I dati sugli acquisti di prodotti energetici nel
settore manifatturiero tra il 2018 e il 2022 mostrano con estrema chiarezza
come le dinamiche economiche e geopolitiche abbiano profondamente influenzato i
costi sostenuti dalle imprese per l’approvvigionamento di energia. L’andamento
generale segnala un quadro di relativa stabilità nei primi anni del periodo
considerato, seguito da un’impennata senza precedenti nel biennio 2021-2022, in
gran parte legata all’aumento dei prezzi dell’energia a seguito della ripresa
post-pandemica e, soprattutto, delle tensioni internazionali e della crisi
energetica innescata dal conflitto in Ucraina. In Austria, la spesa per
prodotti energetici passa da circa 3,5 miliardi nel 2018 a poco meno di 4
miliardi nel 2019, mantenendosi intorno a 3,7 miliardi nel 2020, per poi
crescere in modo marcato a 4,6 miliardi nel 2021 e quasi raddoppiare a 7,97
miliardi nel 2022. In Belgio, la tendenza è simile ma con valori assoluti più
alti: dopo una leggera flessione tra il 2018 e il 2020, gli acquisti salgono a
oltre 11,4 miliardi nel 2021 e 13,7 miliardi nel 2022. Paesi di scala ridotta
come l’Estonia partono da livelli nettamente inferiori, con circa 300 milioni
di euro nel 2018, ma mostrano anch’essi un forte incremento, fino a superare i
628 milioni nel 2022, segnale che la pressione sui costi energetici ha colpito
trasversalmente le economie, indipendentemente dalla dimensione. La Finlandia
presenta un andamento inizialmente decrescente, con un calo da 2,45 miliardi
del 2018 a 2,01 miliardi nel 2020, ma dal 2021 la curva torna a salire fino a
3,56 miliardi nel 2022. In Francia, il valore si mantiene sopra i 13 miliardi
nel 2018, scende leggermente negli anni successivi e raggiunge un picco di
oltre 21,7 miliardi nel 2022, confermando un impatto molto forte della crisi
energetica su una delle maggiori economie manifatturiere europee. La Germania
domina in termini assoluti, con valori che passano da oltre 37,5 miliardi nel
2018 a 34 miliardi nel 2020, per poi impennarsi a più di 44 miliardi nel 2021 e
quasi raddoppiare fino a sfiorare i 72 miliardi nel 2022. Questa dinamica
riflette sia la grande scala produttiva del paese, sia la forte esposizione
dell’industria tedesca alle forniture energetiche estere, in particolare quelle
di gas naturale. La Grecia evidenzia oscillazioni più ampie e legate anche a
fattori interni di domanda e capacità produttiva: dai 2,94 miliardi del 2018 si
passa a 3,94 miliardi nel 2019, ma il 2020 segna un calo netto a 2,32 miliardi;
la ripresa è lenta nel 2021, seguita però da un balzo a oltre 5,1 miliardi nel
2022. L’Irlanda, caratterizzata da un tessuto industriale molto aperto e con
una forte componente multinazionale, mostra valori relativamente bassi ma in
rapida crescita negli ultimi anni: da 776 milioni nel 2018 a oltre 2,15
miliardi nel 2022, più che raddoppiando nel biennio finale. Il caso dell’Italia
è particolarmente interessante: partendo da 6,5 miliardi nel 2018, gli acquisti
crescono sensibilmente nel 2019 a 9,44 miliardi, crollano a 4,65 miliardi nel
2020 a causa del calo della produzione durante la pandemia, e poi schizzano a
8,85 miliardi nel 2021 e addirittura a 22,99 miliardi nel 2022, quasi
quadruplicando rispetto ai minimi della crisi sanitaria. Nei paesi baltici,
come la Lettonia e la Lituania, i dati mostrano livelli assoluti modesti ma
dinamiche molto simili agli altri stati: la Lituania, ad esempio, passa da poco
più di 530 milioni nel 2018 a 1,17 miliardi nel 2022, segnando una crescita di
oltre il 120% in quattro anni. Il Lussemburgo registra valori stabili fino al
2020, poi in forte crescita fino a 1,86 miliardi nel 2022. Nei Paesi Bassi, gli
acquisti calano da oltre 6 miliardi nel 2018 a 4,73 miliardi nel 2020, ma
successivamente raddoppiano, raggiungendo 16,21 miliardi nel 2022. In
Portogallo, il trend è di lieve calo nei primi anni, seguito da un aumento
deciso a partire dal 2021 fino a superare i 4,27 miliardi nel 2022. La
Slovacchia, pur con valori contenuti rispetto ai grandi paesi, passa da 1,98
miliardi nel 2018 a 3,37 miliardi nel 2022, mentre la Slovenia mantiene valori
sotto il miliardo nei primi tre anni, con dati mancanti per il 2021 e 2022. La
Spagna mostra un andamento simile a quello dell’Italia, con valori elevati già
nel 2018 (oltre 13 miliardi), una riduzione nel 2020 a 10,19 miliardi, seguita
da un forte incremento fino a 26,26 miliardi nel 2022, raddoppiando in due
anni. Nei paesi extra-OCSE per cui sono disponibili dati, come Cipro e Malta, i
valori sono molto ridotti ma comunque influenzati dalla volatilità dei prezzi:
Cipro passa da 158 milioni nel 2018 a valori non disponibili nel 2021-2022,
mentre Malta oscilla tra 38 e 59 milioni, senza variazioni di scala
paragonabili ai paesi maggiori. In sintesi, il quadro evidenzia un elemento
comune a tutte le economie: la spesa per prodotti energetici nel settore
manifatturiero ha subito una vera e propria esplosione tra il 2021 e il 2022,
dopo un periodo di relativa calma o addirittura di lieve riduzione nei tre anni
precedenti. Le ragioni sono molteplici e interconnesse: la ripresa della
domanda globale dopo la pandemia, la scarsità di offerta energetica, le
interruzioni nelle catene di approvvigionamento, la crescita del prezzo del gas
e del petrolio e le tensioni geopolitiche. L’impatto è stato proporzionale alla
dimensione e alla struttura produttiva dei singoli paesi, colpendo in modo
particolare le grandi economie manifatturiere come Germania, Francia, Italia e
Spagna, ma incidendo in maniera significativa anche su economie più piccole. La
situazione del 2022 segna probabilmente un punto di svolta, con le imprese
chiamate a rivedere le proprie strategie di approvvigionamento, diversificare
le fonti e investire in efficienza energetica per mitigare il rischio di futuri
shock sui prezzi.
Fonte: OCSE
Acquisti di prodotti
energetici. Gli acquisti di tutti i prodotti energetici includono tutti gli
acquisti di prodotti energetici effettuati durante il periodo di riferimento e
destinati a essere utilizzati nella produzione come combustibile durante il
periodo di riferimento. I prodotti energetici acquistati come materia prima o
per la rivendita senza trasformazione devono essere registrati come variazioni
delle scorte (inventari).
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