Il raggiungimento della parità di genere è un
obiettivo fondamentale dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile, codificato
nel Goal 5 delle Nazioni Unite, che mira a porre fine a ogni forma di
discriminazione contro donne e ragazze, ovunque nel mondo. L’indicatore 5.1.1
si concentra sull’esistenza e l’efficacia dei quadri giuridici nazionali che
regolano i diritti delle donne e delle ragazze in quattro aree chiave: (1) i
quadri legislativi generali e la partecipazione alla vita pubblica, (2) la
violenza contro le donne, (3) i diritti matrimoniali e familiari, (4) l’accesso
al lavoro e ai benefici economici. Analizzando i dati per il 2022, relativi a
un ampio numero di paesi dell’OCSE e oltre, emergono tendenze interessanti e
disuguaglianze persistenti. Paesi come Australia, Germania, Spagna, Svezia e
Paesi Bassi evidenziano punteggi altissimi in tutte le aree, raggiungendo il
100% in molti ambiti, a testimonianza di una struttura giuridica avanzata per
la protezione e la promozione della parità. In particolare, Spagna e Svezia
raggiungono punteggi perfetti in tutte le quattro dimensioni, dimostrando una
coerenza sistemica tra norme costituzionali, protezione contro la violenza di
genere, parità economica e diritti civili. Tuttavia, sebbene il punteggio legale
sia alto, non si può automaticamente concludere che l’effettiva uguaglianza sia
garantita nella pratica, in quanto le leggi devono essere efficacemente
implementate, monitorate e sostenute da cambiamenti culturali e istituzionali.
In altri paesi, come Giappone, Israele e Corea del Sud, i punteggi in alcune
aree restano significativamente più bassi. Ad esempio, in Giappone il quadro
giuridico per la partecipazione pubblica e la vita politica delle donne si
ferma a un modesto 60%, suggerendo una persistente resistenza strutturale
all’equità politica e rappresentativa. Anche i punteggi nel campo
dell’occupazione sono bassi, fermi al 70%, indicando che, nonostante le recenti
riforme per l’inclusione femminile nel mercato del lavoro, le disuguaglianze
giuridiche e sistemiche persistono. Israele presenta un dato ancor più critico
nel quadro legislativo generale (54.55%), il più basso tra i paesi esaminati,
evidenziando l’urgenza di riforme legali che garantiscano una piena inclusione
delle donne nella sfera pubblica. La situazione in America Latina appare
variegata. Paesi come Colombia e Costa Rica presentano quadri giuridici
complessivamente solidi, con punteggi alti in tutte le aree, specialmente nella
protezione contro la violenza e nei diritti familiari. In Costa Rica, ad
esempio, il punteggio nella sfera del matrimonio e della famiglia è del 100%,
così come nell’area dell’impiego nel 2022. Tuttavia, nonostante il quadro
legale avanzato, l’effettiva implementazione delle leggi può essere ostacolata
da risorse limitate, disuguaglianze culturali e ostacoli istituzionali. In
Cile, ad esempio, pur avendo un 100% nell’area della protezione contro la
violenza, i punteggi per i diritti matrimoniali restano fermi al 63.64%,
evidenziando un ritardo nella revisione di norme patriarcali che incidono sul
ruolo giuridico delle donne nelle relazioni familiari. In Europa orientale, i
paesi come Repubblica Ceca, Slovacchia e Ungheria mostrano un andamento
contrastante. Se da un lato le protezioni contro la violenza sono generalmente
alte (spesso al 100%), dall’altro i quadri legali generali e la parità nei
diritti familiari sono meno sviluppati, con punteggi tra il 70 e l’81%. Questo
suggerisce che la lotta alla violenza di genere è stata una priorità politica e
giuridica, ma che persistono resistenze nell’estendere le riforme a tutte le
sfere della vita sociale. Un elemento interessante riguarda l’area dei
“benefici economici e dell’occupazione”, dove si notano risultati molto
eterogenei: mentre paesi come Germania, Spagna, Svezia e Paesi Bassi hanno
raggiunto il 100%, molti altri, inclusi paesi avanzati come Giappone, Israele e
gli Stati Uniti, si attestano tra il 70 e l’80%. Questo divario sottolinea la
