Il dataset dell’OCSE
analizzato di seguito riguarda i trasferimenti correnti netti dal resto del
mondo verso l’economia totale di ciascun paese, nel periodo compreso tra il
2010 e il 2024. I dati sono espressi in milioni di dollari statunitensi a
prezzi correnti, convertiti in parità di potere d’acquisto (PPP). Questi
trasferimenti rappresentano movimenti unilaterali di risorse economiche, come
rimesse, aiuti allo sviluppo, contributi internazionali e pensioni pagate
all’estero. L’analisi permette di osservare il ruolo di ciascun paese nei
flussi internazionali non commerciali, distinguendo tra economie che risultano
creditrici nette (ricevono più di quanto trasferiscono) e debitrici nette
(trasferiscono più di quanto ricevono).
A livello
globale si nota una tendenza ben definita. I paesi con economie sviluppate,
come Stati Uniti, Germania, Francia, Regno Unito, Italia e Giappone, mostrano
costantemente un saldo negativo, indicando che effettuano più trasferimenti
verso il resto del mondo di quanti ne ricevano. Al contrario, molte economie
emergenti o intermedie, tra cui Messico, Colombia, Israele e Portogallo,
presentano saldi positivi, confermandosi come beneficiari netti di risorse.
Negli Stati
Uniti il saldo è costantemente negativo e ha mostrato una tendenza all’aumento
nel tempo. Si passa da un deficit di circa 113 miliardi nel 2010 a oltre 218
miliardi nel 2023. Questo dato conferma il ruolo degli Stati Uniti come
principale contributore finanziario a livello globale. I trasferimenti negativi
comprendono aiuti internazionali, contributi a istituzioni multilaterali,
pensioni pagate all’estero e altre uscite non compensate da trasferimenti in
entrata. L’aumento del deficit negli ultimi anni può essere attribuito anche a
interventi straordinari in risposta a crisi globali come la pandemia di
COVID-19 o eventi geopolitici rilevanti.
Anche Germania e
Francia mostrano un comportamento simile, pur con volumi diversi. La Francia
presenta saldi negativi relativamente stabili, tra i 40 e i 75 miliardi, mentre
la Germania registra un peggioramento marcato, passando da circa 45 miliardi di
deficit nel 2010 a oltre 84 miliardi nel 2022. Entrambi i paesi sono noti per
il loro impegno nei confronti della cooperazione internazionale, per la
partecipazione a programmi europei di sostegno e per il pagamento di pensioni a
ex residenti emigrati. Il peggioramento del saldo tedesco potrebbe riflettere
anche un maggior contributo a programmi straordinari dell’Unione Europea, come
quelli per la coesione post-pandemia o l’assistenza ai paesi più esposti agli
effetti della guerra in Ucraina.
L’Italia
presenta un saldo strutturalmente negativo ma inferiore rispetto a Francia e
Germania. Nel periodo osservato, il deficit si mantiene attorno ai 25-27
miliardi. Questo dato riflette la posizione dell’Italia come paese sviluppato,
ma con una minore capacità fiscale e un minor coinvolgimento nei flussi
internazionali rispetto ad altre grandi economie dell’eurozona. L’Italia eroga
contributi significativi al bilancio dell’Unione Europea e paga pensioni a
molti ex lavoratori emigrati all’estero, ma riceve anche fondi europei che non
sono considerati trasferimenti unilaterali in questo contesto.
Il Regno Unito
presenta saldi negativi di ampiezza comparabile a quelli francesi, mantenendo
un deficit tra 30 e 40 miliardi. Tuttavia, si nota un certo miglioramento nel
periodo successivo al 2020. Questo può essere collegato all’uscita dall’Unione
Europea, che ha comportato la cessazione di alcuni obblighi contributivi e
modifiche nelle relazioni finanziarie con altri paesi. È possibile che il saldo
post-Brexit sia stato influenzato anche da una riduzione nei flussi di
cooperazione allo sviluppo.
Il Canada
mantiene un saldo negativo contenuto, generalmente tra -2 e -6 miliardi, con
una certa volatilità negli anni. Il paese è noto per la sua apertura ai flussi
migratori e il suo impegno multilaterale, ma non raggiunge i livelli di
contribuzione degli Stati Uniti o delle principali economie europee.
Tra i paesi con
saldo positivo spicca il Messico, il quale mostra un surplus crescente,
passando da 35 a oltre 120 miliardi nel periodo considerato. Questo andamento è
attribuibile principalmente alle rimesse inviate dagli emigrati, soprattutto da
quelli residenti negli Stati Uniti. Le rimesse costituiscono una voce
significativa nel bilancio delle famiglie e rappresentano un'importante fonte
di valuta estera per il paese.
