L’analisi
dei dati sulle entrate fiscali nette legate all’energia e sui sussidi ai
combustibili fossili ed elettricità, così come presentati nella tabella,
fornisce una panoramica significativa dello stato attuale della fiscalità
ambientale nei paesi OCSE e G20. Questi dati rappresentano un indicatore
essenziale per comprendere in che modo i governi utilizzano, o non utilizzano,
la leva fiscale per indirizzare comportamenti più sostenibili e generare
risorse utili alla transizione ecologica.
In
primo luogo, le accise sui carburanti (fuel excise revenues) restano lo
strumento fiscale energetico dominante in molti paesi. La loro incidenza è
elevata soprattutto in paesi europei come Grecia (1.7% del PIL), Italia,
Lettonia e Lituania (1.4%), Paesi Bassi, Slovenia e Costa Rica (tra 1.2% e
1.4%), evidenziando un consolidato uso di questo strumento per generare
entrate. Anche paesi come Cechia, Belgio e Austria si attestano attorno all’1%,
dimostrando un livello medio-alto di tassazione sui carburanti. Al contrario,
paesi come Stati Uniti, Turchia e Svezia mostrano valori molto più bassi,
inferiori allo 0.5% del PIL, sottolineando un potenziale ancora inutilizzato
per rafforzare il segnale di prezzo sulle emissioni derivanti dal trasporto.
Passando
alla carbon tax, il quadro è più disomogeneo. Soltanto un numero ristretto di
paesi genera entrate rilevanti da questo strumento: Canada, Finlandia e
Norvegia registrano lo 0.5% del PIL, seguiti da Svezia e Lussemburgo con lo
0.4% e Francia, Irlanda e Svizzera con valori attorno allo 0.2%. Questi paesi
rappresentano l’avanguardia nella fiscalità esplicita del carbonio. Tuttavia,
la maggior parte degli altri paesi o non applica alcuna carbon tax o la applica
a livelli trascurabili. Questo mostra quanto ci sia ancora da fare per
uniformare e rendere più efficace il segnale di prezzo del carbonio a livello
internazionale.
I
sistemi ETS (Emission Trading Systems), una terza leva fiscale, generano
entrate significative solo in alcuni casi. La Polonia, con l’1.6% del PIL, è il
paese con il valore più elevato, seguita da Cechia (1.1%) e Grecia (0.8%).
Anche Germania, Slovacchia ed Estonia generano entrate rilevanti, comprese tra
lo 0.6% e lo 0.9%. In molti altri casi, tuttavia, il gettito dagli ETS è molto
basso o nullo, a indicare che le allocazioni gratuite o la scarsa copertura
settoriale ne limitano l’efficacia fiscale.
Un
altro aspetto cruciale è rappresentato dalle accise sull’elettricità. Anche se
meno diffuse, in alcuni paesi contribuiscono in modo importante al bilancio
fiscale legato all’energia. I Paesi Bassi si distinguono con un valore pari
allo 0.6% del PIL, seguiti da Svezia (0.5%), Finlandia e Svizzera (0.4% e
0.2%). Questo tipo di tassazione può essere particolarmente efficace se
differenziata in base al contenuto carbonico dell’elettricità, premiando
l’elettricità rinnovabile e penalizzando quella prodotta con fonti fossili.
Tuttavia,
gli sforzi fiscali ambientali sono spesso compromessi dai sussidi ai
combustibili fossili e all’elettricità, che agiscono come disincentivo
all’efficienza e all’uso di fonti rinnovabili. Il caso più eclatante è quello
della Grecia, con un sussidio all’elettricità pari al 3.3% del PIL, il valore
più alto in assoluto. Anche Francia, Giappone, Lituania, Regno Unito e
Slovacchia registrano valori negativi significativi, che vanno dallo 0.2% allo
0.7%, sia per i combustibili fossili che per l’elettricità. Tali sussidi, pur
giustificati in alcuni casi da finalità sociali o di contenimento
dell’inflazione, vanificano l’effetto delle tasse ambientali e creano una
distorsione di mercato a favore delle fonti inquinanti.
