I
dati relativi alla quota di emissioni di CO₂ da energia soggette a un prezzo
del carbonio offrono uno spaccato fondamentale della qualità e dell’efficacia
delle politiche di carbon pricing nei diversi paesi. L’indicatore mostra, per
ciascun livello di prezzo del carbonio (EUR 0, 5, 30, 60, 90 e 120 per
tonnellata di CO₂), quale percentuale delle emissioni da energia è
effettivamente soggetta a quel livello di tassazione, derivante da accise sui
carburanti, carbon tax e sistemi di scambio di emissioni (ETS).
Un
primo dato di rilievo è che quasi tutti i paesi raggiungono quote elevate solo
per prezzi molto bassi (superiori a 0 euro), ma man mano che il benchmark
aumenta, la quota di emissioni prezzate si riduce drasticamente. Questo
evidenzia una profonda incoerenza tra gli obiettivi climatici globali e
l’attuale struttura dei prezzi del carbonio.
A
livello del prezzo simbolico di oltre 0 euro per tonnellata, molti paesi
mostrano una copertura ampia: ad esempio, Nuova Zelanda (100%), Korea (99%),
Italia e Islanda (98%), Slovenia e Lussemburgo (97%), Germania, Estonia e
Grecia (96%), Irlanda e Svizzera (91%). Tuttavia, questi alti valori iniziali
non si traducono automaticamente in una politica efficace, perché la maggior
parte delle emissioni è prezzata a livelli troppo bassi per influenzare i
comportamenti economici.
Quando
si osservano le quote di emissioni prezzate sopra i 30 euro per tonnellata,
livello considerato più adeguato per riflettere un danno ambientale minimo, il
quadro cambia drasticamente. Paesi come Slovenia (96%), Svizzera (91%),
Danimarca e Costa Rica (90%), Estonia e Grecia (90%), Francia e Finlandia
(oltre 80%), Paesi Bassi (87%) e Portogallo (87%) si collocano in cima alla
classifica. Questo indica che una parte significativa delle loro emissioni è
soggetta a un prezzo rilevante.
Al
contrario, nazioni come Canada (28%), Nuova Zelanda (26%), Israele (31%),
Giappone (18%), Colombia (23%), Cile (12%), Messico (26%), Australia (21%) e
Stati Uniti (26%) hanno una quota di emissioni prezzate sopra i 30 euro
estremamente limitata. Questi dati confermano che molti paesi ad alta intensità
di emissioni stanno ancora applicando prezzi troppo bassi per avere un impatto
sostanziale sul clima.
La
situazione peggiora ulteriormente se si analizzano le quote di emissioni
prezzate sopra i 60 euro, un livello che si avvicina al costo sociale del
carbonio secondo molte stime internazionali. In questo caso, i leader assoluti
sono Svizzera (84%), Costa Rica (82%), Danimarca (61%), Norvegia (61%),
Lussemburgo (63%), Portogallo (52%), Lituania (53%), Svezia (54%), Slovenia
(54%) e Italia (44%). Si tratta principalmente di paesi europei o nordici, in
cui la politica fiscale ambientale è più sviluppata e coerente.
In
quasi tutti gli altri paesi, però, la quota di emissioni prezzate oltre i 60
euro scende drasticamente. In Canada, Giappone, Nuova Zelanda, Corea,
Australia, Israele e Turchia, questa quota è inferiore al 30%, spesso
addirittura sotto il 20%. In Stati Uniti e Colombia, essa è praticamente
assente (4% e 0%). Questo dimostra quanto il carbon pricing sia ancora una leva
sottoutilizzata a livello globale.
Le
percentuali di emissioni prezzate oltre i 90 e i 120 euro per tonnellata,
soglie raccomandate per raggiungere gli obiettivi dell’Accordo di Parigi, sono
ancora più basse e solo pochi paesi mostrano risultati degni di nota. Solo
Svizzera (61% e 42%), Danimarca (61% e 59%), Costa Rica (39%), Portogallo
(42%), Lussemburgo (63%), Lituania (53% e 51%), Slovenia (42% e 41%), Paesi
Bassi e Francia (37%) hanno quote significative anche a questi livelli. Questo
indica che in pochi paesi una parte consistente delle emissioni viene trattata
come un danno ambientale serio e misurabile.
In
molti paesi, invece, il prezzo del carbonio non raggiunge mai queste soglie
elevate. In Turchia, Messico, Stati Uniti, Giappone, Colombia, Cile e
Australia, le emissioni prezzate a oltre 90 o 120 euro sono nulle o prossime
allo zero. Questi paesi, pur spesso ricoprendo ruoli chiave nelle dinamiche
internazionali, non stanno ancora utilizzando la leva fiscale per orientare i
mercati verso una vera decarbonizzazione.
Un
altro dato interessante è la costanza del pricing nei paesi nordici. In Svezia,
Finlandia, Danimarca e Norvegia, la quota di emissioni prezzate rimane
relativamente alta anche a soglie elevate, segnalando una coerenza di lungo
periodo nelle politiche ambientali. Questo contrasta con paesi come Israele,
Corea o Giappone, in cui l’alta quota iniziale (sopra 0 euro) si dissolve quasi
completamente già al livello dei 30 euro, segno di una politica fiscale troppo
debole o frammentata.
