mercoledì 18 dicembre 2024

Visitatori dei musei e delle gallerie statali nelle regioni italiane nel 2023

 

L’Istat calcola il valore dei visitatori dei musei e delle gallerie statali. I dati fanno riferimento al 2023 e coprono 16 delle 20 regioni italiane. Fonte: ISTAT, www.istat.it

Visitatori dei musei e delle gallerie statali per regione nel 2023. I dati relativi ai visitatori delle gallerie e dei musei statali nelle diverse regioni italiane mostrano un panorama variegato, con forti concentrazioni in alcune regioni e numeri sensibilmente più bassi in altre. La distribuzione è influenzata non solo dalla ricchezza e notorietà del patrimonio culturale, ma anche dalla capacità delle regioni di valorizzare e promuovere il proprio patrimonio, nonché dall'attrattiva turistica generale. La Toscana domina nettamente la classifica con oltre 6 milioni di visitatori, un valore che testimonia il ruolo di questa regione come centro culturale d’eccellenza. Qui si trovano alcune delle gallerie e musei più celebri del mondo, come la Galleria degli Uffizi e la Galleria dell'Accademia a Firenze, che ospitano capolavori universalmente noti. La fama internazionale di queste istituzioni, insieme al flusso costante di turisti nazionali e internazionali, contribuisce a mantenere la Toscana al vertice. Segue la Campania con quasi 3 milioni di visitatori, una cifra che sottolinea il grande interesse per siti come il Museo Archeologico Nazionale di Napoli e le straordinarie aree archeologiche di Pompei ed Ercolano. La Campania beneficia del suo eccezionale patrimonio storico-artistico, in particolare di quello legato all’epoca romana, oltre che dell’importante ruolo della città di Napoli come centro culturale e turistico. Il Lazio si posiziona al terzo posto con circa 2,5 milioni di visitatori, grazie soprattutto alla presenza di Roma, una delle città più visitate al mondo. Le Gallerie Borghese, Palazzo Barberini e le altre istituzioni statali della regione attraggono un pubblico vastissimo, ma il numero di visitatori potrebbe essere inferiore rispetto al potenziale totale della capitale, probabilmente a causa della forte concorrenza di attrazioni non statali come i Musei Vaticani. Al quarto e quinto posto troviamo il Piemonte e la Lombardia, rispettivamente con circa 1,7 milioni e 1,3 milioni di visitatori. In Piemonte, musei come il Museo Egizio di Torino, secondo al mondo per importanza dopo quello del Cairo, sono il traino principale del successo. La Lombardia, con Milano come capoluogo, è caratterizzata da un’offerta museale di alto livello, sebbene sia più diversificata rispetto a regioni come la Toscana. Il Cenacolo Vinciano e la Pinacoteca di Brera giocano un ruolo fondamentale nella capacità attrattiva della regione. A seguire troviamo il Veneto con circa 880.000 visitatori. Questa cifra può sembrare modesta rispetto alla fama internazionale di Venezia, ma va considerato che molti visitatori della regione si concentrano su attrazioni non sempre statali o in siti a ingresso gratuito. Nelle regioni centrali e meridionali, come le Marche (440.662), la Calabria (418.865), e il Friuli-Venezia Giulia (415.664), i dati evidenziano un impegno crescente nella valorizzazione dei musei statali, nonostante un flusso turistico complessivamente inferiore rispetto alle regioni più ricche di attrazioni iconiche. Le regioni più piccole, come Umbria (292.916), Sardegna (155.611), Basilicata (147.003), Puglia (141.608) e Abruzzo (139.658), registrano numeri contenuti, spesso per ragioni legate alla minore densità museale e alla limitata promozione. Infine, il Molise, con appena 45.116 visitatori, chiude la classifica, evidenziando la necessità di politiche mirate per valorizzare ulteriormente il patrimonio culturale di questa piccola regione. In conclusione, questi dati mostrano un’Italia fortemente sbilanciata, con un evidente predominio delle regioni centrali, in particolare della Toscana, e un potenziale ancora da sfruttare nelle regioni meridionali e insulari. La promozione mirata, l’innovazione nei servizi museali e una maggiore accessibilità potrebbero contribuire a ridurre questo divario e valorizzare ulteriormente l’immenso patrimonio culturale italiano.



Visitatori dei musei e delle gallerie statali nelle macro-regioni italiane. I dati relativi ai visitatori dei musei e delle gallerie statali in Italia, pari a 18.095.107, mostrano una distribuzione territoriale interessante che evidenzia alcune differenze significative tra le macroaree del paese: il Nord con 4.850.337 visitatori, il Centro con 9.262.155, e il Mezzogiorno con 3.982.615. Questi numeri suggeriscono che la maggior parte dell’afflusso turistico e culturale si concentra nelle regioni centrali, seguite dal Nord e infine dal Mezzogiorno. Il dato del Centro Italia, che raccoglie oltre 9,2 milioni di visitatori, rappresenta oltre la metà del totale nazionale. Questo risultato può essere attribuito alla straordinaria concentrazione di beni culturali e artistici in questa area geografica. Città come Roma, Firenze e Siena ospitano alcuni dei musei e delle gallerie più celebri al mondo, come i Musei Vaticani, la Galleria degli Uffizi e la Galleria Borghese. Roma, in particolare, con il suo vasto patrimonio archeologico e museale, attrae milioni di visitatori ogni anno, contribuendo in modo determinante a questo primato. La ricchezza storico-artistica del Centro, insieme alla sua capacità di attrarre sia turismo internazionale che nazionale, rappresenta un elemento fondamentale per l’economia culturale del paese. Il Nord Italia registra circa 4,8 milioni di visitatori, un dato significativo ma comunque distante dai valori del Centro. Questa macroarea ospita città d’arte come Milano, Torino, Venezia e Verona, ognuna con un patrimonio museale di rilevanza internazionale. La Pinacoteca di Brera a Milano, il Museo Egizio di Torino e le istituzioni culturali veneziane, come la Galleria dell’Accademia, sono tra le principali mete turistiche del Nord. Tuttavia, il dato inferiore rispetto al Centro potrebbe essere attribuito a una distribuzione più ampia dei flussi turistici, orientati non solo ai musei ma anche alle attrazioni naturalistiche, industriali e agli eventi fieristici tipici delle regioni settentrionali. Inoltre, la diversificazione dell’offerta turistica potrebbe portare a una minor concentrazione di visitatori nei musei rispetto al Centro Italia. Il Mezzogiorno, con 3.982.615 visitatori, presenta un valore inferiore rispetto alle altre macroaree, evidenziando un divario storico nella valorizzazione e nella fruizione del patrimonio culturale. Nonostante il Sud Italia ospiti alcune delle mete culturali più straordinarie del paese, come Pompei, la Reggia di Caserta, il Museo Archeologico Nazionale di Napoli e i siti archeologici della Valle dei Templi in Sicilia, la capacità di attrarre visitatori appare ancora limitata. Questo gap potrebbe essere attribuito a diversi fattori: infrastrutture meno sviluppate, minore promozione internazionale e difficoltà di accessibilità ai luoghi d’interesse. Tuttavia, il patrimonio culturale del Mezzogiorno rappresenta un potenziale enorme, che, se adeguatamente valorizzato, potrebbe ridurre significativamente il divario con il Centro e il Nord. In conclusione, i dati mostrano che il Centro Italia domina per numero di visitatori nei musei e nelle gallerie statali, grazie alla concentrazione di città d’arte di fama mondiale. Il Nord mantiene un ruolo rilevante, seppur meno preponderante, mentre il Mezzogiorno, pur con un patrimonio straordinario, necessita di ulteriori interventi per promuovere e rendere accessibili le sue risorse culturali. La valorizzazione omogenea del patrimonio culturale italiano potrebbe rappresentare un importante passo per attrarre nuovi flussi turistici, bilanciando l’afflusso di visitatori tra le diverse aree del paese.





Visite ed introiti di musei e aree archeologiche in Italia tra il 2007 ed il 2023

 

L’Istat calcola il valore delle visite e degli introiti provenienti da musei e aree archeologiche in Italia. I dati fanno riferimento all’intero territorio nazionale nel periodo tra il 2007 ed il 2023. Fonte: ISTAT, www.istat.it

Visite ed introiti da musei tra il 2007 ed il 2023. L'analisi dei dati sulle visite ai musei italiani evidenzia un andamento complessivamente stabile del numero totale di musei, con oscillazioni leggere nel corso degli anni. Dal 2007, quando si contavano 197 musei, si osserva un incremento graduale fino a raggiungere il massimo di 213 nel 2018. Questo trend positivo può essere interpretato come un segnale dell'impegno nel valorizzare il patrimonio culturale italiano, ampliando l'offerta museale. Tuttavia, dopo il 2019 si registra un lieve calo, con valori che oscillano tra 198 e 211 musei negli anni successivi. Questo periodo coincide con la pandemia di COVID-19, che ha avuto un impatto significativo sul settore culturale, sia in termini di chiusure temporanee sia di difficoltà economiche e gestionali. Nel 2023, il numero di musei si attesta a 200, indicando una certa stabilità e una possibile ripresa dopo le difficoltà del biennio pandemico. Per quanto riguarda i visitatori, i dati mostrano un andamento inizialmente stabile, seguito da un incremento significativo fino al 2019. Nel 2007 si contavano poco più di 10,7 milioni di visitatori, un valore che oscilla tra i 9,8 milioni e gli 11 milioni fino al 2014. A partire dal 2015, il numero di visitatori inizia a crescere in maniera consistente, superando i 14 milioni nel 2019. Questo aumento può essere attribuito a una serie di fattori, tra cui una maggiore promozione del patrimonio culturale italiano, l'aumento del turismo internazionale e il miglioramento dell'accessibilità e delle infrastrutture museali. Tuttavia, l'impatto della pandemia di COVID-19 è evidente nel 2020, quando il numero di visitatori crolla a 4,4 milioni, un valore drasticamente inferiore rispetto agli anni precedenti. Nel 2021 si osserva una lieve ripresa con oltre 6,2 milioni di visitatori, ma è solo nel 2022 e soprattutto nel 2023 che si registra un recupero completo, con un picco di quasi 18,1 milioni di visitatori, un dato che supera ampiamente il livello pre-pandemico del 2019. Gli introiti totali seguono un andamento simile a quello dei visitatori, ma con una crescita percentuale ancora più marcata. Nel 2007, gli introiti ammontavano a poco più di 31 milioni di euro, rimanendo stabili fino al 2013, con lievi fluttuazioni. A partire dal 2014, gli introiti iniziano a crescere in maniera significativa, passando da circa 35,5 milioni di euro a oltre 80 milioni nel 2019. Questo incremento può essere attribuito non solo all'aumento dei visitatori, ma anche a un miglioramento nella gestione economica dei musei, come l'introduzione di tariffe più efficaci, eventi speciali e una maggiore valorizzazione dei servizi offerti. Nel 2020, gli introiti subiscono un drastico calo a 24,5 milioni di euro a causa della pandemia, ma mostrano una ripresa graduale nel 2021, con un valore di 40,3 milioni di euro. Nel 2022 si registra una forte accelerazione, con introiti che raggiungono i 92,6 milioni di euro, fino ad arrivare al record assoluto di quasi 120 milioni di euro nel 2023. Questo risultato straordinario suggerisce non solo una ripresa completa del settore, ma anche una capacità dei musei italiani di attrarre un pubblico ancora più ampio e di capitalizzare al meglio le proprie risorse. In sintesi, i dati evidenziano un settore museale italiano caratterizzato da una crescita solida e costante fino al 2019, un grave impatto della pandemia di COVID-19 nel biennio 2020-2021 e una ripresa vigorosa nel 2022 e nel 2023. Il 2023 si configura come un anno di successo senza precedenti, con numeri record sia in termini di visitatori che di introiti, segno di un rinnovato interesse per il patrimonio culturale e di una gestione sempre più efficiente ed efficace.



