Le spese per incremento di attività finanziarie
nei bilanci dei comuni italiani rappresentano uscite destinate all’acquisizione
o al rafforzamento di strumenti finanziari e patrimoniali. Queste includono
operazioni come l'acquisto di partecipazioni in società, titoli obbligazionari,
conferimenti di capitale o sottoscrizioni di fondi d’investimento, con
l’obiettivo di aumentare il valore patrimoniale dell’ente o sostenere
iniziative strategiche per il territorio. Rientrando tra le spese in conto
capitale, sono finalizzate a generare benefici duraturi, distinguendosi dalle
spese correnti. Tali operazioni sono spesso motivate dallo sviluppo economico
locale, dall’ottimizzazione del portafoglio comunale o dalla partecipazione
strategica in settori chiave come energia, trasporti o servizi pubblici. La
gestione di queste spese richiede un’attenta pianificazione finanziaria e un
controllo rigoroso per garantire trasparenza, legalità ed economicità, in linea
con i principi della finanza pubblica
Le
Spese per Incremento di Attività Finanziarie nei Bilanci dei Comuni Italiani
per Regione nel 2022. L’analisi delle spese per incremento di attività
finanziarie nei comuni italiani, aggregata per regione, evidenzia una notevole
eterogeneità sia in termini assoluti che relativi. Regioni come il Lazio, la
Lombardia e la Toscana presentano gli aggregati più elevati, rispettivamente
con 210,5 milioni di euro, 154,8 milioni e 109,7 milioni. Questo dato riflette
probabilmente l'importanza economica e amministrativa di queste regioni,
caratterizzate da un elevato numero di comuni e un'ampia gamma di attività
finanziarie e patrimoniali. Il valore pro capite, invece, offre una prospettiva
diversa, mostrando come alcune regioni con un aggregato inferiore possano avere
un impatto rilevante sulla popolazione residente. La Liguria, con una spesa pro
capite di 34,04 euro, e il Lazio, con 36,79 euro, si distinguono rispetto alla
Lombardia, che pur avendo l’aggregato elevato si attesta a soli 15,45 euro pro
capite. Questo suggerisce che i comuni di alcune regioni, pur operando con
risorse meno estese, riescono a concentrare le proprie attività finanziarie su
una popolazione ridotta. Le disparità diventano ancora più marcate considerando
il dato per comune. Regioni come il Lazio (556.760,73 euro per comune) e la
Toscana (402.092,39 euro) indicano una maggiore capacità di investimento medio
da parte dei comuni. Al contrario, regioni come il Molise, la Calabria e la
Sicilia presentano valori estremamente bassi, rispettivamente con 2.980,87
euro, 3.062,45 euro e 3.127,96 euro per comune. Questo dato evidenzia
probabilmente un limitato accesso a risorse finanziarie e un minor numero di
iniziative di investimento nei comuni di queste aree. Regioni come la Valle
d’Aosta e la Basilicata presentano valori praticamente nulli, rispettivamente 0
euro e 7.684 euro totali. La Valle d’Aosta, essendo una regione autonoma con
peculiarità amministrative, potrebbe adottare strategie di gestione finanziaria
alternative che non prevedono incrementi significativi delle attività
finanziarie comunali. Per la Basilicata, il valore irrisorio potrebbe
riflettere un contesto economico più debole o una limitata capacità di
intervento da parte degli enti locali. Un’altra osservazione rilevante è la
scarsa incidenza delle spese in regioni del Mezzogiorno come Calabria,
Campania, Puglia e Sicilia. Queste aree, che potrebbero trarre beneficio da
investimenti finanziari per favorire lo sviluppo locale, registrano valori
aggregati e pro capite molto bassi. Questo potrebbe dipendere da difficoltà
strutturali o dalla mancanza di progetti strategici adeguati. Al contrario,
regioni del Centro-Nord come Emilia-Romagna, Toscana e Veneto mostrano una
capacità più omogenea di allocazione delle risorse tra i comuni, confermando
una maggiore attitudine a utilizzare strumenti finanziari per stimolare lo
sviluppo economico locale. La Sardegna, con una spesa aggregata di 42,5 milioni
di euro e un valore pro capite di 27,08 euro, rappresenta un caso particolare,
suggerendo una dinamica interessante di interventi mirati in una regione
insulare. Nel complesso, i dati mostrano una profonda disomogeneità tra le
regioni italiane, indicando che il contesto economico, la capacità gestionale
degli enti locali e le priorità politiche influenzano fortemente le scelte di
spesa per incremento di attività finanziarie. Questa disparità sottolinea la
necessità di politiche più equilibrate che possano incentivare investimenti
nelle aree meno sviluppate, promuovendo una maggiore coesione territoriale.
