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Carceri italiane, un problema irrisolto: progressi al Centro-Nord, criticità persistenti al Sud

 


  • Toscana, Emilia-Romagna e Trentino-Alto Adige registrano riduzioni significative, avvicinandosi alla soglia di equilibrio.
  •  Lombardia, Puglia e Basilicata restano aree critiche, con sovraffollamento stabile o addirittura in aumento.
  • L’Italia mostra un miglioramento complessivo, ma il problema resta strutturale e fortemente differenziato territorialmente.
 

L’analisi dei dati relativi all’affollamento degli istituti di pena nelle regioni italiane dal 2004 al 2023 evidenzia un quadro complesso, segnato da forti oscillazioni territoriali e da una tendenza generale alla riduzione, pur con significative eccezioni. Il fenomeno del sovraffollamento carcerario è un tema strutturale del sistema penitenziario italiano, oggetto di dibattito politico e giuridico da decenni, che coinvolge la tutela dei diritti fondamentali dei detenuti e l’efficacia stessa delle politiche penali. I valori espressi in percentuale misurano il rapporto tra detenuti presenti e posti regolamentari disponibili, consentendo di comprendere quanto gli istituti siano saturi rispetto alla loro capienza.

In generale, si osserva che molte regioni hanno conosciuto un calo consistente dei livelli di affollamento rispetto ai picchi del periodo 2008-2010, quando l’Italia si trovava spesso al centro di richiami da parte delle istituzioni europee per la condizione delle carceri. Il Piemonte, ad esempio, passa da un valore altissimo di 145,7 nel 2004 a 106,3 nel 2023, segnando un calo del 27%. La riduzione, tuttavia, non segue un andamento lineare: nel 2010 e 2011 si superano ancora i 150 punti, segno che gli sforzi di contenimento sono stati discontinui e non sempre efficaci. Situazione simile in Valle d’Aosta, con un dato che oscilla pesantemente fino a toccare 155 nel 2011 per poi crollare a 56,4 nel 2022 e risalire leggermente a 72,9 nel 2023. Questo andamento riflette la vulnerabilità di regioni con strutture detentive ridotte, dove poche variazioni numeriche incidono sensibilmente sulle percentuali.

Liguria e Lombardia mostrano dinamiche differenti. La prima registra una sostanziale stabilità tra 120 e 130 punti negli ultimi anni, con una variazione quasi nulla rispetto al 2004, segnalando che il problema rimane pressoché irrisolto. La Lombardia, pur partendo da valori molto elevati (142,2 nel 2004, con picchi di 172,8 nel 2011), chiude il 2023 a 141,8, sostanzialmente invariata rispetto all’inizio del periodo, confermando la cronica difficoltà della regione più popolosa d’Italia nel gestire la popolazione carceraria.

Diverso il caso del Trentino-Alto Adige, che riduce drasticamente i valori passando da 135,3 a 94,7, con un calo del 30%. Ancora più rilevante è la Toscana, che da 136,5 nel 2004 scende a 97,8 nel 2023, con una variazione negativa del 28%, segno di un miglioramento strutturale che ha portato la regione al di sotto della soglia critica del 100%. Analogamente, l’Emilia-Romagna mostra una riduzione marcata, dal 157,3 al 119,9, pari a un -23,7%. Questi dati dimostrano come alcune regioni abbiano adottato strategie più efficaci nella gestione della popolazione detenuta, forse attraverso misure alternative alla detenzione, potenziamento dei posti disponibili o politiche giudiziarie meno orientate all’incarcerazione.

Al Centro spiccano anche Umbria e Lazio. L’Umbria, in controtendenza, mostra un incremento: da 103,9 nel 2004 arriva a 110,4 nel 2023, segnando un +6,2%. Ciò indica una pressione crescente sul sistema locale, nonostante oscillazioni che avevano portato a valori più bassi nel 2015. Il Lazio, invece, parte da 118,8 e arriva a 123,7, con un lieve aumento del 4%, mantenendosi su valori alti e sostanzialmente invariati.

Nel Mezzogiorno la situazione è molto variegata. In Campania si registra un miglioramento moderato, dal 133,6 del 2004 al 118,8 del 2023, con un calo dell’11%. Puglia e Basilicata rappresentano due casi particolari: la prima, partendo da 139,4, raggiunge 151,8 nel 2023, con un aumento del 9%, segno che il problema non solo non è stato risolto, ma si è aggravato. La Basilicata, invece, registra una crescita ancora più evidente, passando da 104,1 a 130,2, con un +25%. In questo caso si tratta della variazione più alta a livello nazionale, segnale di una gestione complessa di un sistema penitenziario di piccole dimensioni. Calabria e Sicilia mostrano cali significativi, rispettivamente -19% e -20%, con valori che oggi si attestano intorno a 110 e 103, indicando una riduzione della pressione sulle strutture.

La Sardegna presenta una dinamica peculiare: pur con valori inizialmente più bassi rispetto ad altre regioni (84,8 nel 2004), nel corso degli anni registra oscillazioni che portano a un dato finale di 81,8 nel 2023, con una variazione minima del -3,5%. Questo significa che la regione, grazie anche a un sistema penitenziario storicamente meno congestionato, non ha vissuto le criticità drammatiche di altre aree.

