Il quadro
delineato dai dati relativi al risparmio netto delle economie nazionali,
convertito in dollari statunitensi a parità di potere d’acquisto (PPP),
fornisce una panoramica dettagliata delle tendenze economiche dal 2010 al 2024
per una serie di paesi OCSE e non solo. Analizzando le cifre riportate,
emergono pattern macroeconomici significativi, discontinuità strutturali e
risposte eterogenee agli shock globali, in particolare la crisi finanziaria
post-2008, la pandemia da COVID-19 e l'inflazione successiva al 2021.
Tra le grandi
economie mondiali, gli Stati Uniti presentano un profilo di risparmio netto
altalenante ma in crescita fino al 2019. Dopo un valore negativo nel 2010, il
saldo passa a +396 miliardi nel 2012 e continua ad aumentare fino al picco di
quasi 686 miliardi nel 2019. Questo andamento suggerisce una forte crescita
economica accompagnata da una buona dinamica dei redditi disponibili. Tuttavia,
dal 2020 il saldo si riduce in modo marcato, pur restando positivo, con 269
miliardi nel 2020 e solo 223 miliardi nel 2023, indice di un contesto
macroeconomico complesso, probabilmente influenzato dai forti stimoli fiscali
durante la pandemia, seguiti da pressioni inflazionistiche e rialzi dei tassi
di interesse.
L’andamento
tedesco è emblematico della robustezza economica dell’Europa centrale. Con
valori costantemente positivi e in crescita dal 2010 (244 miliardi) al 2018
(oltre 566 miliardi), la Germania ha dimostrato una capacità sistematica di
generare risparmio netto, probabilmente dovuta al suo forte settore
manifatturiero e all’avanzo strutturale della bilancia commerciale. Tuttavia,
dal 2019 i valori iniziano a calare leggermente, pur mantenendosi sopra i 400
miliardi, con una contrazione più evidente nel 2023 (392 miliardi). Questo
riflette la vulnerabilità dell’economia tedesca a shock esterni, come le
turbolenze energetiche legate alla guerra in Ucraina e il rallentamento globale
della domanda industriale.
Al contrario,
paesi dell’Europa meridionale come Grecia, Portogallo e Italia hanno storicamente
faticato a mantenere un saldo di risparmio netto positivo, soprattutto nel
primo decennio analizzato. La Grecia, in particolare, ha riportato
costantemente valori negativi per tutto il periodo 2010-2023, oscillando tra
-36 e -18 miliardi, a conferma della sua cronica fragilità fiscale e della
difficoltà nel rilanciare in modo strutturale il proprio sistema produttivo.
Anche l’Italia è risultata negativa fino al 2014, per poi registrare un
sorprendente miglioramento tra il 2016 e il 2023, culminando in un valore di
+197 miliardi. Questa inversione potrebbe essere attribuibile a una
combinazione di politiche di austerità, contenimento della spesa pubblica e
miglioramento della bilancia commerciale, anche se l’incertezza politica e il
debito pubblico restano criticità strutturali.
Il Portogallo,
sebbene parta da saldi negativi consistenti fino al 2015, riesce a riportare
valori positivi a partire dal 2016, con un'accelerazione notevole tra il 2021 e
il 2024, dove raggiunge +20 miliardi. Questo cambiamento può indicare un
miglioramento dell’efficienza fiscale, una crescita moderata ma solida e una
gestione più prudente della spesa pubblica.
L’analisi dei
paesi nordici come Norvegia, Svezia e Danimarca mostra un modello economico
stabile e virtuoso, caratterizzato da bilanci pubblici tendenzialmente in
attivo, alto livello di welfare e sostenibilità dei conti. La Norvegia,
nonostante una flessione tra il 2014 e il 2018, presenta un picco straordinario
nel 2022, con oltre 235 miliardi di risparmio netto, probabilmente legato al
boom dei prezzi energetici. Svezia e Danimarca mantengono saldi positivi in
tutto il periodo, con una crescita sostenuta e stabile, rafforzata dalla
competitività dei rispettivi settori tecnologici e farmaceutici.
Il caso di paesi
dell’Europa dell’Est come Polonia, Repubblica Ceca e Ungheria è particolarmente
interessante. La Polonia mostra una costante crescita del risparmio netto, da
32 miliardi nel 2010 a oltre 143 miliardi nel 2023. Questa performance riflette
il dinamismo economico del paese, favorito da investimenti europei, crescita
industriale e buon controllo macroeconomico. La Repubblica Ceca, dopo un dato
negativo nel 2010, passa a saldi positivi in rapido incremento fino al 2023,
quando raggiunge quasi 50 miliardi. Anche l’Ungheria mostra una tendenza
simile, con una progressione regolare fino al 2019, suggerendo che questi paesi
stanno beneficiando della loro integrazione nel sistema produttivo europeo e di
un’accumulazione crescente di risorse.
