Il grado di rigidità strutturale è un
indicatore che misura il livello di vincoli economici, finanziari o
amministrativi presenti in una regione o un'entità territoriale, che limitano
la sua capacità di adattarsi rapidamente ai cambiamenti o di modificare la
propria allocazione di risorse. Questo grado riflette l'incidenza di spese
obbligatorie o non flessibili (ad esempio, spese per personale, debito, o
investimenti vincolati) sul totale delle risorse disponibili, indicando quanto
una regione sia "bloccata" da impegni preesistenti. Un valore elevato
di rigidità strutturale suggerisce che la maggior parte delle risorse è
destinata a spese predeterminate, lasciando poco margine per interventi
discrezionali o per affrontare nuove necessità. Al contrario, un valore basso
indica una maggiore flessibilità nella gestione delle risorse, con una
struttura meno vincolata da obblighi predefiniti. Questo indicatore è spesso
utilizzato per valutare la sostenibilità economica e l'efficienza della
gestione finanziaria di un territorio. I dati fanno riferimento alle città
metropolitane e province italiane considerate nel contesto regionale nel
periodo 2021-2022.
I dati relativi al grado di rigidità strutturale
delle regioni italiane evidenziano significative differenze territoriali,
sottolineando il diverso grado di flessibilità economica e amministrativa.
Piemonte, Lombardia ed Emilia-Romagna si collocano su livelli medio-alti, con
il Piemonte che passa dal 22,7% nel 2021 al 26,5% nel 2022, segnando un
incremento rilevante. Lombardia ed Emilia-Romagna, rispettivamente al 19,7% e
al 20,4% nel 2022, riflettono una situazione relativamente stabile o in lieve
diminuzione, indicativa di un'economia solida e meno rigida rispetto ad altre
regioni. Liguria e Veneto si distinguono per i livelli più bassi, con Liguria
quasi invariata tra il 2021 e il 2022 e Veneto in riduzione dal 12,0% al 10,2%,
segno di una maggiore flessibilità strutturale. Il Centro Italia presenta
valori più variabili: le Marche, con il grado di rigidità più alto tra tutte le
regioni nel 2021 (32,5%), mostrano un calo significativo nel 2022 (26,8%),
suggerendo una riduzione delle rigidità amministrative o economiche. Toscana e
Umbria registrano invece livelli intermedi, entrambi in calo, con una maggiore
riduzione per l’Umbria (dal 23,5% al 19,4%), segno di progressi verso una
maggiore flessibilità. Lazio si mantiene stabile, attorno al 21%, riflettendo una
situazione strutturale consolidata. Al Sud, la Calabria si distingue per i
valori più elevati in assoluto, con una riduzione significativa dal 34,0% al
28,2%, che potrebbe indicare tentativi di miglioramento in una regione
storicamente caratterizzata da elevata rigidità. Sicilia e Sardegna mostrano
valori elevati ma stabili, rispettivamente al 24,7% e 20,1% nel 2022,
segnalando una minore capacità di adattamento rispetto alle regioni
settentrionali. Campania e Puglia si collocano su livelli inferiori, con la
Campania che riduce la rigidità dal 13,3% all’11,8%, mentre la Puglia mostra un
leggero aumento al 16,6%, indicando un andamento opposto rispetto alla maggior
parte delle regioni. Basilicata registra un calo dal 22,1% al 18,8%,
avvicinandosi ai valori medi delle regioni centrali. Abruzzo e Molise, pur
mantenendo livelli relativamente elevati, evidenziano una diminuzione,
rispettivamente dal 27,3% al 23,0% e dal 23,7% al 20,6%, indicando progressi
verso una maggiore flessibilità economica e amministrativa. In sintesi, i dati
mostrano una tendenza generale verso una riduzione della rigidità strutturale
in molte regioni italiane, con alcune eccezioni come la Puglia. Il Nord Italia,
soprattutto Liguria e Veneto, si distingue per livelli di rigidità relativamente
bassi, riflettendo una maggiore flessibilità amministrativa ed economica. Il
Sud e le Isole continuano a presentare valori più elevati, segno di difficoltà
strutturali, anche se si osservano miglioramenti in regioni come Calabria e
Basilicata. Queste differenze regionali evidenziano l'importanza di politiche
mirate per affrontare le sfide specifiche di ciascuna area e promuovere una
maggiore uniformità nella flessibilità strutturale a livello nazionale.
