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Il Trentino-Alto Adige e la Valle d’Aosta
guidano la classifica con valori oltre i 64 anni di vita in buona salute,
consolidando un forte vantaggio sul resto del Paese.
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Abruzzo e Calabria mostrano i progressi più
significativi, con aumenti rispettivamente di +5,5 e +6,1 anni, pur restando al
di sotto delle regioni settentrionali.
· Molise e Basilicata rappresentano i casi più critici, con un peggioramento dei valori tra 2009 e 2023, in contrasto con la tendenza generale di crescita.
La speranza di
vita in buona salute alla nascita rappresenta un indicatore molto significativo
per comprendere non solo la longevità, ma soprattutto la qualità degli anni
vissuti dalla popolazione. Analizzare i dati relativi al periodo compreso tra
il 2009 e il 2023 nelle diverse regioni italiane permette di evidenziare
importanti differenze territoriali, variazioni temporali legate a fattori
sociali, economici e sanitari e andamenti che riflettono sia le politiche
pubbliche sia le condizioni di vita dei cittadini. Nel corso degli anni
considerati emergono infatti dinamiche che non sempre seguono un andamento
lineare di crescita, ma che alternano fasi di miglioramento e di regressione, a
testimonianza della complessità di questo indicatore.
In primo luogo
occorre osservare come il Trentino-Alto Adige si distingua nettamente dal resto
del Paese, mantenendo in tutto il periodo i livelli più alti di speranza di
vita in buona salute. Già nel 2009 si collocava a quota 63,9 anni e nel 2023 si
attesta a 65,3, con picchi superiori a 67 anni nella fase centrale della serie
temporale. Nonostante l’incremento assoluto sia relativamente contenuto, appena
1,4 anni in quattordici anni, il dato sottolinea come in questa regione le
condizioni socio-economiche, l’efficienza del sistema sanitario e gli stili di
vita diffusi contribuiscano a mantenere più a lungo una vita attiva e in
salute. A un livello leggermente più basso, ma con dinamiche di crescita più
intense, si colloca la Valle d’Aosta, che da 56,8 anni nel 2009 raggiunge 64
anni nel 2023, con una variazione positiva di oltre 7 anni e una crescita
percentuale superiore al dodici per cento. Questa regione sembra aver
beneficiato di un consolidamento della qualità della vita e di politiche
sanitarie che hanno favorito un deciso miglioramento rispetto alla situazione
iniziale, pur con oscillazioni annuali.
Molto
interessanti sono anche i casi del Veneto e della Toscana, regioni
tradizionalmente caratterizzate da buoni indicatori socio-sanitari. Il Veneto
passa da 57,9 anni del 2009 a 62,3 nel 2023, con un guadagno di 4,4 anni e una
crescita di quasi l’otto per cento, mentre la Toscana cresce di oltre 4 anni
nello stesso periodo arrivando a 62,5. In entrambe le regioni si nota un
percorso fatto di oscillazioni, ma con una tendenza complessiva positiva che
testimonia l’efficacia di contesti economici relativamente solidi e di un
sistema sanitario accessibile ed efficiente. Un’evoluzione simile, anche se
leggermente più contenuta, riguarda l’Emilia-Romagna, che parte da un valore
piuttosto basso di 56,2 anni e nel 2023 arriva a 59,1, guadagnando quasi tre
anni. Questo risultato, pur positivo, risente probabilmente di disuguaglianze
territoriali interne e delle difficoltà che hanno caratterizzato la sanità
regionale negli ultimi anni, soprattutto in coincidenza con la pandemia.
Le regioni del
Nord-Ovest presentano dinamiche differenziate. Il Piemonte cresce di oltre tre
anni, passando da 56,8 a 60,1, con un miglioramento del 5,8 per cento. La
Lombardia ottiene un risultato analogo, con una crescita di tre anni e mezzo e
un valore finale di 60,4. La Liguria invece mostra una situazione particolare:
se nel 2009 si collocava su valori già elevati, pari a 58,9 anni, nel 2023 si ferma
a 59,3, guadagnando appena 0,4 anni in quattordici anni e registrando quindi
una crescita minima. La Liguria è storicamente la regione più anziana d’Italia
e questo fattore, unito a criticità economiche e sanitarie, può aver influito
sulla capacità della popolazione di mantenere a lungo una buona salute.
Scendendo verso
il Centro Italia, i dati mostrano un miglioramento in Umbria e nelle Marche,
seppure con alcune discontinuità. L’Umbria registra un incremento di tre anni,
da 55,6 a 58,6, con un picco di oltre 64 anni nel 2020 che probabilmente
risente di variazioni metodologiche. Le Marche crescono di quattro anni,
arrivando a 59,7. Anche il Lazio migliora, seppur in misura contenuta: da 56,5
a 59,2, con un aumento del 4,8 per cento. Complessivamente le regioni centrali,
pur non raggiungendo i livelli del Trentino-Alto Adige, della Valle d’Aosta o
della Toscana, evidenziano un andamento positivo che rafforza l’immagine di
un’Italia centrale con buone condizioni medie di salute.
