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Nord e Sud a confronto: il divario nella percezione del benessere degli italiani

 

  •  Tra il 2012 e il 2015 la soddisfazione per la vita crolla in quasi tutte le regioni, con minimi storici soprattutto nel Mezzogiorno.
  • Dal 2016 in poi si registra una ripresa, accentuata dopo la pandemia, ma con forti differenze territoriali.
  •  Trentino-Alto Adige e Valle d’Aosta restano le aree più soddisfatte, mentre Campania, Sicilia e Basilicata confermano un persistente gap rispetto al resto del Paese. 

 

L’analisi dei dati relativi alla soddisfazione per la propria vita nelle diverse regioni italiane dal 2010 al 2023 permette di cogliere una serie di tendenze sia a livello territoriale sia temporale, restituendo un quadro composito e sfaccettato del benessere soggettivo degli italiani. Si tratta di percentuali che sintetizzano il livello di appagamento percepito dalla popolazione in relazione alla propria esistenza, un indicatore che non coincide automaticamente con quello economico, ma che è comunque influenzato da dinamiche socioeconomiche, politiche, culturali e persino sanitarie, come l’esperienza della pandemia ha reso evidente negli anni più recenti.

La prima considerazione che emerge riguarda le forti differenze territoriali. Le regioni del Nord e del Centro-Nord, in particolare Trentino-Alto Adige e Valle d’Aosta, si attestano costantemente su livelli più elevati di soddisfazione rispetto al resto del Paese, mentre le regioni del Mezzogiorno registrano valori decisamente più bassi, con picchi negativi in Campania e Basilicata soprattutto negli anni successivi al 2010. Il Trentino-Alto Adige, ad esempio, si colloca quasi sempre oltre il 60 per cento di soddisfazione nei primi anni osservati, mantenendo un livello alto anche successivamente, pur con una leggera flessione nel lungo periodo, come evidenziato dalla variazione assoluta negativa di -2,8 punti. La Valle d’Aosta, pur con oscillazioni più marcate, mostra valori superiori alla media nazionale, e nel 2023 arriva al 56,4 per cento, praticamente in linea con i livelli del 2010. Al contrario, regioni come la Campania partono da percentuali già basse, pari al 32,1 per cento nel 2010, e toccano un minimo drammatico del 20 per cento circa nel 2015, per poi risalire lentamente, senza tuttavia recuperare la distanza dal resto del Paese.

La seconda osservazione riguarda l’andamento temporale, che mostra come la soddisfazione per la vita abbia subito una crisi significativa tra il 2012 e il 2015, in concomitanza con gli anni della crisi economica e delle misure di austerità che hanno inciso profondamente sul tessuto sociale. In quasi tutte le regioni, i valori scendono in modo sensibile in quel periodo, con differenze più o meno marcate: la Toscana passa da un 44,5 per cento nel 2010 a un minimo del 32,3 nel 2012, la Basilicata scende dal 42,8 per cento al 25,9 nel 2015, mentre la Campania tocca appunto un livello minimo del 20 per cento nello stesso anno. Si tratta di un crollo che riflette un diffuso senso di precarietà, disoccupazione crescente e sfiducia generalizzata nelle istituzioni, oltre a condizioni di vita percepite come peggiorate.

Dal 2016 in avanti, i dati mostrano una graduale ripresa, anche se con andamenti altalenanti. Le regioni del Centro-Nord recuperano più rapidamente, mentre quelle meridionali mostrano un processo più lento e discontinuo. In molte aree, il 2020, anno dell’emergenza pandemica, non determina un crollo uniforme dei livelli di soddisfazione, anzi in alcuni casi si osserva una certa stabilità. Ad esempio, il Piemonte passa da un 48,7 per cento nel 2019 a un 44 per cento nel 2020, con una flessione leggera, mentre la Sardegna registra addirittura una crescita, passando dal 44,4 al 46,4 per cento nello stesso periodo. La pandemia sembra quindi avere avuto effetti diversificati: per alcuni territori ha accentuato l’incertezza e la paura, per altri ha generato un recupero di coesione e una maggiore capacità di adattamento.

Dal 2021 al 2023, i valori tendono a crescere quasi ovunque, segnalando un miglioramento delle condizioni percepite, sebbene con differenze regionali persistenti. Alcune regioni, come l’Abruzzo e il Lazio, registrano variazioni percentuali molto rilevanti: rispettivamente +22,87 per cento e +22,49 per cento, con un guadagno netto di soddisfazione notevole rispetto al 2010. In Abruzzo, ad esempio, si passa da un 41,1 per cento nel 2010 a un 50,5 per cento nel 2023, con un balzo soprattutto negli anni post-pandemici. Anche la Campania mostra un recupero significativo, pari a +20,56 per cento rispetto al dato iniziale, pur restando tra le regioni meno soddisfatte. Questo dimostra come il miglioramento relativo non coincida sempre con livelli assoluti alti.

