Passa ai contenuti principali

Stabilità e timide riforme nella tassazione dei carburanti tra il 2021 e il 2023


 

I dati relativi alla quota di emissioni soggette a tassazione sui combustibili, così come misurati attraverso il Net Effective Carbon Rate (ECR), offrono una panoramica sintetica ma molto utile per comprendere l’evoluzione delle politiche fiscali ambientali tra il 2021 e il 2023. Il Net ECR è una misura chiave in quanto tiene conto non solo delle tasse sui carburanti, delle carbon tax e dei permessi di emissione, ma anche dei sussidi ai combustibili fossili che ne riducono il prezzo effettivo.

Il primo aspetto che colpisce analizzando questi dati è l'elevata stabilità nel tempo del valore di fuel excise tax come percentuale delle emissioni soggette a prezzo. In molti paesi il valore è rimasto invariato, segnalando una situazione di stallo o, quanto meno, di assenza di riforme significative. Tra i paesi che non hanno registrato alcuna variazione si trovano Australia, Austria, Cile, Colombia, Costa Rica, Estonia, Islanda, Corea, Lettonia, Lituania, Lussemburgo, Messico, Paesi Bassi, Nuova Zelanda, Polonia, Portogallo, Spagna, Svizzera, Stati Uniti, nonché gli aggregati del G7 e del G20.

Questo dato può essere interpretato in due modi diversi. Da un lato potrebbe indicare una stabilità normativa o fiscale in ambito energetico. Tuttavia, nella maggior parte dei casi si tratta di una mancata evoluzione verso un carbon pricing più ambizioso, segnalando un’opportunità mancata per allineare le politiche fiscali agli obiettivi climatici.

Esistono però anche alcuni paesi che hanno introdotto cambiamenti, seppur spesso marginali. Tra gli aumenti più significativi spiccano la Repubblica Ceca e la Slovenia. La Repubblica Ceca ha visto un incremento di 4,1 punti percentuali, corrispondente a una variazione del 15,1%, mentre la Slovenia ha registrato lo stesso aumento assoluto ma con una variazione relativa dell'8,45%. Questi due paesi dimostrano che anche nei contesti dell’Europa centrale e orientale, tradizionalmente più riluttanti a forme incisive di carbon pricing, si stanno muovendo piccoli passi verso un maggiore utilizzo della leva fiscale come strumento ambientale.

Altri aumenti, più contenuti ma comunque rilevanti, si osservano in Belgio, Canada, Danimarca, Germania, Grecia, Ungheria, Israele, Italia, Giappone, Svezia, Türkiye e Regno Unito. In questi casi, l’aumento varia tra lo 0,1 e lo 0,5 punti percentuali, con variazioni percentuali comprese tra lo 0,1% e il 2,2%. Tali cambiamenti possono riflettere aggiustamenti fiscali tecnici, adeguamenti a inflazione o modifiche parziali alla struttura delle accise.

Tra i paesi che invece hanno registrato una diminuzione del valore di fuel excise tax troviamo Finlandia, Francia, Irlanda, Norvegia e Slovacchia. In particolare, la riduzione in Norvegia è particolarmente significativa, con una perdita di 7,2 punti percentuali pari a una riduzione del 28,1%. Questo potrebbe derivare da una riforma mirata a ridurre la tassazione diretta in favore di altri strumenti di regolazione, oppure a un incremento dei sussidi, o ancora da un cambiamento nella metodologia di calcolo. Simile è la situazione dell’Irlanda, che ha visto una contrazione di 3,3 punti percentuali, ovvero del 16,4%, e della Slovacchia, con un calo del 12%.

Questi casi suggeriscono una tendenza potenzialmente preoccupante. Una riduzione della quota di emissioni prezzate attraverso le accise potrebbe infatti ridurre l’efficacia del segnale di prezzo, a meno che non sia accompagnata da un contestuale rafforzamento di altri strumenti, come il sistema ETS o le carbon tax.

La performance dei grandi aggregati economici è deludente. Sia il G7 che il G20 mostrano valori invariati tra 2021 e 2023: 37,3% per il G7 e 22,2% per il G20. Questi dati suggeriscono che le economie avanzate, pur avendo risorse e strumenti, non stanno spingendo abbastanza sul fronte della tassazione dei carburanti fossili, mentre quelle emergenti restano ancora più indietro.

Alcuni paesi, come l’Italia e il Giappone, mantengono livelli molto elevati di fuel excise tax applicata alle emissioni, rispettivamente il 72,2% e il 73,1%. Questo riflette una lunga tradizione di fiscalità energetica robusta, soprattutto per i carburanti da trasporto. Tuttavia, l’assenza di crescita rispetto al 2021 indica che non sono stati introdotti cambiamenti recenti per ampliare o rafforzare la copertura.

Il caso di Israele è interessante per il suo livello già molto alto (65,9%) e un piccolo incremento nel periodo. Anche in questo caso, pur mancando un salto quantitativo rilevante, si osserva una leggera tendenza al miglioramento.

In conclusione, i dati suggeriscono che nella maggior parte dei paesi la percentuale di emissioni soggette ad accise energetiche è rimasta stabile, e dove ci sono state variazioni, queste sono per lo più modeste. Pochi paesi stanno utilizzando in modo dinamico la leva fiscale per prezzare le emissioni in modo più esteso o incisivo. I casi virtuosi sono isolati, mentre i segnali negativi, come le riduzioni osservate in paesi nordici o dell’Europa centrale, indicano un possibile allentamento degli sforzi. Alla luce dell'urgenza della transizione ecologica, l'inerzia fiscale osservata è motivo di preoccupazione. Per raggiungere gli obiettivi climatici internazionali sarà necessario che molti paesi rafforzino e amplino la portata delle accise sui carburanti fossili, assicurandosi che una quota crescente delle emissioni sia effettivamente prezzata e disincentivata.

