Sanità privata in Italia: crescita economica e nuove sfide tra demografia e disuguaglianze territoriali
La componente
privata del sistema sanitario italiano ha assunto negli ultimi anni un ruolo
sempre più centrale, contribuendo in modo sostanziale all’erogazione di
prestazioni sanitarie e alla gestione di una domanda in costante crescita
(Perino, 2009). All’interno di questo scenario, le attività ospedaliere
rappresentano una fetta particolarmente significativa, sia in termini di
fatturato che di occupazione. Le dieci principali realtà economiche operanti
nel settore evidenziano una forte concentrazione geografica nel Nord Italia, e
in particolare nella Lombardia, dove si collocano strutture altamente
specializzate, tecnologicamente avanzate e dotate di una solida organizzazione
manageriale (Evangelista, 2016). Milano si distingue come il cuore pulsante di questo
sistema, accogliendo la maggior parte dei protagonisti del settore.
Queste strutture si caratterizzano per differenze marcate nella
dimensione, nel modello operativo e nella distribuzione del personale. Alcune
realtà mostrano un’elevata intensità di manodopera, come KOS Care, altre si
contraddistinguono per un’alta produttività per addetto, come nel caso
dell’Istituto Europeo di Oncologia. Tali differenze riflettono la varietà dei
servizi erogati: dalla cura oncologica altamente specializzata, alla riabilitazione,
passando per l’odontoiatria industrializzata. Inoltre, l’emergere di nuovi
attori e modelli, come le società benefit e le reti di strutture
odontoiatriche, conferma la dinamicità di un settore che si sta rapidamente
trasformando (Dagnino et al., 2012).
Le principali strutture ospedaliere private operano in un
contesto caratterizzato da crescente pressione sulla sanità pubblica, tempi
d’attesa prolungati, e aspettative sempre più elevate da parte dei cittadini.
In questo quadro, il settore privato non solo offre una risposta alternativa,
ma si configura anche come laboratorio di innovazione organizzativa,
tecnologica e gestionale (Perino, 2009; Dagnino et al., 2012). La sua
evoluzione sarà determinante per la sostenibilità e la qualità complessiva del
sistema sanitario nazionale nei prossimi anni.
Nel 2023 i
principali operatori privati della sanità in Italia hanno registrato un
incremento del giro d’affari del 5,7% rispetto all’anno precedente e del 15,5%
rispetto al 2019, nonostante la contrazione avvenuta nel 2020 a causa della
pandemia (Alifano et al., 2020). L’analisi condotta dall’Area Studi Mediobanca
si è concentrata su 34 gruppi con ricavi individuali superiori a 100 milioni di
euro, che operano nei settori della diagnostica medica, dell’assistenza
ospedaliera, delle residenze per anziani e della riabilitazione (Aimone Gigio
et al., 2024). Sebbene tutti i comparti abbiano mostrato segni di ripresa, la
crescita non è stata uniforme: la diagnostica ha segnato un +19,4% sul 2019,
l’assistenza ospedaliera e le RSA un +15,1%, mentre la riabilitazione ha
raggiunto solo un +5,7%. La diagnostica, in particolare, ha subito un
ridimensionamento delle attività legate al Covid, il cui azzeramento ha
contribuito a ridurre la redditività nonostante il comparto rimanga il più
redditizio con un Ebit margin dell’11% (Guicciardi, 2024).
Il margine operativo netto complessivo ha mostrato un sensibile
miglioramento nel 2023, con un aumento del 96% rispetto al 2022, riportando
l’Ebit margin al 3,7%. Tuttavia, si è ancora lontani dal 5,4% registrato nel
2019. Le pressioni inflazionistiche e gli effetti post-pandemici sui costi
operativi continuano a pesare sulla redditività (Coccia & Benati, 2023). Le
performance economiche migliori, in termini di ritorno sul capitale e
rendimento operativo, sono state realizzate da Humanitas, Pro.Med, Salus, GHC,
Synlab, Affidea e S.O. Holding. Affidea si distingue per l’Ebit margin più
elevato (16,4%), seguita da La Villa, Synlab, Bianalisi, GHC e S.O. Holding,
tutte con margini superiori al 10%.