difficoltà persistente di tradurre la parità giuridica in condizioni lavorative
eque, con normative che spesso non affrontano adeguatamente temi come la parità
salariale, il congedo parentale equo e l’accesso alle posizioni apicali. Anche
gli Stati Uniti, che presentano punteggi relativamente alti (80% o superiore)
nelle quattro aree nel 2022, evidenziano margini di miglioramento, soprattutto
nella sfera della vita pubblica, dove il punteggio si ferma al 70%. Inoltre, va
osservato che l’approccio americano alla parità tende a essere meno
centralizzato rispetto ai modelli europei, affidando spesso ai singoli stati
competenze cruciali che possono generare disuguaglianze regionali. In Africa e
Asia, anche se non coperti estesamente dal set di dati in esame, i dati globali
mostrano che le riforme legislative stanno procedendo a velocità diverse. In
paesi come Ruanda, Tunisia o le Filippine (non inclusi nei dati sopra), i
progressi sono stati significativi, ma ancora troppo frammentari per garantire
un’efficace parità. A livello globale, emerge quindi una dicotomia: da un lato,
un numero crescente di paesi ha istituito leggi per garantire formalmente la
parità; dall’altro, la qualità di queste leggi, la loro attuazione, e
soprattutto la coerenza tra i diversi ambiti legislativi, varia notevolmente.
L’area che registra i punteggi più alti in media tra i paesi è la protezione
contro la violenza sulle donne, spesso con punteggi vicini al 100%. Questo può
riflettere l’effetto positivo di movimenti globali come #MeToo, che hanno
sensibilizzato governi e opinione pubblica sull’urgenza di adottare misure
concrete contro la violenza di genere. Tuttavia, come sottolineano molte ONG,
il fatto di avere leggi contro la violenza non significa necessariamente che le
donne si sentano protette o che possano accedere facilmente alla giustizia. Il
secondo ambito con i punteggi generalmente più alti è quello dei diritti
economici, con numerosi paesi che raggiungono il 100%, come Germania,
Australia, Lituania, Paesi Bassi e Spagna. Questo mostra un riconoscimento
sempre più ampio dell’importanza di una piena partecipazione femminile alla
vita economica, anche se persistono difficoltà nell’accesso effettivo a ruoli
dirigenziali, nella lotta al gender pay gap e nella condivisione del carico
domestico. Le aree con punteggi più bassi sono tipicamente quelle dei quadri
giuridici generali e della vita pubblica, dove i punteggi sono frequentemente
compresi tra 60 e 80 anche nei paesi avanzati. Questo suggerisce che,
nonostante l’avanzamento di norme settoriali, manca ancora una coerenza
costituzionale o legislativa piena, che sancisca in modo inequivocabile la
parità in tutte le sfere della vita politica, istituzionale e sociale. Infine,
l’area del matrimonio e della famiglia si rivela spesso un terreno controverso,
dove norme tradizionali e influenze religiose rallentano l’adozione di leggi
pienamente paritarie. Qui, si registrano i maggiori ritardi anche in paesi
economicamente avanzati: in Cile e Islanda, ad esempio, i punteggi restano
bassi o altalenanti. In sintesi, il quadro globale offre un panorama in
movimento: sebbene le leggi sulla parità di genere siano oggi presenti in quasi
tutti i paesi del mondo, la loro qualità, estensione, coerenza e attuazione
restano eterogenee. L’obiettivo 5.1 dell’Agenda 2030 potrà essere raggiunto
solo con un impegno sistemico che vada oltre l’adozione formale delle norme e
punti a un cambiamento strutturale delle istituzioni, delle pratiche culturali
e delle politiche pubbliche. Servono investimenti nell’educazione civica e
giuridica, meccanismi di monitoraggio indipendenti, formazione del personale
giudiziario e dell’amministrazione pubblica, nonché politiche che rendano
effettivamente esigibili i diritti sanciti sulla carta. Solo così il diritto
alla parità potrà diventare una realtà quotidiana, e non un obiettivo distante.
Fonte: OCSE
Link: www.oecd.org
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