Incremento diffuso della fiducia nel Parlamento: variazioni più marcate in Sardegna, Piemonte e Abruzzo
- La fiducia nel Parlamento italiano mostra tre fasi distinte: declino e stagnazione fino al 2014, ripresa graduale dal 2015 al 2018 e consolidamento con livelli record tra 2019 e 2023.
 - Le
differenze territoriali si attenuano nel tempo: il Sud e le regioni centrali
raggiungono valori elevati, mentre alcune aree periferiche come Sardegna e
Valle d’Aosta restano leggermente più basse.
 - Eventi
straordinari come la pandemia e l’avvio del PNRR hanno rafforzato la fiducia,
evidenziando la natura dinamica e congiunturale del rapporto tra cittadini e
istituzioni parlamentari.
 
L’analisi dei
dati relativi alla fiducia nel Parlamento italiano, distribuiti su base
regionale nel periodo compreso tra il 2011 e il 2023, consente di delineare un
quadro complesso ma significativo delle dinamiche di legittimazione
istituzionale e delle percezioni collettive nei confronti di una delle
principali istituzioni della democrazia rappresentativa. La scala dei valori,
che oscilla prevalentemente fra il 2,7 e il 5,1, riflette un intervallo non
estremo ma indicativo di un rapporto ambivalente tra cittadini e istituzione
parlamentare: da un lato una persistente diffidenza, ereditata da un contesto
di crisi politico-economica e di sfiducia generalizzata verso le élite,
dall’altro un progressivo riassestamento che sembra consolidarsi negli anni più
recenti, in particolare a partire dal 2018, con un rafforzamento dei livelli di
fiducia in quasi tutte le regioni.
Nel periodo
iniziale, tra il 2011 e il 2014, i dati segnalano una fase di stagnazione o
lieve declino, con valori mediamente compresi tra 3 e 3,5. Questo andamento può
essere letto alla luce delle turbolenze legate alla crisi del debito sovrano
europeo e alla conseguente adozione di misure di austerità che hanno inciso
pesantemente sul consenso politico. In regioni come il Veneto, il Friuli-Venezia
Giulia e il Trentino-Alto Adige si registrano punteggi particolarmente bassi
(2,7-2,9 nel 2013), rivelando un’accentuata disillusione verso la capacità del
Parlamento di rispondere alle istanze territoriali. Analogamente, regioni
tradizionalmente meno rappresentate nel dibattito politico nazionale, come la
Sardegna e la Valle d’Aosta, mostrano indici contenuti che sembrano
rispecchiare la distanza percepita dal centro decisionale.
A partire dal
2015 e soprattutto nel biennio 2018-2019 emerge un progressivo recupero di
fiducia. L’Emilia-Romagna, la Toscana, il Lazio e la Campania si attestano su
valori prossimi o superiori a 4,4 già nel 2019, delineando un trend di
consolidamento che riflette sia la riorganizzazione del sistema partitico
successiva alle elezioni del 2018 sia l’ingresso di forze politiche
caratterizzate da una retorica di rinnovamento e discontinuità. È interessante
osservare come tale recupero non sia circoscritto alle regioni del Centro-Sud,
dove tradizionalmente la fiducia nelle istituzioni conosce oscillazioni legate
a fattori di rappresentanza e redistribuzione, ma si manifesti anche nel Nord
produttivo, come in Lombardia e Piemonte, dove i valori salgono da una media di
3,2-3,3 a oltre 4,4 nel 2019. Questo processo evidenzia una dinamica nazionale
piuttosto omogenea, che sembra attenuare le fratture territoriali.
Il biennio
2020-2021 appare particolarmente rilevante, poiché coincide con la gestione
emergenziale della pandemia da Covid-19. In questo frangente, la fiducia nel
Parlamento si stabilizza su valori elevati, oscillanti tra 4,2 e 4,9, a
conferma del fenomeno noto in letteratura come rally ‘round the flag, ovvero la
tendenza a una maggiore coesione sociale e istituzionale nei momenti di crisi
collettiva. L’Umbria, le Marche e la Toscana raggiungono valori prossimi a 4,7,
mentre la Puglia segna il picco più alto con 4,9 nel 2020. Anche regioni
tradizionalmente caratterizzate da livelli di fiducia più contenuti, come la
Sardegna, mostrano un significativo incremento, passando da valori intorno a 3
nel 2015 a oltre 4,3 nel 2020. Questo dato suggerisce una momentanea
sospensione delle dinamiche conflittuali e una convergenza di consenso verso le
istituzioni parlamentari percepite come garanti di stabilità.
