Passa ai contenuti principali

Volatilità e stagnazione: come l'Italia fatica a consolidare la produttività del capitale nel periodo post-pandemico

 

L’analisi degli indicatori di produttività del capitale per l’Italia nel periodo compreso tra il 2014 e il 2023 offre un quadro complesso e interessante riguardo all’evoluzione dell’efficienza economica del paese, escludendo il settore delle amministrazioni pubbliche. Questo indicatore, espresso attraverso tassi di variazione logaritmici, si basa sul valore aggiunto ai prezzi base per unità di input di capitale, con l’anno 2020 come riferimento per la concatenazione dei valori.

Il decennio considerato è caratterizzato da un andamento particolarmente volatile, con periodi di crescita moderata, crisi profonda e riprese parziali. Questo riflette in gran parte gli shock esterni che l’economia italiana ha subito, in particolare durante il periodo pandemico e nei successivi anni di recupero caratterizzati da instabilità geopolitica e inflazione elevata.

Dal 2014 al 2019, la produttività del capitale mostra una tendenza complessivamente positiva. I tassi di crescita annui si mantengono in un intervallo compreso tra l’1,1% e il 2,6%, con un picco massimo raggiunto nel 2017 pari al 2,6%. Questo periodo rappresenta un momento di espansione economica moderata, trainato da una ripresa lenta ma costante dal periodo di crisi finanziaria globale che aveva colpito duramente anche l’economia italiana. Durante questi anni, la produttività del capitale non subisce grandi oscillazioni e mostra una stabilità apprezzabile, seppur con alcuni segnali di rallentamento già visibili negli ultimi due anni, cioè nel 2018 e nel 2019.

I tassi di crescita positivi raggiunti in questo periodo riflettono un contesto economico relativamente favorevole, caratterizzato da una domanda interna moderatamente crescente e da politiche monetarie espansive a livello europeo. Tuttavia, il rallentamento osservato nel 2018 e nel 2019, con tassi rispettivamente pari a 1,1% e 0,7%, suggerisce la presenza di limiti strutturali e di un investimento produttivo non sufficientemente dinamico. In altre parole, l’economia italiana mostrava già segnali di fragilità, evidenziati anche dalla riduzione della variazione assoluta che tende a diminuire costantemente. Questa variazione assoluta passa da valori intorno a 0,5 nei primi anni del periodo a valori negativi nel 2019. Anche la variazione percentuale mostra un andamento decrescente, con un calo significativo nel 2018 e 2019, un chiaro sintomo di un indebolimento progressivo delle dinamiche di crescita.

Il 2020 rappresenta un anno spartiacque all’interno dell’intero periodo considerato. L’arrivo della pandemia da COVID-19 e le conseguenti misure di lockdown e restrizioni alle attività economiche portano a un crollo senza precedenti della produttività del capitale. Il tasso di variazione logaritmica per quell’anno è pari a -10,2%, il dato peggiore registrato nel decennio. L’improvvisa e drastica contrazione della produttività è determinata dalla riduzione delle attività produttive su vasta scala, dai cali di domanda, sia interna che esterna, e dall’interruzione delle catene di approvvigionamento globali. Le limitazioni imposte a settori cruciali come il turismo, la ristorazione e l’industria manifatturiera hanno contribuito ad amplificare questa crisi, mostrando chiaramente la vulnerabilità strutturale di ampie porzioni del sistema economico italiano.

L’impatto negativo della crisi pandemica è evidenziato anche dalla variazione assoluta di -10,9, la più alta variazione negativa registrata nell’intero periodo analizzato. A livello percentuale, l’effetto è ancora più impressionante con una variazione percentuale negativa di -1557,14%, un dato che riflette la drammaticità del crollo produttivo e la difficoltà dell’economia italiana nel mantenere livelli adeguati di produttività del capitale durante un periodo così critico.

Nel 2021, tuttavia, si assiste a un rimbalzo tecnico, con un aumento della produttività del capitale pari all’11,6%. Questo forte incremento è principalmente attribuibile alla ripresa post-pandemica, sostenuta da politiche fiscali espansive a livello europeo, come il programma Next Generation EU, e da un progressivo ritorno alla normalità delle attività economiche. La variazione assoluta per il 2021 è positiva e pari a 21,8, il che rappresenta il recupero più robusto registrato nel periodo considerato. Tuttavia, l’ampiezza di questo rimbalzo non deve trarre in inganno, poiché si tratta essenzialmente di un recupero parziale rispetto alla perdita drastica subita nel 2020. Infatti, il dato percentuale di -213,73% mostra chiaramente che, nonostante il rimbalzo, la produttività del capitale non è tornata ai livelli pre-pandemici.