Dal punto di vista patrimoniale, la situazione finanziaria si
mantiene solida, sebbene leggermente peggiorata rispetto al 2022. Il rapporto
tra debiti finanziari e mezzi propri è salito al 112,2%, rispetto al 103,6%
dell’anno precedente. I gruppi con la struttura patrimoniale più solida sono
IEO, Auxologico Italiano, Istituto Don Calabria, Humanitas e Policlinico di
Monza. In termini di utile netto, il 2023 ha segnato un ritorno alla
positività, con 39,8 milioni di euro contro la perdita del 2022, portando il
ROE aggregato a 0,8%. Nonostante ciò, si resta lontani dal 6,1% del 2019.
Le difficoltà del sistema sanitario pubblico, in particolare
l’allungamento delle liste d’attesa, stanno incentivando sempre più cittadini a
rivolgersi al settore privato (Mauro & Giancotti, 2023). Secondo IPSOS,
l’80% degli italiani ha rinunciato almeno una volta a cure tramite il SSN e il
13% ha scelto di non curarsi affatto, con punte del 19% tra chi ha difficoltà
economiche (Petroccia, 2025). Questo ha contribuito all’aumento della spesa
sanitaria privata, che nel 2023 ha raggiunto i 74 miliardi di euro.
Parallelamente, la spesa sanitaria pubblica nel 2024 è prevista a 138,3
miliardi, pari al 6,3% del PIL. Le previsioni per il triennio 2025-2027
indicano una stabilizzazione al 6,4% del PIL (Gerdtham et al., 1992).
Le dinamiche demografiche, con l’invecchiamento della
popolazione, stanno contribuendo all’aumento della domanda di prestazioni
sanitarie (Costa, 2012). L’Italia, con il 24,3% della popolazione over 65 nel
2023, si colloca al secondo posto tra i Paesi OCSE. Per il 2024, le previsioni
indicano una crescita aggregata del fatturato dei principali operatori privati
del 4,8%.
Dal punto di vista della dimensione e diffusione territoriale,
Papiniano è il primo gruppo per fatturato. Alcuni gruppi, come KOS e Don
Gnocchi, operano in almeno nove regioni. Sul piano internazionale, GVM e KOS
mostrano una significativa proiezione estera.
La carenza di personale sanitario rappresenta una delle
principali criticità emerse dopo la pandemia (Lasalvia et al., 2021). Il numero
degli addetti nei gruppi analizzati è cresciuto del 12,6% sul 2019, ma le
modalità contrattuali variano molto. Il costo del lavoro pro-capite nel 2023 è
stato di 42.900 euro, ma con forti differenze tra comparti (Ceschel et al.,
2025).
In un confronto internazionale, l’Italia appare in ritardo anche
per la spesa sanitaria complessiva (Giannelli, 2019). Solo la componente
pubblica della spesa sanitaria italiana è stata del 6,2% del PIL nel 2023,
inferiore rispetto agli altri Paesi UE (Nuti et al., 2016). Le strutture
accreditate hanno registrato un tasso di crescita più alto rispetto ai presidi
pubblici.
Per quanto riguarda il settore europeo della long term care,
l’offerta è frammentata e dominata da piccoli operatori (Costa, 2012). I
margini reddituali si sono deteriorati nel 2022 per poi parzialmente recuperare
nel 2023.
Nel comparto europeo della diagnostica, i margini hanno
continuato a comprimersi nel 2023 per via della riduzione dei test Covid e
dell’erosione dei prezzi (Guicciardi, 2024).
Complessivamente, il panorama sanitario italiano ed europeo si
presenta in trasformazione. Tuttavia, persistono criticità strutturali, tra cui
la carenza di personale, la disuguaglianza nell’accesso alle cure e la
necessità di adeguare gli investimenti pubblici ai livelli degli altri grandi
Paesi europei (Giannelli, 2019; Mauro & Giancotti, 2023).
