I dati forniti dall’OCSE relativi al 2024 riguardano il numero di ore di lavoro settimanali necessarie affinché una famiglia composta da una coppia con due figli (di 4 e 6 anni), attualmente disoccupata e beneficiaria di misure di reddito minimo e integrazione all’affitto, possa superare la soglia di povertà. Sono considerate due situazioni: una in cui il capofamiglia guadagna il 67% del salario medio nazionale, e una in cui guadagna il 100%. Questo indicatore offre una prospettiva concreta sul rapporto tra lavoro, politiche di sostegno al reddito e rischio di povertà lavorativa. L’interpretazione di questi dati consente di comprendere meglio l'effettiva accessibilità all'autosufficienza economica e l'efficacia del welfare nei vari Paesi OCSE.
Partendo dalla
media OCSE, si osserva che servono mediamente 25 ore di lavoro settimanali con
un salario pari al 67% della media nazionale, e 17 ore con un salario medio
pieno, per uscire dalla povertà. Questi numeri rappresentano una soglia
intermedia, ma il panorama è molto più frammentato se si analizzano i dati
Paese per Paese. Alcuni sistemi risultano altamente efficaci nel garantire che
anche un lavoro a tempo parziale sia sufficiente per superare la soglia di
povertà, mentre altri evidenziano significative lacune in termini di
adeguatezza salariale e di protezione sociale.
Tra i Paesi con
i risultati migliori spiccano Danimarca, Finlandia, Giappone, Lituania,
Lussemburgo, Regno Unito e Germania, dove non sono richieste ore di lavoro
settimanali per uscire dalla povertà, il che suggerisce che le famiglie in
queste nazioni ricevono un livello di sostegno tale da non trovarsi sotto la
soglia di povertà anche in assenza di occupazione, o che l’ingresso nel mondo
del lavoro è immediatamente sufficiente, anche con guadagni minimi. In
particolare, in Germania bastano due ore di lavoro settimanali con il 67% del
salario medio, e addirittura una sola con il 100% del salario medio. Questi
dati indicano un sistema efficiente, in cui anche un minimo impiego garantisce
una stabilità economica di base. Danimarca, Finlandia e Giappone sembrano
essere allineati su una linea politica simile, dove il sostegno statale e il
livello dei salari si combinano per offrire una solida rete contro la povertà.
Al contrario, in
molti altri Paesi il quadro è meno rassicurante. Estonia, Slovenia, Cipro,
Malta e Svezia richiedono più di 50 ore di lavoro a settimana per le famiglie
il cui principale percettore ha un salario pari al 67% della media nazionale.
Ciò evidenzia una forte distanza tra i redditi da lavoro disponibili per le
famiglie a basso reddito e il livello di reddito necessario per uscire dalla
povertà. In questi Paesi, le politiche di reddito minimo non sono sufficientemente
generose e i salari relativamente bassi non riescono da soli a garantire
un'esistenza dignitosa. Slovenia e Estonia richiedono 52 ore settimanali in
tale scenario, mentre Svezia, tradizionalmente associata a un modello di
welfare sviluppato, richiede 47 ore. Questi dati suggeriscono che anche nei
Paesi nordici possono emergere difficoltà, specialmente per chi lavora a tempo
parziale o in occupazioni meno retribuite.
Un altro gruppo
di Paesi si colloca in una fascia intermedia. Si tratta di nazioni come
Francia, Belgio, Islanda, Grecia, Italia, Spagna, Ungheria e Israele, dove le
ore di lavoro richieste per uscire dalla povertà si aggirano tra le 22 e le 36
a settimana per chi guadagna il 67% del salario medio. In questi casi, è
evidente che una famiglia ha bisogno di un impiego quasi a tempo pieno per
riuscire a superare la soglia di povertà. Questo significa che le misure di
sostegno al reddito non sono completamente in grado di colmare il gap
economico, e che i salari più bassi non offrono margini di sicurezza. L’Italia,
ad esempio, richiede 36 ore con un salario del 67% e 24 con un salario medio
pieno. Questo indica una certa rigidità nel sistema di welfare e
l’insufficienza delle attuali politiche contro la povertà lavorativa.
Tra i Paesi extraeuropei
si osservano dinamiche interessanti. Negli Stati Uniti servono 45 ore
settimanali con un salario al 67% della media per uscire dalla povertà, e 30
ore con il salario pieno. Il Canada si colloca su un piano simile, richiedendo
32 ore e 21 ore rispettivamente. Questi dati confermano l’idea che nei sistemi
anglosassoni, generalmente meno generosi sul fronte del welfare, il lavoro da
solo non basta sempre a garantire la sicurezza economica, soprattutto per le
famiglie numerose. L’Australia, al contrario, offre dati incoraggianti, con
solo 10 ore di lavoro necessarie al 67% del salario medio e 7 ore con salario
pieno, a dimostrazione di un sistema relativamente efficace nel contrasto alla
povertà.
