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Tassazione e ritorno al lavoro: quando lavorare non conviene

 


 

I dati forniti dall’OCSE relativi al 2024 analizzano il tasso effettivo di tassazione al momento della ripresa del lavoro per una persona single senza figli che riceve sussidi di disoccupazione da due mesi e percepisce un salario pari al 100% della media nazionale. Questo indicatore misura in percentuale quanto del nuovo reddito da lavoro viene effettivamente “perso” tra tasse, contributi e la riduzione dei benefici precedentemente percepiti, come sussidi sociali o integrazioni all’affitto. È quindi un parametro fondamentale per capire quanto sia conveniente per una persona tornare al lavoro dopo un periodo di disoccupazione. Il dato medio per i Paesi OCSE nel 2024 è pari al 70%, il che implica che, in media, un nuovo lavoratore che rientra nel mercato con uno stipendio nella media perde il 70% del proprio reddito lordo a causa della combinazione di imposte, contributi e riduzione dei benefici. Questo valore, già di per sé elevato, riflette una situazione diffusa in cui il guadagno netto effettivo derivante dalla ripresa del lavoro è molto limitato, scoraggiando l’occupazione, in particolare per i lavoratori con salari medi o bassi.

Analizzando i singoli Paesi, emergono situazioni molto diverse tra loro. Il caso più estremo in senso negativo è quello del Lussemburgo, dove il tasso effettivo di tassazione si attesta al 90%, seguito da vicino dalla Lettonia con l’88%, la Lituania con l’87%, i Paesi Bassi con l’83% e il Belgio con il 77%. In questi contesti, chi torna a lavorare dopo un periodo di disoccupazione riesce a trattenere una quota minima del proprio salario. Questo rende l’ingresso o il rientro nel mondo del lavoro estremamente poco conveniente dal punto di vista economico. In particolare, in Lussemburgo e nei Paesi baltici, questo tasso ha registrato una stabilità quasi totale negli ultimi cinque anni, segno di un sistema strutturalmente impostato in modo tale da penalizzare fortemente il passaggio dalla disoccupazione all’occupazione. Anche Paesi come la Repubblica Ceca, la Germania, l’Austria e la Finlandia presentano tassi costantemente superiori al 70%, a dimostrazione che questa problematica non riguarda solo le economie con welfare meno generoso ma anche nazioni tradizionalmente forti nel campo della protezione sociale.

All’estremo opposto, troviamo Paesi come il Regno Unito e gli Stati Uniti, dove il tasso effettivo di tassazione si ferma al 48% e 50% rispettivamente. Ciò significa che, in questi contesti, un individuo che inizia un nuovo lavoro riesce a trattenere circa la metà del proprio stipendio, rendendo l’occupazione decisamente più conveniente. In alcuni casi, questo valore è il risultato di politiche fiscali leggere ma anche di sistemi di welfare meno generosi, che non prevedono elevati trasferimenti da tagliare nel momento in cui si riprende a lavorare. Da notare che il Regno Unito ha fatto registrare un miglioramento continuo dal 2020 al 2024, con un calo di 7 punti percentuali che corrisponde a una riduzione del tasso del 12,7%, uno dei cambiamenti più significativi in positivo. Anche gli Stati Uniti hanno seguito un trend discendente, sebbene meno accentuato.

Situazioni particolarmente interessanti emergono osservando le variazioni più marcate. Il caso di Malta è emblematico: il tasso di tassazione effettiva è salito dal 56% del 2020 al 72% nel 2024, con una variazione di +16 punti e un aumento percentuale di oltre il 28%. Questo cambiamento indica un netto peggioramento delle condizioni economiche per chi decide di rientrare nel mercato del lavoro, probabilmente dovuto alla riduzione di esenzioni o all’aumento dell’imposizione. Anche il Portogallo registra un incremento drammatico, passando dall’81% al 99%, con una crescita del 22%. Un dato simile suggerisce che praticamente tutto il reddito lordo di un nuovo lavoratore viene assorbito da tasse e dalla perdita dei benefici, rendendo la ripresa del lavoro del tutto non remunerativa in termini netti. Questo tipo di scenario rischia di innescare una vera e propria “trappola della povertà”, in cui i lavoratori preferiscono restare in stato di inattività piuttosto che accettare un lavoro che li lascerebbe, di fatto, con un potere d’acquisto invariato o persino inferiore.

Il caso della Romania è ancora più singolare: il tasso di tassazione effettiva passa dal 59% al 5% nel 2024, segnando un crollo del 91,38%. È probabile che si tratti di un’anomalia statistica o di un cambiamento normativo straordinario che ha radicalmente modificato il sistema di tassazione o di welfare, magari in seguito a una riforma generale del mercato del lavoro o della protezione sociale. Un’altra variazione importante si osserva in Nuova Zelanda, dove il tasso scende da 68% a 54%, con una riduzione del 20%. Anche in questo caso, il miglioramento riflette una maggiore convenienza economica per i lavoratori, segnale di politiche più inclusive o di un alleggerimento delle imposte sul reddito da lavoro.

In molti Paesi europei, il tasso resta elevato ma stabile. In Austria, Germania, Slovacchia, Svizzera, Islanda e Bulgaria, il dato non varia affatto nel quinquennio, segno di una struttura fiscale e di welfare molto solida, ma anche poco flessibile rispetto al mutare delle condizioni economiche. Questo può avere effetti positivi in termini di stabilità ma anche negativi, in quanto impedisce una rapida risposta alle esigenze dei lavoratori o agli shock economici, come l’inflazione o l’aumento del costo della vita.

