lunedì 2 dicembre 2024

Il grado di rigidità strutturale nelle città metropolitane e province italiane

 

Il grado di rigidità strutturale è un indicatore che misura il livello di vincoli economici, finanziari o amministrativi presenti in una regione o un'entità territoriale, che limitano la sua capacità di adattarsi rapidamente ai cambiamenti o di modificare la propria allocazione di risorse. Questo grado riflette l'incidenza di spese obbligatorie o non flessibili (ad esempio, spese per personale, debito, o investimenti vincolati) sul totale delle risorse disponibili, indicando quanto una regione sia "bloccata" da impegni preesistenti. Un valore elevato di rigidità strutturale suggerisce che la maggior parte delle risorse è destinata a spese predeterminate, lasciando poco margine per interventi discrezionali o per affrontare nuove necessità. Al contrario, un valore basso indica una maggiore flessibilità nella gestione delle risorse, con una struttura meno vincolata da obblighi predefiniti. Questo indicatore è spesso utilizzato per valutare la sostenibilità economica e l'efficienza della gestione finanziaria di un territorio. I dati fanno riferimento alle città metropolitane e province italiane considerate nel contesto regionale nel periodo 2021-2022.

 

I dati relativi al grado di rigidità strutturale delle regioni italiane evidenziano significative differenze territoriali, sottolineando il diverso grado di flessibilità economica e amministrativa. Piemonte, Lombardia ed Emilia-Romagna si collocano su livelli medio-alti, con il Piemonte che passa dal 22,7% nel 2021 al 26,5% nel 2022, segnando un incremento rilevante. Lombardia ed Emilia-Romagna, rispettivamente al 19,7% e al 20,4% nel 2022, riflettono una situazione relativamente stabile o in lieve diminuzione, indicativa di un'economia solida e meno rigida rispetto ad altre regioni. Liguria e Veneto si distinguono per i livelli più bassi, con Liguria quasi invariata tra il 2021 e il 2022 e Veneto in riduzione dal 12,0% al 10,2%, segno di una maggiore flessibilità strutturale. Il Centro Italia presenta valori più variabili: le Marche, con il grado di rigidità più alto tra tutte le regioni nel 2021 (32,5%), mostrano un calo significativo nel 2022 (26,8%), suggerendo una riduzione delle rigidità amministrative o economiche. Toscana e Umbria registrano invece livelli intermedi, entrambi in calo, con una maggiore riduzione per l’Umbria (dal 23,5% al 19,4%), segno di progressi verso una maggiore flessibilità. Lazio si mantiene stabile, attorno al 21%, riflettendo una situazione strutturale consolidata. Al Sud, la Calabria si distingue per i valori più elevati in assoluto, con una riduzione significativa dal 34,0% al 28,2%, che potrebbe indicare tentativi di miglioramento in una regione storicamente caratterizzata da elevata rigidità. Sicilia e Sardegna mostrano valori elevati ma stabili, rispettivamente al 24,7% e 20,1% nel 2022, segnalando una minore capacità di adattamento rispetto alle regioni settentrionali. Campania e Puglia si collocano su livelli inferiori, con la Campania che riduce la rigidità dal 13,3% all’11,8%, mentre la Puglia mostra un leggero aumento al 16,6%, indicando un andamento opposto rispetto alla maggior parte delle regioni. Basilicata registra un calo dal 22,1% al 18,8%, avvicinandosi ai valori medi delle regioni centrali. Abruzzo e Molise, pur mantenendo livelli relativamente elevati, evidenziano una diminuzione, rispettivamente dal 27,3% al 23,0% e dal 23,7% al 20,6%, indicando progressi verso una maggiore flessibilità economica e amministrativa. In sintesi, i dati mostrano una tendenza generale verso una riduzione della rigidità strutturale in molte regioni italiane, con alcune eccezioni come la Puglia. Il Nord Italia, soprattutto Liguria e Veneto, si distingue per livelli di rigidità relativamente bassi, riflettendo una maggiore flessibilità amministrativa ed economica. Il Sud e le Isole continuano a presentare valori più elevati, segno di difficoltà strutturali, anche se si osservano miglioramenti in regioni come Calabria e Basilicata. Queste differenze regionali evidenziano l'importanza di politiche mirate per affrontare le sfide specifiche di ciascuna area e promuovere una maggiore uniformità nella flessibilità strutturale a livello nazionale.


