L'Obiettivo di Sviluppo Sostenibile 3 mira ad
assicurare la salute e il benessere per tutti e per tutte le età, con una
particolare attenzione alla salute materna e infantile. Il target 3.1 si
propone di ridurre il tasso di mortalità materna globale a meno di 70 decessi
per 100.000 nati vivi entro il 2030. Un indicatore fondamentale per valutare i
progressi verso questo obiettivo è la proporzione di nascite assistite da
personale sanitario qualificato, ovvero medici, ostetriche o infermieri. Questo
indicatore rappresenta una variabile determinante nella prevenzione della
mortalità materna e neonatale. Analizzando i dati relativi al periodo 2019–2023
provenienti da vari paesi OCSE e dell’America Latina, emergono diverse tendenze
interessanti e considerazioni rilevanti per le politiche sanitarie. In molti
paesi ad alto reddito la percentuale di nascite assistite da personale
sanitario qualificato si mantiene costantemente sopra il 95%, con alcuni paesi
che raggiungono addirittura il 100%. Lituania, Spagna e Giappone si distinguono
per aver mantenuto costantemente una copertura pressoché totale, con valori
vicini o pari al 99.9%. Anche Grecia, Italia, Estonia, Finlandia, Irlanda,
Norvegia e Polonia mostrano tassi superiori al 99% in tutti gli anni osservati.
Tali numeri testimoniano la presenza di sistemi sanitari robusti, ben
strutturati e universalistici, capaci di garantire una copertura sanitaria
diffusa e di qualità. Tuttavia, anche in questi paesi si registrano in alcuni
casi lievi flessioni che, pur non compromettendo il quadro complessivo,
meritano attenzione. Piccole variazioni potrebbero indicare difficoltà locali,
come carenze di personale in aree periferiche, aumento dei parti domiciliari
non assistiti o effetti delle restrizioni imposte dalla pandemia di COVID-19.
Alcuni esempi significativi includono l’Austria, che passa dal 98.4% nel 2019
al 98.0% nel 2021, il Canada, che scende dal 98.1% al 97.6%, e la Nuova
Zelanda, che registra una flessione più marcata dal 96.5% al 94.5% nel 2020,
con una lieve ripresa nel 2021. Queste riduzioni potrebbero essere legate alla
riorganizzazione dei servizi sanitari durante l’emergenza pandemica, alla
riluttanza delle donne ad accedere agli ospedali per timore del contagio, o
alla riduzione della disponibilità di personale qualificato temporaneamente
assegnato ad altri reparti. Un caso particolarmente critico è rappresentato dal
Messico, che evidenzia un calo preoccupante nella proporzione di nascite
assistite. Dal 2019 al 2021 si osserva una discesa dal 89.4% all’85.1%, con una
leggera ripresa all’87.5% nel 2022. Questo declino può essere spiegato da
diversi fattori, tra cui le difficoltà strutturali del sistema sanitario
messicano, le disuguaglianze territoriali e socioeconomiche, la presenza di
comunità rurali e indigene con scarso accesso ai servizi, e l’impatto della
pandemia che ha ulteriormente aggravato le criticità preesistenti. La crescita
di parti domiciliari non assistiti, per motivi culturali, logistici o
economici, potrebbe anch’essa avere influito negativamente. In questo contesto,
è fondamentale che le autorità sanitarie messicane rafforzino le politiche
pubbliche volte all’equità nell’accesso ai servizi e potenzino le strutture
ostetriche nelle regioni meno servite. Diversamente dal Messico, altri paesi dell’America
Latina mostrano performance positive. In particolare, Cile, Costa Rica e
Colombia si mantengono su livelli molto elevati. Il Cile registra una copertura
del 99.8% per due anni consecutivi, la Costa Rica oscilla tra il 98.8% e il
99.2%, e la Colombia, pur evidenziando una lieve flessione, rimane tra il 97.5%
e il 98.8%. Questi dati sono incoraggianti e mostrano che, nonostante le
disuguaglianze interne, i sistemi sanitari di questi paesi riescono a garantire
un servizio ostetrico qualificato su ampia scala. Tuttavia, come dimostra
l’esperienza messicana, è necessario monitorare attentamente le tendenze e
intervenire tempestivamente per correggere eventuali squilibri. È importante
sottolineare che l’indicatore considerato misura esclusivamente la presenza di
personale sanitario qualificato, senza fornire informazioni sulla qualità
dell’assistenza prestata. Nei paesi ad alto reddito, la sola presenza del
personale non è sempre garanzia di una cura adeguata, specialmente in presenza
di differenze strutturali tra strutture ospedaliere, disparità regionali, e
accesso ineguale tra diverse categorie sociali. In alcuni casi, l’assistenza al
parto può risentire di pratiche obsolete, carenza di aggiornamento
professionale, o di modelli organizzativi che non pongono al centro la donna e
le sue esigenze. Dunque, per garantire davvero la riduzione della mortalità
materna, è necessario combinare quantità e qualità del servizio. Non meno
rilevante è la questione dei paesi che non riportano dati completi. Alcuni, come
la Corea del Sud, l’Islanda e la Turchia, presentano lacune nei dati per uno o
più anni, limitando così la possibilità di un’analisi continua e comparativa.
Questo pone l’accento sull’importanza del rafforzamento dei sistemi statistici
nazionali, della trasparenza dei dati e della capacità istituzionale di
raccogliere, aggiornare e diffondere informazioni attendibili. In assenza di
dati aggiornati, è difficile monitorare i progressi e individuare eventuali
segnali di allarme. Guardando al 2030, appare evidente che molti paesi sono
sulla buona strada per raggiungere l’obiettivo implicito dell’indicatore,
ovvero una copertura prossima al 100% di nascite assistite. Tuttavia, il
successo finale dipenderà dalla capacità di mantenere questi alti livelli anche
in situazioni di crisi, di colmare le disuguaglianze interne, di investire
nella qualità dei servizi, e di garantire un accesso universale e gratuito alle
strutture sanitarie. È fondamentale promuovere la formazione continua del
personale ostetrico e sanitario, valorizzare il parto rispettoso, ridurre la
medicalizzazione eccessiva laddove non necessaria, e coinvolgere attivamente le
donne nella scelta delle modalità di assistenza. La salute materna non può
essere considerata solo una questione tecnica, ma deve essere inserita in un
quadro più ampio di diritti umani, equità sociale e partecipazione. I dati
relativi alla proporzione di nascite assistite da personale sanitario
qualificato per il periodo 2019–2023 offrono uno spaccato incoraggiante della
situazione nei paesi OCSE e in alcune nazioni dell’America Latina. Tuttavia,
mostrano anche che il mantenimento e il miglioramento dei risultati raggiunti
richiede impegno, vigilanza e investimenti continui. Solo così sarà possibile
garantire, entro il 2030, non solo un parto assistito, ma un parto sicuro,
rispettoso e umano per tutte le donne, ovunque esse si trovino.
Fonte: OCSE
Link: www.oecd.org
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