martedì 3 dicembre 2024

Incidenza dei redditi da lavoro dipendente nei comuni italiani

 

Il grado di incidenza dei redditi da lavoro dipendente nei comuni italiani misura la quota di spesa corrente di un comune destinata al pagamento di stipendi, salari e oneri previdenziali per il personale dipendente, rapportata al totale delle entrate correnti del bilancio comunale. Questo indicatore riflette il peso economico della struttura lavorativa dell’ente pubblico rispetto alle risorse finanziarie disponibili. Un alto grado di incidenza indica una significativa dipendenza della spesa comunale dai costi del personale, il che può limitare la flessibilità del bilancio per finanziare altri servizi o investimenti. Questo fenomeno è più comune nei piccoli comuni, dove le entrate correnti sono limitate, e una forza lavoro anche ridotta può costituire una percentuale significativa delle risorse disponibili. Al contrario, un basso grado di incidenza suggerisce una gestione più bilanciata delle risorse, tipica dei comuni più grandi, che possono contare su economie di scala e una maggiore diversificazione delle entrate. Questo indicatore è cruciale per valutare l’efficienza gestionale e la sostenibilità economica degli enti locali. Può anche servire come parametro per identificare situazioni di squilibrio finanziario o per orientare politiche di ottimizzazione nella gestione del personale e delle risorse comunali. I dati, presi dall’ISTAT, fanno riferimento al periodo 2021-2022. I comuni sono aggregati a livello regionale.

Grado di incidenza dei redditi da lavoro dipendente nei comuni italiani tra il 2021 ed il 2022. L’analisi del grado di incidenza dei redditi da lavoro dipendente nei comuni italiani per regione nei due anni 2021 e 2022 evidenzia significative differenze territoriali, riflettendo la diversa composizione economica e la distribuzione delle fonti di reddito sul territorio nazionale. L’indicatore misura quanto i redditi da lavoro dipendente contribuiscano al reddito complessivo, rappresentando un’importante chiave di lettura delle dinamiche occupazionali ed economiche locali. Nel Nord Italia, le regioni presentano generalmente livelli medio-alti di incidenza dei redditi da lavoro dipendente, a conferma del ruolo predominante dell’occupazione formale in queste economie. Il Trentino-Alto Adige/Südtirol si distingue con i valori più elevati, nonostante una leggera riduzione dal 24,5% nel 2021 al 23,3% nel 2022. Bolzano scende al 21,5%, mentre Trento si conferma su valori alti con il 25,4% nel 2022. Il Piemonte e la Liguria mostrano un leggero aumento rispettivamente dal 21,1% al 21,7% e dal 21,2% al 21,9%. Anche la Lombardia registra un miglioramento, dal 18,8% al 19,2%, segnalando un incremento nella partecipazione al mercato del lavoro dipendente. Le regioni del Centro Italia, come Emilia-Romagna, Toscana, Umbria e Marche, si attestano su valori intermedi, con variazioni lievi. L’Umbria mostra il valore più elevato tra queste regioni, passando dal 21,8% al 22,5% nel 2022. Emilia-Romagna e Toscana registrano una leggera crescita, raggiungendo rispettivamente il 20,1% e il 20,0%. Anche le Marche evidenziano un aumento dal 19,9% al 20,7%. Questi dati confermano il ruolo delle attività produttive locali e del settore pubblico nell’assorbire una quota significativa della forza lavoro. Nel Sud Italia e nelle isole, l’incidenza dei redditi da lavoro dipendente è generalmente più bassa rispetto al Centro-Nord, riflettendo un tessuto economico più debole e una maggiore incidenza del lavoro autonomo o informale. La Campania e la Puglia mostrano i valori più bassi, rispettivamente al 15,6% e al 16,3% nel 2022, nonostante un leggero miglioramento rispetto al 2021. Calabria e Sicilia si attestano su valori simili, con la Calabria che registra un incremento dal 16,4% al 17,5%, mentre la Sicilia rimane stabile al 21,5%. La Sardegna evidenzia una leggera crescita dal 16,3% al 16,7%, ma i valori rimangono tra i più bassi a livello nazionale. Un dato interessante è rappresentato dalla Valle d’Aosta, che si distingue con i valori più bassi al Nord, passando dal 16,9% al 16,8%, sottolineando la particolarità del suo sistema economico, basato su un mix di settori tradizionali e un’elevata dipendenza dal turismo e dal lavoro autonomo. In conclusione, i dati evidenziano una chiara divisione territoriale: il Nord e il Centro mostrano una maggiore incidenza dei redditi da lavoro dipendente, riflettendo economie più strutturate e un mercato del lavoro più formale. Al contrario, il Sud e le isole presentano valori inferiori, segnalando una maggiore frammentazione economica e un ruolo più limitato del lavoro dipendente nel sistema produttivo. Questi risultati suggeriscono l’importanza di politiche mirate a favorire la crescita dell’occupazione formale e a ridurre le disparità regionali, soprattutto nelle regioni meridionali e insulari.