È interessante
notare che alcuni Paesi dell’Europa orientale, come Romania, Bulgaria e
Slovacchia, richiedono tra le 33 e le 37 ore settimanali per chi ha un salario
inferiore alla media. Questi dati rivelano che, nonostante qualche
miglioramento nel corso degli ultimi anni, le reti di sicurezza sociale in questi
Paesi sono ancora deboli e non riescono a offrire un sostegno adeguato alle
famiglie più fragili.
In generale, è
evidente che la combinazione tra salario minimo, benefici fiscali e
trasferimenti monetari incide profondamente sul numero di ore necessarie per
uscire dalla povertà. Nei Paesi in cui il salario medio è elevato e le
politiche di sostegno sono forti e ben strutturate, come in Germania o nei
Paesi scandinavi, la soglia della povertà è più facilmente superabile anche con
lavori a tempo parziale. Al contrario, nei Paesi dove i salari sono più bassi e
i trasferimenti pubblici meno generosi o mal strutturati, serve un lavoro a
tempo pieno o addirittura straordinario per ottenere un reddito sufficiente.
La misura delle
ore necessarie per superare la povertà rappresenta quindi un indicatore
concreto e significativo della qualità del lavoro e dell'efficacia delle
politiche sociali. Essa consente anche di misurare quanto effettivamente sia
conveniente per un individuo o una famiglia accedere al mercato del lavoro. In
contesti dove anche molte ore di lavoro non garantiscono l’uscita dalla
povertà, si crea il rischio che le famiglie non trovino alcun incentivo
economico nel lavorare, portando a forme di esclusione sociale cronica.
La presenza di
Paesi in cui non serve alcuna ora di lavoro per uscire dalla povertà, come
Lituania, Lussemburgo o Regno Unito, può essere vista come un segnale positivo,
ma anche come un'area da monitorare per evitare che tali benefici creino
trappole dell’inattività. Al contrario, l’estremo opposto, rappresentato da
Paesi in cui servono oltre 50 ore a settimana per superare la soglia di
povertà, è indicativo di una grave disfunzione tra mercato del lavoro e sistema
di protezione sociale.
In conclusione,
questi dati rivelano una profonda disomogeneità tra i Paesi OCSE nella capacità
di garantire un equilibrio tra lavoro, reddito e sicurezza economica.
L’indicatore delle ore necessarie per uscire dalla povertà ci mostra quanto
ancora debbano evolvere le politiche di contrasto alla povertà e quanto il
lavoro, da solo, non basti in molte realtà. Solo una strategia integrata che
comprenda salari adeguati, sostegni mirati, incentivi fiscali e accesso ai
servizi può realmente garantire che chi lavora, anche a tempo parziale, non
viva in condizione di povertà.
Ore
di lavoro necessarie per uscire dalla povertà |
Misura:
Ore di lavoro necessarie per uscire dalla povertà per una famiglia senza
lavoro che richiede il reddito minimo |
Tipo
di famiglia: Coppia, 2 figli |
Età
dei figli: 4 e 6 anni |
Periodo
di tempo: 2024 |
Unità
di misura: Ore settimanali |
Fonte
OCSE |
Earnings of the reference person |
67% of average wage |
100% of average wage |
Australia |
10 |
7 |
Austria |
37 |
25 |
Belgium |
26 |
18 |
Canada |
32 |
21 |
Czechia |
42 |
28 |
Denmark |
0 |
0 |
Estonia |
52 |
35 |
Finland |
0 |
0 |
France |
26 |
18 |
Germany |
2 |
1 |
Greece |
22 |
15 |
Hungary |
34 |
23 |
Iceland |
28 |
19 |
Ireland |
0 |
15 |
Israel |
35 |
24 |
Italy |
36 |
24 |
Japan |
0 |
0 |
Korea |
7 |
5 |
Latvia |
29 |
20 |
Lithuania |
0 |
0 |
Luxembourg |
0 |
0 |
Netherlands |
22 |
14 |
New Zealand |
38 |
26 |
Norway |
50 |
33 |
Poland |
23 |
15 |
Portugal |
38 |
26 |
Slovak Republic |
33 |
22 |
Slovenia |
52 |
35 |
Spain |
36 |
24 |
Sweden |
47 |
32 |
Switzerland |
39 |
26 |
Türkiye |
18 |
12 |
United Kingdom |
0 |
0 |
United States |
45 |
30 |
OECD |
25 |
17 |
Bulgaria |
37 |
25 |
Croatia |
45 |
30 |
Cyprus |
52 |
34 |
Malta |
51 |
34 |
Romania |
34 |
22 |
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