Anche
nel contesto globale del G7 e G20, i dati sono indicativi: le entrate da fuel
excise si attestano mediamente allo 0.5% del PIL, ma quelle da carbon tax e ETS
rimangono marginali. I sussidi netti restano presenti (-0.2% nel G7 e -0.1% nel
G20), a dimostrazione di quanto la transizione verso una fiscalità verde sia
ancora in corso e piena di contraddizioni.
Il
caso degli Stati Uniti è paradigmatico: entrate fiscali energetiche
estremamente basse (0.3% del PIL da accise), nessuna carbon tax, nessun gettito
da ETS e nessun sussidio rilevante formalmente segnalato. Ciò riflette un
approccio molto cauto e frammentato alla fiscalità climatica, nonostante il
ruolo cruciale che il paese riveste in termini di emissioni globali.
Un’altra
osservazione utile riguarda i paesi che presentano un buon bilanciamento tra
tasse e assenza di sussidi, come Costa Rica, Italia, Cechia, Paesi Bassi,
Svizzera e Canada. Questi paesi, pur con differenze nei meccanismi applicati,
mostrano un maggiore allineamento alle raccomandazioni internazionali,
privilegiando una politica fiscale che internalizza almeno parzialmente i costi
ambientali legati all’uso dell’energia.
È
importante evidenziare anche come le opportunità di riforma fiscale siano
ampie. Secondo l’OCSE, se tutti i paesi alzassero i loro Net Effective Carbon
Rates a 120 euro per tonnellata di CO₂, il gettito globale aumenterebbe in modo
significativo, contribuendo a ridurre i deficit pubblici, finanziare la
transizione energetica e sostenere i gruppi sociali più colpiti dall’inflazione
energetica. Questo scenario di riforma strutturale richiederebbe però coraggio
politico, chiarezza comunicativa e un’attenta gestione delle misure
compensative.
Dal
punto di vista strategico, aumentare le tasse sull’energia inquinante e
rimuovere i sussidi distorsivi significa anche rendere più competitive le
tecnologie verdi, incentivare l’efficienza energetica, promuovere
l’elettrificazione dei trasporti e sostenere l’innovazione industriale.
Inoltre, rafforzare gli strumenti fiscali ambientali è essenziale per
rispettare gli impegni presi nell’ambito dell’Accordo di Parigi e per evitare
che il carico economico della transizione gravi esclusivamente su misure
regolatorie o di tipo volontario.
In
conclusione, i dati analizzati mostrano chiaramente che esiste un ampio margine
di miglioramento per quanto riguarda la coerenza e l’efficacia della fiscalità
ambientale nei paesi OCSE e G20. Sebbene alcuni paesi abbiano già fatto passi
avanti, la maggior parte mostra ancora una dipendenza da strumenti fiscali
tradizionali e un ritardo nell’adozione di carbon pricing espliciti ed
efficaci. L’eliminazione dei sussidi ai combustibili fossili, l’introduzione o
il rafforzamento delle carbon tax e l’estensione degli ETS sono tre pilastri
fondamentali per un sistema fiscale in linea con gli obiettivi climatici
globali. Solo con un approccio integrato, equo e lungimirante si potrà
trasformare il sistema fiscale in uno strumento potente per guidare la
decarbonizzazione e promuovere un futuro sostenibile.