 

Fonte: OCSE

Link: https://data-explorer.oecd.org/

 

Measure

Fuel excise tax

Time period

2021

2023

Var Ass

Var Per

Australia

14,3

14,3

0

0

Austria

52,8

52,8

0

0

Belgium

45,3

46,3

1

2,20751

Canada

22,8

22,9

0,1

0,4386

Chile

23,3

23,3

0

0

Colombia

19,9

19,9

0

0

Costa Rica

45,9

45,9

0

0

Czechia

27,1

31,2

4,1

15,1292

Denmark

41,6

41,8

0,2

0,48077

Estonia

28

28

0

0

Finland

40,6

39,5

-1,1

-2,70936

France

50,1

49,6

-0,5

-0,998

Germany

43,1

43,2

0,1

0,23202

Greece

35,4

35,7

0,3

0,84746

Hungary

37

37,1

0,1

0,27027

Iceland

31,1

31,1

0

0

Ireland

20,1

16,8

-3,3

-16,4179

Israel

65,4

65,9

0,5

0,76453

Italy

72,1

72,2

0,1

0,1387

Japan

73

73,1

0,1

0,13699

Korea

55,3

55,3

0

0

Latvia

49,3

49,3

0

0

Lithuania

40,8

40,8

0

0

Luxembourg

80,6

80,6

0

0

Mexico

16,9

16,9

0

0

Netherlands

40,5

40,5

0

0

New Zealand

22,9

22,9

0

0

Norway

25,6

18,4

-7,2

-28,125

Poland

29,2

29,2

0

0

Portugal

58,1

58,1

0

0

Slovak Republic

37,2

32,7

-4,5

-12,0968

Slovenia

48,5

52,6

4,1

8,45361

Spain

44,1

44,1

0

0

Sweden

45,1

45,4

0,3

0,66519

Switzerland

66

66

0

0

Türkiye

31,3

31,4

0,1

0,31949

United Kingdom

36,6

36,7

0,1

0,27322

United States

28

28

0

0

G7

37,3

37,3

0

0

G20

22,2

22,2

0

0

 

Commenti

Post popolari in questo blog

Il Cuneo Fiscale nei Principali Paesi OCSE nel 2024

  I dati mostrano l’evoluzione del tax wedge medio – cioè l’incidenza percentuale delle imposte sul lavoro rispetto al costo totale del lavoro – per un lavoratore single senza figli, con un reddito pari al 100% del salario medio, in un campione ampio di Paesi OCSE, nel periodo 2015–2024. Questo indicatore è centrale per comprendere l’onere fiscale sul lavoro e il suo impatto sull’economia, sull’occupazione e sulla competitività. L’analisi mostra un panorama piuttosto eterogeneo. I Paesi OCSE si collocano su un ampio spettro, che va da chi applica una pressione fiscale minima, come Colombia e Cile, fino a chi presenta carichi elevati, come Belgio e Germania. Nonostante le differenze strutturali tra i sistemi fiscali, è possibile individuare alcune tendenze comuni e differenziazioni regionali e temporali. Cominciando dai Paesi con le pressioni fiscali più alte, il Belgio resta costantemente in cima alla classifica per tutta la serie temporale, pur mostrando un leggero trend dis...

Trend globali nella produzione di nuovi medici

  Il lungo arco temporale compreso tra il 1980 e il 2023 offre uno sguardo ricco di dettagli sull’evoluzione della formazione dei medici in numerosi paesi, misurata in laureati in medicina per 100 000 abitanti. All’inizio degli anni Ottanta diverse nazioni presentavano livelli di ingresso nelle facoltà di medicina piuttosto elevati, con alcuni picchi record, mentre altre registravano numeri più contenuti. Nel corso dei decenni successivi il quadro si è fatto più sfaccettato: a un’estensione e a un potenziamento delle politiche di reclutamento hanno fatto da contraltare oscillazioni legate a riforme accademiche, crisi economiche, ristrutturazioni dei sistemi sanitari e flussi migratori di professionisti. Dall’analisi emerge un generale trend di aumento della produzione di nuovi medici a livello mondiale, benché con intensità e momenti diversi a seconda delle regioni e dei contesti nazionali, riflettendo scelte politiche, bisogni demografici e dinamiche di mercato. A livello comple...

Nord e Sud a confronto: differenze territoriali nei tassi di adeguata alimentazione

  ·          Le regioni del Nord mantengono livelli elevati, ma mostrano cali significativi negli ultimi anni. ·          Il Mezzogiorno registra valori più bassi, con Calabria e Abruzzo in miglioramento, Basilicata in forte calo. ·          Crisi economiche , pandemia e stili di vita hanno inciso profondamente sull’ adeguata alimentazione degli italiani.   L’analisi dei dati relativi all’adeguata alimentazione in Italia nel periodo compreso tra il 2005 e il 2023, misurata attraverso i tassi standardizzati per 100 persone, restituisce un quadro piuttosto articolato, con forti differenze territoriali, variazioni cicliche e trend di lungo periodo che denotano dinamiche sociali, economiche e culturali. Nel Nord e nel Centro i livelli sono generalmente più elevati rispetto al Mezzogiorno, ma anche qui emergono oscillazioni notevoli. In alcune regi...