Welfare in trasformazione: l’equilibrio tra spesa pubblica e privata nei sistemi di protezione sociale
Il tema del
welfare, nelle sue componenti pubblica e privata, si colloca oggi al centro del
dibattito economico e sociale globale, in un contesto segnato da incertezze,
crisi ricorrenti e cambiamenti demografici profondi. A partire dal 2010,
l’evoluzione della spesa sociale, sia pubblica sia privata, offre una chiave di
lettura fondamentale per comprendere come gli Stati e le società abbiano
affrontato le sfide della sostenibilità, dell’equità e della resilienza. L’analisi
seguente si propone di analizzare in prospettiva comparata i dati relativi alla
spesa sociale nei paesi OCSE e in alcune economie non appartenenti
all’organizzazione, con particolare attenzione agli effetti della pandemia di
COVID-19 e alle trasformazioni in atto nei modelli di protezione sociale.
Nella prima
parte del testo viene esaminato l’andamento della spesa sociale pubblica in
percentuale del PIL, mettendo in luce le strategie adottate dai diversi paesi
nel corso del tempo. Emergono differenze marcate tra i modelli
social-democratici europei, nei quali il welfare pubblico rimane predominante,
e altri sistemi in cui l’intervento statale si è rivelato più flessibile o
limitato, anche in risposta alla crisi pandemica. Si osservano, inoltre,
percorsi di convergenza nei paesi emergenti, dove il rafforzamento della spesa
pubblica ha rappresentato una risposta necessaria alle disuguaglianze
esacerbate dalla crisi sanitaria.
La seconda
parte si concentra invece sulla spesa sociale privata, evidenziando il ruolo
crescente di strumenti assicurativi obbligatori e volontari, soprattutto nei
paesi anglosassoni e in alcune economie ad alto reddito. Il confronto tra le
due componenti – pubblica e privata – permette di cogliere le logiche di
complementarità o sostituzione nei diversi contesti nazionali, offrendo spunti
di riflessione sul futuro dei sistemi di welfare in una fase storica in cui
sostenibilità, inclusione e innovazione sociale rappresentano sfide sempre più
urgenti.
Welfare pubblico e pandemia: come gli
Stati hanno risposto alla crisi sanitaria e sociale
L’evoluzione della spesa sociale pubblica in
percentuale del PIL dal 2010 al 2024 rivela tendenze significative nei modelli
di welfare pubblico a livello globale, con profonde implicazioni per le
politiche economiche, sociali e fiscali. Il dataset include la quota di spesa
sociale pubblica per la maggior parte dei paesi OCSE e per alcune economie non
appartenenti all’OCSE, come Bulgaria, Croazia, Romania e Perù. Attraverso
l’analisi dei dati, emergono dinamiche strutturali, cicliche e occasionali, con
l’impatto della pandemia di COVID-19 che ha rappresentato un punto di svolta
nel breve termine. Nel lungo arco temporale osservato, la media OCSE mostra una
certa stabilità con oscillazioni contenute fino al 2019, seguite da
un’impennata nel 2020, dovuta chiaramente all’intervento pubblico straordinario
per fronteggiare la crisi pandemica. Si passa da un valore medio del 20.3% del
PIL nel 2019 al 23.3% nel 2020, con un lieve ridimensionamento nei due anni
successivi, assestandosi su un 22.1% nel 2021 e 20.5% nel 2022. Questa dinamica
è ricorrente in quasi tutti i paesi OCSE e testimonia come gli Stati abbiano
messo in campo risorse eccezionali per il sostegno a famiglie, imprese, sanità
pubblica e sussidi di disoccupazione. Paesi come Francia, Belgio, Finlandia e
Austria si confermano tra quelli con i più alti livelli di spesa pubblica
sociale lungo tutto il periodo. La Francia, in particolare, mantiene
costantemente una quota superiore al 30%, raggiungendo un picco del 34.7% nel
2020. Anche in Austria e Finlandia si osservano livelli superiori al 30% negli
anni recenti, a dimostrazione della solidità e dell’ampiezza dei loro sistemi
di welfare. Questo conferma il ruolo del welfare come pilastro dello Stato nei
modelli social-democratici e misti dell’Europa continentale. Interessante è la
dinamica dei paesi nordici. La Danimarca, che nel 2010 si attestava al 29.9%,
registra una leggera discesa nel decennio seguente, toccando il 25.5% nel 2022.