Clusterizzazione con algoritmo
k-Means ottimizzato con il coefficiente di Silhouette. La clusterizzazione dei dati
relativi al grado di rigidità strutturale ha identificato tre cluster
principali:
·
Il Cluster 0
comprende regioni con un livello medio-alto di rigidità strutturale, come
Piemonte, Lombardia, Emilia-Romagna, Umbria, Lazio, Abruzzo, Molise, Basilicata,
Sicilia e Sardegna. Questo gruppo rappresenta aree che, pur mostrando vincoli
significativi nella gestione delle risorse economiche e amministrative,
evidenziano una certa stabilità o un lieve miglioramento tra il 2021 e il 2022.
Questi dati suggeriscono che, sebbene la rigidità strutturale rimanga un
ostacolo, queste regioni hanno una moderata capacità di adattarsi alle sfide
economiche. La presenza di regioni del Nord, come Piemonte e Lombardia, accanto
a regioni del Sud e delle Isole, come Sicilia e Sardegna, evidenzia che il
livello di rigidità strutturale non segue esclusivamente una distribuzione
geografica, ma è influenzato anche da dinamiche economiche locali. Queste
regioni potrebbero beneficiare di interventi mirati per ridurre ulteriormente i
vincoli strutturali e migliorare la flessibilità economica.
- Il Cluster 1: composto da Liguria, Veneto,
Toscana, Campania e Puglia, rappresenta le regioni con i livelli di
rigidità strutturale più bassi rispetto agli altri cluster. Questo
suggerisce una maggiore flessibilità economica e amministrativa, con una
minore incidenza di vincoli predeterminati sulle risorse disponibili. La
Liguria e il Veneto, in particolare, si distinguono per i valori di
rigidità tra i più bassi nel 2021 e 2022, indicando economie regionali
capaci di adattarsi rapidamente alle esigenze e ai cambiamenti. La Toscana
mostra una leggera riduzione tra i due anni, segno di ulteriori progressi
nella gestione strutturale. Campania e Puglia, nonostante appartengano al
Sud, si collocano in questo cluster, riflettendo una flessibilità maggiore
rispetto ad altre regioni meridionali, spesso caratterizzate da rigidità
più elevate. Questo gruppo evidenzia l'importanza di una gestione
economica equilibrata per garantire un'efficace allocazione delle risorse
e una maggiore capacità di adattamento.
·
Cluster 2: composto da Marche e Calabria, rappresenta le regioni con i
più alti livelli di rigidità strutturale in Italia, segnalando una maggiore
difficoltà nell'allentare i vincoli economici e amministrativi. Le Marche, pur
mostrando un miglioramento dal 32,5% nel 2021 al 26,8% nel 2022, restano tra le
regioni con i valori più alti, evidenziando un contesto economico e gestionale
ancora fortemente vincolato. La Calabria, con una rigidità strutturale che
scende dal 34,0% al 28,2%, presenta una riduzione significativa, ma il valore
rimane comunque tra i più elevati a livello nazionale. Questo indica che
entrambe le regioni, pur in lieve miglioramento, affrontano difficoltà
strutturali profonde, legate probabilmente a problemi economici cronici,
inefficienze amministrative o una forte dipendenza da risorse vincolate. La
presenza di queste regioni nel cluster con i valori più elevati sottolinea la
necessità di interventi strutturali per migliorare la loro flessibilità
economica e amministrativa.
Il grafico
mostra chiaramente la distribuzione dei cluster, evidenziando le differenze
regionali nella rigidità strutturale e le dinamiche tra il 2021 e il 2022.
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