I dati relativi
ai sussidi ai combustibili fossili tra il 2021 e il 2023, espressi come quota
delle emissioni prezzate negativamente, forniscono una prospettiva critica
sull’evoluzione delle politiche ambientali globali. I sussidi ai combustibili
fossili rappresentano una forma di incentivo economico che, abbassando il
prezzo pre-tasse di fonti energetiche ad alta intensità di carbonio, ostacolano
il raggiungimento degli obiettivi climatici. Sebbene molti paesi abbiano
sottoscritto impegni internazionali per eliminarli gradualmente, i dati
dell’OCSE mostrano una realtà ben più complessa, fatta di arretramenti,
contraddizioni e politiche disallineate rispetto alla transizione ecologica.
Un primo dato
significativo è la presenza di numerosi paesi che nel 2023 non
riportano sussidi ai combustibili fossili, come Canada, Danimarca,
Estonia, Finlandia, Costa Rica, Islanda, Irlanda, Lussemburgo, Messico, Nuova
Zelanda, Norvegia, Polonia, Slovenia, Svezia e Svizzera. Questo gruppo
rappresenta un insieme di paesi tendenzialmente più avanzati dal punto di vista
delle politiche climatiche, molti dei quali sono membri dell’Unione Europea o
dell’OCSE. L’assenza di sussidi in questi contesti non solo è coerente con gli
impegni internazionali, ma costituisce anche una condizione necessaria per
l’efficacia del carbon pricing, evitando distorsioni che annullano il segnale
di prezzo.
Tuttavia, questi
casi positivi sono fortemente controbilanciati da paesi che nel 2023
hanno aumentato i sussidi ai combustibili fossili, spesso in modo
significativo. La Francia è l’esempio più sorprendente,
passando da zero a 40,9 punti, seguita dalla Germania con
17,2, Italia con 28,2, Regno Unito con 21,6,
e Portogallo con 34. L’aumento repentino in questi paesi,
molti dei quali si sono pubblicamente impegnati per la decarbonizzazione e per
l’eliminazione dei sussidi, è particolarmente preoccupante. Questi dati
suggeriscono che, nel biennio post-pandemico e in piena crisi energetica legata
al conflitto in Ucraina, diversi governi europei hanno reintrodotto o
ampliato sussidi per fronteggiare l’aumento dei prezzi dell’energia e
proteggere famiglie e imprese. Tuttavia, questa scelta a breve termine entra in
conflitto con gli obiettivi climatici di medio-lungo periodo e rischia di
compromettere i progressi fatti in materia di transizione ecologica.
Anche paesi come
l’Austria e i Paesi Bassi, generalmente
considerati virtuosi, registrano l’introduzione di sussidi pari rispettivamente
a 11,2 e 13,8 nel 2023. Si tratta di cifre che indicano un allontanamento dai
principi di neutralità tecnologica e di “chi inquina paga”, e riflettono il
difficile equilibrio che molti governi stanno cercando di mantenere tra
sostenibilità economica e ambientale.
Altri paesi,
invece, mantengono livelli di sussidi stabili e alti, come la Colombia
(18,2), Israele (17,9), Türkiye (16), Ungheria
(12,5) e Stati Uniti (2,5). In questi casi, i sussidi non sono
una novità, ma costituiscono un elemento strutturale delle politiche
energetiche nazionali. Il fatto che non siano stati ridotti nel biennio in
esame conferma la difficoltà, spesso politica, di riformare strumenti che, pur
dannosi per il clima, sono percepiti come necessari per mantenere la stabilità
sociale o la competitività economica.
Un dato
particolarmente negativo arriva dalla Slovacchia, che ha visto
i sussidi crescere da 4,6 a 10, un aumento del 117%. Anche la Grecia
ha incrementato i sussidi da 6,5 a 10,7, mentre la Lituania è
passata da zero a 6,9. Questi numeri rivelano come anche in Europa
centro-orientale e baltica stia emergendo una tendenza a ricorrere ai sussidi
energetici come strumento anticrisi, pur a scapito della coerenza con gli
impegni sul clima.
Una tendenza
simile si osserva anche in paesi come Spagna (0 a 4,6) e Lettonia
(0 a 2,3), che segnalano l’introduzione di sussidi nel 2023. È evidente che la
combinazione di inflazione energetica, crisi geopolitiche e tensioni sociali ha
portato molti governi a privilegiare soluzioni immediate, anche a costo di
indebolire il carbon pricing e rallentare il processo di transizione.
Non mancano però
segnali positivi, come nel caso dell’Australia,
unico paese ad aver ridotto completamente i sussidi, passando da 1,5 a zero.
Questo dato riflette probabilmente un cambiamento di rotta nella politica
nazionale, che negli ultimi anni ha visto l’ascesa di forze politiche più
attente alle questioni ambientali. Il fatto che l’Australia abbia rimosso i
sussidi proprio mentre estendeva il carbon pricing è un segnale di coerenza
strategica che potrebbe essere preso ad esempio da altri paesi.