Il periodo
successivo, 2022-2023, evidenzia una prosecuzione di tale tendenza con
ulteriore rafforzamento della fiducia in molte regioni. Lazio, Campania, Puglia
e Molise raggiungono o superano la soglia del 5, segnando i valori massimi
della serie. Tale risultato potrebbe essere attribuito a una combinazione di
fattori: da un lato l’effetto residuale della gestione pandemica e della
capacità delle istituzioni di veicolare risorse economiche attraverso il Piano
Nazionale di Ripresa e Resilienza, dall’altro la percezione di un rinnovato protagonismo
del Parlamento nella definizione delle linee di policy. L’incremento diffuso
nel Sud, in particolare in Puglia e Campania, suggerisce una maggiore fiducia
nella capacità delle istituzioni di intercettare e rispondere ai bisogni
territoriali, riducendo almeno parzialmente il tradizionale gap di fiducia tra
Nord e Sud.
Pur nella
tendenza generale positiva, permangono differenziazioni territoriali che
meritano attenzione. Le regioni a statuto speciale come la Valle d’Aosta e la
Sardegna, pur avendo registrato incrementi, continuano a collocarsi su valori
lievemente inferiori rispetto ad altre aree, segnalando una persistente
tensione legata al rapporto centro-periferia. Al contrario, regioni centrali
come Umbria, Marche e Lazio consolidano i livelli più elevati, rafforzando
l’idea che la vicinanza geografica e simbolica al centro
politico-amministrativo possa incidere sulla percezione di efficacia
parlamentare.
In prospettiva
diacronica, l’andamento dei dati conferma dunque tre fasi principali: una fase
di declino e stagnazione fino al 2014, legata alla crisi economica e alla
delegittimazione del sistema politico tradizionale; una fase di ripresa
graduale tra il 2015 e il 2018, corrispondente al rinnovamento del quadro
partitico e alla crescente domanda di rappresentanza; e infine una fase di
consolidamento e crescita tra il 2019 e il 2023, rafforzata dalla gestione
emergenziale e dall’avvio di programmi di rilancio economico. Questo sviluppo,
tuttavia, non va interpretato come una stabilizzazione definitiva della fiducia
parlamentare, quanto piuttosto come un indicatore sensibile al contesto
politico, economico e sociale.
Dal punto di
vista teorico, i dati suggeriscono che la fiducia nel Parlamento italiano non
può essere ridotta a una variabile statica, ma va compresa come un costrutto
dinamico, modellato da fattori congiunturali (crisi economiche, emergenze
sanitarie), da variabili istituzionali (efficienza legislativa, capacità di
mediazione politica) e da elementi culturali (tradizione civica, capitale
sociale territoriale). Le differenze interregionali non appaiono radicali, ma
lasciano emergere linee di continuità che riflettono storicamente la diversa
capacità di integrazione delle periferie nel circuito politico nazionale.
In conclusione,
l’analisi dei dati mette in luce un trend di progressivo rafforzamento della
fiducia nel Parlamento italiano, che, pur partendo da livelli medio-bassi nel
periodo 2011-2014, raggiunge nel 2023 valori prossimi o superiori al 5 in molte
regioni. Questo andamento segnala un parziale recupero della legittimazione
istituzionale, favorito sia da eventi straordinari come la pandemia sia da
processi di riorganizzazione politico-istituzionale. Resta tuttavia aperta la
questione della sostenibilità di tali livelli di fiducia nel lungo periodo, in
un contesto segnato da volatilità elettorale, polarizzazione e trasformazioni
socioeconomiche. La fiducia nel Parlamento, in ultima analisi, appare come un
indicatore sensibile della qualità democratica e della capacità delle
istituzioni di adattarsi ai mutamenti del tessuto sociale, mantenendo viva la
relazione di rappresentanza su cui si fonda l’intero sistema politico.
Fonte: ISTAT
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