Tra i piccoli
stati, l’Estonia e la Slovenia presentano dinamiche simili: saldi in crescita
fino al 2018-2019, poi un rallentamento. La Lituania mostra una traiettoria
molto positiva, partendo da poco più di 2 miliardi nel 2010 fino a quasi 15
miliardi nel 2023, confermando un buon trend di crescita, anche grazie a una
digitalizzazione accelerata e a una forte capacità attrattiva per investimenti
esteri.
Il Regno Unito
presenta un caso particolarmente volatile. Dopo anni di saldi negativi — con
picchi nel 2012 e 2013 — il paese mostra segnali di ripresa dal 2017,
raggiungendo un saldo positivo di 75 miliardi nel 2021. Tuttavia, nel 2023 il
valore torna vicino allo zero. Questa fluttuazione può essere spiegata dalla
Brexit, che ha generato instabilità economica, e dalle risposte governative
alla pandemia, caratterizzate da alti livelli di spesa pubblica.
In Asia, il
Giappone mostra una dinamica interessante, con una crescita marcata del
risparmio netto dal 2014 in poi, toccando picchi di oltre 300 miliardi. Questo
riflette la tradizionale propensione al risparmio delle famiglie giapponesi, ma
anche la capacità del paese di rimanere un importante creditore globale,
nonostante un debito pubblico elevatissimo. La Corea del Sud rappresenta un
altro esempio virtuoso, con saldi costantemente elevati tra i 270 e i 430
miliardi, indicando una robustezza strutturale del suo sistema produttivo
export-oriented e una disciplina fiscale notevole.
Israele, pur con
valori assoluti più contenuti, mostra una progressione costante del risparmio
netto, raggiungendo il picco di 80 miliardi nel 2022, un segnale della
dinamicità della sua economia ad alta intensità tecnologica. Anche l’Irlanda,
grazie alla sua fiscalità attrattiva per le multinazionali, presenta una
crescita importante tra il 2013 e il 2023, con un incremento del risparmio
netto da 14 miliardi fino a quasi 64 miliardi, a testimonianza di una
trasformazione profonda dell’economia nazionale.
L’Australia ha
una traiettoria più discontinua, con alti e bassi evidenti, toccando minimi nel
2015 e massimi nel 2021, segno di un’economia fortemente dipendente dalle
esportazioni di materie prime e dai cicli esterni. Il Canada mostra un
comportamento simile, con un drastico aumento nel 2020 e 2021, passando da
valori attorno ai 30-70 miliardi a oltre 205 miliardi nel 2022, a causa della
risposta fiscale massiccia alla pandemia.
Infine,
l’America Latina, rappresentata da Cile, Messico e Costa Rica, mostra tendenze
variegate. Il Cile si distingue per una crescita costante e solida, con il
risparmio netto che raddoppia tra il 2010 e il 2024. Il Messico, invece,
alterna anni positivi a saldi negativi (2013, 2022), riflettendo un contesto
economico instabile, probabilmente legato a fattori interni come l'informalità
del mercato del lavoro e l'elevata dipendenza dagli Stati Uniti. La Costa Rica,
pur con valori modesti, mostra un miglioramento costante, da 6 miliardi nel
2010 a oltre 15 miliardi nel 2024, il che potrebbe riflettere una buona
performance relativa rispetto alla sua dimensione economica.
Nel complesso,
questi dati evidenziano come il risparmio netto sia un indicatore cruciale per
valutare la salute macroeconomica di una nazione. Paesi con saldi positivi e in
crescita tendono ad avere bilanci più solidi, maggiore capacità di investimento
futuro e minore dipendenza da finanziamenti esterni. Al contrario, saldi
negativi prolungati segnalano vulnerabilità strutturali, squilibri nei conti
pubblici o modelli economici insostenibili. L’analisi nel tempo consente anche
di osservare gli effetti delle politiche pubbliche e delle crisi globali sulla
capacità di risparmio delle economie, suggerendo che la resilienza economica
non è distribuita uniformemente e dipende fortemente dalla struttura
produttiva, dalla governance fiscale e dalla capacità di adattamento ai cambiamenti
del contesto internazionale.
Fonte: OCSE
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