Gli anni 2022 e 2023 riflettono un periodo di volatilità e di progressivo rallentamento della ripresa. Nel 2022, la produttività del capitale registra un incremento del 5,1%, significativamente inferiore rispetto all’anno precedente. Questo rallentamento è attribuibile a diversi fattori, tra cui la crisi energetica dovuta al conflitto russo-ucraino, l’incremento dei prezzi delle materie prime e un’inflazione crescente che ha messo sotto pressione i costi di produzione e ridotto la domanda aggregata. Inoltre, le difficoltà nella catena di approvvigionamento globale continuano a esercitare un impatto negativo sulle performance produttive di vari settori industriali italiani.

Nel 2023, la produttività del capitale subisce un nuovo calo, con un tasso di variazione logaritmica pari a -0,9%. Questo dato evidenzia chiaramente che il sistema economico italiano fatica a stabilizzare la propria crescita e a consolidare il recupero avviato nel 2021. Le tensioni geopolitiche, le pressioni inflazionistiche e la ridotta capacità di investimento produttivo continuano a rappresentare ostacoli significativi.

Considerando l’intero periodo dal 2014 al 2023, la produttività del capitale in Italia mostra una performance complessivamente negativa, con una variazione assoluta totale pari a -2,5. Questo dato è particolarmente preoccupante poiché evidenzia come il recupero post-pandemico non sia stato sufficiente a compensare pienamente le perdite subite nel 2020. La variazione percentuale complessiva di -156,25% conferma che, nonostante i tentativi di ripresa, la produttività del capitale italiano è in una fase di stagnazione o addirittura regressione.

L’Italia si trova ora di fronte alla necessità di affrontare sfide importanti per migliorare la produttività del capitale. Sarà essenziale implementare politiche economiche mirate a stimolare l’innovazione tecnologica, promuovere investimenti strategici e migliorare l’allocazione delle risorse. Il contesto internazionale, caratterizzato da instabilità geopolitica e pressioni inflazionistiche, rende questa sfida ancora più complessa. Tuttavia, la capacità di migliorare la produttività del capitale sarà cruciale per garantire una crescita economica sostenibile e competitiva nel lungo periodo.



 



Commenti

Post popolari in questo blog

Il Cuneo Fiscale nei Principali Paesi OCSE nel 2024

  I dati mostrano l’evoluzione del tax wedge medio – cioè l’incidenza percentuale delle imposte sul lavoro rispetto al costo totale del lavoro – per un lavoratore single senza figli, con un reddito pari al 100% del salario medio, in un campione ampio di Paesi OCSE, nel periodo 2015–2024. Questo indicatore è centrale per comprendere l’onere fiscale sul lavoro e il suo impatto sull’economia, sull’occupazione e sulla competitività. L’analisi mostra un panorama piuttosto eterogeneo. I Paesi OCSE si collocano su un ampio spettro, che va da chi applica una pressione fiscale minima, come Colombia e Cile, fino a chi presenta carichi elevati, come Belgio e Germania. Nonostante le differenze strutturali tra i sistemi fiscali, è possibile individuare alcune tendenze comuni e differenziazioni regionali e temporali. Cominciando dai Paesi con le pressioni fiscali più alte, il Belgio resta costantemente in cima alla classifica per tutta la serie temporale, pur mostrando un leggero trend dis...

Trend globali nella produzione di nuovi medici

  Il lungo arco temporale compreso tra il 1980 e il 2023 offre uno sguardo ricco di dettagli sull’evoluzione della formazione dei medici in numerosi paesi, misurata in laureati in medicina per 100 000 abitanti. All’inizio degli anni Ottanta diverse nazioni presentavano livelli di ingresso nelle facoltà di medicina piuttosto elevati, con alcuni picchi record, mentre altre registravano numeri più contenuti. Nel corso dei decenni successivi il quadro si è fatto più sfaccettato: a un’estensione e a un potenziamento delle politiche di reclutamento hanno fatto da contraltare oscillazioni legate a riforme accademiche, crisi economiche, ristrutturazioni dei sistemi sanitari e flussi migratori di professionisti. Dall’analisi emerge un generale trend di aumento della produzione di nuovi medici a livello mondiale, benché con intensità e momenti diversi a seconda delle regioni e dei contesti nazionali, riflettendo scelte politiche, bisogni demografici e dinamiche di mercato. A livello comple...

Nord e Sud a confronto: differenze territoriali nei tassi di adeguata alimentazione

  ·          Le regioni del Nord mantengono livelli elevati, ma mostrano cali significativi negli ultimi anni. ·          Il Mezzogiorno registra valori più bassi, con Calabria e Abruzzo in miglioramento, Basilicata in forte calo. ·          Crisi economiche , pandemia e stili di vita hanno inciso profondamente sull’ adeguata alimentazione degli italiani.   L’analisi dei dati relativi all’adeguata alimentazione in Italia nel periodo compreso tra il 2005 e il 2023, misurata attraverso i tassi standardizzati per 100 persone, restituisce un quadro piuttosto articolato, con forti differenze territoriali, variazioni cicliche e trend di lungo periodo che denotano dinamiche sociali, economiche e culturali. Nel Nord e nel Centro i livelli sono generalmente più elevati rispetto al Mezzogiorno, ma anche qui emergono oscillazioni notevoli. In alcune regi...