Visite ed introiti da monumenti ed aree archeologiche tra il 2007 ed il 2023. I dati relativi ai monumenti e alle aree archeologiche italiane mostrano un andamento interessante per quanto riguarda il numero di visitatori, gli introiti generati e il totale delle strutture coinvolte nel periodo 2007-2023. Nel corso degli anni si registra una crescita generale, sebbene il percorso sia caratterizzato da fluttuazioni significative, in particolare durante il biennio 2020-2021, in cui il settore ha subito l’impatto della pandemia. Nel 2007 il numero totale dei visitatori è stato di circa 16,4 milioni, con introiti pari a 34,2 milioni di euro. Nei due anni successivi si osserva un calo: nel 2008 i visitatori scendono a 15,7 milioni con introiti che toccano i 31,5 milioni di euro, mentre nel 2009 la situazione peggiora ulteriormente con 15,4 milioni di visitatori e introiti pari a 28,1 milioni di euro. Questi dati indicano una lieve crisi nel settore culturale che potrebbe essere attribuita a condizioni economiche generali sfavorevoli o a un interesse temporaneamente ridotto. Nel 2010 si registra una significativa ripresa dei visitatori, che superano i 19 milioni, mentre gli introiti salgono a circa 30,6 milioni di euro. La crescita prosegue nel 2011 con un salto notevole: i visitatori arrivano a 22,3 milioni e gli introiti raggiungono i 37,9 milioni di euro. Tuttavia, nel 2012 si osserva un calo dei visitatori a circa 19 milioni, pur mantenendo stabile il livello degli introiti. Questo andamento suggerisce che una gestione economica più efficiente, ad esempio con l’aumento delle tariffe o la valorizzazione di servizi aggiuntivi, ha compensato la diminuzione dell’afflusso. Dal 2013 al 2019 il settore è caratterizzato da una crescita costante sia nei visitatori che negli introiti. Nel 2013 si registrano 19,5 milioni di visitatori e 39,4 milioni di euro di incassi. La crescita prosegue nei successivi anni, con i visitatori che superano i 20 milioni nel 2014 e gli introiti che raggiungono 42,1 milioni di euro. Nel 2015 e 2016 il trend positivo si consolida: nel 2016 si contano 22,6 milioni di visitatori e 55,6 milioni di euro di introiti, evidenziando una forte correlazione tra l’aumento dell’afflusso e l’incremento economico. Il 2017 rappresenta un anno di svolta con 25,3 milioni di visitatori e 60,3 milioni di euro di incassi, seguito da un picco straordinario nel 2018, dove i visitatori salgono a quasi 30 milioni e gli introiti sfiorano i 77 milioni di euro. Nel 2019, nonostante una lieve flessione dei visitatori (28,9 milioni), gli introiti crescono ulteriormente a 78,9 milioni di euro, segno di una gestione economica sempre più efficace. L’anno 2020 segna una brusca interruzione a causa della pandemia di COVID-19. I visitatori crollano a 7,5 milioni e gli introiti precipitano a 17,7 milioni di euro. Anche il 2021 registra valori bassi rispetto al periodo pre-pandemico, con 8,5 milioni di visitatori e 27,9 milioni di euro di incassi. Tuttavia, già nel 2022 si assiste a una ripresa vigorosa: i visitatori tornano a 25,5 milioni e gli introiti salgono a 70,4 milioni di euro. Il 2023 rappresenta un anno record per il settore. I visitatori raggiungono i 30,8 milioni, superando ogni valore precedente, mentre gli introiti toccano un massimo storico di circa 103,9 milioni di euro. Questi dati evidenziano non solo una completa ripresa del settore, ma anche un suo potenziamento, probabilmente grazie a strategie di valorizzazione più efficaci, investimenti infrastrutturali e una rinnovata attrazione per il patrimonio culturale italiano. In conclusione, i monumenti e le aree archeologiche italiane mostrano una crescita generale nel lungo periodo, nonostante periodi di crisi economica e l'impatto della pandemia. L'eccezionale ripresa del 2023 indica che il settore è riuscito a rafforzarsi, evidenziando il ruolo chiave della cultura nel panorama economico e sociale italiano.




lunedì 16 dicembre 2024

Tassi di sopravvivenza delle imprese in Italia tra il 2017 ed il 2022

 

I dati sulla sopravvivenza delle imprese in Italia, misurati su un arco di tempo che varia da uno a cinque anni a partire dall'anno di nascita, offrono una prospettiva interessante sulla resilienza dei diversi settori economici. L’analisi include quattro comparti principali: Industria in senso stretto, Costruzioni, Commercio e Altri Servizi, evidenziando come ogni settore risponda alle sfide del mercato e quali siano le difficoltà nel lungo periodo. Nel primo anno di vita, le imprese italiane mostrano tassi di sopravvivenza piuttosto elevati, che vanno dall’88,5% registrato nel settore industriale all’83,6% del commercio. Questo suggerisce che molte imprese riescono a superare le prime sfide legate all’avvio delle attività, come la messa in opera delle strutture, la formazione della base clienti e l’organizzazione interna. Tuttavia, già nel secondo anno, il quadro cambia significativamente: la sopravvivenza scende al 78,7% nell’Industria, al 74,1% nelle Costruzioni, al 73,7% negli Altri Servizi e al 69% nel Commercio. La diminuzione nei tassi di sopravvivenza riflette le prime difficoltà strutturali affrontate dalle imprese, come la competizione crescente, la necessità di generare flussi di cassa positivi e la capacità di rispondere a eventuali cambiamenti del mercato. Il commercio continua a evidenziare la maggiore vulnerabilità tra i settori, probabilmente a causa di margini di profitto spesso ridotti, un’elevata concorrenza e una crescente pressione derivante dall’espansione del commercio elettronico. A tre anni dall’avvio, i tassi di sopravvivenza scendono ulteriormente, raggiungendo il 69% per l’Industria, il 64,1% per le Costruzioni, il 61,7% per gli Altri Servizi e il 59,8% per il Commercio. A questo punto, circa un terzo delle imprese nate tre anni prima non è più operativo, e il settore commerciale si conferma il comparto più fragile. Questo andamento suggerisce che molte aziende nel commercio falliscono nel consolidare una clientela stabile o nell’affrontare le difficoltà finanziarie tipiche del medio termine. Gli Altri Servizi, pur includendo una gamma molto diversificata di attività, mostrano una capacità di sopravvivenza solo leggermente superiore rispetto al commercio, evidenziando che la frammentazione e la concorrenza sono problematiche comuni a questo comparto. D’altro canto, l’Industria mantiene una maggiore resilienza grazie a modelli operativi più strutturati e alla capacità di investire in strategie di lungo periodo. A quattro anni dalla nascita, la sopravvivenza complessiva cala ulteriormente. L’Industria registra un tasso del 60,6%, seguito dalle Costruzioni con il 54,3%, dagli Altri Servizi con il 52,7% e dal Commercio con il 51,6%. In questa fase, meno della metà delle imprese commerciali riesce a rimanere operativa, una tendenza che riflette l’elevata competitività del settore e la necessità di adattarsi rapidamente a nuovi modelli di consumo. Anche le Costruzioni mostrano una riduzione significativa della sopravvivenza, probabilmente legata alla natura ciclica del settore e alla dipendenza dai flussi economici locali e nazionali. Gli Altri Servizi, pur mostrando un andamento simile a quello delle Costruzioni, rivelano una vulnerabilità intrinseca legata alla forte concorrenza e alla diversificazione delle attività. Infine, a cinque anni dalla nascita, il tasso di sopravvivenza raggiunge i livelli più bassi. Solo il 54% delle imprese industriali rimane operativo, un dato che rappresenta comunque il valore più alto tra i settori analizzati. Seguono le Costruzioni con il 47,2%, gli Altri Servizi con il 47,4% e il Commercio con il 45,1%. In questa fase, meno della metà delle imprese commerciali e del settore costruzioni riesce a sopravvivere, confermando che questi comparti sono quelli più vulnerabili nel lungo termine. Il settore industriale, invece, continua a distinguersi per una maggiore capacità di sopravvivenza, grazie a modelli di business più strutturati e a una maggiore resilienza alle oscillazioni del mercato. Gli Altri Servizi si collocano in una posizione intermedia, con un tasso di sopravvivenza che riflette la frammentazione e la concorrenza interna al settore. Analizzando l’andamento generale, è evidente che i tassi di sopravvivenza sono molto più alti nel primo anno di vita delle imprese e diminuiscono progressivamente con il passare del tempo. Questo fenomeno è coerente con le fasi di sviluppo tipiche delle attività imprenditoriali: nel primo anno, molte imprese beneficiano di risorse iniziali sufficienti per superare le difficoltà operative, ma nei periodi successivi devono affrontare sfide più complesse legate alla gestione finanziaria, al consolidamento della clientela e alla sostenibilità economica. Il settore industriale emerge come il comparto più solido in tutti gli intervalli temporali, grazie probabilmente a una maggiore capitalizzazione iniziale, a una pianificazione più accurata e a una minore esposizione alla concorrenza diretta rispetto ad altri settori. Al contrario, il commercio si conferma il settore più fragile, con tassi di sopravvivenza inferiori rispetto agli altri comparti in ogni fase temporale. Questo può essere attribuito a diversi fattori, tra cui la saturazione del mercato, la competizione con il commercio online e i margini di profitto spesso ridotti. Le Costruzioni e gli Altri Servizi mostrano dinamiche intermedie, con valori simili tra loro, ma entrambi affrontano sfide significative legate alla volatilità della domanda e alla frammentazione del mercato. I dati evidenziano anche l’importanza delle politiche di sostegno alle imprese nei primi anni di vita. Per migliorare i tassi di sopravvivenza, è essenziale adottare strategie mirate che tengano conto delle specificità di ciascun settore. Nel caso del commercio, ad esempio, interventi per favorire l’innovazione, migliorare l’accesso al credito e sostenere la transizione digitale potrebbero contribuire a rafforzare la resilienza delle imprese. Per le costruzioni, politiche legate alla stabilità del mercato immobiliare e agli investimenti infrastrutturali potrebbero ridurre le vulnerabilità legate ai cicli economici. Gli Altri Servizi, essendo un settore molto variegato, potrebbero beneficiare di interventi che favoriscano la specializzazione e la diversificazione delle attività. Anche l’Industria, pur dimostrando una maggiore solidità, potrebbe beneficiare di misure volte a sostenere l’innovazione tecnologica e la sostenibilità ambientale, contribuendo a consolidare ulteriormente la sua resilienza. Nel complesso, i dati sulla sopravvivenza delle imprese forniscono una chiara immagine delle dinamiche imprenditoriali in Italia. La progressiva riduzione dei tassi di sopravvivenza con l’aumentare del tempo dall’anno di nascita evidenzia le difficoltà strutturali che molte aziende devono affrontare. Tuttavia, emerge anche la capacità di alcuni settori, come l’Industria, di adattarsi meglio alle sfide del mercato e di mantenere una posizione di relativa stabilità. D’altro canto, settori come il Commercio richiedono interventi mirati per affrontare le vulnerabilità intrinseche e garantire una maggiore sostenibilità nel lungo termine. Questo quadro complessivo sottolinea l’importanza di politiche di sostegno adeguate, in grado di favorire la crescita e la resilienza delle imprese italiane nei diversi settori economici.

