Il Carbon Pricing Score (CPS) rappresenta un indicatore cruciale per misurare l'efficacia delle politiche di prezzo sul carbonio applicate dai vari paesi. Questo indice valuta in che misura le nazioni hanno raggiunto l’obiettivo di prezzare tutte le emissioni di carbonio derivanti dall’uso di energia in linea con i costi reali del carbonio, espressi in euro per tonnellata di CO2 equivalente. L'indice si basa sull’Effective Carbon Rate (ECR), che include le accise sui carburanti, le tasse sul carbonio e il valore delle quote di emissione nei mercati dei permessi scambiabili. Più il valore del CPS si avvicina al 100%, maggiore è il numero di emissioni prezzate in linea con la soglia di riferimento.
I benchmark
utilizzati per il CPS sono tre: 30, 60 e 120 euro per tonnellata di CO2. Questi
rappresentano soglie di riferimento crescenti per valutare l’ambizione e
l’efficacia dei sistemi di pricing del carbonio. Un CPS del 100% al benchmark
di 60 euro, ad esempio, indica che tutte le emissioni del paese sono tassate o
coperte da un prezzo almeno pari a 60 euro per tonnellata. Al contrario, un
punteggio dello 0% suggerisce l’assenza totale di una politica di prezzo del
carbonio.
I dati mostrano
una significativa eterogeneità tra i paesi. Paesi nordici come Danimarca,
Svezia, Finlandia, Norvegia e Islanda figurano tra quelli con i punteggi più
alti in tutti e tre i benchmark. La Danimarca, ad esempio, presenta un CPS del
93% per il benchmark di 30 euro, dell’87% per quello da 60 euro e del 74% per
quello da 120 euro. Questi dati indicano una solida politica di tassazione sul
carbonio, con una percentuale molto alta di emissioni prezzate a livelli
coerenti con il costo sociale del carbonio.
Anche altri
paesi europei mostrano risultati elevati. Slovenia, Germania, Lussemburgo,
Portogallo e Svizzera superano ampiamente il 80% al benchmark intermedio di 60
euro, segnalando un notevole impegno nel ridurre le emissioni attraverso
strumenti di mercato. La Svizzera, in particolare, raggiunge il 91% al
benchmark di 30 euro, l’89% a 60 euro e il 76% a 120 euro, confermando la
propria posizione di leader nella tassazione ambientale.
In contrasto,
paesi come Stati Uniti, Turchia, Messico, Giappone e Australia registrano
punteggi molto bassi. Gli Stati Uniti si fermano al 33% per il benchmark di 30
euro, al 23% per quello da 60 euro e solo al 12% per quello da 120 euro,
evidenziando una politica frammentata e generalmente meno incisiva rispetto ai
paesi europei. Lo stesso vale per la Turchia, dove il punteggio rimane
inchiodato al 24% nei due benchmark più bassi, crollando al 12% nel più
ambizioso. Questo mostra una quasi totale assenza di segnali di prezzo per una
porzione significativa delle emissioni, compromettendo le possibilità di
transizione verso un’economia a basse emissioni.
Il caso del
Canada è particolarmente interessante, in quanto presenta un valore del 79% al
benchmark di 30 euro, ma cala al 53% a 60 euro e al 32% a 120 euro. Ciò
suggerisce che sebbene molte emissioni siano coperte da meccanismi di prezzo,
solo una parte di esse sono effettivamente tassate a un livello adeguato per
incentivare comportamenti sostenibili.
Anche
l’Australia segue una dinamica simile, con un punteggio stabile al 21% per i
primi due benchmark e una lieve flessione al 16% per quello più alto. Questo
evidenzia un limite nella progressività del sistema di carbon pricing,
probabilmente legato a politiche che evitano di penalizzare eccessivamente i
settori industriali energivori o a una struttura fiscale meno orientata alla
sostenibilità.
L’Italia si
posiziona bene rispetto alla media OCSE, con un CPS dell’88% al benchmark di 30
euro, dell’82% a 60 euro e del 60% a 120 euro. Questo dimostra un buon livello
di copertura e progressività nelle politiche ambientali legate al prezzo del
carbonio. La Germania, da parte sua, mostra un CPS del 95% al benchmark più
basso e dell’83% a quello medio, ma solo del 53% al livello più alto, indicando
che c’è ancora margine per aumentare l’efficacia delle misure esistenti.
Tra i paesi
dell’Europa centrale e orientale si registrano punteggi più modesti ma in
crescita. La Polonia, ad esempio, raggiunge l’81% al benchmark di 30 euro, ma
scende al 70% a 60 euro e al 45% a 120 euro. La Slovacchia e l’Ungheria si
attestano su livelli simili, mostrando che, sebbene vi sia una certa applicazione
del prezzo del carbonio, questa è ancora lontana dai livelli necessari per
un’efficace decarbonizzazione.