Le dieci
regine della sanità privata: ricavi, personale e leadership nel settore
ospedaliero italiano
I dati relativi
alla top ten delle attività economiche classificate sotto il codice ATECO 86,
ossia quello delle "Attività
ospedaliere", offrono uno spaccato molto interessante sul panorama
delle strutture sanitarie private in Italia, focalizzandosi su fatturato e
occupazione. Le dieci aziende analizzate generano nel complesso un volume
d’affari superiore a 3,4 miliardi di euro e impiegano oltre 25.000 persone,
rappresentando così una quota significativa dell’intero comparto sanitario
privato nazionale. La loro localizzazione geografica è fortemente sbilanciata
verso la Lombardia, in particolare la provincia di Milano, che da sola ospita
sette delle prime dieci strutture, a conferma del ruolo centrale di questa area
nel sistema sanitario italiano (Giannelli, 2019; Ferrante, 2016).
In testa alla classifica si trova l’Ospedale
San Raffaele S.R.L. di Milano, che chiude il bilancio 2023 con
ricavi di quasi 676 milioni di euro e una forza lavoro composta da 4.449
dipendenti. Questo lo rende non solo il più grande per volume d’affari, ma
anche uno dei principali datori di lavoro privati del settore. Il San Raffaele
è una struttura storica e di riferimento nel panorama italiano, rinomata per
l’alta specializzazione, l’attività di ricerca e l’integrazione con l’università
(Pammolli, Porcelli, Vidoli, & Borà, n.d.). Il dato sui ricavi è
particolarmente rilevante, soprattutto considerando che è superiore anche a
quello di Humanitas Mirasole, che si colloca
al secondo posto con 627 milioni di euro e 2.850 dipendenti. Quest’ultima
struttura si distingue per un modello organizzativo fortemente orientato
all’efficienza, con un numero di dipendenti significativamente inferiore
rispetto al San Raffaele, a fronte di un fatturato comparabile. Questo potrebbe
suggerire una diversa intensità delle attività, una maggiore incidenza
dell’attività ambulatoriale o una più elevata produttività media per
lavoratore.
KOS Care S.R.L., anch’essa
con sede a Milano, si posiziona al terzo posto per fatturato con circa 467
milioni di euro, ma è la prima per numero di dipendenti: 5.540 unità. Questo
dato evidenzia una struttura particolarmente labor-intensive,
forse legata a una maggiore estensione territoriale o a una maggiore incidenza
di servizi a bassa automazione. Il rapporto tra ricavi e personale è
sensibilmente inferiore rispetto ad altre strutture, il che potrebbe indicare
una diversa natura delle prestazioni erogate, magari più orientate alla long term care, alla riabilitazione o a
servizi a elevata intensità assistenziale (Brugiavini, Carrino, & Pasini,
2023; Mauro & Giancotti, 2023).
Segue ICS Maugeri S.p.A. SB,
con sede a Pavia, che realizza ricavi per circa 293 milioni di euro e impiega
3.475 dipendenti. Anche in questo caso si tratta di una realtà storica, nota
per l’attenzione alla ricerca scientifica e alla riabilitazione, nonché per
l’adozione dello status giuridico di società benefit, che implica l’impegno a
generare valore non solo economico ma anche sociale. Questo posizionamento
specifico può incidere sia sulla struttura dei costi sia sulle scelte
gestionali, con un impatto potenziale sul rapporto tra ricavi e forza lavoro
(Cati, 2023).
Al quinto posto si colloca l’Istituto
Europeo di Oncologia (IEO), che con 257 milioni di euro di
ricavi e 1.430 dipendenti, presenta un elevato rapporto tra fatturato e
personale, segno di un’attività ad altissimo valore aggiunto e probabilmente
anche di un’organizzazione molto efficiente. L’IEO è da sempre un’eccellenza
nella cura e nella ricerca oncologica, e il dato conferma la sua forte specializzazione
e capacità di attrarre pazienti anche da fuori regione (Lasalvia et al., 2021).
La seconda metà della classifica inizia con l’Ospedale Galeazzi S.p.A., anch’esso a Milano, con ricavi
per 249 milioni di euro e 1.151 dipendenti. A seguire troviamo DP Dent S.r.l., realtà attiva principalmente nel settore
odontoiatrico, con 228 milioni di ricavi e 1.866 addetti. Il posizionamento di
DP Dent in questa classifica è particolarmente interessante perché mostra come
anche il settore odontoiatrico, tradizionalmente dominato da piccoli studi
professionali, stia conoscendo fenomeni di concentrazione e crescita
industriale su scala nazionale (Coccia & Benati, 2023).