Simile la traiettoria della Svezia, che pur partendo da un valore alto (26.8%)
mostra un calo progressivo fino al 25.3% nel 2022, per poi recuperare
leggermente. Questi cali potrebbero derivare da una combinazione di fattori:
politiche di efficienza della spesa, riforme dei sistemi previdenziali e sanità
digitale che riducono i costi senza compromettere i servizi. Un caso notevole è
quello della Germania, la cui spesa è rimasta relativamente stabile tra il 25%
e il 27%, fino al picco del 29.5% nel 2020, per poi rientrare gradualmente.
Questa stabilità riflette un bilancio attento tra sostenibilità fiscale e
protezione sociale, rafforzato dalla forza economica del paese e dalla
disciplina di bilancio pre-pandemica. Molto marcata è la traiettoria
dell’Italia, che mostra un incremento progressivo fino al 2020, dove si
registra un picco al 32.5%, con una lieve discesa nei due anni seguenti. Questo
andamento è coerente con la maggiore pressione sul sistema sanitario e
pensionistico e con le politiche di emergenza adottate dal governo per
sostenere il tessuto sociale ed economico del paese. Nel Regno Unito, la spesa
sociale pubblica è passata da valori attorno al 25% nel 2010 a una flessione
costante fino al 22.2% nel 2018, prima di risalire bruscamente durante la
pandemia, con un picco del 25.6% nel 2020. Questo trend suggerisce una fase di
contenimento della spesa nel periodo pre-COVID, probabilmente legata a
politiche di austerità, seguita da una risposta di tipo keynesiano durante la
crisi. Nei paesi extra-europei, si osservano dinamiche interessanti. Gli Stati
Uniti mostrano valori relativamente più bassi, con una media intorno al 18–19%
del PIL, ma con un significativo aumento nel 2020 (23.7%), seguito da un
ridimensionamento. Il modello americano, fortemente dipendente dalla spesa
privata, spiega questi valori, ma l’intervento pubblico durante la pandemia ha
segnato un’eccezione, mettendo in luce la capacità dello Stato di espandere il
suo ruolo in momenti critici. Il Giappone presenta un andamento più regolare,
con una spesa che oscilla intorno al 21–22% e che si intensifica nel 2020 e
2021 fino a superare il 25%. Questo andamento è in parte legato
all’invecchiamento della popolazione giapponese, che comporta una crescente
spesa per pensioni e assistenza sanitaria. Nel caso della Corea del Sud, si
nota una trasformazione più strutturale: partendo da livelli bassissimi nel
2010 (7.4%), la spesa sociale pubblica raddoppia entro il 2021 (15.2%) e
prosegue la crescita nel 2022 e 2023. Questo rappresenta uno dei casi più
interessanti di convergenza verso un modello di welfare più completo, con lo
Stato che assume progressivamente un ruolo maggiore nella protezione sociale. In
America Latina, i dati di Cile, Colombia, Costa Rica e Messico mostrano
tendenze generalmente positive, ma con forti oscillazioni legate alla
volatilità economica e all’instabilità politica. In Cile, ad esempio, la spesa
pubblica cresce fino al 2021 (19.6%) per poi calare, mostrando un’elevata
reattività agli eventi di crisi. Anche in Colombia si assiste a un aumento fino
al 2020 (16.8%), ma già nel 2022 la quota si riduce al 13.6%. Costa Rica e
Messico mostrano valori più contenuti, ma con segnali di crescita che
potrebbero preannunciare un rafforzamento dei sistemi di welfare in futuro. Tra
i paesi dell’Europa orientale, si evidenziano percorsi di consolidamento. Polonia,
Slovacchia, Slovenia e Lituania mostrano una progressione graduale con
un’accelerazione nel 2020, seguita da un leggero ridimensionamento. In
particolare, la Polonia raggiunge il 23.5% nel 2020, seguita da un calo, ma si
