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Crescita regionale della formazione continua in Italia (2018-2023): traiettorie e divari territoriali

  •  La partecipazione alla formazione continua cresce ovunque, ma il divario Nord-Sud resta marcato.
  • Dopo il calo del 2020, tutte le regioni recuperano superando i livelli pre-pandemia.
  • Sardegna e Lazio guidano la crescita, seguite da Puglia e Umbria con forti aumenti percentuali.

L’analisi dei dati relativi alla partecipazione alla formazione continua nel periodo compreso tra il 2018 e il 2023 mostra un quadro complesso ma complessivamente positivo, con significativi incrementi in quasi tutte le regioni italiane. Si tratta di un indicatore importante della vitalità dei sistemi regionali in termini di apprendimento permanente e aggiornamento professionale, dimensioni oggi centrali per la competitività e l’adattamento al cambiamento tecnologico e organizzativo. Le variazioni assolute e percentuali confermano un rafforzamento generale dell’impegno verso la formazione, anche se con differenze territoriali rilevanti tra Nord, Centro e Sud.

Osservando i valori iniziali e finali, si nota che il livello medio di partecipazione era piuttosto basso nel 2018, con molte regioni che si collocavano intorno al 6-9 per cento. Tuttavia, nel 2023 quasi tutte hanno registrato incrementi considerevoli, con un range di partecipazione che oscilla tra il 7 e il 15 per cento. Le regioni del Nord mantengono una posizione di leadership, ma emergono segnali di convergenza, poiché anche diverse regioni meridionali mostrano progressi significativi, pur partendo da livelli molto più contenuti. Questo andamento suggerisce che, nel complesso, la cultura della formazione continua sta guadagnando terreno in tutto il Paese, probabilmente in risposta a spinte esterne come la digitalizzazione, i programmi europei di finanziamento e la crescente consapevolezza delle imprese rispetto al valore del capitale umano.

Partendo dal Nord-Ovest, il Piemonte passa da un valore di 8,4 nel 2018 a 11,6 nel 2023, con una variazione assoluta di 3,2 punti e una crescita percentuale del 38,1 per cento. Si tratta di un incremento significativo ma non eccezionale, coerente con un percorso di consolidamento più che di espansione. La Valle d’Aosta mostra una dinamica simile, con valori pressoché paralleli e una crescita analoga del 37,65 per cento, segno di un sistema formativo stabile ma in costante miglioramento. La Liguria si distingue invece per un progresso più marcato: da 9,1 a 13,1 in cinque anni, con un aumento del 44 per cento circa. Questo risultato è indice di una maggiore attenzione alla riqualificazione, forse legata ai processi di riconversione industriale e alla spinta verso il turismo e i servizi.

La Lombardia, motore economico del Paese, cresce in misura contenuta rispetto alle sue potenzialità: il passaggio da 9,1 a 12,4 corrisponde a un aumento del 36,26 per cento. È possibile che l’ampiezza del tessuto produttivo, con una forte presenza di piccole e medie imprese, renda più difficile una diffusione omogenea delle opportunità di formazione. Tuttavia, il dato finale resta tra i più elevati in Italia.

Passando al Nord-Est, il Trentino-Alto Adige si conferma ai vertici nazionali con un valore di 15,1 nel 2023 e un incremento del 37,27 per cento. La regione ha storicamente un sistema di formazione continua molto sviluppato, sostenuto da politiche pubbliche mirate e da una cultura dell’apprendimento radicata. Il Veneto e il Friuli-Venezia Giulia mostrano anch’essi performance robuste, con aumenti rispettivamente del 36,73 e del 34,51 per cento. In particolare, il Friuli raggiunge 15,2, superando anche il Trentino, a testimonianza di una partecipazione molto elevata della popolazione adulta alle attività di aggiornamento professionale.

L’Emilia-Romagna, pur partendo da livelli alti (11 nel 2018), registra un incremento più contenuto del 25,45 per cento, arrivando a 13,8 nel 2023. Questo rallentamento relativo può essere interpretato come il risultato di una saturazione fisiologica: in una regione già fortemente orientata alla formazione, gli incrementi ulteriori risultano inevitabilmente più difficili da conseguire. Anche la Toscana segue un andamento analogo, con un miglioramento di 2,7 punti pari al 27 per cento, segno di una crescita costante ma non esplosiva.

Nel Centro Italia spicca l’Umbria, che passa da 9,3 a 13,8, segnando la crescita percentuale più alta del Centro, pari al 48,39 per cento. Tale andamento potrebbe riflettere politiche regionali efficaci di promozione della formazione continua e una risposta positiva del tessuto produttivo locale. Le Marche, pur rimanendo su valori più bassi, mostrano un aumento del 32,9 per cento, che rappresenta un miglioramento significativo. Il Lazio, invece, si distingue per il salto più rilevante in termini assoluti e percentuali: da 8,2 a 14,2, con un incremento del 73,17 per cento. Questo dato è particolarmente interessante e probabilmente legato all’espansione del settore dei servizi avanzati, alla presenza di grandi organizzazioni pubbliche e private e alla crescente importanza delle competenze digitali e manageriali nella capitale.