Fonte: ISTAT

Link: www.istat.it








Tassi di Natalità e di Mortalità delle Imprese nelle Regioni Italiane tra il 2017 ed il 2022

 

Di seguito analizziamo i tassi di natalità e di mortalità delle imprese nelle regioni italiane tra il 2017 ed il 2022. I dati sono stati acquisiti dal sito ISTAT al link seguente: www.istat.it

Tassi di natalità delle imprese nelle regioni italiane tra il 2017 ed il 2022. L’analisi dei dati relativi al tasso di natalità delle imprese italiane tra il 2017 e il 2022 evidenzia dinamiche regionali differenti, che mostrano sia segnali di stabilità che di difficoltà nell’ecosistema imprenditoriale del Paese. Complessivamente, si osserva una leggera tendenza alla riduzione, con differenze significative tra Nord, Centro e Sud Italia. Questo suggerisce l’esistenza di fattori strutturali e contestuali che influenzano in modo diverso la capacità delle regioni di stimolare la creazione di nuove imprese. Nel Nord Italia, diverse regioni mostrano un calo del tasso di natalità delle imprese. Piemonte e Liguria registrano una diminuzione di 0,5 punti percentuali, mentre in Lombardia il calo è più significativo, pari a 0,9 punti. Ancora più marcata è la riduzione in Trentino-Alto Adige, dove Bolzano perde un punto percentuale e Trento 0,7 punti. Anche il Veneto e il Friuli-Venezia Giulia presentano cali rispettivamente di 0,5 e 0,8 punti. Questi dati suggeriscono che nelle regioni settentrionali, caratterizzate da un’economia consolidata e da un mercato spesso saturo, la creazione di nuove imprese risulti più difficoltosa. La stabilità del sistema economico potrebbe aver creato meno spazio per nuove iniziative, soprattutto in settori tradizionali o fortemente competitivi. Nel Centro Italia, la situazione appare più equilibrata, con variazioni meno significative. Regioni come la Toscana e l’Umbria subiscono cali contenuti, pari rispettivamente a 0,5 e 0,3 punti percentuali. Anche il Lazio, pur mantenendo un tasso di natalità più elevato (9,6 nel 2022), registra una flessione di 0,4 punti. L’unica eccezione positiva si riscontra nelle Marche, che vedono un aumento del tasso di natalità di 0,2 punti. Questo quadro suggerisce che, nonostante alcune difficoltà, il tessuto imprenditoriale del Centro Italia mostri una certa resilienza, probabilmente grazie a una maggiore diversificazione economica e a politiche locali di supporto alle nuove imprese. Al Sud e nelle Isole, i dati evidenziano una sostanziale stabilità. Regioni come Abruzzo, Basilicata, Calabria e Sicilia mantengono invariato il tasso di natalità delle imprese nel periodo considerato. Tuttavia, la Campania rappresenta un’eccezione negativa, con una diminuzione di 0,6 punti. Al contrario, Molise e Puglia segnano un lieve aumento, rispettivamente di 0,2 e 0,1 punti percentuali. Questi dati indicano che, pur in presenza di un contesto spesso segnato da difficoltà strutturali come burocrazia e limitato accesso al credito, alcune aree meridionali mostrano segnali di dinamismo e vitalità imprenditoriale. A livello nazionale, le regioni con i tassi di natalità più elevati nel 2022 sono Lazio (9,6), Campania (9,2) e Calabria (9,0), che si confermano aree con una forte dinamica imprenditoriale. Al contrario, le regioni con i tassi più bassi, come Bolzano (5,9) e Valle d’Aosta (5,6), riflettono un contesto più limitato per la nascita di nuove imprese, probabilmente a causa di fattori geografici, demografici e di mercato. In conclusione, l’Italia ha registrato un calo medio della natalità delle imprese, evidenziando difficoltà particolari nel Nord, stabilità al Sud e segnali di tenuta nel Centro. Politiche mirate a incentivare l’imprenditorialità, soprattutto nelle regioni più colpite, potrebbero contribuire a rilanciare la creazione di nuove attività economiche, favorendo uno sviluppo più omogeneo a livello territoriale.




Tassi di mortalità delle imprese nelle regioni italiane tra il 2017 ed il 2022.  Tra il 2017 e il 2022 si osserva una riduzione diffusa del tasso di mortalità delle imprese nelle regioni italiane, un segnale positivo per l’economia nazionale. Quasi tutte le regioni registrano un calo significativo, indicando un miglioramento delle condizioni economiche locali, l’efficacia delle politiche di sostegno alle imprese e una maggiore resilienza del tessuto imprenditoriale. Le regioni che mostrano il maggior calo sono Campania e Calabria, entrambe con una riduzione di 1,7 punti percentuali. Questo dato è particolarmente rilevante poiché riguarda due aree tradizionalmente più vulnerabili alle crisi economiche. Anche l’Abruzzo segue con un calo di 1,2 punti, dimostrando che il Sud e le regioni del Centro stanno beneficiando di iniziative mirate al sostegno imprenditoriale. Altre regioni con decrementi significativi includono Lazio, Basilicata, Sicilia e Sardegna, che registrano una diminuzione di 1,1 punti percentuali. Questi dati riflettono un trend positivo per molte aree del Mezzogiorno. Nel Nord Italia, sebbene il tasso di mortalità delle imprese fosse già più basso nel 2017 rispetto al Sud, si osservano comunque cali generalizzati. Lombardia, Veneto e Piemonte mostrano riduzioni comprese tra 0,7 e 0,8 punti percentuali, indicative di una leggera stabilizzazione del tessuto economico. Tuttavia, alcune regioni del Nord, come Bolzano, Friuli-Venezia Giulia ed Emilia-Romagna, presentano decrementi più contenuti, rispettivamente di 0,4 e 0,6 punti percentuali. Ciò potrebbe essere spiegato dalla già bassa mortalità imprenditoriale nel 2017, che riflette una situazione di partenza più stabile. Il calo generalizzato potrebbe essere attribuito anche alla resilienza dimostrata dal sistema imprenditoriale nel periodo post-pandemia. Le imprese hanno dovuto affrontare sfide complesse, e i dati sembrano suggerire che molte siano riuscite a riorganizzarsi, sfruttando al meglio le risorse disponibili e le misure di sostegno. Nonostante questi progressi, permangono sfide significative in alcune aree del Sud, dove tassi di mortalità superiori all’8% nel 2022, come in Campania e Calabria, indicano che c’è ancora lavoro da fare per consolidare i miglioramenti. Nel complesso, questi dati evidenziano una tendenza positiva per il sistema imprenditoriale italiano, con segnali incoraggianti soprattutto per le aree storicamente più deboli. Tuttavia, è necessario proseguire con interventi mirati per garantire uno sviluppo equilibrato e sostenibile su tutto il territorio nazionale.