Altre regioni invece mostrano variazioni minime o addirittura negative, segno che non hanno sperimentato progressi consistenti. È il caso del Trentino-Alto Adige, già citato, che pur partendo da valori molto elevati conosce un arretramento di quasi 3 punti, oppure dell’Emilia-Romagna, che presenta una variazione negativa pari a -1,06, passando dal 47 per cento del 2010 al 46,5 del 2023. Anche la Lombardia rimane sostanzialmente stabile, con un -0,3 per cento che indica una stagnazione dei livelli di soddisfazione, sebbene su valori medio-alti.

Un aspetto interessante riguarda la dinamica di regioni come la Liguria e la Sardegna, che partono da posizioni medio-basse ma riescono a migliorare sensibilmente: la Liguria guadagna 4,2 punti, passando dal 46,3 al 50,5 per cento, e la Sardegna cresce di 5,8 punti, arrivando al 49 per cento nel 2023. Si tratta di segnali che forse rimandano a trasformazioni sociali e culturali più lente ma efficaci, capaci di generare un miglioramento diffuso del benessere percepito.

Un altro dato rilevante è quello della Sicilia, che mostra una crescita contenuta, pari a soli 3,2 punti percentuali, passando dal 41,3 al 44,5 per cento. Pur registrando un recupero dopo i minimi del 2012-2014, la regione non riesce a colmare la distanza dal resto del Paese, confermando un gap strutturale che caratterizza buona parte del Mezzogiorno. Un discorso analogo può essere fatto per la Basilicata, che pur crescendo di appena 0,7 punti resta in fondo alla classifica nazionale.

Il confronto tra regioni del Nord e del Sud sottolinea dunque una polarizzazione che non si è mai realmente ridotta, se non in termini relativi. Mentre il Nord mantiene una media più alta, il Sud, pur crescendo in alcuni casi con variazioni percentuali significative, non riesce a raggiungere i livelli più elevati. Le differenze strutturali legate al mercato del lavoro, alle infrastrutture, ai servizi pubblici e alle opportunità sociali ed economiche sembrano continuare a pesare sul senso di soddisfazione individuale.

Se si guarda all’intero periodo, emerge un quadro di resilienza ma anche di fragilità. Resilienza, perché dopo una fase di crisi profonda e di insoddisfazione diffusa, soprattutto nel 2012-2015, molte regioni sono riuscite a risalire, ritrovando livelli di benessere percepito simili o superiori a quelli iniziali. Fragilità, perché questo recupero non è uniforme e non elimina le disparità, che anzi in alcuni casi si accentuano. Il Trentino-Alto Adige rimane comunque lontano dal resto del Paese, con livelli che superano costantemente il 60 per cento nei primi anni e si attestano poco sopra il 60 anche negli ultimi, mentre regioni come la Campania o la Sicilia oscillano intorno al 40 per cento.

Va sottolineato che la soddisfazione per la vita non è un indicatore puramente economico. Essa ingloba dimensioni psicologiche, relazionali, ambientali e culturali. Ciò spiega perché regioni con livelli economici relativamente simili possano mostrare andamenti diversi, come avviene per Lazio e Toscana: entrambe con una base economica importante, ma con risultati differenziati, anche legati alla percezione del contesto sociale e istituzionale.

Nel complesso, i dati dal 2010 al 2023 raccontano la storia di un Paese che ha attraversato crisi dure e momenti di ripresa, che ha visto il proprio benessere soggettivo oscillare in modo significativo, ma che non ha mai superato, nella maggior parte delle regioni, la soglia del 50-55 per cento di soddisfazione. Solo alcune aree come Trentino-Alto Adige e Valle d’Aosta sono riuscite a mantenersi costantemente su valori più elevati, quasi come eccezioni nel panorama nazionale.

Il periodo osservato mette dunque in luce come il benessere percepito resti un indicatore sensibile alle congiunture esterne ma anche radicato nelle strutture territoriali. Se da un lato vi è stata una capacità di ripresa, dall’altro rimane evidente la necessità di politiche che riducano le disuguaglianze territoriali e garantiscano opportunità più omogenee. Solo così la soddisfazione per la vita potrà crescere in modo più equilibrato e duraturo in tutto il Paese.

 

Fonte: ISTAT

Link: https://www.istat.it/statistiche-per-temi/focus/benessere-e-sostenibilita/la-misurazione-del-benessere-bes/gli-indicatori-del-bes/








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