Scendendo nel Mezzogiorno, il quadro diventa più variegato ma non privo di segnali positivi. L’Abruzzo passa da 6,8 a 9,9, con un aumento del 45,59 per cento, e il Molise da 7,8 a 11,3, in crescita del 44,87 per cento. Entrambe le regioni mostrano quindi un dinamismo notevole, pur restando su livelli assoluti inferiori alla media nazionale. La Campania, pur partendo da valori molto bassi (5,7 nel 2018), registra un miglioramento del 45,61 per cento, arrivando a 8,3. Questo andamento, sebbene positivo, indica che il divario con il Nord resta ancora ampio, ma si intravede una progressiva sensibilizzazione alla necessità di aggiornamento continuo.

La Puglia mostra un progresso ancora più accentuato, con una crescita del 57,41 per cento e un incremento di 3,1 punti, segnale di una decisa inversione di tendenza rispetto alla tradizionale debolezza del sistema formativo regionale. La Basilicata, con un aumento del 32,05 per cento, si colloca in una posizione intermedia, mentre la Calabria e la Sicilia evidenziano andamenti più irregolari. La Calabria passa da 5,3 a 7,8 con una crescita del 47,17 per cento, mentre la Sicilia, pur mostrando un aumento del 34,62 per cento, rimane su livelli assoluti bassi, con un valore finale di appena 7 nel 2023. È probabile che la fragilità economica e la frammentazione del tessuto produttivo limitino la capacità di diffusione delle opportunità formative.

Un caso particolare è rappresentato dalla Sardegna, che si distingue per una delle crescite più forti a livello nazionale: da 8,5 a 14,1, con un incremento del 65,88 per cento. Questo dato suggerisce un deciso rafforzamento delle politiche regionali di formazione e forse una maggiore adesione delle imprese locali alle iniziative di aggiornamento professionale. La crescita della Sardegna si avvicina a quella del Lazio, confermando un trend positivo anche nelle isole, tradizionalmente più distanti dagli standard del Centro-Nord.

Se si considera l’andamento temporale complessivo, emerge una flessione generalizzata nel 2020, anno segnato dalla pandemia da Covid-19, con un evidente calo della partecipazione in tutte le regioni. Tale contrazione, osservabile ad esempio in Piemonte (7,0), Lombardia (7,8) o Toscana (8,3), è spiegabile con la sospensione delle attività in presenza e le difficoltà di adattamento ai nuovi modelli di formazione a distanza. Tuttavia, a partire dal 2021 si registra un deciso rimbalzo, che nel 2023 porta i valori oltre i livelli pre-pandemici. Questo effetto di recupero è probabilmente dovuto sia alla ripresa delle attività economiche sia alla diffusione stabile delle modalità di apprendimento digitale, che hanno ampliato l’accesso alla formazione.

Il confronto tra variazioni assolute e percentuali rivela alcune differenze interessanti: le regioni con livelli iniziali più bassi tendono ad avere crescite percentuali più elevate, poiché partono da una base più ridotta. Tuttavia, ciò non implica necessariamente un’effettiva convergenza nei livelli assoluti, che restano significativamente più alti nel Nord. Il gap territoriale, quindi, si riduce solo parzialmente. Le regioni più sviluppate, come Friuli-Venezia Giulia, Trentino-Alto Adige ed Emilia-Romagna, mantengono valori finali superiori alla media nazionale, confermando un vantaggio strutturale in termini di capitale umano e sistemi formativi.

Nel complesso, la partecipazione alla formazione continua in Italia mostra un’evoluzione positiva e coerente con le sfide di un’economia in trasformazione. Gli incrementi osservati riflettono un adattamento collettivo alla necessità di aggiornamento professionale continuo, con una crescente integrazione delle tecnologie digitali e una maggiore attenzione alle competenze trasversali. Tuttavia, le differenze regionali evidenziano la necessità di politiche più mirate per sostenere le aree in ritardo, specialmente nel Mezzogiorno e nelle isole. Il rafforzamento delle reti territoriali, il potenziamento dei fondi interprofessionali e la diffusione capillare della formazione online possono rappresentare strumenti efficaci per consolidare i progressi ottenuti e favorire una maggiore equità territoriale.

In sintesi, i dati dimostrano che la formazione continua sta diventando un pilastro fondamentale per la competitività regionale e nazionale. Il periodo 2018-2023 può essere interpretato come una fase di transizione verso un sistema più maturo e inclusivo, in cui la crescita quantitativa della partecipazione dovrà essere accompagnata da un miglioramento qualitativo dei percorsi formativi. Solo in questo modo sarà possibile trasformare l’aumento della partecipazione in un effettivo rafforzamento delle competenze e delle opportunità occupazionali per tutti i lavoratori italiani.

 

Fonte: ISTAT

Link: www.istat.it

 










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