Variazioni del tasso di natalità al netto del tasso di mortalità tra il 2017 ed il 2022. I dati relativi al tasso di natalità al netto del tasso di mortalità mostrano un netto miglioramento tra il 2017 e il 2022 in tutte le regioni italiane, segnalando un cambiamento positivo nell’equilibrio demografico delle imprese. Le regioni che hanno registrato il maggior incremento sono Lombardia, Trento e Calabria, con una variazione positiva di 1,7 punti percentuali. Questi risultati evidenziano una forte inversione di tendenza, con un saldo natalità-mortalità che passa da negativo o nullo nel 2017 a positivo nel 2022. Questo fenomeno potrebbe essere attribuito a politiche locali di sostegno alle imprese, a una maggiore capacità di adattamento alle condizioni di mercato e a un miglioramento complessivo dell'ambiente imprenditoriale. Regioni come Bolzano, Lazio e Liguria seguono con incrementi tra 1,4 e 1,5 punti, indicando un trend positivo distribuito su diversi contesti economici e geografici. In alcune aree, come Marche e Molise, i progressi sono stati più contenuti ma comunque positivi, con incrementi rispettivamente di 0,5 e 0,7 punti. Questo potrebbe riflettere un mercato già stabile nel 2017 o una minore variabilità nelle dinamiche di nascita e chiusura di imprese. Confrontando Nord e Sud, emerge un trend uniforme di miglioramento, ma alcune regioni settentrionali come Lombardia, Trento e Bolzano si distinguono per tassi particolarmente alti nel 2022, evidenziando un contesto particolarmente favorevole alla crescita imprenditoriale. Al Sud, Calabria, Sicilia e Campania hanno registrato saldi positivi, seppur meno marcati rispetto al Nord, dimostrando progressi significativi ma con margini di miglioramento ancora presenti. Nel complesso, il saldo natalità-mortalità migliorato nel 2022 rappresenta un segnale positivo per il sistema imprenditoriale italiano. Questo risultato evidenzia un ambiente imprenditoriale più dinamico e stabile, anche se sarà necessario continuare a sostenere le imprese, in particolare nelle regioni con miglioramenti più lenti, per garantire una crescita equilibrata su tutto il territorio nazionale.



domenica 15 dicembre 2024

Natalità e Mortalità delle Imprese nel Settore dei Servizi

 

Le imprese operanti nel settore dei servizi finanziari comprendono una vasta gamma di attività legate alla gestione, alla fornitura e all’intermediazione di capitali e risorse finanziarie. Questo settore include banche, società di assicurazione, istituzioni di credito, società di investimento, consulenti finanziari e altre organizzazioni specializzate in servizi come prestiti, risparmio, gestione patrimoniale, pagamenti digitali e finanziamenti. Le imprese finanziarie svolgono un ruolo cruciale nell’economia, facilitando il flusso di capitali tra risparmiatori e investitori e supportando la crescita di imprese e individui. Forniscono strumenti e soluzioni per la gestione del rischio, l’allocazione efficiente delle risorse e l’accesso al credito, contribuendo così alla stabilità e allo sviluppo del sistema economico globale. Il settore dei servizi finanziari è altamente regolamentato per garantire trasparenza, stabilità e protezione degli utenti. È caratterizzato da un’elevata intensità tecnologica e da una continua innovazione, con una crescente adozione di soluzioni digitali come fintech, blockchain e intelligenza artificiale. Questo ha trasformato le modalità operative e i servizi offerti, ampliando l’accesso ai mercati finanziari. In un contesto economico globalizzato, le imprese finanziarie devono affrontare sfide come la competizione internazionale, la crescente regolamentazione e i rischi sistemici, ma rimangono un pilastro fondamentale per il funzionamento dell’economia e lo sviluppo del tessuto imprenditoriale e sociale. I dati sono stati acquisiti dal sito ISTAT e fanno riferimento al periodo tra il 2017 ed il 2022. Fonte: www.istat.it

Natalità e Mortalità delle Imprese nel Settore dei Servizi tra il 2017 ed il 2022. I dati relativi alle imprese operanti nel settore dei servizi finanziari tra il 2017 e il 2022 evidenziano un andamento complessivamente positivo, con un saldo netto di 8.861 imprese nate rispetto a quelle cessate nel periodo. Questa dinamica riflette una crescita graduale e significativa del settore, pur con alcune oscillazioni legate a contesti economici specifici. Nel 2017, il saldo tra imprese nate (6.727) e cessate (6.042) è stato positivo, pari a 685 unità, evidenziando una moderata crescita del settore. Tuttavia, nel 2018 il saldo si riduce a 426 unità, nonostante un numero di cessazioni relativamente stabile (5.998). Questa flessione può essere attribuita a una lieve riduzione delle imprese nate, che passano a 6.424, segnalando una fase di rallentamento. Il 2019 segna un recupero, con un saldo positivo di 1.025 unità, grazie a un incremento delle imprese nate (6.645) e a una diminuzione delle cessazioni (5.620). Questo miglioramento suggerisce un rafforzamento della fiducia nel settore finanziario e un maggiore dinamismo imprenditoriale. Tuttavia, nel 2020, anno segnato dalla pandemia di COVID-19, il settore subisce un saldo negativo di -464, con un aumento significativo delle cessazioni (7.410) e una crescita moderata delle nuove imprese (6.946). Questo dato riflette le difficoltà economiche e la maggiore incertezza che hanno caratterizzato il contesto globale. A partire dal 2021 si osserva una forte ripresa. Con 8.787 imprese nate e 6.430 cessate, il saldo raggiunge 2.357 unità, indicando un netto miglioramento rispetto all’anno precedente. Questo trend positivo si consolida ulteriormente nel 2022, che registra il saldo più elevato dell’intero periodo, pari a 4.832 unità, grazie a un picco di 10.988 imprese nate e a un numero di cessazioni contenuto (6.156). Questo risultato riflette la crescente domanda di servizi finanziari e la capacità del settore di adattarsi alle nuove esigenze del mercato, come la digitalizzazione e l’espansione dei servizi fintech. L'analisi complessiva del periodo 2017-2022 mostra un totale di 46.517 imprese nate e 37.656 cessate, con una media annua di circa 7.753 nuove imprese e 6.276 cessazioni. Questo andamento positivo sottolinea la resilienza del settore e la sua capacità di rispondere alle sfide economiche, sostenendo la crescita e l'innovazione. La forte ripresa osservata nel 2021 e nel 2022 evidenzia come il settore finanziario abbia beneficiato delle opportunità offerte dalla transizione digitale e dalla maggiore richiesta di servizi finanziari personalizzati. Nonostante i risultati favorevoli, il settore rimane sensibile alle fluttuazioni economiche globali e ai rischi sistemici. Per mantenere questa traiettoria di crescita, è fondamentale promuovere politiche di supporto, come incentivi all’innovazione tecnologica, la regolamentazione equilibrata del settore e il rafforzamento delle infrastrutture digitali. Investire nel capitale umano e migliorare l’accesso ai mercati internazionali potrebbe ulteriormente consolidare la posizione del settore finanziario come pilastro dell’economia moderna.



Tassi di natalità e di mortalità delle imprese nel settore dei servizi finanziari tra il 2017 ed il 2022. I dati sui tassi di natalità e mortalità delle imprese nel settore dei servizi finanziari dal 2017 al 2022 mostrano una tendenza generalmente positiva, con una natalità media del 7,75% e una mortalità media del 6,35%, risultando in un saldo medio di +1,4%. Questo andamento riflette la capacità del settore di attrarre nuove imprese e mantenere un saldo positivo, nonostante alcune difficoltà in periodi specifici. Nel 2017, il tasso di natalità del 7,2% supera il tasso di mortalità del 6,4%, generando un saldo positivo di +0,8%. Nel 2018, la natalità scende leggermente al 6,8%, mentre la mortalità rimane stabile al 6,4%, portando il saldo a +0,4%. Questi dati suggeriscono una fase di equilibrio, ma con una crescita moderata. Nel 2019 si osserva un miglioramento significativo, con il tasso di natalità che sale al 7,3% e la mortalità che scende al 6,2%, producendo un saldo positivo di +1,1%, segnale di un rinnovato dinamismo nel settore. Il 2020, influenzato dalla pandemia di COVID-19, rappresenta un’eccezione al trend positivo. Sebbene il tasso di natalità si mantenga al 7,3%, la mortalità aumenta al 7,7%, determinando un saldo negativo di -0,4%. Questo riflette le difficoltà economiche e l’incertezza che hanno caratterizzato il periodo. Tuttavia, il 2021 segna una forte ripresa, con il tasso di natalità che cresce all’8,2% e la mortalità che si riduce al 6%, portando il saldo a +2,2%. Nel 2022, il settore raggiunge il suo picco di crescita, con un tasso di natalità del 9,7% e una mortalità del 5,4%, generando un saldo record di +4,3%. L’andamento complessivo mostra un settore resiliente, capace di adattarsi alle sfide e di beneficiare delle opportunità offerte dalla digitalizzazione e dall’evoluzione del mercato. Per consolidare questi risultati, il settore dovrà continuare a investire in innovazione e capitale umano.




Natalità e Mortalità delle Imprese nel Settore dei Servizi Tecnologici ad Alto Contenuto di Conoscenza

 

Le imprese operanti nel settore dei Servizi Tecnologici ad Alto Contenuto di Conoscenza (HITS) appartengono a un comparto che si distingue per l’elevata intensità di conoscenza, competenze specialistiche e innovazione. Queste aziende forniscono servizi avanzati basati su tecnologie digitali, ricerca e sviluppo e applicazioni scientifiche, spesso rivestendo un ruolo centrale nella trasformazione digitale e nel progresso tecnologico. Il settore HITS include una vasta gamma di attività, tra cui servizi informatici e software, consulenza tecnologica, ricerca scientifica, ingegneria avanzata, telecomunicazioni e altri servizi altamente specializzati che richiedono un personale qualificato e una continua evoluzione tecnologica. Le imprese HITS sono motori di innovazione in quanto offrono soluzioni tecnologiche integrate per migliorare l’efficienza e la competitività di altri settori economici. Grazie al loro focus sull’innovazione, queste imprese sono particolarmente resilienti alle sfide economiche, sebbene affrontino la pressione di mantenere un ritmo costante di aggiornamento e sviluppo tecnologico. Il settore HITS rappresenta un pilastro fondamentale delle economie moderne, sostenendo la crescita attraverso l’introduzione di nuove tecnologie, la digitalizzazione e la creazione di valore aggiunto, rendendolo cruciale per la competitività a livello globale. I dati sono stati acquisiti dall’ISTAT e fanno riferimento al periodo tra il 2017 ed il 2022. Link: www.istat.it.