Spese per incremento di attività
finanziarie |
|||
Regione |
Aggregato per regione |
Per Capita |
Per Comune |
Piemonte |
38.253.703,00 € |
9,00 € |
32.418,39 € |
Valle d'Aosta |
|
0,00 € |
0,00 € |
Liguria |
51.365.053,00 € |
34,04 € |
219.508,77 € |
Lombardia |
154.861.389,00 € |
15,45 € |
103.103,45 € |
Trentino Alto Adige |
15.488.690,00 € |
14,31 € |
54.924,43 € |
Veneto |
65.871.064,00 € |
13,58 € |
117.626,90 € |
Friuli Venezia Giulia |
11.980.876,00 € |
10,02 € |
55.725,00 € |
Emila Romagna |
98.877.367,00 € |
22,19 € |
299.628,38 € |
Toscana |
109.771.222,00 € |
29,95 € |
402.092,39 € |
Umbria |
21.616.294,00 € |
25,30 € |
234.959,72 € |
Marche |
37.649.855,00 € |
25,36 € |
167.332,69 € |
Lazio |
210.455.555,00 € |
36,79 € |
556.760,73 € |
Abruzzo |
16.354.682,00 € |
12,88 € |
53.621,91 € |
Molise |
405.398,00 € |
1,40 € |
2.980,87 € |
Campania |
25.961.002,00 € |
4,64 € |
47.201,82 € |
Puglia |
13.315.721,00 € |
3,42 € |
51.812,14 € |
Basilicata |
7.684,00 € |
0,01 € |
58,66 € |
Calabria |
1.237.231,00 € |
0,67 € |
3.062,45 € |
Sicilia |
1.223.033,00 € |
0,26 € |
3.127,96 € |
Sardegna |
42.513.979,00 € |
27,08 € |
112.769,18 € |
Clusterizzazione
con algoritmo k-Means ottimizzato con il coefficiente di Silhouette. La
clusterizzazione delle 20 regioni italiane in base ai dati relativi alle spese
per incremento di attività finanziarie ha evidenziato una suddivisione in
gruppi distinti, che riflettono dinamiche economiche, amministrative e
strutturali diverse. L’analisi dei cluster permette di comprendere come le
regioni siano distribuite rispetto alle variabili “Aggregato per regione”, “Per
Capita” e “Per Comune”, evidenziando significative disparità territoriali. Un
primo cluster include regioni con spese aggregative elevate e un impatto
significativo sia in termini pro capite che per comune. In questo gruppo si
trovano regioni come il Lazio, la Toscana e l’Emilia-Romagna. Queste regioni
mostrano una forte capacità di investimento da parte dei comuni, probabilmente
sostenuta da una struttura amministrativa ben organizzata e da un contesto
economico favorevole. Ad esempio, il Lazio spicca per il valore pro capite e
per comune più elevato, suggerendo la presenza di iniziative finanziarie
rilevanti, soprattutto nella capitale Roma e nei suoi comuni limitrofi. Un
secondo cluster comprende regioni caratterizzate da spese moderate sia in
valore assoluto che relativo. Qui si trovano regioni come il Veneto, la
Lombardia e il Piemonte. Queste regioni, pur avendo un’elevata capacità
economica e amministrativa, mostrano una distribuzione più bilanciata degli
investimenti. La Lombardia, ad esempio, ha un valore aggregato elevato ma
un’incidenza per comune e pro capite più contenuta, riflettendo una gestione
finanziaria più distribuita. Il terzo cluster è composto da regioni con bassi
valori aggregati e scarsa incidenza sul territorio. Tra queste troviamo gran
parte delle regioni del Mezzogiorno, come Calabria, Sicilia e Basilicata.
Questo gruppo evidenzia criticità strutturali che limitano la capacità di
investimento dei comuni, spesso legate a una minore disponibilità di risorse e
a difficoltà di pianificazione. In particolare, la Sicilia e la Basilicata
registrano valori prossimi allo zero, segnalando una quasi totale assenza di spese
per incremento di attività finanziarie. Un ulteriore cluster include regioni
che si trovano in una posizione intermedia, con spese aggregative significative
ma distribuzioni meno omogenee. La Liguria, ad esempio, ha un valore pro capite
molto alto rispetto ad altre regioni, ma la distribuzione per comune è meno
evidente. Questo potrebbe indicare che gli investimenti sono concentrati in
pochi comuni principali, lasciando il resto del territorio meno coinvolto. Infine,
alcune regioni, come la Valle d’Aosta e il Molise, costituiscono casi
particolari per via della loro quasi totale assenza di spese. La Valle d’Aosta,
pur essendo una regione autonoma, non presenta alcun valore aggregato o pro
capite, probabilmente a causa di strategie finanziarie differenti, mentre il
Molise mostra valori molto bassi, in linea con altre piccole regioni del sud. In
conclusione, i cluster evidenziano un’Italia divisa, con regioni del
Centro-Nord che si distinguono per capacità di investimento e una maggiore
omogeneità nella distribuzione delle risorse, contrapposte alle regioni del
Sud, spesso caratterizzate da bassi valori aggregativi e difficoltà
nell’attivare strategie finanziarie incisive. Questa distribuzione riflette le
disparità territoriali italiane e sottolinea la necessità di politiche mirate
per incentivare gli investimenti nelle aree più svantaggiate, promuovendo una
maggiore coesione economica e amministrativa.
Clusters |
Regioni |
Valore Medio
aggregati per Cluster |
Valore Medio per
Cluster Per Capita |
Valore Medio per
Cluster Per Comune |
Cluster 0 |
Liguria,
Lombardia, Emilia Romagna, Toscana, Umbria, Marche, Lazio |
90.888.839,00 € |
27,00 € |
262.019,00 € |
Cluster 1 |
Piemonte, Valle
d’Aosta, Trentino Alto Adige, Veneto, Friuli Venezia Giulia, Abruzzo, Molise,
Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia, Sardegna. |
15.841.590,00 € |
6,00 € |
35.213,00 € |
Fonte Dati: Istat, www.istat.it
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