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Il futuro della produttività in Italia: tra crisi globali e transizione tecnologica

 

L’analisi del valore aggiunto per unità di lavoro in Italia nel periodo 2014-2023 evidenzia un andamento irregolare della produttività, caratterizzato da una crescita complessiva del 4% ma con oscillazioni significative che riflettono le diverse fasi economiche attraversate dal Paese. Il valore aggiunto per unità di lavoro, espresso a prezzi concatenati del 2020, è passato da 67.732,64 nel 2014 a 70.434,77 nel 2023, con un incremento assoluto di 2.702,13 unità. Tuttavia, questa crescita non è stata lineare e ha risentito di numerosi fattori, tra cui il contesto macroeconomico, le politiche economiche adottate e l’impatto di eventi eccezionali come la pandemia da COVID-19.

Nel primo periodo analizzato, ovvero tra il 2014 e il 2019, si osserva una crescita contenuta e discontinua, che suggerisce un recupero lento e faticoso della produttività dopo la crisi economica degli anni precedenti. Nel 2015 il valore aggiunto per unità di lavoro cresce di appena 40,2 unità, pari a uno 0,1%, un incremento minimo che riflette un contesto economico ancora incerto. Nel 2016 si registra una lieve flessione di -71,1 unità (-0,1%), segno che la crescita della produttività rimane fragile e suscettibile a fattori esterni. Tuttavia, nel 2017 si verifica un aumento più significativo, pari a 600,3 unità (+0,9%), che potrebbe essere associato a un miglioramento delle condizioni economiche generali e a una maggiore efficienza produttiva. Nel 2018 e nel 2019 la crescita riprende a ritmi più moderati, con incrementi rispettivamente di 72,9 unità (+0,1%) e 315,8 unità (+0,5%). Complessivamente, questa prima fase mostra un’economia in lenta ripresa, con una produttività che migliora ma senza slanci significativi. Il fatto che la crescita sia stata moderata suggerisce che il sistema produttivo italiano ha incontrato difficoltà nel rafforzare la propria competitività e nel favorire un incremento strutturale dell’efficienza.

La seconda fase, che va dal 2020 al 2021, è segnata da forti oscillazioni dovute all’impatto della pandemia da COVID-19. Nel 2020 si registra un aumento eccezionale di 2.265 unità (+3,3%), che rappresenta il maggiore incremento dell’intero periodo analizzato. Questo dato può essere interpretato come il risultato di diversi fattori: la riduzione delle ore lavorate, dovuta alle chiusure e alle restrizioni imposte per contenere il virus, ha portato a una temporanea crescita della produttività per lavoratore, poiché le imprese hanno mantenuto attive solo le attività più efficienti e produttive. Inoltre, le misure di sostegno economico adottate dal governo, come la cassa integrazione e i finanziamenti alle imprese, hanno contribuito a mantenere in funzione una parte del sistema produttivo nonostante la crisi. Tuttavia, nel 2021 si verifica una contrazione di -417,2 unità (-0,6%), che può essere spiegata dalla ripresa dell’occupazione e dalla normalizzazione dell’attività economica. Con il ritorno a livelli di produzione più stabili e l’uscita graduale dalle misure di emergenza, il valore aggiunto per unità di lavoro è tornato a diminuire, segnalando che la crescita del 2020 era in parte artificiale e legata a circostanze straordinarie.

La terza fase, che comprende il biennio 2022-2023, mostra una ripresa seguita da una nuova contrazione. Nel 2022 il valore aggiunto per unità di lavoro aumenta di 982,5 unità (+1,4%), segnalando una fase di crescita economica post-pandemica. Questo dato suggerisce che il sistema produttivo italiano ha saputo adattarsi alle nuove condizioni di mercato, beneficiando della ripresa della domanda e delle politiche di sostegno economico ancora in atto. Tuttavia, nel 2023 si osserva un calo significativo di -1.086,3 unità (-1,5%), che riporta il valore a livelli inferiori rispetto all’anno precedente. Questo calo potrebbe riflettere il rallentamento economico globale, le tensioni geopolitiche e l’aumento dei costi di produzione, fattori che hanno inciso negativamente sulla competitività del sistema produttivo italiano. Inoltre, l’inflazione elevata e l’aumento dei tassi di interesse potrebbero aver ridotto la capacità delle imprese di investire in innovazione e produttività.