Natalità e Mortalità delle Imprese nel Settore dei Servizi Tecnologici ad Alto Contenuto di Conoscenza tra il 2017 ed il 2022. I dati relativi alle imprese operanti nel settore dei Servizi Tecnologici ad Alto Contenuto di Conoscenza (HITS) dal 2017 al 2022 mostrano un trend generalmente positivo, con un saldo netto costantemente favorevole tra imprese nate e cessate. Questo risultato evidenzia una crescita robusta del settore, che si conferma come uno dei comparti più dinamici e resilienti dell'economia. Nel 2017, il saldo positivo tra imprese nate (10.297) e cessate (8.422) è di 1.875. Questo risultato rappresenta una solida base, ma il settore accelera ulteriormente nel 2018, con un saldo di 3.032, grazie a un incremento delle nuove aperture (11.228) e a una leggera diminuzione delle cessazioni (8.196). Nel 2019, il saldo rimane positivo (1.891), anche se si registra un aumento delle cessazioni (9.408), bilanciato da una crescita delle nuove imprese (11.299). Il 2020, anno segnato dalla pandemia di COVID-19, mostra una lieve riduzione del numero di nuove imprese (11.227) rispetto all’anno precedente, ma anche una diminuzione delle cessazioni (8.845), portando a un saldo positivo di 2.382. Questo risultato evidenzia la resilienza del settore, che non solo ha saputo mantenere una crescita stabile, ma ha anche continuato a generare valore in un contesto economico difficile. Nel 2021 si osserva il miglior risultato dell’intero periodo, con un saldo positivo di 4.572, frutto di un incremento significativo delle imprese nate (13.798) e di cessazioni contenute (9.226). Nel 2022, pur con un leggero calo delle nuove aperture a 13.181 e un aumento delle cessazioni a 9.842, il saldo resta comunque elevato a 3.339, segnalando una continua espansione del settore. L’analisi complessiva del periodo 2017-2022 conferma una media annuale di 11.838 imprese nate e 8.990 cessate, con un saldo medio positivo di 2.848,5. Questo andamento positivo sottolinea la vitalità del settore HITS, trainato dalla crescente domanda di digitalizzazione, innovazione e servizi tecnologici avanzati. La capacità di attrarre nuove imprese e mantenere un basso livello di cessazioni dimostra la centralità del settore nelle economie moderne. Il trend favorevole potrebbe essere ulteriormente consolidato con politiche di supporto mirate, come incentivi per la ricerca e lo sviluppo, l’accesso facilitato al credito per le startup tecnologiche e programmi di formazione avanzata per il capitale umano. Investire nel potenziamento delle infrastrutture digitali e nella promozione della competitività globale del settore potrebbe rafforzare ulteriormente la traiettoria di crescita, rendendo l’HITS un elemento ancora più strategico per il futuro economico.

 



Tassi di natalità e di mortalità per le imprese operanti nel settore dei servizi tecnologici ad alto contenuto di conoscenza tra il 2017 ed il 2022. I dati relativi ai tassi di natalità e mortalità delle imprese nei Servizi Tecnologici ad Alto Contenuto di Conoscenza (HITS) dal 2017 al 2022 evidenziano una dinamica fortemente positiva, con un saldo medio annuale di +2,37%. Questo andamento riflette la vitalità e la capacità di espansione di un settore strategico, trainato dalla crescente domanda di innovazione, digitalizzazione e servizi tecnologici avanzati. Nel 2017, il tasso di natalità del 9,4% supera di 1,7 punti percentuali il tasso di mortalità del 7,7%, indicando una solida capacità di crescita già all'inizio del periodo. L'anno successivo, nel 2018, il tasso di natalità aumenta al 9,8%, mentre la mortalità scende al 7,2%, portando il saldo positivo a +2,6%, un segnale di ulteriore consolidamento del settore. Nel 2019, nonostante un leggero incremento del tasso di mortalità all'8,3%, il tasso di natalità stabile al 9,9% mantiene il saldo positivo a +1,6%, dimostrando la resilienza del comparto. Nel 2020, anno della pandemia di COVID-19, il tasso di natalità si attesta al 9,5%, con una lieve diminuzione rispetto all'anno precedente, mentre la mortalità scende al 7,5%. Questo porta a un saldo positivo di +2%, evidenziando la capacità del settore di resistere a una crisi economica globale e di continuare a crescere. Nel 2021 si registra il miglior risultato dell’intero periodo, con un tasso di natalità che sale all’11,1% e una mortalità stabile al 7,4%, per un saldo record di +3,7%. Anche nel 2022, nonostante una leggera flessione del tasso di natalità al 10,2% e un lieve aumento della mortalità al 7,6%, il saldo positivo si mantiene elevato a +2,6%. L’andamento complessivo del periodo, con un tasso medio di natalità del 9,98% e una mortalità del 7,62%, conferma la capacità delle imprese HITS di attrarre nuovi ingressi e mantenere un basso livello di cessazioni. Questo dinamismo si deve alla natura innovativa e strategica del settore, che beneficia di una domanda in costante crescita. Tuttavia, il mantenimento di questa traiettoria positiva richiede politiche di supporto mirate, come investimenti nella formazione, nella ricerca e nello sviluppo, e incentivi alla digitalizzazione, per sostenere l'espansione futura e rafforzare la competitività internazionale.



Natalità e Mortalità delle Imprese nel Settore dei Servizi di Mercato ad Alto Contenuto di Conoscenza

 

Le imprese operanti nel settore dei Servizi di Mercato ad Alto Contenuto di Conoscenza (KWNMS) si distinguono per la loro capacità di offrire servizi avanzati basati su un’elevata intensità di conoscenza, competenze specializzate e innovazione. Questo settore include una vasta gamma di attività, tra cui servizi professionali, consulenza gestionale, marketing, design, pubblicità, istruzione privata avanzata, ricerca economica e finanziaria, e servizi creativi come la produzione di contenuti multimediali. Queste imprese svolgono un ruolo chiave nell’economia moderna, poiché forniscono soluzioni strategiche che migliorano la competitività delle altre aziende, facilitano l’adozione di nuove tecnologie e promuovono l’innovazione organizzativa. I KWNMS sono particolarmente rilevanti in un contesto economico globalizzato, in cui la conoscenza e la capacità di rispondere rapidamente alle esigenze di mercato rappresentano vantaggi competitivi fondamentali. Il settore è caratterizzato da un alto livello di competenze richieste, da una forte dipendenza da personale qualificato e da una continua necessità di aggiornamento e formazione. Grazie alla loro flessibilità e capacità di adattamento, queste imprese si dimostrano resilienti alle sfide economiche e giocano un ruolo cruciale nella crescita economica. Tuttavia, per mantenere la loro posizione strategica, è fondamentale che investano in capitale umano, digitalizzazione e innovazione per affrontare la crescente competizione globale. I dati sono stati acquisiti dal sito ISTAT e fanno riferimento al periodo tra il 2017 ed il 2022. Fonte: www.istat.it

Natalità e Mortalità delle Imprese nel Settore dei Servizi di Mercato ad Alto Contenuto di Conoscenza tra il 2017 ed il 2022. I dati relativi alle imprese operanti nel settore dei Servizi di Mercato ad Alto Contenuto di Conoscenza (KWNMS) tra il 2017 e il 2022 evidenziano una crescita significativa del comparto, caratterizzata da un saldo complessivamente positivo tra imprese nate e cessate. Con un totale di 602.189 nuove imprese contro 521.649 cessazioni, il settore registra un saldo positivo di 80.540 unità nel periodo considerato, dimostrando la centralità e la dinamicità di questo segmento nell'economia contemporanea. Nel 2017, il saldo positivo di 5.234 imprese (91.216 nate contro 85.982 cessate) segnala una situazione di equilibrio relativo, con una lieve prevalenza di nuove aperture rispetto alle cessazioni. Questo andamento si mantiene simile nel 2018, quando il saldo scende a 3.324, a causa di un aumento delle cessazioni (91.046) a fronte di 94.370 nuove imprese. Nel 2019, nonostante un ulteriore incremento delle aperture a 95.512, il saldo si riduce drasticamente a 828 unità, per via di un aumento delle cessazioni (94.684), segnalando una fase di rallentamento. Il 2020, pur essendo segnato dalla crisi pandemica globale, registra un saldo positivo di 7.672 unità. Questo risultato è attribuibile a un calo delle cessazioni (81.099), che compensa una riduzione delle nuove aperture a 88.771. L'andamento riflette la resilienza del settore, che è riuscito a mantenere una crescita netta nonostante le difficoltà economiche. Il 2021 rappresenta un anno di forte ripresa, con un saldo record di 31.906 imprese. Questo risultato è il frutto di un incremento significativo delle nuove aperture, che raggiungono 114.542 unità, mentre le cessazioni rimangono contenute a 82.636. Anche nel 2022, il saldo si mantiene elevato a 31.576, con 117.778 imprese nate e 86.202 cessate. Questo consolidamento evidenzia la capacità del settore di continuare a crescere e attrarre nuove realtà imprenditoriali. L'analisi complessiva del periodo mostra che il settore KWNMS ha beneficiato di una crescita costante, con una media annua di 100.364 imprese nate contro 86.941 cessate. Questa espansione è sostenuta dalla crescente domanda di servizi avanzati e dalla centralità di conoscenza, innovazione e competenze specialistiche nell'economia moderna. Le imprese di questo settore si dimostrano particolarmente resilienti, adattandosi rapidamente alle esigenze del mercato e sfruttando le opportunità offerte dalla digitalizzazione e dalla globalizzazione. Nonostante i risultati positivi, il rallentamento osservato nel 2018 e nel 2019 evidenzia la necessità di politiche mirate per sostenere la competitività del settore. Interventi strategici potrebbero includere incentivi per l'innovazione, programmi di formazione per il capitale umano e il rafforzamento delle infrastrutture digitali. Inoltre, il settore potrebbe trarre beneficio dall'espansione dell'accesso ai mercati internazionali e dal supporto alle startup per stimolare ulteriormente la crescita. In sintesi, i dati confermano il ruolo cruciale del settore KWNMS nell'economia, sia in termini di crescita economica sia di creazione di valore. Continuare a investire in questo comparto sarà essenziale per sostenere lo sviluppo e la competitività nel lungo periodo.