La Colombia
segue un percorso simile, con un surplus che passa da circa 9 a oltre 42
miliardi. Anche in questo caso, le rimesse degli emigrati giocano un ruolo
fondamentale. Il flusso crescente di fondi può essere correlato all'aumento
dell’emigrazione colombiana e a programmi di cooperazione estera.
Il Portogallo
mostra un andamento molto interessante. A partire da un saldo positivo modesto
nei primi anni, il surplus si amplia fino a superare i 9 miliardi nel 2022.
Questo risultato riflette una combinazione di fattori: una consistente diaspora
portoghese che invia denaro al paese d’origine, e una rilevante componente di
fondi europei, in particolare dopo la crisi del debito sovrano e durante il
programma Next Generation EU.
Israele mantiene
costantemente un saldo positivo, oscillando tra i 5 e gli 8 miliardi. Il paese
riceve contributi significativi sotto forma di trasferimenti bilaterali,
donazioni da comunità ebraiche all’estero e sostegni economici soprattutto
dagli Stati Uniti. Questi fondi rappresentano una componente non trascurabile
della bilancia dei pagamenti di Israele.
Alcuni paesi
presentano dinamiche più variabili. La Grecia, ad esempio, mostra un saldo
negativo fino al 2012, seguito da un breve periodo positivo e da nuove
oscillazioni. Questo andamento può essere collegato alla crisi del debito e ai
conseguenti piani di assistenza ricevuti dall’Unione Europea. L’entrata di
fondi straordinari ha temporaneamente migliorato il saldo, per poi tornare
negativo una volta esauriti i programmi.
Anche la Polonia
offre un caso interessante. Dopo saldi positivi tra il 2010 e il 2016, il paese
inizia a registrare deficit, con un peggioramento marcato a partire dal 2021.
Questo potrebbe derivare sia da una riduzione delle rimesse in entrata, sia da
un aumento dei contributi, dovuto al rafforzamento del ruolo della Polonia
all’interno dell’Unione Europea, soprattutto nel contesto della gestione dei
rifugiati ucraini.
La Slovacchia è
un altro caso particolare: presenta saldi negativi fino al 2021, ma inverte la
tendenza con un saldo positivo nel 2022 e 2023. Ciò potrebbe essere collegato a
flussi straordinari di fondi europei, destinati a sostenere le economie più
colpite dalle conseguenze della guerra in Ucraina o ad accogliere rifugiati.
Vi sono poi
paesi con saldi quasi neutri, che oscillano attorno allo zero. È il caso delle
tre repubbliche baltiche – Estonia, Lettonia e Lituania – che registrano saldi
modesti, generalmente positivi, grazie alle rimesse e ai fondi comunitari.
Anche Costa Rica, Slovenia e Nuova Zelanda si collocano in questa categoria,
con flussi contenuti e senza una direzione stabile. Il Lussemburgo presenta
invece una forte variabilità nei dati, con anni positivi e negativi alternati,
probabilmente a causa della sua particolare configurazione
economico-finanziaria e della residenza fiscale di molti soggetti
internazionali.
Alcuni paesi
meritano un'osservazione più attenta per la gravità dei loro saldi negativi. Il
Belgio, ad esempio, mostra un peggioramento continuo, passando da circa -4 a
oltre -10 miliardi. Il dato potrebbe riflettere l’alto contributo del Belgio a
organismi multilaterali, in rapporto al proprio PIL. Anche la Svezia registra
saldi negativi crescenti. Con un forte impegno nella cooperazione
internazionale e una reputazione consolidata come paese donatore, la Svezia
figura tra i maggiori contribuenti netti, nonostante le dimensioni contenute
rispetto ad altri paesi europei.
Nel complesso, i
trasferimenti correnti netti dal resto del mondo rappresentano un importante
indicatore della posizione esterna dei paesi, non legata direttamente agli
scambi commerciali. Le economie sviluppate risultano prevalentemente debitrici
nette, in virtù del loro ruolo nella cooperazione internazionale, mentre le
economie emergenti o intermedie traggono beneficio da afflussi costanti,
soprattutto grazie alle rimesse. Fenomeni globali come la pandemia di COVID-19,
la guerra in Ucraina e la Brexit hanno influenzato significativamente i flussi
in esame, rendendo questi dati una chiave utile per comprendere le dinamiche
geopolitiche, sociali e finanziarie su scala globale.
Fonte: OCSE
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