A livello
aggregato, i dati mostrano una tendenza preoccupante. Nei paesi del G7,
i sussidi sono aumentati da 2,2 a 8 punti, con una variazione percentuale del
263%. Questo incremento, anche se in parte legato a nuovi conteggi o a un
cambio di metodologia, rappresenta una regressione chiara rispetto agli
obiettivi del G7, che nel 2021 si era impegnato a eliminare gradualmente tutti
i sussidi ai combustibili fossili entro il 2025. Nei paesi del G20,
i sussidi sono passati da 26,2 a 27,3, un incremento più modesto ma comunque
contrario alla direzione auspicata. Il fatto che il G20, responsabile di circa
l’80% delle emissioni globali, continui a sostenere finanziariamente il consumo
di combustibili fossili costituisce un grave ostacolo alla decarbonizzazione
dell’economia globale.
Questi dati
mettono in evidenza una profonda incoerenza tra le dichiarazioni
politiche e le azioni concrete. Mentre si moltiplicano gli annunci di
neutralità climatica e si rafforzano le promesse di decarbonizzazione, il
sostegno economico alle fonti fossili continua in molti paesi, vanificando gli
effetti del carbon pricing e ostacolando la transizione energetica. L’OCSE, il
FMI e l’AIE hanno più volte sottolineato come la rimozione dei sussidi ai
combustibili fossili sia una delle riforme più urgenti e allo stesso tempo una
delle più vantaggiose in termini fiscali, ambientali e sociali.
Il mantenimento
o la crescita dei sussidi, oltre a produrre un segnale distorto nel mercato
dell’energia, compromette anche la giustizia climatica. In molti casi, questi
aiuti finiscono per favorire i consumatori più abbienti e le industrie più
inquinanti, mentre le risorse potrebbero essere reindirizzate verso sussidi per
le energie rinnovabili, incentivi all’efficienza energetica o meccanismi di
compensazione per le fasce vulnerabili.
In conclusione,
l’analisi dei dati 2021–2023 evidenzia come i sussidi ai combustibili
fossili rappresentino ancora una barriera significativa alla transizione
ecologica. Il fatto che molti paesi abbiano reintrodotto o rafforzato
questi strumenti nel pieno della crisi climatica è sintomatico di una mancanza
di visione di lungo periodo. Se il carbon pricing deve rappresentare il
pilastro di una fiscalità verde, è indispensabile che venga applicato senza che
altri strumenti ne neutralizzino gli effetti. La riforma dei sussidi non è solo
una questione tecnica, ma un banco di prova della coerenza, del coraggio
politico e della responsabilità intergenerazionale dei governi.
Fonte: OCSE
Link: https://data-explorer.oecd.org/
|
Fossil fuel subsidy |
|||
Time period |
2021 |
2023 |
Var Ass |
Var Per |
Australia |
1,5 |
0 |
-1,5 |
-100 |
Austria |
0 |
11,2 |
11,2 |
#DIV/0! |
Belgium |
1,4 |
1,4 |
0 |
0 |
Canada |
0 |
0 |
0 |
#DIV/0! |
Chile |
1,4 |
1,4 |
0 |
0 |
Colombia |
18,2 |
18,2 |
0 |
0 |
Costa Rica |
0 |
0 |
0 |
#DIV/0! |
Czechia |
0 |
1,3 |
1,3 |
#DIV/0! |
Denmark |
0 |
0 |
0 |
#DIV/0! |
Estonia |
0 |
0 |
0 |
#DIV/0! |
Finland |
0 |
0 |
0 |
#DIV/0! |
France |
0 |
40,9 |
40,9 |
#DIV/0! |
Germany |
0 |
17,2 |
17,2 |
#DIV/0! |
Greece |
6,5 |
10,7 |
4,2 |
64,6154 |
Hungary |
12,5 |
12,5 |
0 |
0 |
Iceland |
0 |
0 |
0 |
#DIV/0! |
Ireland |
0 |
0 |
0 |
#DIV/0! |
Israel |
17,9 |
17,9 |
0 |
0 |
Italy |
16,8 |
28,2 |
11,4 |
67,8571 |
Japan |
0 |
11,3 |
11,3 |
#DIV/0! |
Korea |
1,1 |
1,1 |
0 |
0 |
Latvia |
0 |
2,3 |
2,3 |
#DIV/0! |
Lithuania |
0 |
6,9 |
6,9 |
#DIV/0! |
Luxembourg |
0 |
0 |
0 |
#DIV/0! |
Mexico |
0 |
0 |
0 |
#DIV/0! |
Netherlands |
0 |
13,8 |
13,8 |
#DIV/0! |
New Zealand |
0 |
0 |
0 |
#DIV/0! |
Norway |
0 |
0 |
0 |
#DIV/0! |
Poland |
0 |
0 |
0 |
#DIV/0! |
Portugal |
0 |
34 |
34 |
#DIV/0! |
Slovak Republic |
4,6 |
10 |
5,4 |
117,391 |
Slovenia |
0 |
0 |
0 |
#DIV/0! |
Spain |
0 |
4,6 |
4,6 |
#DIV/0! |
Sweden |
0 |
0 |
0 |
#DIV/0! |
Switzerland |
0 |
0 |
0 |
#DIV/0! |
Türkiye |
16 |
16 |
0 |
0 |
United Kingdom |
0 |
21,6 |
21,6 |
#DIV/0! |
United States |
2,5 |
2,5 |
0 |
0 |
G7 |
2,2 |
8 |
5,8 |
263,636 |
G20 |
26,2 |
27,3 |
1,1 |
4,19847 |
Commenti
Posta un commento