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Le lauree STEM crescono ovunque in Italia, con
aumenti record oltre il 60% nel Sud.
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Il Nord mantiene livelli alti, ma il Mezzogiorno
mostra i tassi di crescita più rapidi.
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Dal 2012 al 2021 l’Italia rafforza la formazione
tecnico-scientifica, spinta da digitalizzazione e innovazione.
L’analisi dei dati riguardanti le persone che
conseguono un titolo terziario in ambito STEM nel periodo compreso tra il 2012
e il 2021 mostra una tendenza di crescita generalizzata, con intensità e
dinamiche differenti tra le regioni italiane. L’insieme dei valori mette in
evidenza sia la trasformazione progressiva della cultura formativa italiana sia
le disuguaglianze territoriali che ancora caratterizzano il Paese. Le
discipline STEM, ossia scienza, tecnologia, ingegneria e matematica,
rappresentano un indicatore chiave per misurare la capacità di un territorio di
produrre competenze legate all’innovazione e alla competitività economica. Nel
complesso, l’Italia sembra muoversi verso un rafforzamento della formazione
tecnico-scientifica, ma i tassi di incremento e i livelli assoluti raggiunti
sono molto disomogenei. Le regioni del Nord e del Centro mostrano in genere una
crescita costante e livelli già elevati all’inizio del periodo, mentre nel
Mezzogiorno, pur partendo da valori inferiori, si registra in diversi casi un
aumento più marcato, segno di un lento processo di convergenza. Nel 2012, le
regioni settentrionali come il Friuli-Venezia Giulia, le Marche, la Liguria e
l’Emilia-Romagna già presentavano percentuali relativamente alte di laureati in
ambito STEM, attorno o superiori al 15 per cento. Friuli-Venezia Giulia, con il
16,6 per cento, e le Marche, con il 16,8 per cento, figuravano tra le aree con
la maggiore propensione verso gli studi scientifici. Al contrario, regioni come
Sicilia e Sardegna registravano valori intorno al 10-11 per cento, segnalando
una più bassa diffusione della cultura tecnico-scientifica e una minore
capacità del sistema universitario locale di attrarre studenti in tali ambiti.
Tuttavia, nei dieci anni successivi si osserva un aumento diffuso, con un trend
di crescita in quasi tutte le regioni, tranne qualche lieve contrazione o
stagnazione in territori specifici come la Valle d’Aosta e il Trentino-Alto
Adige. Analizzando i singoli casi, il Piemonte passa da un 14,2 per cento nel
2012 a un 17,8 nel 2021, con una variazione assoluta di 3,6 punti e una
crescita relativa del 25,35 per cento. Si tratta di un progresso solido ma non
eccezionale, che riflette la maturità del sistema universitario piemontese e la
stabilità della domanda formativa nelle discipline tecnico-scientifiche.
Diverso il discorso per la Valle d’Aosta, che mostra un lieve calo complessivo,
da 12 a 11,4 per cento, con una variazione negativa del 5 per cento. Tale
andamento può essere spiegato sia dalla piccola dimensione del sistema
accademico regionale, che rende i valori più sensibili a oscillazioni annuali,
sia da una minore offerta formativa specializzata in ambito STEM. La Liguria
invece mostra una crescita costante e significativa, passando da 14,6 a 17,9
per cento (+22,6 per cento), trainata probabilmente dalla presenza di poli
universitari con forte vocazione ingegneristica e tecnologica. La Lombardia
segue un percorso simile, crescendo da 13,3 a 16,2 per cento (+21,8 per cento),
coerentemente con la sua posizione di regione economicamente più avanzata e con
una domanda crescente di laureati STEM da parte del mercato del lavoro. Il
Trentino-Alto Adige rappresenta un’eccezione: pur partendo da livelli già
modesti (8,5 per cento nel 2012), registra nel 2021 un valore quasi identico
(8,4 per cento), con una variazione leggermente negativa. Questo suggerisce che
la regione, pur essendo economicamente dinamica, non ha visto un’espansione
significativa dei percorsi universitari in discipline tecnico-scientifiche,
forse a causa della presenza di un sistema produttivo più orientato ai servizi
e di una popolazione universitaria numericamente contenuta. Il Veneto, invece,
mostra un aumento marcato da 13,7 a 17,7 per cento (+29,2 per cento),
confermando la vitalità del sistema universitario regionale e la sua capacità
di rispondere alle esigenze di un tessuto produttivo industriale fortemente
orientato alla tecnologia e all’innovazione. Il Friuli-Venezia Giulia, già su
livelli alti nel 2012, registra un incremento più contenuto, da 16,6 a 17,1 per
cento (+3,01 per cento). Questo dato indica una sostanziale stabilità, segno
che la regione ha mantenuto un alto tasso di laureati STEM ma con margini di
crescita più limitati. L’Emilia-Romagna, invece, registra un aumento rilevante
da 14 a 17,8 per cento (+27,14 per cento), riflettendo la sua tradizione di
eccellenza universitaria e la presenza di poli tecnologici e industriali
fortemente integrati con il mondo accademico. Anche la Toscana segue un
