I dati relativi ai trasferimenti netti di capitale provenienti dal resto del mondo rappresentano una componente importante della contabilità nazionale, sebbene spesso meno analizzata rispetto al reddito nazionale lordo o al risparmio. Questi trasferimenti riflettono i flussi una tantum di risorse, come aiuti internazionali, cancellazioni del debito, donazioni o, in alcuni casi, finanziamenti eccezionali provenienti da istituzioni estere. Il saldo positivo indica che un paese riceve più trasferimenti di capitale di quanti ne eroghi, mentre un saldo negativo segnala l'opposto.
Nel complesso, i
dati mostrano come questi flussi siano spesso irregolari, variabili e
fortemente dipendenti dal contesto geopolitico, economico o fiscale.
Analizzando i principali paesi OCSE e altri paesi selezionati tra il 2010 e il
2024, emergono diversi modelli interpretativi.
La Germania
presenta costantemente un saldo negativo e in peggioramento, passando da circa
-4,5 miliardi nel 2010 a oltre -34 miliardi nel 2024. Questo andamento
crescente del contributo netto al resto del mondo è indicativo del ruolo della
Germania come principale finanziatore netto nell’Unione Europea, sia attraverso
contributi diretti al bilancio comunitario, sia tramite meccanismi di
assistenza a paesi in difficoltà (come durante la crisi dell’eurozona), o
programmi di coesione. Il dato suggerisce una persistente funzione
redistributiva verso altri paesi europei o partner multilaterali.
Gli
Stati Uniti, invece, hanno un saldo mediamente negativo e
tendenzialmente stabile tra -6 e -9 miliardi annui, con l’eccezione del 2012,
quando registrano un trasferimento netto positivo di +607 milioni. Questo
equilibrio riflette il ruolo degli Stati Uniti come attore globale che
contribuisce al finanziamento multilaterale (attraverso FMI, ONU o altri enti),
pur mantenendo una certa moderazione nelle erogazioni unilaterali rispetto al
PIL totale.
Il Regno
Unito mostra un peggioramento significativo, passando da -1,3 miliardi
nel 2010 a -6,9 miliardi nel 2023, con un picco anomalo nel 2017 (-13,7
miliardi), che potrebbe riflettere aggiustamenti straordinari connessi alla
Brexit, come il pagamento della “exit bill” all’Unione Europea, o altri
trasferimenti relativi a istituzioni comunitarie.
L'Italia
rappresenta un caso piuttosto anomalo e interessante. Fino al 2014, i
trasferimenti netti sono positivi ma contenuti, ma a partire dal 2015 si nota
un netto incremento, con un picco di +33 miliardi nel 2023. Questo potrebbe
essere spiegato da programmi straordinari di sostegno europeo, come il Recovery
Fund e i flussi di trasferimenti legati al PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e
Resilienza), entrati in vigore dopo la pandemia. L’Italia, in quanto paese ad
alto debito ma con grande rilevanza geopolitica, è stata tra i principali
beneficiari netti dei fondi di coesione e rilancio europei.
La
Francia, dopo un lungo periodo con saldi negativi o modesti, segna
un’inversione significativa nel 2021 e 2022, raggiungendo +11 miliardi e +13,6
miliardi rispettivamente. Come per l’Italia, anche questo cambiamento è
probabilmente associato alla distribuzione dei fondi del Next Generation EU,
sebbene in misura più contenuta. Tuttavia, il saldo torna leggermente in calo
nel 2023.
Al contrario, la
Spagna mostra un andamento fortemente positivo, con trasferimenti
netti crescenti che raggiungono +23 miliardi nel 2023. Questo conferma il suo
status di beneficiario netto dei fondi europei, riflettendo politiche di
coesione, modernizzazione e sostegno alla ripresa post-pandemica.
I paesi dell’Est
Europa come Polonia, Ungheria, Cechia,
Slovacchia, Lituania ed Estonia
mostrano costantemente saldi positivi. La Polonia, in particolare, riceve tra i
15 e i 26 miliardi di dollari all’anno, stabilendosi come uno dei principali
beneficiari dei fondi UE, in linea con il suo status di economia in transizione
e membro dell’Unione dal 2004. Anche l’Ungheria e la Repubblica Ceca ricevono
flussi importanti, sebbene con più variabilità negli ultimi anni, probabilmente
in parte legata alla riduzione di fondi in risposta a tensioni politiche con
Bruxelles su stato di diritto e gestione delle risorse.
