L’evoluzione della finanza istituzionale: un decennio di trasformazioni nei portafogli obbligazionari
L’analisi dei
dati relativi alla quota di titoli di debito nel portafoglio degli investment
funds nei Paesi OCSE e in alcune economie emergenti tra il 2015 e il 2025 offre
una panoramica significativa dei cambiamenti strutturali avvenuti nel mondo
della finanza istituzionale. Questo indicatore, espresso come percentuale degli
attivi finanziari, riflette le scelte di allocazione degli investitori
istituzionali rispetto agli strumenti a reddito fisso, come obbligazioni
pubbliche e private. L’evoluzione temporale e geografica di questi dati
consente di interpretare non solo le preferenze di portafoglio ma anche le
risposte ai mutamenti macroeconomici, ai cicli dei tassi d’interesse e ai
rischi sistemici. In generale, si osserva una tendenza decrescente in molti
Paesi avanzati, accompagnata da alcune eccezioni significative, che
testimoniano le differenti politiche economiche, i livelli di rischio percepiti
e le caratteristiche del mercato finanziario domestico.
Partendo dall’Australia, il dato mostra un progressivo calo della
quota di titoli di debito nei portafogli degli investment funds. Da una
percentuale iniziale vicina al 25% nel 2015, si scende gradualmente sotto il
18% entro il 2024. Questo riflette la crescente preferenza per asset più
rischiosi o maggiormente redditizi, come azioni o strumenti alternativi, in un
contesto di tassi d’interesse bassi e rendimenti obbligazionari contenuti. In
Austria si nota una tendenza simile, benché i livelli iniziali fossero molto
più elevati, sopra il 50%. Anche qui si verifica una discesa costante fino a
valori intorno al 39% nel 2025, a testimonianza di un processo di
ribilanciamento degli asset in favore di investimenti meno vincolati a
strumenti a reddito fisso.
La situazione del Belgio è interessante per via della forte
volatilità nella prima metà del periodo, seguita da un trend discendente
piuttosto marcato. Dopo un picco del 27% nel 2015, la quota si riduce
costantemente fino a circa il 16% nel 2024, riflettendo una dinamica simile a
quella di altri Paesi europei, ma con variazioni più brusche. Il Canada,
invece, mantiene una relativa stabilità con valori compresi tra il 21% e il
27%, ma anche qui si percepisce una leggera contrazione negli anni più recenti,
confermando l’allineamento delle scelte di portafoglio con il contesto globale
di ricerca di rendimento.
Il caso del Cile si distingue nettamente, presentando una
crescita continua della quota di titoli di debito, che passa da circa il 31%
nel 2015 a oltre il 39% nel 2024. Questa crescita potrebbe riflettere una maggiore
fiducia nelle obbligazioni locali o un’espansione dell’offerta di strumenti di
debito appetibili per gli investitori istituzionali. Anche Israele mostra
livelli molto elevati, stabilmente sopra il 65%, con leggere oscillazioni ma
senza un calo strutturale, suggerendo una tradizione consolidata di
investimenti obbligazionari nei fondi.
L’Italia, come altri Paesi dell’Europa meridionale, presenta
un’elevata incidenza dei titoli di debito nel portafoglio degli investitori,
con valori superiori al 50% fino al 2017 e un successivo calo graduale. Tale
riduzione può essere attribuita sia alla maggiore diversificazione del
portafoglio sia al mutato contesto dei rendimenti dei titoli sovrani italiani.
Tuttavia, dopo un minimo intorno al 43%, si nota un rimbalzo fino al 53% nel
2024, indice di un possibile ritorno di fiducia nel debito pubblico italiano o
di una maggiore offerta di strumenti obbligazionari attrattivi.
Negli Stati Uniti, il valore si mantiene su livelli relativamente
bassi, tra il 27% e il 38%, e mostra una leggera tendenza al ribasso tra il
2015 e il 2021, per poi stabilizzarsi con qualche lieve fluttuazione. Il
mercato statunitense, ampio e sofisticato, offre molteplici alternative agli
investitori istituzionali, e il peso contenuto dei titoli di debito riflette
una maggiore esposizione a strumenti azionari o alternativi, in linea con le
dinamiche di rendimento e rischio. Il Giappone, invece, registra un netto
declino della quota obbligazionaria, da valori superiori al 30% nel 2015 fino a
circa il 15% nel 2024. Questo andamento può essere spiegato dalla prolungata
politica di tassi a zero o negativi adottata dalla Bank of Japan, che ha reso
meno attrattivi i rendimenti obbligazionari.