mantiene sopra i livelli pre-pandemici. Anche la Slovenia mostra un aumento dal
22.9% del 2015 fino al 25.2% nel 2020, stabilizzandosi attorno al 23% negli
anni successivi. Infine, alcuni paesi extra-OCSE come Bulgaria, Romania,
Croazia e Perù mostrano dinamiche differenziate. Bulgaria e Romania si muovono
entro una fascia compresa tra il 14% e il 20%, con picchi nel 2020 che
rispecchiano la tendenza globale. La Croazia mantiene una spesa attorno al 20%,
con una punta del 23.5% nel 2020. Perù rappresenta un caso atipico con livelli
molto bassi (6–9%) e un sistema di welfare pubblico ancora in fase embrionale. In
sintesi, la spesa sociale pubblica in rapporto al PIL mostra una notevole
resilienza e capacità di adattamento durante i periodi di crisi, in particolare
durante la pandemia. I dati confermano che, al di là delle differenze nei
livelli assoluti, tutti i paesi analizzati hanno fatto ricorso alla spesa
pubblica per sostenere la coesione sociale. Tuttavia, emergono anche importanti
differenze strutturali tra paesi con welfare maturo e sistemi in via di
sviluppo. L’esperienza recente solleva interrogativi sulla sostenibilità di
lungo termine di questi livelli di spesa, sull’efficacia dell’allocazione delle
risorse e sulla necessità di riforme strutturali in molti paesi per assicurare protezione
sociale in un contesto di invecchiamento demografico, transizione digitale e
cambiamento climatico. La sfida futura sarà quella di mantenere questi standard
di protezione sociale, garantendo allo stesso tempo stabilità macroeconomica e
inclusione sociale.
Dove
finisce lo Stato e inizia il mercato: il ruolo della spesa sociale privata nel
welfare contemporaneo
L’analisi
della spesa sociale privata, sia obbligatoria sia volontaria, in percentuale
del PIL, rivela una dimensione spesso trascurata ma fondamentale nei sistemi di
welfare: il ruolo del settore privato nel garantire prestazioni sociali. In
questo ambito, le differenze tra paesi risultano particolarmente marcate e
strettamente collegate alla struttura del sistema di protezione sociale, alla
cultura del welfare, al livello di reddito e alla fiducia nelle istituzioni
pubbliche.
I dati
mostrano che in alcuni paesi, come Stati Uniti, Svizzera, Paesi Bassi e
Australia, la componente privata della spesa sociale raggiunge livelli
significativi, a volte superiori al 10% del PIL. Gli Stati Uniti, ad esempio,
mantengono stabilmente una spesa privata intorno all’11–13% del PIL nel periodo
considerato, con un picco del 12.8% nel 2021. Questo riflette un modello di
welfare in cui il ruolo dello Stato è limitato e dove l’assicurazione sanitaria
privata, i fondi pensione e altri strumenti di protezione sono largamente
diffusi e incentivati fiscalmente. In questo contesto, il cittadino è spesso
chiamato a finanziare in maniera autonoma buona parte delle prestazioni
sociali, anche se in alcuni casi queste spese sono obbligatorie o fortemente
regolamentate.
La Svizzera
e i Paesi Bassi rappresentano altri esempi di modelli misti, dove la spesa
privata gioca un ruolo complementare ma essenziale. In Svizzera la quota è in
costante crescita, passando da 11.0% nel 2010 a 13.5% nel 2020, leggermente
ridotta nel 2021 ma comunque su livelli molto alti. Questo è coerente con un
sistema di assicurazioni obbligatorie private, in particolare in ambito
sanitario, che richiedono ai cittadini il pagamento di premi consistenti. Anche
nei Paesi Bassi si osservano livelli elevati, sopra l’11%, in un sistema
caratterizzato da un mix tra copertura universale e gestori privati che
competono sotto regole pubbliche.