Clusterizzazione con algoritmo k-Means ottimizzato con il coefficiente di Silhouette. La clusterizzazione dei dati relativi al grado di rigidità strutturale ha identificato tre cluster principali:

·         Il Cluster 0 comprende regioni con un livello medio-alto di rigidità strutturale, come Piemonte, Lombardia, Emilia-Romagna, Umbria, Lazio, Abruzzo, Molise, Basilicata, Sicilia e Sardegna. Questo gruppo rappresenta aree che, pur mostrando vincoli significativi nella gestione delle risorse economiche e amministrative, evidenziano una certa stabilità o un lieve miglioramento tra il 2021 e il 2022. Questi dati suggeriscono che, sebbene la rigidità strutturale rimanga un ostacolo, queste regioni hanno una moderata capacità di adattarsi alle sfide economiche. La presenza di regioni del Nord, come Piemonte e Lombardia, accanto a regioni del Sud e delle Isole, come Sicilia e Sardegna, evidenzia che il livello di rigidità strutturale non segue esclusivamente una distribuzione geografica, ma è influenzato anche da dinamiche economiche locali. Queste regioni potrebbero beneficiare di interventi mirati per ridurre ulteriormente i vincoli strutturali e migliorare la flessibilità economica.

  • Il Cluster 1: composto da Liguria, Veneto, Toscana, Campania e Puglia, rappresenta le regioni con i livelli di rigidità strutturale più bassi rispetto agli altri cluster. Questo suggerisce una maggiore flessibilità economica e amministrativa, con una minore incidenza di vincoli predeterminati sulle risorse disponibili. La Liguria e il Veneto, in particolare, si distinguono per i valori di rigidità tra i più bassi nel 2021 e 2022, indicando economie regionali capaci di adattarsi rapidamente alle esigenze e ai cambiamenti. La Toscana mostra una leggera riduzione tra i due anni, segno di ulteriori progressi nella gestione strutturale. Campania e Puglia, nonostante appartengano al Sud, si collocano in questo cluster, riflettendo una flessibilità maggiore rispetto ad altre regioni meridionali, spesso caratterizzate da rigidità più elevate. Questo gruppo evidenzia l'importanza di una gestione economica equilibrata per garantire un'efficace allocazione delle risorse e una maggiore capacità di adattamento.

·         Cluster 2: composto da Marche e Calabria, rappresenta le regioni con i più alti livelli di rigidità strutturale in Italia, segnalando una maggiore difficoltà nell'allentare i vincoli economici e amministrativi. Le Marche, pur mostrando un miglioramento dal 32,5% nel 2021 al 26,8% nel 2022, restano tra le regioni con i valori più alti, evidenziando un contesto economico e gestionale ancora fortemente vincolato. La Calabria, con una rigidità strutturale che scende dal 34,0% al 28,2%, presenta una riduzione significativa, ma il valore rimane comunque tra i più elevati a livello nazionale. Questo indica che entrambe le regioni, pur in lieve miglioramento, affrontano difficoltà strutturali profonde, legate probabilmente a problemi economici cronici, inefficienze amministrative o una forte dipendenza da risorse vincolate. La presenza di queste regioni nel cluster con i valori più elevati sottolinea la necessità di interventi strutturali per migliorare la loro flessibilità economica e amministrativa.

Il grafico mostra chiaramente la distribuzione dei cluster, evidenziando le differenze regionali nella rigidità strutturale e le dinamiche tra il 2021 e il 2022.



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