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Nel Nord valori stabili e più bassi, con
divergenze tra Nord-Ovest in crescita e Nord-Est in calo.
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Il Centro registra la riduzione più marcata,
passando dal 52,9% del 2008 al 47,8% del 2022.
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Il Mezzogiorno rimane l’area più fragile, con
oltre 12 punti percentuali di divario dal Nord.
I dati sulla
multicronicità e le limitazioni gravi negli anziani di 75 anni e più tra il
2008 e il 2022 mostrano un quadro complesso e articolato, che riflette le
profonde differenze territoriali e i cambiamenti intercorsi in Italia in questi
quindici anni. L’analisi regionale mette in luce sia fattori strutturali, come
l’invecchiamento demografico e le condizioni socioeconomiche, sia elementi
contingenti, tra cui la crisi economica del 2008-2013 e soprattutto l’impatto
della pandemia di Covid-19. L’indicatore rilevato misura la quota di anziani
che convivono con più patologie croniche e che presentano al contempo
limitazioni gravi nelle attività quotidiane, configurando un gruppo
particolarmente fragile e bisognoso di sostegno sanitario e assistenziale.
Nel Nord Italia si osservano in generale valori più bassi
rispetto al Centro-Sud, ma con andamenti diversi. Il Piemonte parte nel 2008
con il 39,4 per cento, cresce fino al 2013 arrivando al 50,5, per poi calare e
stabilizzarsi intorno al 42, chiudendo con una variazione positiva del 6,35 per
cento. Si tratta di una crescita moderata che riflette l’invecchiamento della
popolazione, pur con una capacità del sistema sanitario regionale di contenere
i casi più gravi. In Liguria, la regione più anziana d’Italia, i valori sono
molto alti e oscillano fra il 42 e il 55 per cento, con un picco nel 2018 e una
crescita complessiva del 13,85 per cento. La concentrazione di anziani soli e
con reti familiari ridotte spiega in parte questa criticità. La Lombardia
presenta una dinamica meno accentuata, con valori sempre fra il 43 e il 50 per
cento e una variazione positiva del 4,14. In questo caso la dimensione della
popolazione e l’organizzazione sanitaria spiegano la relativa stabilità, pur
dentro una leggera crescita. Il Trentino-Alto Adige rappresenta un caso
particolare, con valori significativamente più bassi della media nazionale,
scesi fino al 30,8 per cento nel 2015, e una variazione complessiva negativa
del 16,22 per cento. Le migliori condizioni socioeconomiche, l’alta qualità dei
servizi sanitari territoriali e un capitale sociale più forte contribuiscono a
questo risultato. Il Veneto, dopo una fase di crescita fino al 2013, registra
un calo successivo e conclude con una riduzione del 6,64 per cento. Anche il
Friuli Venezia Giulia rimane su valori intermedi, con oscillazioni fra il 38 e
il 47 per cento e una lieve crescita finale dell’1,40. L’Emilia-Romagna mostra
inizialmente valori molto alti, sopra il 50 per cento, ma successivamente
scende, con una riduzione complessiva dell’8,59. La Toscana segue un andamento
simile: dopo un picco del 55,8 nel 2011, si osserva un calo che porta a una
diminuzione complessiva del 5,11.
Nell’Italia centrale si riscontrano livelli generalmente più
elevati di multicronicità. L’Umbria presenta valori estremamente alti, fra il
51 e il 66 per cento, con una tendenza decrescente che porta a una variazione
negativa del 10,77. Anche le Marche mostrano una riduzione dell’8,82, con dati
che oscillano tra il 41,9 e il 56,7 per cento. Il Lazio evidenzia un calo
importante, da valori oltre il 57 per cento del 2008 a meno del 50 negli ultimi
anni, con una diminuzione del 13,91. Si tratta di regioni dove la fragilità
della popolazione anziana è storicamente elevata, ma in cui i dati suggeriscono
un lieve miglioramento o quantomeno una riduzione del fenomeno negli anni più
recenti.
Il quadro del Mezzogiorno è più critico e conferma la storica
maggiore fragilità sanitaria e sociale degli anziani meridionali. L’Abruzzo
presenta inizialmente livelli molto alti, con un massimo del 65,1 per cento,
per poi ridursi fino al 50,5, segnando un calo del 22,43, il più consistente di
tutta Italia. Anche il Molise registra valori oscillanti, con picchi oltre il
60 per cento, ma chiude con una diminuzione dell’11,53. La Campania si
distingue invece per una crescita: da valori intorno al 61 nel 2008, si arriva
al 66,5 nel 2022, con un incremento del 9,02. La Puglia mostra un calo netto,
passando da oltre il 61 per cento a poco più del 50, con una variazione
negativa del 18,67. In Basilicata la riduzione è del 16,20, pur partendo da
valori altissimi vicini al 68 per cento. La Calabria rimane invece molto
elevata, con picchi sopra il 70 per cento e una chiusura al 55,5, segnando un
calo dell’8,42 ma restando sopra la media. In Sicilia i valori sono abbastanza
stabili, sempre intorno al 60 per cento, con una lieve diminuzione del 2,81. La
Sardegna presenta forti oscillazioni, con punte al 65 per cento e un calo
finale al 47,8, pari a una riduzione del 9,47.