Tassi di natalità e mortalità nei servizi di mercato ad alto contenuto di conoscenza. I dati relativi ai tassi di natalità e mortalità delle imprese operanti nei Servizi di Mercato ad Alto Contenuto di Conoscenza (KWNMS) nel periodo 2017-2022 mostrano un trend complessivamente positivo, con un saldo medio annuale di +1,1%. Questo evidenzia la capacità del settore di mantenere una crescita costante, nonostante le sfide economiche e le fluttuazioni osservate in alcuni anni. Nel 2017, il tasso di natalità era pari all'8,3%, mentre la mortalità si attestava al 7,8%, generando un saldo positivo di +0,5%. Nel 2018, pur con un lieve aumento del tasso di natalità all'8,4%, il tasso di mortalità cresce parallelamente all'8,1%, riducendo il saldo a +0,3%. Questo andamento si intensifica nel 2019, quando il tasso di natalità sale all'8,7%, ma la mortalità raggiunge l'8,6%, portando a un saldo minimo di +0,1%. Questi tre anni riflettono un equilibrio instabile, con il settore che riesce a crescere, ma in modo contenuto. Il 2020 segna un'inversione di tendenza significativa, nonostante l'impatto della pandemia. Il tasso di natalità scende al 7,8%, ma è accompagnato da una diminuzione più marcata del tasso di mortalità al 7,1%, determinando un saldo positivo di +0,7%. Questo risultato suggerisce una resilienza del settore, che ha saputo adattarsi alle difficoltà economiche globali. Nel 2021, il comparto registra una forte ripresa, con un tasso di natalità che sale al 9,5% e una mortalità che scende al 6,9%, generando un saldo record di +2,6%. Questo trend positivo continua nel 2022, con un saldo di +2,5% derivante da un tasso di natalità del 9,3% e una mortalità stabile al 6,8%. La media complessiva del periodo, con un tasso di natalità dell'8,7% e una mortalità del 7,6%, conferma una crescita strutturale del settore, favorita dalla crescente domanda di servizi avanzati e dalla centralità della conoscenza e delle competenze specialistiche nell'economia. Questo andamento positivo sottolinea il dinamismo del settore KWNMS, ma suggerisce anche la necessità di politiche di sostegno per consolidare la crescita e incentivare l'innovazione, garantendo la competitività nel lungo termine.




Natalità e Mortalità delle Imprese nella Manifattura a Bassa Tecnologia

 

La manifattura a bassa tecnologia comprende quei settori industriali che utilizzano tecnologie consolidate e processi produttivi standardizzati, con una bassa intensità di innovazione e investimenti limitati in ricerca e sviluppo. Questo comparto si concentra principalmente sulla produzione di beni di consumo tradizionali, spesso caratterizzati da cicli produttivi ripetitivi e da un utilizzo intensivo di manodopera. Tra i settori che rientrano nella manifattura a bassa tecnologia si annoverano l’industria alimentare, il tessile, l’abbigliamento, la lavorazione del legno, la fabbricazione di mobili e alcune produzioni metallurgiche di base. Questi ambiti produttivi sono spesso orientati a soddisfare una domanda di mercato stabile e su larga scala, piuttosto che a introdurre prodotti innovativi o tecnologie avanzate. Sebbene il contributo della manifattura a bassa tecnologia all’innovazione sia ridotto, essa svolge un ruolo significativo nell’economia, soprattutto in termini di occupazione e produzione industriale di base. Tuttavia, il settore è fortemente esposto alla concorrenza internazionale, specialmente da parte di paesi a basso costo del lavoro, e alle pressioni economiche globali, che richiedono un continuo miglioramento dell’efficienza e dell’adattamento alle nuove dinamiche di mercato. Per rimanere competitivo, il comparto necessita di strategie volte a migliorare la qualità dei prodotti, l’efficienza dei processi e la sostenibilità ambientale, rispondendo alle sfide del cambiamento tecnologico e della globalizzazione. I dati sono stati acquisiti dal sito Istat: www.istat.it

Natalità e Mortalità delle Imprese nella Manifattura a Bassa Tecnologia  tra il 2017 ed il 2022. I dati relativi alle imprese operanti nella manifattura a bassa tecnologia nel periodo 2017-2022 mostrano un quadro complessivamente negativo, con un saldo costantemente deficitario tra imprese nate e cessate. Questo trend evidenzia una progressiva contrazione del settore, con una perdita netta di 13.140 imprese nell’arco dei sei anni considerati. Tale dinamica è indicativa di sfide strutturali e contingenti che mettono a rischio la sostenibilità del comparto. Nel 2017 il saldo negativo è stato di -1.031, con 9.834 nuove imprese a fronte di 10.865 cessazioni. Sebbene il dato fosse già critico, nel 2018 si registra un ulteriore peggioramento, con un saldo di -1.830, frutto di una riduzione delle nuove aperture a 9.060 e di un numero ancora elevato di cessazioni (10.890). Il 2019 rappresenta un punto particolarmente drammatico per il settore, con il saldo che tocca -3.777. Questo dato è il risultato di un leggero incremento delle imprese nate (9.193), insufficiente però a contrastare l’impennata delle cessazioni, che raggiungono le 12.970 unità. L'anno successivo, il 2020, segnato dalla pandemia di COVID-19, vede un crollo delle nuove aperture a 6.965, il dato più basso del periodo, e un numero di cessazioni ancora elevato (10.691), portando a un saldo di -3.726, quasi invariato rispetto al 2019. A partire dal 2021 si osservano segnali di miglioramento. Il saldo negativo si riduce a -1.674, con una ripresa delle imprese nate (7.794) e una diminuzione delle cessazioni (9.468). Nel 2022 questa tendenza si consolida ulteriormente, con un saldo di -1.102, il meno negativo dell’intero periodo. Tuttavia, nonostante questi segnali di stabilizzazione, il settore continua a mostrare una dinamica di contrazione netta, come evidenziato dal totale cumulativo di 50.783 imprese nate contro 63.923 cessate nel periodo analizzato. La manifattura a bassa tecnologia, tradizionalmente caratterizzata da produzioni standardizzate e processi meno innovativi, sembra particolarmente vulnerabile alle pressioni economiche e competitive. L’elevato numero di cessazioni può essere attribuito a diversi fattori, tra cui la concorrenza internazionale da parte di paesi con costi di produzione più bassi, l’inefficienza di alcuni modelli di business e la difficoltà di adattarsi alle nuove dinamiche di mercato, come la crescente domanda di sostenibilità e digitalizzazione. La pandemia ha ulteriormente amplificato queste difficoltà, causando un forte calo delle nuove imprese, soprattutto nel biennio 2019-2020. Nonostante i segnali di ripresa negli ultimi due anni, il settore necessita di interventi strutturali per invertire questa tendenza. Politiche industriali mirate potrebbero includere incentivi per l’innovazione, il supporto alla digitalizzazione dei processi produttivi e la facilitazione dell’accesso ai mercati internazionali. Inoltre, la formazione del capitale umano e la promozione di modelli di business più resilienti potrebbero aiutare le imprese a bassa tecnologia a competere meglio in un contesto economico sempre più dinamico e globalizzato. In conclusione, i dati sottolineano la necessità di un’azione strategica per rilanciare la manifattura a bassa tecnologia, un settore che, nonostante le difficoltà, continua a rappresentare una componente significativa dell’economia industriale in termini di occupazione e produzione.



Tassi di natalità e moralità delle imprese nella manifattura a bassa tecnologia tra il 2017 ed il 2022. I dati relativi ai tassi di natalità e mortalità delle imprese nella manifattura a bassa tecnologia tra il 2017 e il 2022 mostrano un trend negativo persistente, con un tasso di natalità medio (4,68%) costantemente inferiore al tasso di mortalità medio (5,93%). Il saldo negativo medio di -1,25 evidenzia una progressiva riduzione del tessuto imprenditoriale in questo settore, riflettendo sfide strutturali e congiunturali che ostacolano la crescita e la sostenibilità. Nel 2017, il saldo negativo di -0,6 suggerisce una situazione già critica, con un tasso di natalità del 5,1% e un tasso di mortalità del 5,7%. Nel 2018 il divario si amplia, raggiungendo -1, principalmente a causa di un calo del tasso di natalità al 4,8% e di un aumento della mortalità al 5,8%. L'anno 2019 rappresenta il punto di maggiore difficoltà, con un saldo negativo di -2,1, risultato di un incremento significativo della mortalità (7,2%) rispetto a una natalità stabile al 5,1%. Questo evidenzia l’incapacità del settore di compensare le cessazioni con nuove aperture. Nel 2020, segnato dalla pandemia di COVID-19, il tasso di natalità scende al 4%, il valore più basso del periodo, mentre la mortalità si riduce al 6,1%, ma il saldo rimane negativo a -2,1, confermando un contesto di forte pressione economica. Gli anni 2021 e 2022 mostrano segnali di miglioramento. Nel 2021 il saldo si riduce a -1 grazie a un lieve aumento della natalità (4,5%) e a una diminuzione della mortalità (5,5%). Nel 2022, il saldo negativo di -0,7 rappresenta il miglior risultato del periodo, con una natalità al 4,6% e una mortalità al 5,3%. Questi dati riflettono un settore fragile, esposto a una concorrenza internazionale intensa e a una domanda stagnante. Nonostante i segnali positivi degli ultimi due anni, il saldo negativo medio indica la necessità di interventi strategici per sostenere le imprese esistenti e incentivare la creazione di nuove realtà. Politiche di sostegno alla digitalizzazione, all’efficienza produttiva e alla diversificazione del mercato sono essenziali per rafforzare la competitività del settore e garantirne la sopravvivenza nel lungo termine.