Paesi come Italia, Francia e Spagna si mantengono su valori alti ma mostrano leggere variazioni. L’Italia passa da un picco minimo nel 2021 (72%) a un lieve incremento nel 2024 (75%), mantenendosi comunque su livelli problematici. La Francia registra un andamento stabile intorno al 77%, mentre la Spagna è passata dal 67% al 72%, con un aumento netto di 5 punti. Anche questi dati indicano una situazione in cui il ritorno al lavoro, seppure leggermente più vantaggioso rispetto ai Paesi con tassi superiori all’80%, non è ancora pienamente incentivato dal punto di vista fiscale.

Osservando l’andamento nel tempo, emerge un dato importante: la maggior parte dei Paesi OCSE non ha registrato cambiamenti significativi nel tasso effettivo di tassazione nel periodo 2020-2024. Questo lascia intendere che, nonostante le esperienze della pandemia, l’inflazione e le crescenti diseguaglianze, le politiche fiscali e di welfare sono rimaste sostanzialmente invariate. In un contesto globale in cui l’accesso al lavoro dovrebbe essere incentivato e protetto, tale immobilismo appare problematico.

Il tasso effettivo di tassazione al rientro nel mondo del lavoro è una misura cruciale per comprendere quanto un sistema economico sia capace di sostenere l’inclusione lavorativa. Dove il tasso è troppo alto, il rischio è che le persone non trovino motivazioni economiche sufficienti per lavorare, specialmente se il differenziale tra reddito da lavoro e sussidi è ridotto. Allo stesso tempo, un tasso troppo basso può riflettere una ridotta protezione sociale, che mette a rischio le fasce più deboli della popolazione. L’obiettivo delle politiche pubbliche dovrebbe essere quello di trovare un equilibrio che garantisca da un lato un reddito dignitoso per chi non lavora e dall’altro incentivi concreti per chi desidera tornare nel mercato. I dati OCSE ci ricordano che in molti Paesi questo equilibrio non è ancora stato raggiunto.

 

Durata della disoccupazione: 2 mesi

Età dei figli: 4 e 6 anni

Misura: Variazioni degli importi di imposte e sussidi all'inizio di un nuovo lavoro

Reddito della persona di riferimento: 100% del salario medio

Richiesta di assistenza sociale o sussidi di reddito minimo: Sì

Richiesta di integrazioni per l'affitto: Sì

Richiesta di sussidi temporanei di inserimento lavorativo all'inizio di un nuovo lavoro: No

Sussidio principale di disoccupazione: Indennità di disoccupazione

Tipo di nucleo familiare: Persona singola, senza figli

Unità di misura: Percentuale del reddito nel nuovo lavoro

Utilizzo di servizi di assistenza all'infanzia: No

Fonte: OCSE

Link: https://data-explorer.oecd.org/

 

 

 

Time period

2020

2021

2022

2023

2024

Var Ass

Var Per

Australia

44

47

44

47

49

5

11,36

Austria

70

70

71

70

70

0

0,00

Belgium

79

79

76

77

77

-2

-2,53

Canada

60

61

62

61

62

2

3,33

Czechia

77

74

74

76

77

0

0,00

Denmark

74

74

73

72

78

4

5,41

Estonia

65

72

73

75

75

10

15,38

Finland

68

68

67

68

67

-1

-1,47

France

76

77

77

77

77

1

1,32

Germany

75

75

75

75

75

0

0,00

Greece

57

54

53

53

55

-2

-3,51

Hungary

62

60

62

62

63

1

1,61

Iceland

77

78

77

77

77

0

0,00

Ireland

59

69

66

57

56

-3

-5,08

Israel

72

70

70

71

71

-1

-1,39

Italy

76

72

73

74

75

-1

-1,32

Japan

75

75

77

69

70

-5

-6,67

Korea

67

64

62

61

60

-7

-10,45

Latvia

88

87

87

87

88

0

0,00

Lithuania

85

85

86

87

87

2

2,35

Luxembourg

90

90

90

91

90

0

0,00

Netherlands

84

83

84

83

83

-1

-1,19

New Zealand

68

50

53

54

54

-14

-20,59

Norway

73

72

78

73

74

1

1,37

Poland

57

60

60

59

60

3

5,26

Portugal

81

81

81

81

99

18

22,22

Slovak Republic

74

74

74

74

74

0

0,00

Slovenia

74

72

69

67

68

-6

-8,11

Spain

67

67

72

73

72

5

7,46

Sweden

62

71

70

68

65

3

4,84

Switzerland

80

80

80

80

80

0

0,00

Türkiye

67

68

60

59

62

-5

-7,46

United Kingdom

55

53

51

48

48

-7

-12,73

United States

53

54

51

50

50

-3

-5,66

OECD

70

70

70

69

70

0

0,00

Bulgaria

82

82

82

82

82

0

0,00

Croatia

81

80

79

78

79

-2

-2,47

Cyprus

65

66

67

68

69

4

6,15

Malta

56

59

58

57

72

16

28,57

Romania

58

57

57

59

5

-53

-91,38

 

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