Dal punto di vista interpretativo, emerge un’Italia a più
velocità. Nel Nord, fatta eccezione per la Liguria, la tendenza è alla
stabilizzazione o alla riduzione della multicronicità grave. Questo suggerisce
una maggiore efficacia dei sistemi di prevenzione e di assistenza domiciliare,
oltre a migliori condizioni economiche. Nel Centro le percentuali sono molto
alte, ma il trend recente è di diminuzione, segno che si stanno riducendo le
situazioni di fragilità più estrema. Nel Sud, invece, nonostante alcuni
miglioramenti significativi come in Abruzzo e Puglia, persistono livelli molto
elevati che denotano un forte bisogno di servizi territoriali, con regioni come
Campania e Calabria che restano particolarmente critiche.
Il periodo pandemico ha inciso in maniera significativa,
soprattutto tra il 2020 e il 2021. In molte regioni si osserva un aumento,
probabilmente dovuto alla maggiore vulnerabilità degli anziani al Covid-19 e
alle difficoltà di accesso ai servizi sanitari ordinari. Tuttavia, nel 2022 in
diversi territori si nota un rientro verso valori più bassi, segnale di un
parziale recupero dei servizi e di un adattamento del sistema di cura.
La lettura dei dati consente alcune riflessioni di carattere più
ampio. L’invecchiamento della popolazione italiana rende sempre più centrale il
tema della multicronicità e della disabilità. La forte eterogeneità regionale
segnala che non è solo una questione demografica, ma anche di organizzazione
dei servizi, di capitale sociale e di condizioni economiche. Le regioni del
Nord con valori più bassi non sono necessariamente meno anziane, ma dispongono
di reti sanitarie e sociali più solide. Le regioni del Sud mostrano invece che
la fragilità socioeconomica si traduce in maggiori difficoltà di salute.
L’evoluzione dei valori suggerisce inoltre che investimenti nei servizi
territoriali, nelle cure domiciliari e nella prevenzione possano effettivamente
ridurre la quota di anziani con multicronicità e gravi limitazioni, anche se il
fenomeno non può essere azzerato.
Un ultimo aspetto riguarda la prospettiva futura. Il progressivo
aumento della speranza di vita e della quota di popolazione over 75 porterà
inevitabilmente a un ampliamento della popolazione fragile. Le differenze
osservate nel quindicennio 2008-2022 indicano che politiche mirate e coerenti
possono fare la differenza. Dove i servizi sono stati potenziati, si osservano
riduzioni significative. Dove invece persistono carenze strutturali, i valori
restano alti. È dunque necessario un approccio nazionale che riduca le
disuguaglianze territoriali e garantisca standard minimi di assistenza,
evitando che la residenza geografica determini la qualità della vita negli
ultimi anni.
In sintesi, i dati mostrano che la multicronicità e le
limitazioni gravi fra gli anziani italiani rimangono un fenomeno molto diffuso,
con forti differenze tra Nord, Centro e Sud. Alcune regioni hanno registrato
progressi importanti, altre persistono in condizioni critiche. La sfida futura
è costruire un sistema di cura che sia in grado di affrontare in modo uniforme
e sostenibile questa crescente domanda di assistenza, valorizzando la
prevenzione e il sostegno sul territorio.
Macro-regioni. I dati sulla
multicronicità e sulle limitazioni gravi tra gli ultra 75enni in Italia dal
2008 al 2022 mostrano un quadro di forti differenze territoriali e una lieve
riduzione complessiva. A livello nazionale la percentuale passa dal 51,6 al 49
per cento, con una variazione negativa del 5,04 per cento. Questo risultato,
pur segnalando un lieve miglioramento, nasconde dinamiche eterogenee tra Nord,
Centro e Mezzogiorno. Il Nord si mantiene su valori inferiori alla media
nazionale, con un andamento stabile (44,4 per cento nel 2008 e identico nel
2022). All’interno, il Nord-Ovest cresce leggermente (+5,94 per cento), mentre
il Nord-Est registra un calo significativo (-7,76 per cento). Il Centro parte
da valori più elevati (52,9) e scende a 47,8, segnando la riduzione più
consistente (-9,64 per cento), indice di un miglioramento progressivo della
condizione di salute della popolazione anziana. Il Mezzogiorno, invece, si
conferma l’area più fragile, con livelli nettamente superiori alla media
nazionale. Nel 2008 il dato era 60,8 per cento, in lieve calo a 56,8 nel 2022
(-6,58 per cento). All’interno, il Sud riduce i valori del 7,13 per cento,
mentre le Isole mostrano una flessione più contenuta (-5,26). Nonostante il
miglioramento, le differenze restano marcate: il divario tra Nord e Mezzogiorno
nel 2022 supera i 12 punti percentuali. In sintesi, i dati indicano che la
fragilità degli anziani rimane un problema rilevante, con segnali positivi di
riduzione nelle regioni centrali e in parte nel Sud, ma con persistenti squilibri
territoriali che riflettono la diversa capacità dei sistemi sanitari e sociali
regionali.
Link: https://www.istat.it/
Fonte: ISTAT BES
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