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Trappole fiscali e disincentivi: quando aumentare le ore lavorative non paga

 


 

 

I dati forniti dall’OCSE relativi al 2024 analizzano il tasso effettivo di tassazione sui guadagni aggiuntivi derivanti dall’aumento delle ore di lavoro per un lavoratore single senza figli che percepisce benefici di assistenza sociale e sussidi per l’affitto. Il dato misura la percentuale di reddito addizionale che viene persa tra tasse, contributi e riduzione dei benefici quando si passa da un impiego part-time (50% del tempo pieno) a un lavoro a tempo pieno. Questo indicatore è cruciale per comprendere se conviene lavorare di più e quanto del reddito extra prodotto viene effettivamente trattenuto. La media OCSE per il 2024 si attesta al 47%, in aumento rispetto al 43% del 2020, con una variazione di 4 punti percentuali pari a un incremento del 9,3%. Ciò significa che, in media, quasi la metà del reddito guadagnato aumentando le ore lavorative viene assorbita dal sistema fiscale e dalla riduzione dei benefici ricevuti. Questo dato già di per sé elevato nasconde però una forte disomogeneità tra i Paesi, con situazioni in cui la tassazione effettiva sui guadagni aggiuntivi arriva a livelli estremamente penalizzanti e altri in cui risulta più contenuta o addirittura favorevole.

Tra i Paesi con i tassi più elevati nel 2024 troviamo la Danimarca con il 77%, la Lituania con il 77%, i Paesi Bassi con il 64%, il Belgio con il 60% e il Lussemburgo con il 61%. In questi contesti, chi decide di aumentare le proprie ore di lavoro fino al tempo pieno si ritrova a perdere tra il 60% e oltre il 75% dei guadagni addizionali. Questo può scoraggiare notevolmente i lavoratori part-time dal passare al tempo pieno, specialmente se i benefici sociali di cui godono vengono drasticamente ridotti. La Danimarca, pur con un sistema di welfare tra i più generosi al mondo, mostra chiaramente come la struttura fiscale possa ridurre fortemente la convenienza economica dell’impegno lavorativo aggiuntivo. Anche la Lituania registra un livello di tassazione straordinariamente elevato, con un tasso che si è mantenuto costante negli ultimi tre anni. In questo Paese si osserva anche un aumento significativo rispetto al 2020, quando il tasso era al 42%, segnando una crescita di 35 punti percentuali pari all’83%. Un trend simile si osserva anche in altri contesti come Malta e Portogallo, dove i tassi sono aumentati rispettivamente di 15 e 26 punti percentuali, facendo registrare impennate percentuali del 26% per Malta e addirittura del 118% per il Portogallo.

Anche Paesi come la Corea del Sud e la Lettonia mostrano aumenti impressionanti. In Corea, il tasso di tassazione sui guadagni addizionali è passato dal 18% del 2023 al 40% del 2024, con un aumento del 122%. La Lettonia, invece, è passata da un valore già alto di 35% a un incredibile 66% in appena due anni. Questi dati indicano un peggioramento drastico delle condizioni per i lavoratori che cercano di aumentare il proprio reddito attraverso l’incremento delle ore lavorative. In tali contesti, il rischio è che i lavoratori evitino di incrementare la propria attività lavorativa, poiché la parte aggiuntiva di reddito viene in gran parte assorbita dalla fiscalità e dalla perdita dei sussidi.

Dall’altro lato dello spettro troviamo Paesi con tassi di tassazione effettiva molto più bassi. Tra questi si distinguono Cipro con un valore del solo 11%, Bulgaria e Turchia con il 22%, Grecia con il 28% e Stati Uniti con il 27%. In questi Paesi, l’incremento dell’attività lavorativa è maggiormente premiato, permettendo ai lavoratori di trattenere una parte significativa del reddito aggiuntivo. Cipro rappresenta un caso particolarmente interessante, essendo passata dal 49% del 2020 all’11% del 2024, con una variazione negativa di 38 punti percentuali pari a un calo del 77,5%. Questo cambiamento potrebbe essere il risultato di riforme fiscali o modifiche nella struttura dei trasferimenti sociali, ma sicuramente rende il passaggio dal part-time al full-time molto più conveniente rispetto al passato. Anche Stati Uniti e Turchia mostrano una stabilità relativa, con valori che non hanno subito grandi variazioni, a indicare una struttura fiscale che non penalizza troppo l’aumento di ore lavorative, anche se va detto che questi Paesi offrono livelli di protezione sociale generalmente inferiori rispetto a quelli europei.

Paesi come l’Italia e la Germania si collocano in una fascia intermedia. L’Italia è passata dal 42% del 2020 al 38% del 2024, con una riduzione di 4 punti pari a un miglioramento del 9,5%. La Germania mostra una variazione simile, con un calo da 52% a 47%. Questi dati indicano una leggera tendenza a rendere più favorevole l’incremento del lavoro, ma la situazione resta comunque tale da determinare una perdita di quasi la metà del reddito addizionale. Anche la Francia si mantiene stabile intorno al 52%, con un lieve aumento rispetto al 2020. Questi valori suggeriscono che in molte economie avanzate europee l’incremento del lavoro continua a non essere pienamente premiato dal punto di vista economico.