Tassi di Natalità e Mortalità delle Imprese nella Manifattura a Medio-Bassa Tecnologia


Le Manifatture a Medio-Bassa Tecnologia (MLT) comprendono i settori industriali caratterizzati da un uso moderato di tecnologie avanzate e da un livello di intensità innovativa inferiore rispetto a quelli ad alta o medio-alta tecnologia. Questi settori si concentrano principalmente sulla produzione di beni tradizionali, spesso con processi produttivi consolidati e una minore dipendenza da investimenti significativi in ricerca e sviluppo (R&S). Tra le industrie che rientrano nelle MLT si trovano quelle legate alla produzione di metalli di base, prodotti in gomma e plastica, carta, tessile, mobili e materiali da costruzione. Pur non rappresentando il segmento più dinamico in termini di innovazione, le MLT svolgono un ruolo cruciale nell’economia, sia per il contributo all’occupazione che per il valore aggiunto generato, in particolare nei paesi con una forte tradizione manifatturiera. La competitività di questi settori dipende spesso dall’efficienza dei processi produttivi, dai costi di produzione contenuti e dalla capacità di soddisfare le esigenze di mercato con prodotti standardizzati. Tuttavia, le MLT devono affrontare sfide significative, come la pressione della concorrenza internazionale, soprattutto dai paesi emergenti, e l’adattamento a normative ambientali più stringenti. Nonostante il loro posizionamento tecnologico intermedio, le Manifatture a Medio-Bassa Tecnologia possono beneficiare di innovazioni incrementali, digitalizzazione e miglioramenti nella gestione della produzione per rimanere competitive.

Natalità e Mortalità delle Manifatture a Medio-Bassa Tecnologia (MLT) tra il 2017 ed il 2022.  I dati relativi alle Manifatture a Medio-Bassa Tecnologia (MLT) nel periodo 2017-2022 evidenziano una tendenza costante di saldo negativo tra imprese nate e cessate, con una perdita complessiva di 3.538 imprese in sei anni. Questo andamento riflette una persistente difficoltà del settore nel mantenere un equilibrio tra nuovi ingressi e uscite dal mercato, evidenziando problemi strutturali che potrebbero influenzare la sostenibilità e la competitività delle MLT. Nel 2017 il saldo negativo è stato relativamente contenuto, con 6.546 imprese nate e 6.792 cessate, per una differenza di -246. Tuttavia, nel 2018 si registra un peggioramento significativo, con un saldo di -634, risultato di un aumento delle cessazioni rispetto alle nuove aperture. La situazione si aggrava ulteriormente nel 2019, quando il saldo raggiunge il valore peggiore del periodo, -1.144, con un incremento marcato delle cessazioni (7.689) e una stabilità nelle aperture di nuove imprese (6.545). Questo dato evidenzia la crescente difficoltà del settore nel fronteggiare le sfide economiche e competitive. Nel 2020, anno segnato dalla pandemia di COVID-19, il saldo rimane fortemente negativo (-1.114), con un calo delle nuove imprese nate a 5.588, il dato più basso dell’intero periodo. Sebbene il numero di cessazioni si riduca leggermente rispetto al 2019, le nuove aperture non sono sufficienti a riequilibrare la situazione. Nei due anni successivi si osserva una leggera ripresa: nel 2021 e nel 2022 i saldi negativi sono rispettivamente di -193 e -207, segnando una riduzione rispetto ai picchi negativi del biennio precedente. Questo miglioramento, tuttavia, non è sufficiente a invertire il trend complessivo. L'analisi complessiva del periodo mostra che il settore MLT ha generato 37.780 nuove imprese a fronte di 41.318 cessazioni. Questo divario accumulato riflette una debolezza strutturale del comparto, influenzata probabilmente da fattori come la pressione competitiva internazionale, la crescente automazione e digitalizzazione, e l’impatto delle crisi globali. Le MLT, spesso caratterizzate da processi produttivi consolidati e da una minore capacità di innovazione rispetto ai settori ad alta tecnologia, risentono di una concorrenza particolarmente forte, soprattutto da parte di economie emergenti in grado di offrire costi di produzione più bassi. I miglioramenti osservati nel 2021 e nel 2022 suggeriscono che, nonostante le difficoltà, il settore può trovare margini di ripresa attraverso interventi mirati. Investire in innovazioni incrementali, ottimizzare i processi produttivi e promuovere la sostenibilità ambientale potrebbero rappresentare strategie efficaci per migliorare la competitività. Allo stesso tempo, politiche industriali che favoriscano l’accesso al credito, la formazione del capitale umano e la riduzione dei costi amministrativi potrebbero incentivare la nascita di nuove imprese e ridurre il numero di cessazioni. In sintesi, i dati evidenziano un settore in difficoltà che, pur mostrando segnali di resilienza negli anni più recenti, necessita di un sostegno strutturale per invertire la tendenza negativa e consolidare una crescita sostenibile. Le MLT, per il loro ruolo significativo nell'economia manifatturiera, richiedono una maggiore attenzione strategica per affrontare le sfide future.



Tassi di natalità e mortalità delle imprese nelle manifatture a medio-bassa tecnologia tra il 2017 ed il 2022. I dati sui tassi di natalità e mortalità delle Manifatture a Medio-Bassa Tecnologia (MLT) nel periodo 2017-2022 mostrano una tendenza caratterizzata da una natalità costantemente inferiore alla mortalità. Questo squilibrio si riflette in un saldo medio negativo di -0,4, segnalando una graduale contrazione del tessuto imprenditoriale del settore. Nel 2017, il tasso di natalità era pari al 4,8%, appena inferiore al tasso di mortalità del 5%, per un saldo negativo di -0,2. Tuttavia, già nel 2018 si osserva un peggioramento, con un incremento del tasso di mortalità al 5,2%, portando il saldo a -0,4. Il 2019 rappresenta un punto critico, con il tasso di mortalità che sale al 5,7%, mentre il tasso di natalità si mantiene stabile al 4,9%. Questo aumento della mortalità porta a un saldo negativo più marcato di -0,8, evidenziando le crescenti difficoltà del settore nell'assorbire le uscite. Nel 2020, l'anno segnato dalla pandemia di COVID-19, si registra un calo del tasso di natalità al 4,1%, il valore più basso dell'intero periodo, mentre il tasso di mortalità scende leggermente al 4,9%. Il saldo rimane comunque negativo a -0,8, confermando le pressioni economiche derivanti dalla crisi globale. Nel 2021 e nel 2022 si osserva un lieve miglioramento. Il tasso di natalità risale al 4,6% in entrambi gli anni, e il tasso di mortalità si riduce al 4,7% nel 2021 e al 4,8% nel 2022, portando i saldi negativi a -0,1 e -0,2 rispettivamente. La media complessiva del periodo mostra un tasso di natalità del 4,6% e un tasso di mortalità del 5,1%, con un saldo negativo medio di -0,4. Questi dati suggeriscono che, pur con segnali di stabilizzazione negli anni più recenti, il settore rimane vulnerabile. Politiche mirate e strategie di innovazione sono essenziali per favorire la nascita di nuove imprese e ridurre il tasso di mortalità, promuovendo una crescita più sostenibile nel lungo periodo.



Natalità e Mortalità delle Imprese nella Manifattura a Medio-Alta Tecnologia

 

Le Manifatture a Medio-Alta Tecnologia (MHT) si riferiscono a quei settori produttivi che combinano un'elevata intensità di conoscenza e tecnologia con processi industriali complessi, orientati all'innovazione e al valore aggiunto. Questi settori si distinguono per l'uso estensivo di competenze tecniche avanzate, ricerca e sviluppo (R&S), e macchinari sofisticati, spesso richiedendo un significativo investimento in capitale umano e tecnologico. Secondo la classificazione internazionale, le MHT includono industrie come la produzione di macchinari, strumenti di precisione, prodotti chimici avanzati, veicoli a motore, apparecchiature elettriche ed elettroniche. Questi comparti sono cruciali per il progresso tecnologico e lo sviluppo economico, in quanto fungono da catalizzatori per l'innovazione in altri settori. Inoltre, contribuiscono significativamente alla competitività internazionale di un paese grazie alla loro capacità di esportare prodotti altamente specializzati. Le MHT si trovano a metà strada tra le manifatture ad alta tecnologia, come l’aerospazio e l’industria farmaceutica, e quelle a basso contenuto tecnologico, come il tessile o l’alimentare. Esse rappresentano un equilibrio tra l'uso di tecnologie consolidate e l'introduzione di innovazioni incrementali. La loro evoluzione dipende fortemente dalle politiche industriali, dagli investimenti in R&S e dalla capacità di adattarsi alle sfide globali. I dati seguenti sono stati acquisiti dall’ISTAT e fanno riferimento al periodo tra il 2017 ed il 2022.