La Germania segue una traiettoria simile a quella austriaca, con
un calo graduale ma deciso da oltre il 50% nel 2015 a circa il 37% nel 2024.
Anche qui la riduzione può essere interpretata come un effetto della
compressione dei rendimenti obbligazionari tedeschi, che ha spinto gli
investitori a diversificare il rischio. La Francia mostra una stabilità
maggiore, con valori oscillanti intorno al 38-40% per buona parte del periodo.
Questo riflette probabilmente una combinazione di prudenza e di struttura del
mercato finanziario francese, dove le obbligazioni mantengono un ruolo
centrale.
Un caso singolare è rappresentato dal Messico, dove la quota di
titoli di debito è molto elevata lungo tutto il periodo, con una tendenza
addirittura in crescita. Si parte da oltre l’80% nel 2015 e si raggiunge il 93%
nel 2024. Questo indica una struttura finanziaria fortemente incentrata sugli
strumenti obbligazionari, probabilmente anche per ragioni normative, di
stabilità del sistema finanziario o di rendimento relativo dei titoli sovrani
locali. Anche la Corea del Sud presenta un andamento relativamente stabile ma
su valori medi, tra il 42% e il 46% nei primi anni, con un lento calo nella
parte finale del periodo, scendendo verso il 37% nel 2024. Qui l’adattamento è
stato graduale, in linea con l’evoluzione dei tassi interni e del ciclo
economico.
Tra i Paesi dell’Est Europa, la Repubblica Ceca mostra una forte
discesa, da circa il 38% a poco più del 22% nel 2024, e l’Ungheria segue una
traiettoria simile, pur con un rimbalzo importante dopo il 2021. In
particolare, in Ungheria la quota scende fino al 17% ma poi risale sopra il
35%, indicando un cambiamento di orientamento nelle politiche di investimento o
nella percezione del rischio locale. Anche la Grecia evidenzia una ripresa
nella seconda parte del decennio, passando da circa il 31% a oltre il 59% nel
2024, segno di una riacquisita fiducia nel debito locale dopo anni di crisi.
I Paesi nordici, come la Finlandia e la Danimarca, confermano una
riduzione costante del peso dei titoli obbligazionari. La Finlandia passa da
oltre il 34% a circa il 24%, mentre la Danimarca scende dal 52% a meno del 33%.
Questa tendenza riflette probabilmente la solidità delle economie locali e
l’orientamento verso portafogli più dinamici e meno legati a strumenti di
debito. In Estonia si osserva un andamento anomalo, con una drastica riduzione
fino a valori inferiori al 5% tra il 2016 e il 2020, seguita da una ripresa
moderata. Questo comportamento riflette probabilmente particolarità strutturali
del mercato estone o eventi contingenti.
La Svezia e la Slovenia mostrano anch’esse una riduzione
progressiva, con la Svezia che passa da circa il 25% al 16% e la Slovenia da
oltre il 18% al 16% circa. In entrambi i casi si nota un orientamento verso una
maggiore diversificazione degli attivi. La Spagna, invece, dopo una lunga fase
di discesa, mostra una netta ripresa a partire dal 2021, risalendo da poco più
del 33% fino a sfiorare il 49% nel 2024, probabilmente in risposta alla
maggiore fiducia nei conti pubblici e nella stabilità del sistema finanziario.
Infine, Israele e Russia rappresentano due estremi per dinamiche
e livelli assoluti. Israele parte da un livello già molto alto (oltre il 75%) e
resta stabilmente sopra il 65% per l’intero periodo, evidenziando un ancoraggio
forte agli strumenti obbligazionari. La Russia, invece, pur partendo da livelli
molto bassi (circa il 10%), mostra una tendenza in aumento fino a superare il
20%, almeno fino al 2021, prima dell'interruzione dei dati. Questo potrebbe
riflettere l’introduzione di strumenti di debito più attrattivi o una maggiore
fiducia interna.
In sintesi, il dataset
mostra una progressiva erosione della quota di titoli di debito nel portafoglio
degli investment funds in molti Paesi sviluppati, in particolare in Europa e
nel Pacifico, mentre alcune economie emergenti e mercati specifici mostrano
stabilità o addirittura crescita. Queste dinamiche suggeriscono una
trasformazione profonda nelle strategie di investimento istituzionale,
influenzata sia da fattori macroeconomici sia da cambiamenti strutturali nei
mercati finanziari globali.
Fonte: OCSE
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