Dal crollo del 2020 alla ripresa del 2021: l’andamento altalenante del settore industriale in Italia
L'analisi
degli indicatori di produttività del capitale per il settore industriale
italiano, che comprende attività estrattive, manifatturiere, la fornitura di
energia elettrica, gas, vapore e aria condizionata, la fornitura di acqua, le
reti fognarie, le attività di trattamento dei rifiuti e risanamento, oltre alle
costruzioni, mostra un andamento molto variabile nel periodo compreso tra il
2014 e il 2023. L’analisi si basa su tassi di variazione logaritmici
concatenati con anno di riferimento 2020. Si tratta di un settore che
costituisce un pilastro fondamentale per l’economia italiana, influenzato sia
da dinamiche interne che da eventi esterni, come crisi economiche globali,
politiche energetiche e, più recentemente, la pandemia da COVID-19.
Il periodo
preso in esame si caratterizza per un’alternanza tra anni di crescita positiva
e anni di crisi profonda. Questo tipo di andamento riflette non solo le
peculiarità dei comparti inclusi nell’aggregato, ma anche il forte impatto che
eventi straordinari possono avere sulla produttività del capitale. I tassi di
crescita della produttività del capitale oscillano notevolmente, rendendo
difficile identificare un trend uniforme per l'intero periodo considerato. Le
variazioni percentuali, calcolate anno per anno, evidenziano ulteriormente la
difficoltà del settore nel mantenere livelli di produttività stabili.
Nel 2014,
l’indicatore registra un dato negativo di -0,4%, segnale di un inizio di
periodo non particolarmente brillante. Questo risultato può essere imputabile a
fattori strutturali come la bassa domanda interna, l’incertezza politica e la
difficoltà del comparto industriale italiano a recuperare competitività dopo la
crisi economica globale del 2008-2009. La variazione assoluta per l’anno
successivo, il 2015, è pari a 2,4, corrispondente ad un incremento di
produttività del capitale del 2%. Tale aumento potrebbe riflettere una ripresa
degli investimenti in alcuni settori chiave, come la manifattura e la fornitura
di energia, settori che storicamente contribuiscono in modo significativo al
PIL italiano.
Nel 2016 e
2017 si registra una crescita continua, rispettivamente del 2,7% e del 3,3%.
L’incremento del 2017 rappresenta il picco più alto di crescita per il periodo
pre-pandemico. Questo risultato positivo può essere interpretato come un
riflesso della ripresa economica generale in Europa e dell’aumento della
domanda di beni italiani sui mercati esteri, specialmente nel comparto
manifatturiero. Tuttavia, nel 2018, la produttività del capitale torna a
calare, registrando un incremento modesto dell’1,1%. Questa flessione è
probabilmente dovuta a un rallentamento della domanda globale e ad alcune
incertezze politiche nazionali che hanno avuto un impatto negativo sugli
investimenti industriali.
Il 2019 vede
un’ulteriore riduzione della crescita, con un tasso di appena l’1%. Questo
risultato deludente è accompagnato da una variazione assoluta negativa di -0,1,
un chiaro segnale di stagnazione. Sebbene l’economia italiana sia riuscita a
evitare una contrazione significativa, la produttività del capitale industriale
non è riuscita a migliorare sostanzialmente. Le difficoltà a livello
strutturale, tra cui la scarsa innovazione tecnologica e l’obsolescenza di
alcuni impianti industriali, continuano a rappresentare ostacoli alla crescita.
L’anno 2020
rappresenta un punto di svolta drammatico per l’intero settore industriale a
causa della pandemia da COVID-19. La produttività del capitale crolla con un
tasso di variazione logaritmica di -9,5%. Questo dato riflette l’impatto
devastante delle misure di contenimento della pandemia, tra cui i lockdown e le
interruzioni delle catene di approvvigionamento globali. La variazione assoluta
per il 2020 è di -10,5, mentre la variazione percentuale raggiunge il valore
impressionante di -1050%. I settori più colpiti sono quelli legati alla
produzione industriale pesante e alla fornitura di energia, anche se le
costruzioni riescono a mantenere un livello minimo di attività grazie ad alcuni
interventi governativi di supporto.
Nel 2021, il
settore mostra una notevole ripresa, con un aumento della produttività del
capitale pari al 15,2%, il valore più alto registrato nell'intero periodo. La
variazione assoluta di 24,7 conferma il carattere eccezionale di questa
ripresa, che è principalmente un rimbalzo tecnico dovuto alla ripartenza delle
attività produttive e al ritorno di una domanda globale significativamente
rafforzata da politiche fiscali espansive. Tuttavia, nonostante il forte
incremento, il settore industriale italiano non riesce a recuperare
completamente le perdite subite nel 2020.
Il 2022
segna un nuovo rallentamento, con un incremento della produttività del capitale
pari al 2,7%. Questa riduzione del tasso di crescita può essere attribuita a
numerosi fattori, tra cui le tensioni geopolitiche globali, l'aumento dei
prezzi delle materie prime e le difficoltà nel mantenere catene di
approvvigionamento stabili. La variazione assoluta di -12,5 conferma un
significativo calo rispetto all'anno precedente, mentre la variazione
percentuale di -82,24% evidenzia quanto sia stato difficile mantenere un ritmo
di crescita costante.
L’anno 2023
registra un ulteriore calo della produttività del capitale con un tasso
negativo di -0,5%. La variazione assoluta di -3,2 e quella percentuale di
-118,52% indicano che il settore industriale continua a mostrare segni di
debolezza. Probabilmente, questo risultato negativo è influenzato dall’aumento
dei costi energetici e dalla ridotta competitività sui mercati esteri.
L’analisi
complessiva del periodo 2014-2023 mostra un settore industriale in difficoltà
nel mantenere livelli costanti di produttività. L’alta volatilità dei dati
suggerisce un contesto economico instabile, in cui l’industria italiana è
soggetta a continui shock sia interni che esterni. La ripresa osservata nel
2021, per quanto significativa, non è stata sufficiente a ristabilire una
traiettoria di crescita stabile. Le principali sfide da affrontare includono la
necessità di investimenti in innovazione, l'efficienza energetica, la
digitalizzazione dei processi produttivi e il rafforzamento delle catene di
fornitura. Inoltre, una maggiore diversificazione delle attività produttive
potrebbe contribuire a ridurre la vulnerabilità del settore rispetto a shock
esogeni.
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