescendo da 13,3 a 16,2 per cento (+21,8 per cento), coerentemente con la sua posizione di regione economicamente più avanzata e con una domanda crescente di laureati STEM da parte del mercato del lavoro. Il Trentino-Alto Adige rappresenta un’eccezione: pur partendo da livelli già modesti (8,5 per cento nel 2012), registra nel 2021 un valore quasi identico (8,4 per cento), con una variazione leggermente negativa. Questo suggerisce che la regione, pur essendo economicamente dinamica, non ha visto un’espansione significativa dei percorsi universitari in discipline tecnico-scientifiche, forse a causa della presenza di un sistema produttivo più orientato ai servizi e di una popolazione universitaria numericamente contenuta. Il Veneto, invece, mostra un aumento marcato da 13,7 a 17,7 per cento (+29,2 per cento), confermando la vitalità del sistema universitario regionale e la sua capacità di rispondere alle esigenze di un tessuto produttivo industriale fortemente orientato alla tecnologia e all’innovazione. Il Friuli-Venezia Giulia, già su livelli alti nel 2012, registra un incremento più contenuto, da 16,6 a 17,1 per cento (+3,01 per cento). Questo dato indica una sostanziale stabilità, segno che la regione ha mantenuto un alto tasso di laureati STEM ma con margini di crescita più limitati. L’Emilia-Romagna, invece, registra un aumento rilevante da 14 a 17,8 per cento (+27,14 per cento), riflettendo la sua tradizione di eccellenza universitaria e la presenza di poli tecnologici e industriali fortemente integrati con il mondo accademico. Anche la Toscana segue un percorso di crescita, passando da 13 a 15,8 per cento (+21,54 per cento), a conferma di un miglioramento costante nella formazione tecnico-scientifica, benché da livelli inizialmente inferiori rispetto al Nord-Est. Nel Centro Italia, l’Umbria spicca per il più alto tasso di crescita relativa: dal 12,8 per cento nel 2012 al 19 nel 2021, con un incremento del 48,44 per cento. Ciò evidenzia un rafforzamento importante dell’offerta formativa e dell’interesse verso i corsi STEM, probabilmente sostenuto anche da politiche regionali e progetti universitari mirati. Le Marche mostrano invece una crescita più moderata, da 16,8 a 18,3 per cento (+8,93 per cento), mantenendo comunque livelli tra i più alti d’Italia. Il Lazio, cuore del sistema universitario nazionale, passa da 15,1 a 19,5 per cento (+29,14 per cento), un risultato che testimonia la forza attrattiva degli atenei romani e la capacità della regione di ampliare l’offerta formativa tecnico-scientifica. Nel Mezzogiorno i dati appaiono ancora più interessanti. Pur partendo da valori inferiori, molte regioni meridionali registrano incrementi percentuali molto più consistenti, segnale di una lenta ma costante espansione delle discipline STEM. L’Abruzzo cresce da 15 a 21,5 per cento (+43,33 per cento), un dato particolarmente positivo che riflette la dinamicità del sistema universitario locale. Il Molise mostra addirittura l’aumento più elevato di tutto il Paese, passando da 13,2 a 21,3 per cento (+61,36 per cento), anche se in termini assoluti i numeri restano contenuti. La Campania cresce da 12,1 a 17,8 per cento (+47,11 per cento), la Puglia da 11 a 17,5 (+59,09 per cento), la Basilicata da 12,8 a 21,3 (+66,41 per cento), valori che segnalano un chiaro processo di recupero rispetto al Nord. Anche la Calabria e la Sicilia mostrano progressi significativi, rispettivamente +27,34 per cento e +36,54 per cento, con incrementi di circa quattro punti percentuali assoluti. La Sardegna, infine, sale da 10,9 a 14,6 per cento (+33,94 per cento), consolidando un lento ma costante miglioramento. Questi dati rivelano che, se da un lato il Nord mantiene una posizione di vantaggio in termini di livelli assoluti, il Sud mostra i tassi di crescita più rapidi. Questo fenomeno può essere interpretato come un segnale di cambiamento positivo: le regioni meridionali stanno gradualmente recuperando terreno, anche grazie a politiche universitarie e di orientamento più mirate e alla crescente consapevolezza della rilevanza delle competenze tecnico-scientifiche per lo sviluppo economico e occupazionale. Tuttavia, il divario complessivo rimane. Nel 2021, nessuna regione del Sud supera le aree più virtuose del Centro-Nord in termini di incidenza complessiva dei laureati STEM, e la distanza in termini di ecosistema della ricerca e opportunità lavorative resta ancora significativa. L’evoluzione temporale suggerisce anche una correlazione con fattori esterni come la digitalizzazione e la transizione ecologica, che negli ultimi anni hanno reso le competenze STEM sempre più richieste. L’incremento più marcato si concentra infatti nel periodo 2017-2021, in parallelo con la crescente attenzione nazionale e europea verso la formazione scientifica e tecnologica. L’andamento positivo nelle regioni meridionali coincide inoltre con il rafforzamento dei programmi di sostegno alla ricerca e all’innovazione cofinanziati dai fondi strutturali europei. È importante sottolineare che la crescita dei laureati STEM non rappresenta soltanto un indicatore del sistema universitario, ma anche un riflesso della trasformazione socioeconomica in atto. Regioni con economie in evoluzione, che cercano di rafforzare la propria base produttiva tecnologica, mostrano una maggiore propensione ad attrarre e formare studenti in ambiti scientifici. Tuttavia, il potenziale di questa crescita può essere pienamente realizzato solo se accompagnato da un adeguato assorbimento occupazionale e da politiche di sviluppo che valorizzino tali competenze. In sintesi, tra il 2012 e il 2021 l’Italia ha conosciuto un miglioramento complessivo nella formazione STEM, con un aumento medio superiore al 25 per cento e con picchi oltre il 60 per cento in alcune regioni del Sud. Il Nord continua a mantenere i livelli più alti, ma il Mezzogiorno mostra una capacità di recupero che, se sostenuta da politiche di innovazione e da investimenti stabili, potrebbe ridurre gradualmente il divario storico. L’incremento della presenza femminile nelle discipline tecnico-scientifiche, non esplicitato nei dati ma coerente con le tendenze recenti, rappresenta un ulteriore elemento positivo che potrà contribuire alla costruzione di un sistema più equilibrato e competitivo. Tuttavia, resta ancora molto da fare per trasformare questi segnali di crescita in un vero e proprio riequilibrio strutturale tra territori, università e mondo del lavoro.

 

Fonte: ISTAT

Link: www.istat.it








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