Multimedica S.p.A., con 227
milioni di euro di fatturato e 1.833 dipendenti, conferma l’alta concentrazione
dell’offerta sanitaria privata nella provincia di Milano, rappresentando un
ulteriore tassello della rete ospedaliera lombarda. La sua presenza nella
classifica testimonia la capacità del sistema privato lombardo di coprire una
vasta gamma di servizi, dalla diagnostica all’alta specializzazione (Giarelli,
2023).
Chiudono la top ten due realtà che spezzano la concentrazione
territoriale milanese: Eurosanità S.p.A.,
con sede a Roma, che realizza ricavi per circa 219 milioni con 1.426
dipendenti, e gli Istituti Ospedalieri Bresciani S.p.A.,
con sede a Brescia, che registrano ricavi di 206 milioni e impiegano 1.211
persone. Queste due strutture rappresentano esempi di eccellenza al di fuori
del bacino milanese, segnalando che, sebbene il Nord Italia sia fortemente
rappresentato, anche altre aree del Paese sono in grado di esprimere attori
rilevanti nel panorama ospedaliero privato (Ferrante, 2016; Ceschel et al., 2025).
In termini di analisi comparativa, è utile osservare il rapporto
tra ricavi e dipendenti, che può offrire un’indicazione, seppur approssimativa,
della produttività media per lavoratore. L’Istituto Europeo di Oncologia e l’Ospedale
Galeazzi mostrano i valori più elevati in questa metrica, suggerendo attività
ad alta specializzazione e margini più elevati. All’opposto, strutture come KOS
Care, pur con ricavi elevati, presentano un numero di dipendenti superiore, il
che potrebbe essere indice di una composizione dell’offerta più orientata
all’assistenza continuativa o ad attività meno automatizzabili (Brugiavini et
al., 2023; Ceschel et al., 2025).
Questi dati dimostrano chiaramente come le attività ospedaliere,
pur condividendo lo stesso codice ATECO, racchiudano una notevole eterogeneità
in termini di organizzazione, specializzazione, modello di business e approccio
gestionale. Alcuni attori operano secondo modelli intensivi di capitale umano,
altri si distinguono per l’elevato valore delle prestazioni erogate. L’analisi
della distribuzione territoriale rafforza il ruolo egemonico della Lombardia,
che si conferma il cuore pulsante della sanità privata italiana, grazie anche
alla forte integrazione tra pubblico e privato, alla disponibilità di risorse e
infrastrutture, e alla domanda sanitaria elevata proveniente sia dalla
popolazione residente che da fuori regione (Giannelli, 2019; Cati, 2023;
Giarelli, 2023).
In prospettiva, questi attori saranno chiamati a confrontarsi con
sfide sempre più complesse: l’evoluzione demografica, l’aumento della
cronicità, la pressione inflattiva sui costi operativi e la crescente richiesta
di qualità e innovazione da parte dell’utenza. Allo stesso tempo, la loro
dimensione e solidità finanziaria lasciano presagire una crescente capacità di
investimento, che potrà tradursi in maggiore efficienza, digitalizzazione,
attrattività per i professionisti e potenziale espansione sia nazionale che
internazionale (Mauro & Giancotti, 2023; Ceschel et al., 2025).
L’evoluzione demografica, economica e organizzativa
del sistema sanitario italiano impone una riflessione approfondita sulle
implicazioni di politica economica legate all’accesso, all’equità e alla
sostenibilità delle cure. L’invecchiamento della popolazione rappresenta uno
dei fattori strutturali più rilevanti. Con oltre il 24% della popolazione sopra
i 65 anni, la domanda di prestazioni sanitarie è destinata a crescere
esponenzialmente, soprattutto in ambiti come la long term care, la
riabilitazione e il trattamento delle cronicità (Cavanna et al., 2021). Questo
processo accentua la pressione sulla spesa pubblica e richiede strategie di
programmazione a lungo termine, investimenti infrastrutturali e un
potenziamento della rete territoriale.