In Australia
e Canada si registra una crescita costante della spesa privata sociale nel
tempo. L’Australia passa dal 4.3% del 2010 a un massimo di 6.5% nel 2019, per
poi contrarsi leggermente nel 2021. Questo aumento è indicativo di una
crescente dipendenza da fondi pensione privati, assicurazioni sanitarie e altri
strumenti volontari o semi-obbligatori. Simile è il caso del Canada, che
registra una crescita dal 4.4% a oltre il 6%, prima di una leggera contrazione
recente. Questi paesi riflettono un modello di welfare in cui lo Stato
garantisce un livello minimo di protezione, mentre l’integrazione delle
prestazioni avviene su base individuale o aziendale.
Di contro,
numerosi paesi europei, in particolare quelli dell’Europa orientale e
mediterranea, mostrano livelli molto bassi di spesa sociale privata. In Italia,
Grecia, Spagna, Portogallo e nei paesi dell’Est come Slovacchia, Lituania,
Lettonia e Ungheria, la spesa privata non supera quasi mai il 2% del PIL.
Questo riflette una maggiore centralità del settore pubblico nella gestione del
welfare e una minore penetrazione del mercato assicurativo privato. Nei paesi
dell’Est Europa, i valori molto bassi, come lo 0.3% della Polonia o lo 0.1%
della Romania, evidenziano anche un minor livello di reddito disponibile e una
minore maturità dei mercati finanziari.
Un caso
interessante è quello della Francia e della Germania, che pur avendo sistemi
pubblici molto robusti, mantengono una quota significativa di spesa privata,
intorno al 3–4%. In Francia, si evidenzia un leggero aumento negli anni
centrali, con un massimo del 4.3% nel 2014 e una successiva stabilizzazione. In
Germania la spesa cresce gradualmente, toccando il 3.8% nel 2020. Questi valori
suggeriscono la presenza di strumenti integrativi, come assicurazioni sanitarie
complementari, fondi pensione privati e coperture contro la perdita di
autosufficienza, che pur non essendo centrali nel modello di welfare,
rappresentano un sostegno importante per il cittadino medio.
I paesi
nordici mostrano una variabilità interessante. La Danimarca parte da un livello
elevato (4.7% nel 2010), ma nel tempo si assiste a una leggera flessione fino
al 3.4% nel 2021. La Svezia, al contrario, cresce gradualmente da un valore di
partenza del 2.4% fino a 2.8%. La Finlandia resta più stabile intorno all’1.5%.
Queste differenze riflettono approcci nazionali differenti alla
complementarietà tra pubblico e privato, anche all’interno di sistemi simili
per filosofia. Nei paesi nordici, le prestazioni pubbliche sono così ampie e
generose che la domanda di protezione aggiuntiva privata resta limitata,
sebbene esista.
Un altro
caso emblematico è quello del Regno Unito, dove la spesa privata si mantiene
attorno al 4% con una lieve tendenza alla crescita fino al 2020. In Irlanda, al
contrario, si osserva un progressivo calo: dal 3.2% nel 2013 si scende all’1.6%
nel 2021. Questo potrebbe essere legato a una maggiore estensione delle
prestazioni pubbliche o a una diminuzione della capacità di spesa della
popolazione a causa di crisi economiche e inflazione.
Nel caso
dell’Asia, il Giappone registra un lieve declino della spesa privata, da 3.4%
nel 2010 a 3.1% nel 2021, mentre la Corea mostra una crescita costante,
passando da 1.9% a 3.6% nello stesso periodo. In Corea del Sud questo andamento
rispecchia la trasformazione in corso del welfare nazionale: con
l’invecchiamento della popolazione e la transizione verso uno Stato sociale più
robusto, la componente privata sta ancora colmando lacune strutturali del
settore pubblico.