Il quadro cambia
sensibilmente quando si osservano i dati del Mezzogiorno. Qui le differenze
rispetto al Nord e al Centro restano marcate, anche se alcune regioni mostrano
progressi interessanti. L’Abruzzo spicca per un incremento significativo: da
55,1 a 60,6, con un guadagno di oltre cinque anni e mezzo e una crescita vicina
al dieci per cento. Questo risultato lo colloca su valori simili a quelli del
Nord. La Calabria, pur partendo da livelli bassissimi, 49,3 anni nel 2009,
cresce di oltre sei anni arrivando a 55,4, con una variazione percentuale del
12,4 per cento. Si tratta del miglioramento relativo più consistente, anche se
il livello assoluto rimane tra i più bassi in Italia. La Campania cresce in
misura più modesta, con un guadagno di 1,6 anni e un valore finale di 57,1, mentre
la Puglia si ferma a un incremento di appena 0,7 anni, raggiungendo 55,7.
Ancora più critici i casi del Molise e della Basilicata, che mostrano
addirittura valori in calo. In Molise si passa da 55,6 nel 2009 a 54,9 nel
2023, con una diminuzione di 0,7 anni, mentre in Basilicata il calo è di 1,8
anni, da 54,6 a 52,8, pari a una contrazione del 3,3 per cento. Questi dati
segnalano difficoltà strutturali, forse legate alla riduzione della
popolazione, all’invecchiamento e a sistemi sanitari regionali meno
performanti.
Le isole
presentano andamenti altalenanti. In Sicilia la crescita è minima, appena un
anno in quattordici anni, con valori che oscillano senza superare i 59 anni. La
Sardegna, conosciuta per la longevità della popolazione, mostra invece risultati
meno brillanti: da 53,5 a 55,6, con un incremento di appena 2,1 anni. È
interessante notare come in queste regioni, nonostante la fama di “terre di
centenari”, la speranza di vita in buona salute non segua la stessa traiettoria
della vita media, suggerendo un divario tra longevità e qualità degli anni
vissuti in buona salute.
Se si guarda
complessivamente alle variazioni percentuali, si nota come alcune regioni
abbiano registrato miglioramenti relativamente contenuti, intorno al 2 o 3 per
cento, come il Trentino-Alto Adige, la Liguria, la Campania e la Sicilia,
mentre altre hanno fatto progressi più significativi, come la Valle d’Aosta,
l’Abruzzo e la Calabria. Questo mette in evidenza un’Italia a più velocità: da
un lato le regioni settentrionali e centrali che, partendo da livelli più alti,
consolidano i risultati senza grandi variazioni; dall’altro alcune regioni
meridionali che, partendo da valori molto bassi, riescono a migliorare più
velocemente, anche se restano lontane dalla media delle regioni più avanzate.
Esistono poi casi critici come Molise e Basilicata, che vedono addirittura
peggiorare i propri indicatori, segno di un divario che si amplia.
È inevitabile
collegare questi dati anche al contesto della pandemia da Covid-19, che ha
inciso profondamente sugli indicatori di salute a partire dal 2020. In alcune
regioni si osservano picchi anomali in quell’anno, come nel caso della Valle
d’Aosta, dell’Umbria e della Toscana, che probabilmente riflettono non solo
effetti sanitari diretti e indiretti, ma anche cambiamenti nelle modalità di
raccolta e stima dei dati. Nonostante questo, la tendenza di fondo rimane
chiara: la qualità della vita in salute tende ad aumentare, ma con grandi
differenze territoriali.
In conclusione,
i dati sulla speranza di vita in buona salute alla nascita in Italia tra il
2009 e il 2023 mostrano un Paese diviso in tre. Da un lato il Nord e alcune
regioni del Centro, che si collocano stabilmente su livelli più alti e che
negli anni consolidano questa posizione; dall’altro il Mezzogiorno, dove
persistono ritardi significativi, con alcune eccezioni virtuose come Abruzzo e
Calabria; infine i casi problematici di Molise e Basilicata che arretrano
rispetto alla situazione iniziale. Queste differenze non sono casuali, ma
riflettono fattori strutturali: la disponibilità di servizi sanitari
efficienti, la qualità delle reti assistenziali, le condizioni economiche e
occupazionali, gli stili di vita e i livelli di istruzione. La speranza di vita
in buona salute non è soltanto un indicatore sanitario, ma un indice di
benessere complessivo e di equità sociale. Le regioni che presentano i valori
più bassi e le variazioni peggiori segnalano contesti in cui la popolazione non
solo vive meno a lungo, ma soprattutto vive per un maggior numero di anni in
condizioni di salute precarie. Intervenire per ridurre queste disparità deve
rappresentare una priorità per le politiche pubbliche, perché garantire non
solo longevità, ma anche qualità degli anni vissuti, costituisce uno degli
obiettivi fondamentali di un sistema di welfare moderno ed equo.
Fonte: ISTAT
Link: https://www.istat.it/scheda-qualita/misure-del-benessere-equo-e-sostenibile-bes/
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