I dati relativi
alla quota di emissioni soggette a un prezzo netto del carbonio, misurato
attraverso il Net Effective Carbon Rate (Net ECR) tra il 2021
e il 2023, offrono uno spaccato preciso dello stato attuale e dell'evoluzione
della fiscalità ambientale a livello globale. Il Net ECR rappresenta un
indicatore chiave che include accise sui combustibili, carbon tax e permessi di
emissione scambiabili (ETS), ma al netto dei sussidi ai combustibili fossili,
che abbassano artificialmente i prezzi e compromettono il segnale di prezzo del
carbonio.
Dall’analisi
emerge un panorama molto variegato e polarizzato, dove alcuni
paesi compiono progressi concreti, mentre altri regrediscono, riducendo la
quota di emissioni prezzate in modo netto. In generale, si osserva che
l’effettivo segnale di prezzo per le emissioni di gas serra, al netto delle
distorsioni, è ancora debole e incoerente con gli obiettivi climatici
internazionali.
Uno dei casi più
interessanti è quello dell’Australia, che passa da un Net ECR
del 14,3% a uno del 38,4%, con un incremento assoluto di 24,1 punti e una
variazione relativa del 168,5%. Questo incremento è il più rilevante tra tutti
i paesi considerati e indica un netto cambio di rotta nella politica climatica
nazionale. Tale salto può essere spiegato dalla rimozione di sussidi ai
combustibili fossili, dalla crescita delle accise sui carburanti o
dall’introduzione di meccanismi di mercato, come sistemi ETS più stringenti o
carbon tax regionali. Questo dato è particolarmente significativo perché
dimostra che anche un paese con una lunga tradizione di ritardo nelle politiche
ambientali può compiere, in tempi relativamente brevi, un cambio di passo
radicale.
Un andamento
diametralmente opposto si osserva in Austria, dove il Net ECR
si riduce da 77,3% a 69,3%, con una perdita di 8 punti percentuali. Si tratta
di un calo notevole, che potrebbe essere legato a un aumento dei sussidi, alla
riduzione della pressione fiscale sui combustibili o a una combinazione di
questi fattori. Anche la Francia mostra una regressione
significativa, passando da 67,3% a 58,5% (-8,8 punti), così come il Regno
Unito, che cala di 6,4 punti. Questi tre casi mostrano che nonostante
la retorica europea sull’ambizione climatica, le politiche effettive mostrano
segnali di fragilità, specie quando si affrontano crisi energetiche o
pressioni socioeconomiche.
In Giappone,
la situazione è analoga: il Net ECR scende da 73,2% a 63,9%, una diminuzione di
9,3 punti percentuali, pari a oltre il 12%. Questa tendenza è sorprendente per
un paese che ha investito molto in efficienza energetica e transizione
tecnologica. La riduzione potrebbe derivare da un incremento dei sussidi o da
una ridotta efficacia degli strumenti fiscali esistenti. Similmente, la Colombia
perde 8 punti, passando da 21,4% a 13,4%, una variazione drammatica del -37%,
che indica un forte passo indietro in termini di fiscalità climatica.
Un elemento
interessante è rappresentato dai paesi che hanno mantenuto invariata la
loro quota di emissioni prezzate: Estonia, Costa Rica, Corea,
Lettonia, Nuova Zelanda, Portogallo, Svizzera. In alcuni casi, come quello
della Corea (98,5%), si tratta di una situazione già altamente
virtuosa, in cui mantenere lo status quo significa garantire una copertura
pressoché totale. Tuttavia, in altri paesi, come la Nuova Zelanda
o la Svizzera, la stabilità potrebbe riflettere una certa
inerzia politica o una mancanza di nuove iniziative per rafforzare
ulteriormente il segnale di prezzo.
Diversi paesi
mostrano invece leggeri ma significativi progressi, tra cui Messico,
che cresce di 2,9 punti, Polonia (+4,2), Norvegia
(+5,4) e Cechia (+3,6). Questi miglioramenti dimostrano una
volontà politica di estendere l’effetto del prezzo del carbonio a una porzione
più ampia dell’economia. In particolare, la Norvegia, già su
livelli alti, si conferma tra i paesi più coerenti e determinati nel perseguire
una fiscalità climatica avanzata. Anche la Polonia, un paese
tradizionalmente legato al carbone, mostra segnali di cambiamento, suggerendo
un progressivo allineamento agli standard europei in vista degli obiettivi
climatici al 2030.
Spagna,
Lituania, Slovacchia, e in parte anche Finlandia
e Germania, registrano lievi flessioni,
comprese tra -0,4 e -2,3 punti percentuali. Sebbene non drammatiche, queste
riduzioni possono indicare un rallentamento o un allentamento delle politiche
fiscali ambientali, spesso in risposta a difficoltà economiche o a crisi energetiche
come quella innescata dal conflitto russo-ucraino.
Paesi
Bassi, Belgio, Islanda, Irlanda,
Italia, Israele, Svezia e Stati
Uniti migliorano in modo lieve, con aumenti tra 0,1 e 1,4 punti.
L’aumento negli Stati Uniti, da 32,6% a 33,3%, è particolarmente interessante,
considerando che la tassazione del carbonio a livello federale non è ancora in
vigore. Il miglioramento potrebbe derivare dall’espansione dei sistemi
regionali, come il cap-and-trade in California, o da un aumento delle accise in
alcuni stati.