Anche in
America Latina emergono tendenze rilevanti. In Cile la spesa privata cresce
fino al 4.3% nel 2020, per poi ridursi leggermente. In Colombia si nota una
progressione lenta ma costante da 1.6% a 2.6%, mentre in Costa Rica la crescita
è più modesta, raggiungendo l’1.1% nel 2021. Questi numeri indicano un
progressivo ricorso a coperture private, spesso per sanità e pensioni, in paesi
in cui il welfare pubblico non riesce a garantire livelli di servizio adeguati
per tutta la popolazione.
Il dato
medio OCSE, che si attesta attorno al 2.7–3.1% del PIL, riflette un equilibrio
complesso tra due modelli: da un lato quelli che fanno largo uso della spesa
sociale privata, spesso su base obbligatoria (come USA, Olanda, Svizzera), e
dall’altro quelli che puntano quasi esclusivamente sulla spesa pubblica (come i
paesi scandinavi e l’Europa meridionale). L’andamento medio mostra una lieve
tendenza alla crescita fino al 2020, quando si tocca il 3.1%, con una leggera flessione
l’anno successivo.
Infine, nei
paesi non OCSE, la spesa privata resta generalmente molto bassa. Romania e
Bulgaria si attestano costantemente intorno allo 0.1–0.7%, Perù sale lentamente
fino allo 0.9%, mentre la Croazia raggiunge lo 0.7% nel 2021. Questo conferma
che nei sistemi di welfare meno sviluppati, le prestazioni sociali private, pur
essendo in crescita, sono ancora marginali rispetto al complesso della
protezione sociale.
In sintesi,
l’analisi della spesa sociale privata evidenzia profonde divergenze nei modelli
di welfare e nella distribuzione del rischio sociale tra pubblico e privato.
Nei paesi anglosassoni e in alcune economie avanzate europee, il privato svolge
un ruolo centrale e strutturato; in altri paesi, invece, resta marginale o
complementare. Le tendenze attuali suggeriscono che, sebbene la spesa pubblica
resti la colonna portante del welfare in gran parte del mondo, la componente
privata continuerà a crescere, specie nei settori della sanità, delle pensioni
integrative e dell’assistenza a lungo termine, in risposta all’invecchiamento
della popolazione e alla pressione sui bilanci pubblici.
L’analisi
congiunta della spesa sociale pubblica e privata nel periodo 2010–2022 restituisce
un’immagine articolata e dinamica dei sistemi di welfare nei paesi OCSE e in
alcune economie emergenti. L’evidenza empirica mostra chiaramente che la spesa
pubblica ha rappresentato lo strumento principale di risposta alla crisi
pandemica, con un aumento diffuso e temporaneo degli investimenti sociali da
parte degli Stati. Questo riflette non solo la capacità di intervento del
settore pubblico, ma anche il suo ruolo imprescindibile nella protezione
sociale nei momenti di maggiore vulnerabilità collettiva. Tuttavia, la
sostenibilità di tali livelli di spesa nel lungo periodo resta una questione
aperta, soprattutto in presenza di debiti pubblici crescenti e di nuove sfide
globali, come l’invecchiamento demografico e il cambiamento climatico.
Parallelamente,
la spesa sociale privata si configura come un elemento sempre più rilevante in
determinati contesti nazionali, soprattutto nei paesi ad alto reddito dove il
welfare assume una forma mista. In queste economie, strumenti assicurativi
obbligatori e volontari hanno rafforzato la capacità del sistema di adattarsi,
ma al tempo stesso sollevano interrogativi sulla giustizia distributiva e
sull’universalità dell’accesso. La coesistenza tra pubblico e privato non è
sempre sinonimo di complementarità virtuosa: in alcuni casi può generare
segmentazione e disuguaglianze. Il futuro dei sistemi di welfare richiederà
dunque una riflessione profonda sulle modalità di finanziamento e sulla
ripartizione delle responsabilità tra Stato, mercato e cittadini, in un equilibrio
nuovo tra efficienza, equità e solidarietà sociale.
Fonte: OCSE
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