L’analisi territoriale mostra quindi che il fenomeno non è uniforme e dipende da molteplici fattori: numero e dimensioni delle strutture, politiche locali di gestione, ricorso a misure alternative alla detenzione, dinamiche criminali e sociali. Alcune regioni hanno compiuto progressi significativi, portando i valori vicini o sotto la soglia del 100%, che rappresenta l’equilibrio tra detenuti e posti disponibili, mentre altre rimangono stabilmente sopra i 120 o 130, segno di un problema irrisolto.

Nel complesso, l’Italia ha visto una riduzione del sovraffollamento rispetto ai picchi del passato, anche per effetto delle pressioni internazionali e delle riforme adottate, come l’introduzione di misure alternative e la depenalizzazione di alcuni reati minori. Tuttavia, la persistenza di valori elevati in regioni popolose come Lombardia, Lazio, Puglia e Campania dimostra che il problema resta strutturale e non limitato a casi isolati.

Il sovraffollamento non è solo una questione numerica, ma riguarda i diritti fondamentali e la qualità della vita nelle carceri. Condizioni di affollamento eccessivo compromettono l’accesso ai servizi sanitari, la sicurezza, le possibilità di reinserimento e il rispetto della dignità umana, esponendo l’Italia a continue critiche da parte di organismi sovranazionali. Le differenze territoriali osservate rendono evidente che servono politiche mirate, capaci di adattarsi alle specificità locali ma anche di garantire standard omogenei sul piano nazionale.

In conclusione, i dati dal 2004 al 2023 mostrano che sebbene in molte regioni si sia registrata una diminuzione dell’affollamento carcerario, in altre il problema resta grave o addirittura peggiorato. Le regioni del Centro-Nord come Toscana, Emilia-Romagna e Trentino-Alto Adige rappresentano esempi di miglioramento tangibile, mentre Lombardia, Puglia e Basilicata continuano a segnalare livelli critici. La sfida per il futuro sarà rendere strutturali i progressi ottenuti, evitando rimbalzi negativi e garantendo condizioni dignitose e sostenibili in tutti gli istituti di pena del Paese. Questo richiederà una strategia complessiva che includa riforme penali, investimenti infrastrutturali, potenziamento delle misure alternative e un approccio culturale diverso alla funzione della pena. Solo così sarà possibile superare definitivamente l’emergenza del sovraffollamento carcerario, trasformandola in un’occasione di rinnovamento e modernizzazione del sistema penitenziario italiano.

 

Macro-regioni.  I dati sull’affollamento degli istituti di pena in Italia e nelle sue macro-aree tra il 2012 e il 2023 mostrano una tendenza generale alla diminuzione, pur con oscillazioni significative e differenze territoriali che confermano la natura strutturale e disomogenea del fenomeno. Nel complesso, l’Italia passa da un indice di 139,7 nel 2012 a 117,6 nel 2023, con una variazione assoluta di -22,1 e una riduzione percentuale del 15,8%. Questo risultato segnala un alleggerimento della pressione sugli istituti penitenziari, ma non ancora sufficiente a risolvere in modo stabile il problema del sovraffollamento.

Il Nord registra una discesa da 149,9 a 125,4, con una riduzione di oltre il 16%. All’interno dell’area si osservano però differenze: il Nord-ovest scende a 126,5, con una variazione del -15%, mentre il Nord-est mostra un calo più consistente, passando da 151,5 a 123,4 e riducendo di quasi il 19% il livello di affollamento. Ciò testimonia che, pur rimanendo su valori elevati, il Nord-est ha compiuto progressi maggiori nella gestione della popolazione carceraria.

Il Centro Italia evidenzia una dinamica simile, con un calo da 137,3 a 113,2 e una riduzione del 17,5%. Qui il miglioramento è più marcato e indica una tendenza a riportare i valori verso soglie più vicine all’equilibrio, anche se non ancora soddisfacenti. Nel Mezzogiorno, invece, la riduzione appare più contenuta: dai 132,7 punti del 2012 si passa a 113,7 nel 2023, con un -14%. Se si osserva nel dettaglio, il Sud scende da 141,6 a 124,2 (-12,3%), mentre le Isole, pur partendo da valori inferiori, registrano un calo più netto, da 118,2 a 97,3 (-17,6%).

Questi dati mettono in evidenza tre aspetti fondamentali. Innanzitutto, il sovraffollamento resta un problema diffuso, con tutte le macro-aree ancora oltre la soglia del 100%, segnale che le carceri italiane rimangono strutturalmente congestionate. In secondo luogo, il miglioramento non è uniforme: il Nord-est e il Centro si distinguono per riduzioni più significative, mentre il Sud continua a mostrare maggiore difficoltà. Infine, le oscillazioni intermedie, con rialzi in diversi anni, indicano che le misure adottate non hanno prodotto effetti stabili ma piuttosto temporanei.

Nel complesso, l’Italia ha ridotto il peso del sovraffollamento carcerario, ma la sfida rimane aperta. Le differenze territoriali e l’instabilità dei dati mostrano la necessità di interventi più strutturali, capaci di coniugare ampliamento delle strutture, applicazione più diffusa di misure alternative e riforme penali volte a ridurre l’uso sistematico della detenzione.

 

Fonte: Istat

Link: https://www.istat.it/statistiche-per-temi/focus/benessere-e-sostenibilita/la-misurazione-del-benessere-bes/gli-indicatori-del-bes/












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