Tuttavia, l’impatto dell’ageing è ulteriormente
complicato dalle profonde disparità territoriali e reddituali esistenti tra
Nord e Sud del Paese. Mentre la sanità privata si concentra principalmente in
Lombardia, molte regioni del Mezzogiorno presentano una carenza strutturale di
offerta, sia pubblica che accreditata. Il divario si riflette nella mobilità
sanitaria: ogni anno decine di migliaia di cittadini del Sud si spostano verso
il Nord per ricevere cure non disponibili localmente (Lino & Contato,
2024). Questo fenomeno, oltre a essere sintomo di disuguaglianza, ha ricadute
economiche importanti: impoverisce ulteriormente le regioni esportatrici di
pazienti e rafforza il vantaggio competitivo delle destinazioni sanitarie
forti. Una politica economica efficace dovrebbe prevedere un riequilibrio degli
investimenti, incentivando l’apertura di strutture d’eccellenza anche nelle
regioni svantaggiate, e riformando i meccanismi di compensazione interregionale
(Gardini, 2019).
Parallelamente, il crescente ricorso alla sanità
privata da parte di cittadini insoddisfatti del servizio pubblico solleva
interrogativi di equità. Molti italiani hanno rinunciato a curarsi per motivi
economici e dichiarano di aver avuto difficoltà di accesso al SSN. Questo
scenario si traduce in un sistema duale, dove solo chi può permetterselo accede
tempestivamente alle cure. Senza un potenziamento deciso del servizio pubblico
e una regolazione più integrata del privato accreditato, il rischio è quello di
istituzionalizzare una sanità “a due velocità”. In questo contesto, le
politiche sanitarie dovrebbero prevedere meccanismi di sostegno alla domanda
per le fasce più fragili – come voucher sanitari o detrazioni mirate – oltre
che forme di partenariato pubblico-privato orientate all’abbattimento delle
liste d’attesa (Popoli et al., 2024).
Infine, la questione dell’equilibrio tra
sostenibilità economica e qualità dell’offerta impone una revisione dei modelli
di finanziamento. L’Italia investe ancora troppo poco rispetto ai partner
europei. Recuperare questo gap non è solo una questione di risorse assolute, ma
anche di allocazione efficiente. Occorre rivedere i criteri di distribuzione della
spesa, valorizzare le performance delle strutture, sostenere l’innovazione
tecnologica e migliorare le condizioni del personale sanitario, anche per
contenere l’emigrazione professionale verso l’estero (Novembre, 2021).
Nel complesso, la sostenibilità del sistema
sanitario italiano dipenderà dalla capacità di affrontare in modo coordinato le
dinamiche demografiche, le disuguaglianze territoriali e le sfide di
accessibilità. La politica economica dovrà assumere un ruolo guida nel
garantire equità, efficienza e innovazione, con un approccio che tenga insieme
la dimensione sociale, industriale e strategica della sanità.
Conclusioni
L’evoluzione del sistema sanitario italiano
riflette un equilibrio sempre più delicato tra esigenze crescenti di salute
pubblica, sostenibilità finanziaria e risposta privata all’insufficienza
dell’offerta pubblica. La crescita della componente privata, trainata da gruppi
economicamente solidi e geograficamente concentrati soprattutto in Lombardia,
rappresenta un’opportunità, ma anche una sfida per l’equità e l’accessibilità.
Le performance economiche positive e la capacità di innovazione di tali attori
indicano un potenziale strategico importante per l'intero sistema. Tuttavia, la
disparità territoriale nell’accesso ai servizi, la mobilità sanitaria forzata e
l’aumento della spesa sanitaria out-of-pocket rischiano di consolidare un
modello a due velocità, penalizzando le fasce più vulnerabili della
popolazione. L’invecchiamento demografico e la carenza di personale aggravano
ulteriormente la pressione sul sistema. Per rispondere a queste criticità, è
fondamentale che la politica sanitaria nazionale agisca in modo proattivo,
potenziando il SSN, favorendo la complementarità pubblico-privato e riformando
i meccanismi di finanziamento e distribuzione delle risorse. Il futuro del
sistema sanitario italiano dipenderà dalla capacità di integrare efficienza,
innovazione e universalismo, garantendo che la salute resti un diritto
accessibile a tutti, indipendentemente dalla condizione economica o dalla
residenza geografica. La sfida è ora trasformare la crescita del privato in un
volano di equità e qualità per l’intero sistema.
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