Fonte:
OCSE
Link: https://data-explorer.oecd.org/
Measure |
· |
· |
· |
· |
· |
· |
Fuel excise revenues |
Carbon tax revenues |
Emission trading systems
(ETS) revenues adjusted for free allocation |
Electricity excise revenues |
Fossil fuel subsidies |
Electricity subsidies |
|
Australia |
0.5 |
0.0 |
0.0 |
0.0 |
0.0 |
0.0 |
Austria |
0.9 |
0.0 |
0.4 |
0.0 |
-0.2 |
-0.1 |
Belgium |
1.0 |
0.0 |
0.2 |
0.0 |
0.0 |
0.0 |
Canada |
0.4 |
0.5 |
0.1 |
0.0 |
0.0 |
0.0 |
Chile |
1.0 |
0.1 |
0.0 |
0.0 |
0.0 |
0.0 |
Colombia |
0.4 |
0.1 |
0.0 |
0.0 |
-1.1 |
-0.1 |
Costa Rica |
1.2 |
0.0 |
0.0 |
0.1 |
0.0 |
0.0 |
Czechia |
1.1 |
0.0 |
1.1 |
0.0 |
0.0 |
0.0 |
Denmark |
0.8 |
0.1 |
0.1 |
0.0 |
0.0 |
0.0 |
Estonia |
1.2 |
0.0 |
0.9 |
0.0 |
0.0 |
-0.4 |
Finland |
0.8 |
0.5 |
0.2 |
0.4 |
0.0 |
0.0 |
France |
0.8 |
0.3 |
0.1 |
0.0 |
-0.6 |
-0.5 |
Germany |
0.9 |
0.0 |
0.7 |
0.2 |
-0.1 |
-0.1 |
Greece |
1.7 |
0.0 |
0.8 |
0.1 |
-0.6 |
-3.3 |
Hungary |
1.0 |
0.0 |
0.4 |
0.0 |
0.0 |
0.0 |
Iceland |
0.6 |
0.2 |
0.0 |
0.0 |
0.0 |
0.0 |
Ireland |
0.3 |
0.2 |
0.2 |
0.0 |
0.0 |
0.0 |
Israel |
1.0 |
0.0 |
0.0 |
0.0 |
0.0 |
0.0 |
Italy |
1.4 |
0.0 |
0.3 |
0.2 |
0.0 |
0.0 |
Japan |
0.6 |
0.0 |
0.0 |
0.1 |
-0.6 |
0.0 |
Korea |
0.9 |
0.0 |
0.0 |
0.0 |
0.0 |
0.0 |
Latvia |
1.4 |
0.0 |
0.2 |
0.0 |
-0.2 |
-0.1 |
Lithuania |
1.4 |
0.0 |
0.1 |
0.0 |
-0.7 |
-0.4 |
Luxembourg |
0.9 |
0.3 |
0.0 |
0.0 |
0.0 |
0.0 |
Mexico |
0.8 |
0.1 |
0.0 |
0.0 |
0.0 |
-0.3 |
Netherlands |
1.4 |
0.0 |
0.3 |
0.6 |
0.0 |
0.0 |
New Zealand |
0.5 |
0.0 |
0.4 |
0.0 |
0.0 |
0.0 |
Norway |
0.4 |
0.5 |
0.2 |
0.2 |
0.0 |
0.0 |
Poland |
1.5 |
0.0 |
1.6 |
0.0 |
0.0 |
0.0 |
Portugal |
1.0 |
0.2 |
0.2 |
0.0 |
-0.1 |
0.0 |
Slovak Republic |
1.0 |
0.0 |
0.6 |
0.0 |
-0.2 |
-0.2 |
Slovenia |
1.3 |
0.0 |
0.5 |
0.0 |
0.0 |
-0.1 |
Spain |
0.9 |
0.0 |
0.3 |
0.0 |
-0.2 |
0.0 |
Sweden |
0.3 |
0.4 |
0.0 |
0.5 |
0.0 |
0.0 |
Switzerland |
0.6 |
0.2 |
0.0 |
0.2 |
0.0 |
0.0 |
Türkiye |
0.3 |
0.0 |
0.0 |
0.1 |
0.0 |
0.0 |
United Kingdom |
0.9 |
0.0 |
0.1 |
0.0 |
-0.7 |
-0.3 |
United States |
0.3 |
0.0 |
0.0 |
0.0 |
0.0 |
0.0 |
G7 |
0.5 |
0.0 |
0.1 |
0.0 |
-0.2 |
-0.1 |
G20 |
0.5 |
0.0 |
0.1 |
0.0 |
-0.1 |
-0.1 |
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