Nel confronto
globale, è utile analizzare i dati aggregati. Il G7 registra
un calo del Net ECR, passando dal 49,2% al 47,9%, con una flessione dell’1,3%.
Questo dato è un campanello d’allarme per i paesi più industrializzati, che pur
dichiarandosi leader nella lotta climatica, mostrano una certa incoerenza
nell’attuazione delle politiche fiscali ambientali. Al contrario, il G20
mostra una leggerissima crescita, dal 41,9% al 42,1%, segno di un avanzamento
marginale che non è però sufficiente a innescare un cambiamento sistemico.
Un altro aspetto
da considerare riguarda l’ampia variabilità tra i paesi.
Alcuni, come Corea, Norvegia, Lussemburgo e Italia, superano o sfiorano l’80%
di copertura, mentre altri, come Stati Uniti, Colombia e Türkiye, restano su livelli
molto bassi. Questa disomogeneità rischia di creare squilibri competitivi e di
minare gli sforzi multilaterali per la transizione energetica.
La persistenza
di sussidi ai combustibili fossili, nonostante le promesse di
eliminarli, ha contribuito in diversi casi a peggiorare il Net ECR. Come
evidenziato nei dati precedenti, molti paesi hanno aumentato i sussidi nel
biennio, neutralizzando gli effetti delle carbon tax o dei permessi di
emissione. Questa dinamica evidenzia quanto sia fondamentale considerare il Net
ECR, anziché solo l’ECR lordo, per valutare l’effettivo impegno ambientale dei
paesi.
In sintesi, i
dati sul Net Effective Carbon Rate tra il 2021 e il 2023 evidenziano una realtà
complessa e frammentata. Sebbene alcuni paesi abbiano compiuto
passi avanti importanti, la tendenza generale mostra una crescita modesta o
addirittura una riduzione del segnale fiscale netto sul carbonio. In un
contesto in cui è fondamentale accelerare la transizione verso economie a basse
emissioni, questa lentezza rappresenta una sfida cruciale. Per rendere il
carbon pricing uno strumento efficace e coerente, sarà necessario rafforzare
gli strumenti esistenti, eliminare i sussidi dannosi e armonizzare le politiche
tra i diversi paesi. Solo così si potrà dare un vero prezzo al
carbonio e allineare i mercati agli obiettivi climatici globali.
Fonte: OCSE
Link: https://data-explorer.oecd.org/
|
Net effective carbon rate |
|||
Time period |
2021 |
2023 |
Var Ass |
Var Per |
Australia |
14,3 |
38,4 |
24,1 |
168,531 |
Austria |
77,3 |
69,3 |
-8 |
-10,349 |
Belgium |
74,7 |
75,7 |
1 |
1,33869 |
Canada |
74,2 |
74,6 |
0,4 |
0,53908 |
Chile |
56,1 |
56,2 |
0,1 |
0,17825 |
Colombia |
21,4 |
13,4 |
-8 |
-37,383 |
Costa Rica |
45,9 |
45,9 |
0 |
0 |
Czechia |
71 |
74,6 |
3,6 |
5,07042 |
Denmark |
63,6 |
65 |
1,4 |
2,20126 |
Estonia |
73,9 |
73,9 |
0 |
0 |
Finland |
70,6 |
69,6 |
-1 |
-1,4164 |
France |
67,3 |
58,5 |
-8,8 |
-13,076 |
Germany |
86 |
85,3 |
-0,7 |
-0,814 |
Greece |
68,8 |
62,4 |
-6,4 |
-9,3023 |
Hungary |
57,5 |
57,6 |
0,1 |
0,17391 |
Iceland |
66,6 |
67,8 |
1,2 |
1,8018 |
Ireland |
56,2 |
56,7 |
0,5 |
0,88968 |
Israel |
47,5 |
47,9 |
0,4 |
0,84211 |
Italy |
80,7 |
81,1 |
0,4 |
0,49566 |
Japan |
73,2 |
63,9 |
-9,3 |
-12,705 |
Korea |
98,5 |
98,5 |
0 |
0 |
Latvia |
56,6 |
56,6 |
0 |
0 |
Lithuania |
56 |
53,7 |
-2,3 |
-4,1071 |
Luxembourg |
87 |
87,1 |
0,1 |
0,11494 |
Mexico |
35,3 |
38,2 |
2,9 |
8,2153 |
Netherlands |
76,6 |
77,2 |
0,6 |
0,78329 |
New Zealand |
44,7 |
44,7 |
0 |
0 |
Norway |
78 |
83,4 |
5,4 |
6,92308 |
Poland |
75,7 |
79,9 |
4,2 |
5,54822 |
Portugal |
68,7 |
68,7 |
0 |
0 |
Slovak Republic |
69,9 |
69,5 |
-0,4 |
-0,5722 |
Slovenia |
80 |
81,9 |
1,9 |
2,375 |
Spain |
71,1 |
68,9 |
-2,2 |
-3,0942 |
Sweden |
69,2 |
69,6 |
0,4 |
0,57803 |
Switzerland |
75,1 |
75,1 |
0 |
0 |
Türkiye |
31,3 |
31,4 |
0,1 |
0,31949 |
United Kingdom |
58,9 |
52,5 |
-6,4 |
-10,866 |
United States |
32,6 |
33,3 |
0,7 |
2,14724 |
G7 |
49,2 |
47,9 |
-1,3 |
-2,6423 |
G20 |
41,9 |
42,1 |
0,2 |
0,47733 |
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