L’analisi
della spesa sociale in percentuale del PIL tra il 2011 e il 2021 per i paesi
OCSE offre uno spaccato ricco e complesso delle scelte politiche e delle
condizioni socio-economiche dei vari Stati. I dati mostrano come, nonostante le
differenze strutturali tra economie avanzate ed emergenti, vi siano stati trend
comuni influenzati da fattori esterni quali la crisi economica post-2008,
l’austerità, e soprattutto la pandemia di COVID-19. Il confronto tra paesi
rivela sia percorsi consolidati che cambiamenti improvvisi, spesso legati a
eventi eccezionali.
Un primo
aspetto da considerare è la forte variazione nella spesa sociale tra i paesi
OCSE. Alcuni paesi, come la Francia, gli Stati Uniti e la Germania, hanno
livelli di spesa molto elevati. La Francia si colloca stabilmente al primo
posto con una spesa sociale che supera il 30% del PIL in tutti gli anni
considerati, arrivando al 32% nel 2021. Questo riflette un modello di welfare
molto sviluppato, con ampie coperture previdenziali, sanitarie e assistenziali.
Anche gli Stati Uniti presentano livelli alti, con una crescita costante da
28.9% nel 2011 fino a 33.2% nel 2021. È interessante notare come questo
incremento, pur in un sistema spesso descritto come meno universalistico
rispetto ai modelli europei, rifletta il peso crescente delle spese per la
sanità, soprattutto a seguito della pandemia.
In Germania
la spesa sociale è passata da 25.3% nel 2011 a 28.5% nel 2021. Questa crescita
è moderata ma continua, sintomo di un sistema di welfare consolidato e di una
popolazione in progressivo invecchiamento che richiede maggiori risorse per
pensioni e cure sanitarie. Un discorso analogo può essere fatto per l’Italia,
che passa da 23.8% a 26.5%, mostrando una traiettoria simile a quella tedesca
anche se su valori leggermente inferiori.
L’influenza
della pandemia emerge con forza nei dati del 2021, anno in cui molti paesi
registrano picchi nella spesa sociale. È evidente in paesi come l’Austria, che
dal 25.6% nel 2019 balza al 29.4% nel 2021, oppure in Corea, che da 14.5% nello
stesso anno sale a 18.7%, con un incremento impressionante. Questi aumenti si
spiegano con le misure straordinarie adottate dai governi per sostenere
famiglie, lavoratori e imprese durante i lockdown e la crisi sanitaria. Il caso
del Cile è emblematico: dal 14.4% del 2019 passa al 20.9% nel 2021, mostrando
una risposta vigorosa a un’emergenza che ha messo in luce le fragilità del
sistema di protezione sociale latinoamericano.
Anche altri
paesi emergenti, come la Colombia e la Lituania, mostrano un incremento marcato
nel periodo finale, con la Colombia che raggiunge il 17.4% nel 2021 e la Lituania
il 17.7%, partendo da valori precedenti significativamente più bassi o non
disponibili. Ciò potrebbe rappresentare l’inizio di una fase di rafforzamento
strutturale del welfare, sollecitata da una pressione sociale crescente in
tempi di crisi.
Tra i paesi
nordici, noti per l’alto livello di spesa pubblica e di protezione sociale, si
registrano invece trend più stabili o persino in leggera flessione. La
Danimarca, per esempio, passa da un picco del 26.7% nel 2013 al 24.4% nel 2021,
segnalando forse un contenimento della spesa oppure una crescita del PIL che ha
ridimensionato la quota relativa. In Norvegia, dopo una crescita fino al 22.4%
nel 2019, si osserva un calo al 20.6% nel 2021. Questo potrebbe essere il
risultato di una ripresa economica più rapida che ha ridotto la necessità di
interventi sociali straordinari.
Un caso
particolare è quello dell’Irlanda, dove la spesa sociale in percentuale del PIL
crolla dal 23.8% del 2011 al 13.3% nel 2019, per poi rimanere quasi stabile nel
2021. Questo calo è in parte spiegabile con la crescita sostenuta del PIL
irlandese, gonfiato dalla presenza di grandi multinazionali e da operazioni
contabili che alterano il rapporto tra spesa e prodotto interno lordo. Il dato,
quindi, va letto con cautela.
Altro
elemento di interesse è rappresentato dai paesi con spesa sociale storicamente
bassa, come il Messico e la Turchia. Il Messico passa dal 7.0% nel 2011 al 9.4%
nel 2021, mentre la Turchia mostra una certa stabilità, con valori attorno
all’11%. In entrambi i casi, la spesa rimane bassa rispetto agli standard OCSE,
riflettendo sistemi di welfare meno sviluppati e una minore capacità
redistributiva. Tuttavia, anche qui si intravedono segnali di crescita,
soprattutto in Messico, dove l’incremento di oltre due punti percentuali in
dieci anni potrebbe indicare un cambiamento di rotta, seppur ancora modesto.
Altri paesi
dell’Europa orientale, come la Polonia, la Slovacchia e l’Estonia, mostrano
incrementi graduali ma costanti. In Polonia si passa dal 16.6% al 18.4%, mentre
in Slovacchia l’aumento è più contenuto. L’Estonia, da 13.9% nel 2011, sale a
16.1% nel 2021. Questi incrementi sono coerenti con il percorso di convergenza
economica con l’Europa occidentale, che comporta anche un ampliamento delle
politiche sociali.
Nel complesso,
la media OCSE mostra una crescita moderata della spesa sociale, passando dal
20.8% del 2011 al 22.6% del 2021. Questo dato aggregato riflette la
combinazione di trend differenti: da un lato, i paesi ad alto reddito che
consolidano o aumentano leggermente la spesa; dall’altro, i paesi emergenti che
partono da livelli più bassi e registrano incrementi più rapidi. La pandemia ha
certamente inciso sul dato medio, ma l’aumento era già in atto in molti paesi
prima del 2020, a conferma di un’evoluzione strutturale dei modelli di welfare.
Un elemento
trasversale in tutti i paesi è il peso crescente delle spese per la salute, le
pensioni e l’assistenza alla popolazione anziana. L’invecchiamento demografico
è un fattore strutturale che spinge in alto la spesa pubblica e impone ai
governi scelte politiche complesse. I dati lo confermano: anche nei paesi in
cui la spesa complessiva non cresce in modo marcato, vi è comunque
un’attenzione costante al mantenimento dei livelli di protezione sociale, con
un focus particolare su sanità e previdenza.
In sintesi,
i dati sulla spesa sociale in rapporto al PIL tra il 2011 e il 2021 raccontano
una storia di progressiva espansione del welfare in risposta sia a tendenze di
lungo periodo sia a shock improvvisi come la pandemia. Mentre nei paesi più
sviluppati si consolida un modello di protezione esteso, in quelli emergenti si
intravede una crescita che potrebbe ridurre nel tempo le disuguaglianze
sociali. Tuttavia, restano aperte numerose sfide: la sostenibilità fiscale di questa
spesa, la sua efficienza, la sua capacità di adattarsi a un mondo del lavoro in
trasformazione e a società sempre più complesse dal punto di vista demografico
e culturale. La spesa sociale, più che un costo, appare come un investimento
cruciale per la coesione sociale e la stabilità economica dei prossimi decenni.
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