Natalità e Mortalità della Manifattura a Medio-Alta Tecnologia tra il 2017 ed il 2022. I dati forniti sulle Manifatture a Medio-Alta Tecnologia (MHT) mostrano un quadro critico per il settore nel periodo 2017-2022, caratterizzato da un costante declino nel saldo tra imprese nate e cessate. Questo trend evidenzia un calo strutturale della capacità del comparto di generare nuove realtà produttive sufficienti a compensare quelle che escono dal mercato, con implicazioni significative per l’economia e la competitività del settore. Nel 2017, il saldo negativo tra imprese nate e cessate è stato di -73 unità, un dato già preoccupante ma relativamente contenuto rispetto agli anni successivi. Il 2018 ha visto un ulteriore peggioramento, con un saldo di -101. Tuttavia, è nel 2019 che il divario si amplifica in modo drammatico: con 1.604 imprese nate e 2.276 cessate, il saldo si attesta a -672, segnalando una crisi più profonda. Questo andamento negativo prosegue nel 2020, quando il saldo si mantiene praticamente invariato (-673), con una diminuzione del numero di nuove imprese a 1.424 e un livello ancora elevato di cessazioni. Nel 2021 si osserva un lieve miglioramento con 1.557 imprese nate e 1.755 cessate, per un saldo di -198. Questo risultato suggerisce una parziale ripresa, probabilmente legata agli effetti delle politiche di stimolo economico post-pandemia. Tuttavia, questa dinamica positiva non si consolida nel 2022, anno in cui il saldo torna a peggiorare, raggiungendo -515 con un numero di imprese nate (1.402) tra i più bassi del periodo considerato. L’analisi complessiva del periodo 2017-2022 evidenzia un totale di 9.523 imprese nate a fronte di 11.755 cessazioni, con un saldo complessivo negativo di -2.232. Questo dato cumulativo riflette una progressiva riduzione della capacità del settore MHT di mantenere il proprio tessuto imprenditoriale. Tra le possibili cause, si possono ipotizzare la pressione competitiva internazionale, l’innovazione tecnologica insufficiente, il peso burocratico e fiscale, oltre agli effetti delle crisi globali come la pandemia di COVID-19 e l’instabilità economica. L’andamento descritto sottolinea una fragilità strutturale che richiede interventi mirati per invertire il trend. Il settore delle MHT è strategico per l’economia, grazie al suo ruolo nell’innovazione e nella creazione di valore aggiunto. Di conseguenza, risulta fondamentale promuovere politiche di sostegno per incentivare l’avvio di nuove imprese, favorire l’accesso al credito, investire in ricerca e sviluppo e semplificare il contesto normativo. Solo attraverso un approccio integrato sarà possibile rafforzare la competitività del comparto e garantire una crescita sostenibile nel lungo periodo. In conclusione, i dati confermano una tendenza preoccupante per il settore delle Manifatture a Medio-Alta Tecnologia in Italia. Senza interventi significativi, il rischio è quello di un’erosione progressiva del tessuto industriale, con ripercussioni negative sull’occupazione, sulla capacità innovativa del Paese e sulla sua posizione competitiva nei mercati internazionali.



Tassi di natalità e mortalità delle manifatture a medio-alta tecnologia. I dati relativi ai tassi di natalità e mortalità delle Manifatture a Medio-Alta Tecnologia (MHT) nel periodo 2017-2022 evidenziano un trend strutturalmente negativo, con una natalità costantemente inferiore alla mortalità. Questo squilibrio si traduce in un saldo negativo medio pari a -0,73, segnale di una continua erosione del tessuto imprenditoriale nel settore. Nel dettaglio, il tasso di natalità oscilla tra il 3,2% del 2017 e il 2,7% del 2020 e del 2022, mostrando una lieve tendenza al ribasso che può essere attribuita a una riduzione della capacità del settore di attrarre nuovi investimenti o avviare nuove attività. Parallelamente, il tasso di mortalità ha registrato una crescita significativa, passando dal 3,4% del 2017 al 4,4% del 2019, per poi stabilizzarsi su valori leggermente più bassi, ma comunque elevati, negli anni successivi. Il picco del 2019 e del 2020 (-1,3) coincide con eventi economici globali sfavorevoli, come le incertezze commerciali e la crisi causata dalla pandemia di COVID-19, che hanno probabilmente aggravato le difficoltà del settore. Nonostante un leggero miglioramento nel 2021, con un saldo meno negativo (-0,4), la ripresa non è stata sufficiente a invertire la tendenza generale. Il 2022 ha visto nuovamente un aumento del divario tra natalità e mortalità (-1), consolidando la necessità di interventi strutturali. Il dato medio quinquennale conferma una situazione di difficoltà: il tasso di natalità del 3,00% risulta insufficiente per compensare una mortalità media del 3,73%. Questi numeri sottolineano la fragilità del settore e la sua vulnerabilità alle sfide economiche e strutturali. Per invertire il trend, sono fondamentali politiche mirate al sostegno dell’imprenditorialità, all’innovazione e alla riduzione dei costi operativi per le imprese esistenti, oltre a un miglior accesso ai mercati e al credito.



Natalità e Mortalità delle Imprese nella Manifattura ad Alta Tecnologia

 

Tra il 2017 ed il 2022 sono nate 1332 imprese e  sono cessate 1486 attività

 

La manifattura ad alta tecnologia è un settore industriale basato sull’uso intensivo di tecnologie avanzate, innovazione e conoscenze specializzate per creare prodotti ad alto valore aggiunto e complessità tecnica. Comprende ambiti come l’elettronica, l’aerospaziale, la robotica, le biotecnologie e l’automazione, integrando tecnologie come l’intelligenza artificiale, la stampa 3D e l’IoT. Le imprese di questo settore investono continuamente in ricerca e sviluppo per mantenere competitività in un mercato dinamico. La manifattura ad alta tecnologia è un motore chiave per la crescita economica, l’occupazione qualificata e il progresso tecnologico, contribuendo alla transizione verso un’economia sostenibile e digitale. I dati seguenti fanno riferimento al periodo tra il 2017 ed il 2022.

 

Natalità e Mortalità delle Imprese nella Manifattura ad Alta Tecnologia tra il 2017 ed il 2022. I dati relativi alla nascita e cessazione di imprese nel settore della manifattura ad alta tecnologia dal 2017 al 2022 offrono un quadro interessante e complesso delle dinamiche imprenditoriali in un ambito cruciale per lo sviluppo economico. Analizzando il numero di imprese nate nel periodo, emerge una progressiva riduzione, passando da 298 nuove imprese nel 2017 a 169 nel 2022. Questa diminuzione, pari al 43%, riflette diverse difficoltà. Tra i possibili fattori si possono citare le barriere d’ingresso elevate, dovute agli importanti investimenti iniziali e alle competenze tecniche richieste, e le incertezze economiche globali, accentuate dalla pandemia di COVID-19, che hanno reso più difficoltoso avviare nuove attività in settori ad alta intensità di capitale. Parallelamente, il numero di imprese cessate presenta una tendenza al rialzo. Dal 2017 al 2022, le cessazioni sono passate da 203 a 257, con un incremento del 26%. Questo fenomeno potrebbe essere attribuito alla crescente concorrenza nel settore, che richiede alle imprese di adattarsi rapidamente alle nuove tecnologie e di contrastare competitor innovativi, nonché alle difficoltà legate alla sostenibilità finanziaria. Il biennio 2020-2022, in particolare, ha visto il settore sottoposto a forti pressioni economiche derivanti dalle crisi globali, che hanno reso più ardua la sopravvivenza delle imprese. Anche la difficoltà di accesso ai finanziamenti necessari per sostenere l’innovazione e l’espansione potrebbe aver contribuito all’aumento delle cessazioni. Il saldo netto tra imprese nate e cessate evidenzia con chiarezza una tendenza negativa. Nel 2017, il saldo era positivo (+95), segnalando una fase di espansione del settore. Tuttavia, a partire dal 2019, si osserva un’inversione di tendenza con un saldo negativo di -120, indicativo di un inizio di contrazione. Negli anni successivi, i saldi negativi oscillano, mantenendosi però sempre in territorio sfavorevole, fino a raggiungere -88 nel 2022. Questo andamento segnala difficoltà strutturali che potrebbero indicare un processo di consolidamento o addirittura una saturazione del mercato. L’analisi complessiva dei dati suggerisce che, nonostante le potenzialità del settore, sono necessari interventi mirati per superare le difficoltà attuali. È essenziale promuovere l’imprenditorialità tecnologica attraverso incentivi mirati, programmi di formazione e semplificazioni normative che agevolino la nascita di nuove imprese. Parallelamente, sarebbe opportuno migliorare l’accesso al credito e favorire strumenti di finanziamento innovativi per garantire la sostenibilità finanziaria delle imprese esistenti. Inoltre, è fondamentale rafforzare i programmi di ricerca e sviluppo, consentendo alle imprese di mantenere la competitività e di affrontare con successo le sfide imposte dalla rapida evoluzione tecnologica. In conclusione, il settore della manifattura ad alta tecnologia si trova in una fase delicata, caratterizzata da segnali di contrazione ma anche da opportunità significative legate all’innovazione. Per invertire la tendenza negativa e rilanciare il comparto, sono necessari interventi strategici che combinino supporto istituzionale, investimenti mirati e una visione lungimirante delle politiche industriali. Solo attraverso un approccio coordinato sarà possibile garantire un futuro più stabile e prospero per un settore di così grande importanza strategica.



Tassi di natalità e di mortalità delle imprese manifatturiere ad alta intensità di tecnologia nel periodo 2017-2022. I dati analizzati evidenziano un marcato calo del tasso di natalità nel periodo 2017-2022, passando da 5,3 nel 2017 a 3 nel 2022. Questo declino risulta significativo e continuo, mostrando una chiara tendenza verso una diminuzione delle nascite. In parallelo, il tasso di mortalità ha subito un incremento tra il 2017 e il 2019, passando da 3,6 a 5,8, per poi stabilizzarsi attorno al valore di 4 dal 2020 al 2022. La differenza tra natalità e mortalità, indicata come saldo naturale, riflette una situazione in progressivo peggioramento. Se nel 2017 il saldo naturale era positivo, con un valore di 1,7, nel 2019 è diventato negativo (-2,1), rimanendo tale fino al 2022, con un valore di -1,5. Questo dato suggerisce che, nel periodo osservato, le morti hanno superato costantemente le nascite, portando a un bilancio demografico negativo. La media del periodo conferma questa tendenza: il tasso di natalità medio è pari a 3,92, inferiore al tasso di mortalità medio di 4,33, con un saldo naturale medio negativo di -0,42. Questi numeri indicano un fenomeno strutturale che si allontana dalle fluttuazioni occasionali, suggerendo un quadro demografico in declino. La combinazione di un tasso di natalità in calo e un tasso di mortalità stabile ma elevato rispetto alla natalità pone evidenti sfide per la sostenibilità demografica. Tale dinamica potrebbe avere ripercussioni a lungo termine sulla struttura della popolazione, con un aumento dell’invecchiamento demografico e un possibile impatto economico e sociale significativo. Questi dati richiedono un’attenta riflessione per individuare strategie volte a favorire un riequilibrio tra natalità e mortalità e sostenere una crescita demografica più equilibrata nel futuro.