percorso di crescita, passando da 13 a 15,8 per cento (+21,54 per cento), a
conferma di un miglioramento costante nella formazione tecnico-scientifica,
benché da livelli inizialmente inferiori rispetto al Nord-Est. Nel Centro
Italia, l’Umbria spicca per il più alto tasso di crescita relativa: dal 12,8
per cento nel 2012 al 19 nel 2021, con un incremento del 48,44 per cento. Ciò
evidenzia un rafforzamento importante dell’offerta formativa e dell’interesse
verso i corsi STEM, probabilmente sostenuto anche da politiche regionali e
progetti universitari mirati. Le Marche mostrano invece una crescita più
moderata, da 16,8 a 18,3 per cento (+8,93 per cento), mantenendo comunque
livelli tra i più alti d’Italia. Il Lazio, cuore del sistema universitario
nazionale, passa da 15,1 a 19,5 per cento (+29,14 per cento), un risultato che
testimonia la forza attrattiva degli atenei romani e la capacità della regione
di ampliare l’offerta formativa tecnico-scientifica. Nel Mezzogiorno i dati
appaiono ancora più interessanti. Pur partendo da valori inferiori, molte
regioni meridionali registrano incrementi percentuali molto più consistenti,
segnale di una lenta ma costante espansione delle discipline STEM. L’Abruzzo
cresce da 15 a 21,5 per cento (+43,33 per cento), un dato particolarmente
positivo che riflette la dinamicità del sistema universitario locale. Il Molise
mostra addirittura l’aumento più elevato di tutto il Paese, passando da 13,2 a
21,3 per cento (+61,36 per cento), anche se in termini assoluti i numeri
restano contenuti. La Campania cresce da 12,1 a 17,8 per cento (+47,11 per
cento), la Puglia da 11 a 17,5 (+59,09 per cento), la Basilicata da 12,8 a 21,3
(+66,41 per cento), valori che segnalano un chiaro processo di recupero rispetto
al Nord. Anche la Calabria e la Sicilia mostrano progressi significativi,
rispettivamente +27,34 per cento e +36,54 per cento, con incrementi di circa
quattro punti percentuali assoluti. La Sardegna, infine, sale da 10,9 a 14,6
per cento (+33,94 per cento), consolidando un lento ma costante miglioramento. Questi
dati rivelano che, se da un lato il Nord mantiene una posizione di vantaggio in
termini di livelli assoluti, il Sud mostra i tassi di crescita più rapidi.
Questo fenomeno può essere interpretato come un segnale di cambiamento
positivo: le regioni meridionali stanno gradualmente recuperando terreno, anche
grazie a politiche universitarie e di orientamento più mirate e alla crescente
consapevolezza della rilevanza delle competenze tecnico-scientifiche per lo
sviluppo economico e occupazionale. Tuttavia, il divario complessivo rimane.
Nel 2021, nessuna regione del Sud supera le aree più virtuose del Centro-Nord
in termini di incidenza complessiva dei laureati STEM, e la distanza in termini
di ecosistema della ricerca e opportunità lavorative resta ancora
significativa. L’evoluzione temporale suggerisce anche una correlazione con
fattori esterni come la digitalizzazione e la transizione ecologica, che negli
ultimi anni hanno reso le competenze STEM sempre più richieste. L’incremento
più marcato si concentra infatti nel periodo 2017-2021, in parallelo con la
crescente attenzione nazionale e europea verso la formazione scientifica e
tecnologica. L’andamento positivo nelle regioni meridionali coincide inoltre
con il rafforzamento dei programmi di sostegno alla ricerca e all’innovazione
cofinanziati dai fondi strutturali europei. È importante sottolineare che la
crescita dei laureati STEM non rappresenta soltanto un indicatore del sistema
universitario, ma anche un riflesso della trasformazione socioeconomica in
atto. Regioni con economie in evoluzione, che cercano di rafforzare la propria
base produttiva tecnologica, mostrano una maggiore propensione ad attrarre e
formare studenti in ambiti scientifici. Tuttavia, il potenziale di questa
crescita può essere pienamente realizzato solo se accompagnato da un adeguato
assorbimento occupazionale e da politiche di sviluppo che valorizzino tali
competenze. In sintesi, tra il 2012 e il 2021 l’Italia ha conosciuto un miglioramento
complessivo nella formazione STEM, con un aumento medio superiore al 25 per
cento e con picchi oltre il 60 per cento in alcune regioni del Sud. Il Nord
continua a mantenere i livelli più alti, ma il Mezzogiorno mostra una capacità
di recupero che, se sostenuta da politiche di innovazione e da investimenti
stabili, potrebbe ridurre gradualmente il divario storico. L’incremento della
presenza femminile nelle discipline tecnico-scientifiche, non esplicitato nei
dati ma coerente con le tendenze recenti, rappresenta un ulteriore elemento
positivo che potrà contribuire alla costruzione di un sistema più equilibrato e
competitivo. Tuttavia, resta ancora molto da fare per trasformare questi
segnali di crescita in un vero e proprio riequilibrio strutturale tra
territori, università e mondo del lavoro.
Fonte: ISTAT
Link: www.istat.it
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