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Campania: drastico calo delle rapine, -67,9% dal
2004 al 2023.
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Toscana: crescita significativa, +200% in
vent’anni, da 0,6 a 1,8.
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Nord-est: Trentino e Friuli mostrano aumenti
percentuali rilevanti nonostante valori assoluti bassi.
Il quadro che
emerge dall’analisi dei dati sulle rapine ogni 1.000 abitanti dal 2004 al 2023
nelle diverse regioni italiane è complesso e stratificato, segnato da dinamiche
territoriali molto differenti. Nonostante il trend nazionale mostri una
sostanziale riduzione degli episodi di rapina in gran parte delle regioni, non
mancano situazioni in controtendenza, con aumenti significativi che segnalano
come i fenomeni criminali siano profondamente legati al tessuto socioeconomico
e alla specifica realtà locale.
Partendo dal
Piemonte, la regione ha conosciuto un calo moderato ma costante, passando da
1,6 rapine per 1.000 abitanti nel 2004 a 1,4 nel 2023. La variazione
percentuale negativa del 12,5% indica una tendenza al ribasso, seppure meno
accentuata rispetto ad altre aree. La Valle d’Aosta, invece, mostra una
stabilità quasi assoluta: i valori oscillano lievemente tra 0,2 e 0,3 nell’arco
di vent’anni, con una variazione nulla. Si tratta di una regione che, per
dimensioni demografiche e caratteristiche territoriali, ha sempre mantenuto
livelli di criminalità di questo tipo molto bassi.
La Liguria
rappresenta un caso opposto: dai valori iniziali di 1 rapina per 1.000 abitanti
si giunge a 1,5 nel 2023, con una crescita del 50%. Questo andamento suggerisce
una vulnerabilità maggiore del territorio ligure rispetto al contesto
settentrionale circostante, forse legata anche alla presenza di grandi città
come Genova, dove i fenomeni urbani incidono con maggiore intensità. La
Lombardia, invece, registra un incremento più moderato, con un +25%: il dato
passa da 1,2 nel 2004 a 1,5 nel 2023. Pur restando entro valori non drammatici,
va considerata la concentrazione della popolazione in aree metropolitane come
Milano, che tradizionalmente rappresentano poli di attrazione anche per la
criminalità predatoria.
Il Trentino-Alto
Adige presenta un aumento molto marcato in termini percentuali, pari al
133,33%. Da 0,3 si arriva a 0,7, con picchi fino a 0,9 nel 2022. Sebbene i
valori assoluti restino bassi, la crescita segnala una dinamica in movimento
che meriterebbe attenzione, anche perché in regioni generalmente percepite come
tranquille, incrementi del genere risaltano maggiormente. Veneto e
Friuli-Venezia Giulia mostrano anch’essi una tendenza all’aumento: +28,57% per
il Veneto e addirittura +75% per il Friuli, anche se si parte da numeri molto
ridotti, tra 0,3 e 0,9 rapine per 1.000 abitanti. Queste variazioni riflettono
forse una maggiore esposizione a fenomeni criminali legati alla mobilità e ai
flussi economici delle aree di confine.
L’Emilia-Romagna
mostra un andamento più vicino alle grandi regioni del centro-nord: nel 2004 si
registravano 0,9 rapine, salite a 1,3 nel 2023, con un incremento del 44,44%. I
dati indicano un picco nella fase 2009-2013, quando i valori si attestavano
stabilmente tra 1,4 e 1,7, per poi ridursi ma non ritornare ai livelli
iniziali. Toscana, invece, è il caso più eclatante: con un incremento del 200%
passa da 0,6 a 1,8. In questo caso, il picco si concentra negli anni successivi
al 2010, segnalando un contesto in cui la rapina si è affermata come fenomeno
sempre più diffuso rispetto al passato.
Umbria e Marche
registrano dinamiche simili, con raddoppi nei valori in vent’anni. L’Umbria
passa da 0,3 a 0,6, mentre le Marche da 0,3 a 0,6, entrambe con variazioni
percentuali del 100%. In entrambe le regioni si osservano fasi di incremento
nella prima parte del decennio 2010, seguite da una parziale stabilizzazione.
Questi aumenti, pur restando su valori numerici contenuti, segnalano comunque
un peggioramento in termini relativi.
Il Lazio mostra
un quadro complesso: da 1 rapina nel 2004 a 1,4 nel 2023, con una variazione
del 40%. La capitale, con le sue peculiarità, spiega buona parte
dell’andamento, e i picchi tra il 2010 e il 2014, con valori superiori a 1,7,
testimoniano una fase di maggiore criticità. Negli anni successivi si nota un
calo, ma il ritorno a valori vicini a quelli di partenza è stato solo parziale.
L’Abruzzo invece
registra un andamento inverso, con una riduzione significativa del 33,33%. Dai 0,6
casi iniziali si scende a 0,4 nel 2023. La tendenza negativa si riscontra in
modo costante a partire dal 2008, quando il dato si riduce progressivamente.