Ci sono poi Paesi con tendenze divergenti e non facilmente classificabili. La Spagna, ad esempio, è passata dal 24% al 37% con un aumento di 13 punti e una variazione del 54%, un segnale che la tassazione sul lavoro aggiuntivo è aumentata significativamente nel corso del quinquennio. La Nuova Zelanda ha visto il proprio tasso salire dal 48% al 60%, un incremento del 25% che potrebbe riflettere una ristrutturazione fiscale o una diversa modalità di calcolo dei benefici. In Irlanda si registra un calo da 43% a 40%, mentre in Svezia da 37% a 34%. Sebbene non siano cambiamenti molto marcati, indicano un tentativo di ridurre le disincentivazioni al lavoro supplementare, anche se in entrambi i casi quasi un terzo del reddito extra viene ancora perso.

Infine, la stabilità totale in Paesi come Romania, Bulgaria, Svizzera e Turchia suggerisce una mancanza di riforme strutturali in questi anni, oppure una volontà di mantenere invariati i meccanismi di incentivo al lavoro. Tuttavia, la stabilità non sempre è indice di efficacia, e in certi casi può indicare una resistenza al cambiamento, anche in contesti dove i livelli di tassazione restano elevati. In Ungheria, ad esempio, il tasso è rimasto fermo al 34% per cinque anni consecutivi, senza alcun miglioramento.

Nel complesso, i dati dimostrano come la tassazione effettiva sul lavoro aggiuntivo resti una delle barriere principali all’aumento della partecipazione al mercato del lavoro, specialmente tra i percettori di sussidi sociali. Dove il tasso è troppo alto, il messaggio implicito è che lavorare di più non conviene, perché gran parte dell’impegno aggiuntivo viene annullato dalla fiscalità e dalla perdita di benefici. Questo fenomeno ha effetti negativi sulla mobilità sociale, sull’incentivo all’autosufficienza economica e sulla produttività complessiva. È quindi necessario che i governi valutino attentamente l’impatto delle proprie politiche fiscali e sociali, cercando un equilibrio tra il sostegno alle persone in difficoltà e l’incentivo al lavoro. Il rischio, altrimenti, è quello di perpetuare situazioni in cui i lavoratori si trovano in una “trappola della povertà” anche quando cercano attivamente di migliorare la propria condizione economica attraverso l’aumento delle ore lavorative.

 

 

Aliquote fiscali effettive sulle ore di lavoro aggiuntive

Misura: Aliquota fiscale effettiva sull'aumento delle ore di lavoro

Età dei figli: 4 e 6 anni

Richiesta di assistenza sociale o di indennità di reddito minimo: Sì

Unità di misura: Percentuale di reddito aggiuntivo

Tipo di nucleo familiare: Persona singola, senza figli

Reddito della persona di riferimento: 67% della retribuzione media

Aumento delle ore di lavoro: Dal 50% al 100% del lavoro a tempo pieno

Reddito del coniuge: Non applicabile

Richiesta di supplementi per l'affitto: Sì

Fonte: OCSE

LINK: https://data-explorer.oecd.org/

 

 

 

Time period

2020

2021

2022

2023

2024

Var Ass

Var Per

Australia

37

52

40

44

50

13

35,14

Austria

43

42

46

42

42

-1

-2,33

Belgium

59

59

61

59

60

1

1,69

Canada

35

36

39

40

42

7

20,00

Czechia

55

50

49

46

47

-8

-14,55

Denmark

81

80

79

77

77

-4

-4,94

Estonia

21

21

21

22

24

3

14,29

Finland

59

58

58

59

58

-1

-1,69

France

51

51

51

53

52

1

1,96

Germany

52

50

45

44

47

-5

-9,62

Greece

33

33

35

37

28

-5

-15,15

Hungary

34

34

34

34

34

0

0,00

Iceland

46

45

44

44

43

-3

-6,52

Ireland

43

44

43

41

40

-3

-6,98

Israel

26

28

30

29

25

-1

-3,85

Italy

42

42

41

41

38

-4

-9,52

Japan

67

67

72

68

66

-1

-1,49

Korea

18

18

19

18

40

22

122,22

Latvia

35

32

33

59

66

31

88,57

Lithuania

42

82

80

77

77

35

83,33

Luxembourg

52

55

56

56

61

9

17,31

Netherlands

62

62

62

64

64

2

3,23

New Zealand

48

53

59

60

60

12

25,00

Norway

46

44

54

50

44

-2

-4,35

Poland

58

58

55

57

59

1

1,72

Portugal

22

23

24

25

48

26

118,18

Slovak Republic

32

32

32

31

30

-2

-6,25

Slovenia

60

55

50

49

50

-10

-16,67

Spain

24

27

35

36

37

13

54,17

Sweden

37

34

33

35

34

-3

-8,11

Switzerland

33

34

35

36

33

0

0,00

Türkiye

33

33

32

32

33

0

0,00

United Kingdom

67

62

61

53

57

-10

-14,93

United States

26

42

27

27

27

1

3,85

OECD

43

45

45

45

47

4

9,30

Bulgaria

22

22

22

22

22

0

0,00

Croatia

27

27

30

33

40

13

48,15

Cyprus

49

46

11

11

11

-38

-77,55

Malta

56

53

58

59

71

15

26,79

Romania

44

44

44

44

44

0

0,00

 

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