Interessante
anche il caso dell’Italia, che mostra una buona performance a tutti i livelli:
il 98% delle emissioni è prezzato sopra 0 euro, l’84% sopra i 30 euro, il 44%
sopra i 60, il 40% sopra i 90 e il 29% sopra i 120 euro. Questi dati, pur
evidenziando margini di miglioramento, indicano una struttura relativamente
solida e coerente del sistema di carbon pricing.
Il
dato statunitense, infine, è tra i più preoccupanti: solo il 41% delle
emissioni da energia è soggetto a un prezzo, e già sopra i 60 euro la quota si
riduce al 4%, per poi azzerarsi sopra i 90. Questo conferma l’assenza di una
carbon tax federale e la scarsa efficacia, in termini di prezzo, dei meccanismi
adottati dai singoli stati. È chiaro che gli Stati Uniti hanno uno dei maggiori
margini di miglioramento a livello mondiale.
In
sintesi, questi dati mostrano che il carbon pricing è ancora troppo debole,
troppo frammentato e troppo disomogeneo per fungere da leva centrale nella
lotta al cambiamento climatico. Solo pochi paesi sono riusciti ad applicare
prezzi coerenti su una porzione significativa delle emissioni, mentre la
maggior parte rimane ancorata a politiche blande o parziali. Per rispettare gli
impegni internazionali e guidare la transizione ecologica, sarà fondamentale
espandere la copertura del carbon pricing, aumentarne l’intensità, e garantire
coerenza tra gli strumenti adottati. Solo così il prezzo del carbonio potrà
svolgere il suo ruolo di catalizzatore verso un’economia a basse emissioni.
Fonte: OCSE
Link: https://data-explorer.oecd.org/
Carbon price level |
Above EUR 0 per tonne of CO2e |
Above EUR 5 per tonne of CO2e |
Above EUR 30 per tonne of CO2e |
Above EUR 60 per tonne of CO2e |
Above EUR 90 per tonne of CO2e |
Above EUR 120 per tonne of CO2e |
Australia |
22 |
22 |
21 |
15 |
15 |
0 |
Austria |
89 |
89 |
88 |
42 |
34 |
34 |
Belgium |
86 |
69 |
58 |
25 |
24 |
24 |
Canada |
89 |
89 |
28 |
25 |
10 |
1 |
Chile |
71 |
29 |
12 |
12 |
12 |
0 |
Colombia |
50 |
46 |
23 |
0 |
0 |
0 |
Costa Rica |
94 |
94 |
90 |
82 |
39 |
39 |
Czechia |
86 |
80 |
74 |
20 |
19 |
19 |
Denmark |
94 |
94 |
90 |
61 |
61 |
59 |
Estonia |
96 |
96 |
90 |
29 |
24 |
24 |
Finland |
90 |
90 |
86 |
49 |
39 |
25 |
France |
89 |
89 |
83 |
40 |
37 |
37 |
Germany |
96 |
95 |
94 |
25 |
23 |
22 |
Greece |
96 |
96 |
90 |
44 |
37 |
29 |
Hungary |
74 |
74 |
62 |
31 |
31 |
9 |
Iceland |
98 |
98 |
57 |
55 |
55 |
55 |
Ireland |
96 |
96 |
77 |
30 |
30 |
30 |
Israel |
95 |
60 |
31 |
31 |
31 |
31 |
Italy |
98 |
94 |
84 |
44 |
40 |
29 |
Japan |
80 |
53 |
18 |
17 |
17 |
9 |
Korea |
99 |
98 |
51 |
16 |
15 |
15 |
Latvia |
91 |
91 |
72 |
49 |
49 |
47 |
Lithuania |
92 |
84 |
82 |
53 |
53 |
51 |
Luxembourg |
97 |
96 |
75 |
63 |
63 |
63 |
Mexico |
58 |
32 |
26 |
26 |
0 |
0 |
Netherlands |
91 |
89 |
87 |
42 |
37 |
36 |
New Zealand |
100 |
100 |
26 |
18 |
18 |
18 |
Norway |
90 |
89 |
89 |
61 |
57 |
23 |
Poland |
88 |
81 |
80 |
22 |
22 |
5 |
Portugal |
97 |
95 |
87 |
52 |
42 |
42 |
Slovak Republic |
85 |
84 |
71 |
24 |
24 |
20 |
Slovenia |
97 |
97 |
96 |
54 |
42 |
41 |
Spain |
91 |
91 |
81 |
41 |
36 |
36 |
Sweden |
87 |
87 |
86 |
54 |
48 |
46 |
Switzerland |
91 |
91 |
91 |
84 |
61 |
42 |
Türkiye |
42 |
24 |
24 |
21 |
2 |
0 |
United Kingdom |
74 |
73 |
63 |
46 |
30 |
30 |
United States |
41 |
38 |
26 |
4 |
0 |
0 |
Commenti
Posta un commento