Molise e Basilicata restano su livelli stabili e molto bassi, con variazioni
nulle. Questi due territori, per dimensioni e contesto socioeconomico, si
confermano tra le aree meno colpite dal fenomeno delle rapine.
La Campania
rappresenta la regione con i valori più alti in assoluto nel 2004, con 5,3
rapine per 1.000 abitanti. La progressiva riduzione, però, è stata costante e
decisa: si arriva a 1,7 nel 2023, con un calo del 67,92%. Questo dato, pur
lasciando la regione ancora su livelli più alti rispetto ad altre aree del
paese, segnala un cambiamento strutturale molto importante. La diminuzione risulta
tra le più marcate d’Italia.
In Puglia la
diminuzione è anch’essa significativa, pari al 45,45%. Da 1,1 nel 2004 si
scende a 0,6 nel 2023. Anche in questo caso, dopo un picco a metà anni 2010, il
fenomeno si è ridimensionato sensibilmente. Calabria e Sicilia mostrano
dinamiche simili: -66,67% in Calabria e -53,85% in Sicilia. In entrambe le
regioni il dato si riduce progressivamente, passando da valori tra 0,6 e 1,6
nel 2004-2008 a livelli inferiori a 0,6 nel 2023. Si tratta di cali importanti
che segnalano come le regioni meridionali abbiano ridotto in modo consistente
la presenza di rapine rispetto ai primi anni Duemila.
La Sardegna
chiude il quadro con un calo del 20%, passando da 0,5 a 0,4. Anche qui si
tratta di valori contenuti e sostanzialmente stabili, che oscillano di poco
nell’arco temporale considerato.
Osservando
l’insieme dei dati, si possono trarre alcune conclusioni generali. In primo
luogo, emerge un netto divario tra regioni settentrionali e meridionali.
All’inizio del periodo, il Mezzogiorno, con la Campania in particolare,
presentava livelli altissimi di rapine. Nel corso del tempo, però, il sud ha
conosciuto riduzioni più consistenti, riducendo il proprio distacco dal resto
del paese. Al contrario, diverse regioni del centro-nord hanno visto aumentare
il fenomeno, pur partendo da livelli più bassi.
Un altro
elemento rilevante riguarda il ruolo delle grandi città. Le regioni che
ospitano aree metropolitane di rilievo, come Lombardia, Lazio, Toscana ed
Emilia-Romagna, mostrano andamenti in crescita o valori che restano
relativamente elevati. Questo suggerisce che i fenomeni urbani, la
concentrazione della popolazione e le dinamiche socioeconomiche delle grandi
città continuino a rappresentare fattori determinanti per la diffusione delle
rapine.
Va inoltre
sottolineato che l’andamento temporale non è lineare. In molte regioni si
osservano picchi tra il 2009 e il 2013, seguiti da riduzioni. Questo potrebbe
essere collegato agli effetti della crisi economica globale, che ha aumentato
la pressione sociale e forse alimentato forme di criminalità predatoria, prima
che negli anni successivi si attuassero misure di contrasto più efficaci o
cambiamenti nelle dinamiche criminali.
Nel complesso,
il quadro finale del 2023 mostra un’Italia più omogenea rispetto al 2004, con
differenze regionali ancora presenti ma meno marcate. Le regioni del sud hanno
ridotto in maniera significativa le rapine, mentre alcune regioni del
centro-nord hanno conosciuto incrementi notevoli, seppur in valori assoluti
contenuti. La Toscana è l’esempio più evidente di questo processo, con un
aumento del 200%, ma anche Friuli, Trentino e Umbria mostrano andamenti
rilevanti.
Questa
evoluzione suggerisce che i fenomeni criminali non seguono una geografia
immobile ma si ridistribuiscono nel tempo, spesso in relazione a fattori
economici, sociali e demografici. La riduzione delle rapine al sud non implica
necessariamente un calo complessivo della criminalità, ma potrebbe indicare un
mutamento nelle strategie delle organizzazioni criminali o una maggiore
efficacia del controllo del territorio. Al nord e al centro, invece, l’aumento
può essere letto come il segnale di un adattamento della criminalità alle nuove
opportunità e vulnerabilità offerte da contesti urbani ed economici diversi.
In conclusione,
i dati raccontano una storia di forti cambiamenti negli ultimi vent’anni. La
rapina, pur restando un reato che colpisce con maggiore intensità i grandi
centri urbani, ha ridotto il suo peso in molte aree storicamente più esposte,
mentre ha conosciuto crescite relative in regioni meno tradizionalmente
colpite. L’interpretazione di queste dinamiche richiede di guardare oltre i
numeri, considerando i fattori sociali ed economici che le hanno generate.
Tuttavia, l’evoluzione complessiva suggerisce che l’Italia abbia compiuto
progressi significativi nel contenimento di questo fenomeno, pur con differenze
regionali che rimangono centrali per comprendere appieno il quadro.
Fonte: ISTAT
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