I paesi
baltici, come Lettonia e Lituania, mantengono un saldo positivo ma in
calo nel lungo periodo, a indicare una possibile riduzione progressiva dei
fondi ricevuti in seguito al loro avanzamento economico relativo. Anche la Slovacchia
mostra un saldo in discesa dopo il 2015, suggerendo un'evoluzione simile.
La
Grecia mostra valori positivi elevati fino al 2021, con un massimo di
+9,3 miliardi, che si riducono leggermente dopo il 2022. Questa dinamica
riflette i pacchetti di aiuti internazionali ricevuti durante la crisi del
debito e successivamente i fondi di sostegno per la ripresa, spesso vincolati a
riforme strutturali.
Al contrario, la
Germania, i Paesi Bassi, la Svezia,
l'Austria e il Lussemburgo risultano essere
regolarmente contribuenti netti, con saldi negativi che riflettono il loro
status di economie ad alto reddito e basso indebitamento. Per i Paesi Bassi, il
saldo negativo peggiora fino a -3,3 miliardi nel 2023. La Svezia mostra un
miglioramento, passando da saldi negativi a saldi positivi nel periodo
post-2020, con +1 miliardo nel 2022, forse a causa di modifiche nei meccanismi
di redistribuzione europei o della ricezione di fondi speciali.
L’Irlanda,
paese atipico per struttura fiscale e sede di molte multinazionali, alterna
saldi modesti positivi a un improvviso aumento nel 2023 (+3,3 miliardi),
suggerendo la ricezione di fondi o trasferimenti temporanei legati a situazioni
contingenti.
Nel caso della Turchia,
i dati indicano saldi costantemente negativi, sebbene su scala contenuta. Il
valore negativo potrebbe riflettere una posizione più marginale nei meccanismi
multilaterali europei, considerando che non è membro dell’UE, pur ricevendo
fondi in altri canali bilaterali.
La Svizzera,
paese non membro dell’UE ma economicamente molto integrato con l’Europa,
presenta valori negativi in tutto il periodo, indicando contributi regolari a
programmi multilaterali, probabilmente anche attraverso accordi bilaterali di
cooperazione economica.
Israele,
sebbene non rientri nei meccanismi europei, mostra una crescita regolare dei
trasferimenti netti ricevuti, passando da 1 miliardo nel 2010 a oltre 2,3
miliardi nel 2023. Questi fondi possono derivare da alleanze strategiche,
cooperazione scientifica e supporti bilaterali, soprattutto con gli Stati Uniti
e l’Unione Europea.
Tra i paesi
anglosassoni, Australia, Canada e Nuova
Zelanda hanno saldi molto bassi o negativi. L’Australia registra
valori negativi costanti ma modesti, tra -200 e -500 milioni, mentre il Canada
si mantiene stabile attorno ai -50/-200 milioni, salvo alcune eccezioni nel
2022-23. La Nuova Zelanda ha un caso peculiare nel 2010, con un valore
eccezionale di +14,5 miliardi, seguito da un azzeramento quasi totale dei
flussi nei successivi 13 anni, tranne un dato anomalo nel 2022. Questo picco
iniziale potrebbe essere stato causato da un importante trasferimento legato a
disastri naturali o a una ricapitalizzazione internazionale.
Infine, molti
paesi dell’America Latina, come Messico e Colombia,
non ricevono trasferimenti rilevanti sotto questa voce, e mostrano saldi
negativi o nulli. Questo suggerisce che tali economie non partecipano ai grandi
meccanismi di redistribuzione multilaterale tipici dell’Unione Europea, e
ricevono flussi di capitale estero in forme diverse, come IDE o prestiti.
In sintesi, il
saldo dei trasferimenti netti di capitale riflette il ruolo di ogni paese
all’interno delle reti economiche internazionali. Le economie più sviluppate e
in surplus tendono ad essere contributori netti, mentre quelle in fase di
convergenza o ristrutturazione ricevono risorse. A differenza dei flussi di
investimento o dei redditi da capitale, questi trasferimenti hanno natura una
tantum e spesso dipendono da decisioni politiche o crisi straordinarie.
Tuttavia, rappresentano un indicatore importante di solidarietà finanziaria e
cooperazione economica internazionale.
Fonte: OCSE
Commenti
Posta un commento