La media
dell’Unione Europea (UE), calcolata per 22 paesi OCSE membri, si attesta
all’87% per il benchmark di 30 euro, al 77% per quello da 60 euro e al 54% per
quello da 120 euro. Questi valori collocano l’UE in una posizione relativamente
avanzata rispetto alla media OCSE complessiva, che invece mostra un CPS del
51%, 40% e 26% rispettivamente. Questo gap evidenzia un importante divario
nelle politiche ambientali tra le aree geografiche, con l’Europa nettamente in
vantaggio.
I paesi
dell’America Latina, come Cile, Colombia e Costa Rica, mostrano risultati
eterogenei. Costa Rica è un caso virtuoso con valori molto alti: 91% al
benchmark più basso, 88% a 60 euro e 69% al livello di 120 euro. Al contrario,
Cile e Colombia si mantengono su livelli bassi, con punteggi tra il 13% e il
28%, rivelando l’esistenza di ostacoli strutturali o politici
all’implementazione di politiche ambientali più incisive.
Un’analisi
complessiva mostra che, sebbene molti paesi abbiano iniziato a prezzare il
carbonio, pochi riescono a farlo in maniera sistemica ed efficace su tutta la
gamma delle emissioni. I punteggi tendono a scendere con l’aumentare del
benchmark, dimostrando che solo una parte limitata delle emissioni è
effettivamente soggetta a un prezzo coerente con l’obiettivo di contenere
l’aumento della temperatura globale entro 1.5 o 2 gradi Celsius.
In conclusione,
il Carbon Pricing Score rappresenta un indicatore utile per comprendere il
grado di impegno dei paesi nella lotta ai cambiamenti climatici attraverso
strumenti economici. Sebbene si riscontrino progressi in molti stati, la
generalità dei dati mostra che vi è ancora molta strada da fare per garantire
un’effettiva internalizzazione dei costi ambientali delle emissioni. Per
accelerare la transizione ecologica, sarà fondamentale non solo ampliare la
copertura del carbon pricing, ma anche innalzare i livelli di prezzo per
incentivare in modo concreto l’adozione di tecnologie a basse emissioni e
promuovere un cambiamento duraturo nei modelli di produzione e consumo.
Unità
di misura combinata: Percentuale per periodo, 2018
Fonte delle emissioni:
Combustibili fossili
Misura: Punteggio del prezzo del
carbonio
Base di prezzo: Prezzi costanti
Periodo di tempo: 2021
Fonte: OCSE
Link: https://data-explorer.oecd.org/
EUR 30 per tonne
of CO2e benchmark |
EUR 60 per tonne
of CO2e benchmark |
EUR 120 per
tonne of CO2e benchmark |
|
Australia |
21 |
21 |
16 |
Austria |
89 |
76 |
56 |
Belgium |
64 |
56 |
40 |
Canada |
79 |
53 |
32 |
Chile |
28 |
20 |
15 |
Colombia |
39 |
27 |
13 |
Costa Rica |
91 |
88 |
69 |
Czechia |
76 |
65 |
42 |
Denmark |
93 |
87 |
74 |
Estonia |
94 |
82 |
53 |
Finland |
88 |
82 |
59 |
France |
85 |
76 |
57 |
Germany |
95 |
83 |
53 |
Greece |
92 |
86 |
61 |
Hungary |
66 |
58 |
42 |
Iceland |
94 |
75 |
65 |
Ireland |
93 |
77 |
54 |
Israel |
45 |
38 |
35 |
Italy |
88 |
82 |
60 |
Japan |
30 |
24 |
19 |
Korea |
79 |
49 |
32 |
Latvia |
82 |
75 |
62 |
Lithuania |
84 |
78 |
65 |
Luxembourg |
91 |
81 |
72 |
Mexico |
29 |
27 |
17 |
Netherlands |
89 |
80 |
59 |
New Zealand |
95 |
59 |
38 |
Norway |
89 |
85 |
69 |
Poland |
81 |
70 |
45 |
Portugal |
94 |
86 |
65 |
Slovak Republic |
74 |
64 |
43 |
Slovenia |
96 |
90 |
67 |
Spain |
84 |
76 |
56 |
Sweden |
87 |
82 |
65 |
Switzerland |
91 |
89 |
76 |
Türkiye |
24 |
24 |
12 |
United Kingdom |
71 |
65 |
50 |
United States |
33 |
23 |
12 |
European Union
(22 countries) in OECD (from 01/02/2020) |
87 |
77 |
54 |
OECD (evolving composition) |
51 |
40 |
26 |
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