Clusterizzazione con algoritmo k-Means ottimizzato con il coefficiente di Silhouette.  La clusterizzazione dei dati sull'incidenza dei redditi da lavoro dipendente nei comuni italiani ha identificato quattro distinti cluster, evidenziando differenze significative tra le regioni in termini di contributo di questa componente al reddito complessivo. Questa analisi riflette le diverse strutture economiche e le caratteristiche occupazionali delle regioni italiane nel biennio 2021-2022. Il cluster 0 comprende le regioni con i valori più elevati di incidenza dei redditi da lavoro dipendente, come il Trentino-Alto Adige, che si distingue nettamente rispetto alle altre regioni. Trento, in particolare, registra valori molto alti, con un’incidenza del 25,4% nel 2022, a conferma di un mercato del lavoro caratterizzato da elevata occupazione formale e settori economici ben sviluppati. Bolzano, pur mostrando una riduzione rispetto al 2021, mantiene valori elevati, indicando una dinamica simile. Il cluster 3 include regioni come Piemonte, Liguria, Umbria e Sicilia, che mostrano un’incidenza dei redditi da lavoro dipendente intermedia, tra il 21% e il 22,5%. Queste regioni rappresentano contesti in cui il lavoro dipendente contribuisce in misura significativa al reddito complessivo, riflettendo un’economia basata su una combinazione di settori pubblici e privati. L’Umbria, ad esempio, registra un valore di incidenza del 22,5% nel 2022, mostrando una leggera crescita rispetto all’anno precedente. Nel cluster 1 troviamo regioni come Lombardia, Emilia-Romagna, Toscana e Lazio, che si collocano in una fascia leggermente inferiore, con valori compresi tra il 19% e il 20%. Queste regioni, nonostante economie solide e diversificate, evidenziano una quota inferiore di redditi da lavoro dipendente rispetto al totale, probabilmente a causa di una maggiore presenza di lavoro autonomo o di redditi derivanti da altre fonti. Infine, il cluster 2 comprende regioni con i valori più bassi, come Valle d'Aosta, Sardegna, Calabria, Puglia, Molise e Campania. Qui l'incidenza dei redditi da lavoro dipendente varia tra il 15% e il 17,5%, riflettendo economie caratterizzate da una maggiore frammentazione del mercato del lavoro, una significativa presenza di lavoro informale e una più elevata dipendenza da redditi non derivanti dal lavoro dipendente. In sintesi, l'analisi mette in evidenza una chiara polarizzazione tra le regioni del Nord e del Centro, che presentano valori più elevati di incidenza dei redditi da lavoro dipendente, e quelle del Sud e delle isole, dove questa componente è meno significativa. Le regioni con valori più alti, come Trentino-Alto Adige e Umbria, evidenziano economie più formali e occupazioni stabili, mentre le regioni del Sud mostrano un mercato del lavoro più frammentato. Questa distribuzione sottolinea la necessità di politiche mirate per favorire l'integrazione del lavoro dipendente nel tessuto economico del Mezzogiorno e ridurre le disuguaglianze territoriali.





Incidenza dei redditi da lavoro dipendente nei comuni italiani per regione tra il 2021 ed il 2022.  I dati relativi all'incidenza del lavoro dipendente nei comuni italiani per popolazione mostrano variazioni limitate tra il 2021 e il 2022, ma evidenziano alcune tendenze interessanti. Nei comuni più piccoli (fino a 5.000 abitanti), l'incidenza passa dal 19,8% al 19,7%, segnando una leggera diminuzione. Questo riflette una sostanziale stabilità nella spesa per il personale rispetto al totale delle entrate correnti, nonostante le ridotte dimensioni dei bilanci di questi enti. Nelle fasce di comuni da 5.001 a 10.000 e da 10.001 a 20.000 abitanti, si osserva un lieve aumento dell'incidenza (rispettivamente dal 18,9% al 19,1% e dal 18,8% al 19,1%). Questo potrebbe indicare un incremento nelle spese per il personale, forse legato all’assunzione di nuove risorse o all’aumento degli oneri previdenziali. Nei comuni di dimensioni medie (da 20.001 a 60.000 abitanti), l'incidenza cresce leggermente dal 18,1% al 18,4%, riflettendo un andamento simile ma con un impatto più contenuto rispetto alle fasce inferiori. Infine, nei grandi comuni (oltre 60.000 abitanti), l'incidenza aumenta in modo più marcato, dal 19,1% al 20,0%. Questo potrebbe derivare dalla complessità gestionale e dalla necessità di mantenere un'ampia forza lavoro per erogare servizi a una popolazione numerosa, oltre che da eventuali adeguamenti contrattuali o normativi.



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