Dal punto di vista della politica industriale, questi dati suggeriscono la necessità di interventi mirati per sostenere la produttività e favorire una crescita più stabile e strutturale. La crescita limitata nel periodo pre-pandemia evidenzia la necessità di politiche volte a stimolare l’innovazione e l’efficienza del sistema produttivo. Le oscillazioni registrate tra il 2020 e il 2023 indicano che l’economia italiana ha risposto in modo reattivo agli shock, ma necessita di maggiore stabilità e resilienza. Una delle principali sfide per il futuro è quella di ridurre la dipendenza da fattori esterni e creare le condizioni per un incremento sostenibile della produttività.

Tra le strategie che possono essere adottate, il rafforzamento delle infrastrutture digitali e l’incentivo alla transizione tecnologica rappresentano elementi fondamentali per migliorare l’efficienza del sistema produttivo. L’automazione e la digitalizzazione dei processi aziendali possono contribuire a ridurre i costi e aumentare la competitività delle imprese italiane. Inoltre, politiche di formazione e aggiornamento delle competenze della forza lavoro possono favorire una maggiore adattabilità del mercato del lavoro alle nuove sfide imposte dalla trasformazione digitale e dalla transizione ecologica.

Un altro aspetto fondamentale è il sostegno agli investimenti in ricerca e sviluppo. L’innovazione rappresenta un motore chiave per la crescita della produttività e per la competitività internazionale delle imprese italiane. Incentivi fiscali e finanziamenti agevolati possono stimolare le aziende a investire in nuove tecnologie e in processi produttivi più efficienti. Inoltre, il rafforzamento della collaborazione tra imprese, università e centri di ricerca può favorire la diffusione delle conoscenze e delle competenze necessarie per affrontare le sfide del futuro.

Infine, è cruciale adottare misure per la riduzione del costo dell’energia e il sostegno alle imprese manifatturiere, che rappresentano un pilastro della produttività nazionale. L’aumento dei prezzi dell’energia ha avuto un impatto significativo sui costi di produzione, penalizzando soprattutto i settori ad alta intensità energetica. Politiche mirate a favorire la transizione verso fonti energetiche rinnovabili e a ridurre la dipendenza dalle importazioni possono contribuire a rendere il sistema produttivo più competitivo e resiliente.

La sfida principale per l’Italia è quella di conciliare competitività e sostenibilità, garantendo un sistema produttivo capace di generare valore in modo stabile e duraturo. La crescita della produttività non può basarsi solo su interventi di emergenza o su fattori congiunturali, ma deve essere sostenuta da riforme strutturali che favoriscano l’innovazione, l’efficienza e la formazione del capitale umano. Solo attraverso un approccio integrato e a lungo termine sarà possibile garantire una crescita solida e inclusiva, capace di rispondere alle sfide della globalizzazione e della transizione digitale.

Fonte: Istat

Link: www.istat.it

Metodo: Prezzi concatenati 2020

Valore aggiunto per unità di lavoro

Variazione assoluta

Variazione percentuale

2014 

67.732,64

2015 

67.772,83

40,2

0,1

2016 

67.701,75

-71,1

-0,1

2017 

68.302,02

600,3

0,9

2018 

68.374,94

72,9

0,1

2019 

68.690,76

315,8

0,5

2020 

70.955,75

2.265,0

3,3

2021 

70.538,53

-417,2

-0,6

2022 

71.521,05

982,5

1,4

2023 

70.434,77

-1.086,3

-1,5

2014-2023

2.702,13

4,0

 

 


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