L’analisi degli
investimenti lordi in software acquistato nel settore manifatturiero per l’anno
2021 evidenzia un quadro fortemente eterogeneo tra i Paesi considerati, sia in
termini di valori assoluti sia in relazione alla dimensione e alla struttura dei
rispettivi sistemi produttivi. Il software acquistato rappresenta una
componente cruciale per la digitalizzazione e l’innovazione industriale,
comprendendo applicazioni per la gestione della produzione, soluzioni di
progettazione assistita, sistemi per la logistica e la catena di
approvvigionamento, piattaforme per il monitoraggio e l’analisi dei dati e
strumenti di automazione dei processi. In un contesto come quello del 2021,
caratterizzato da una progressiva ripresa post-pandemica e dall’accelerazione delle
strategie legate all’Industria 4.0, tali investimenti assumono un significato
strategico, non solo per aumentare l’efficienza operativa ma anche per
rafforzare la competitività a lungo termine.
La Germania si
colloca nettamente al primo posto con 3.278,9 milioni, un dato che riflette
l’ampiezza del suo settore manifatturiero e la forte integrazione di soluzioni
digitali avanzate nei processi produttivi. La capacità delle imprese tedesche,
in particolare quelle dei settori automobilistico, meccanico e chimico, di
investire massicciamente in software è coerente con la strategia nazionale di
digitalizzazione e con un ecosistema industriale fortemente orientato
all’innovazione. Al secondo posto si trova l’Italia con 1.018,8 milioni, cifra
che testimonia il ruolo crescente del software come leva per la modernizzazione
delle imprese italiane. Negli ultimi anni, misure come il Piano Nazionale
Industria 4.0 e gli incentivi fiscali per l’acquisto di beni immateriali hanno
spinto anche le piccole e medie imprese a investire in tecnologie digitali,
favorendo l’adozione di sistemi gestionali integrati, soluzioni di
progettazione e simulazione e applicativi per il controllo della produzione.
L’Irlanda, con
830,0 milioni, mostra un volume di investimenti molto elevato in rapporto alla
dimensione della sua economia, il che si spiega con la presenza di un
consistente numero di multinazionali manifatturiere, soprattutto nei settori
farmaceutico, medicale ed elettronico, che operano con standard tecnologici
avanzati e necessitano di infrastrutture software di alto livello. I Paesi
Bassi registrano 482,4 milioni, un dato significativo che riflette un contesto
produttivo tecnologicamente maturo, caratterizzato da industrie ad alto
contenuto di conoscenza e da una forte specializzazione in settori come
l’elettronica, l’agroalimentare avanzato e la logistica industriale, dove il
software è un elemento centrale nella gestione dei processi.
La Spagna con
428,3 milioni si colloca su valori rilevanti, sostenuti dalla diversificazione del
tessuto manifatturiero e dagli sforzi per integrare la digitalizzazione nella
gestione e nel controllo della produzione, soprattutto nelle filiere
automobilistica, alimentare e chimica. L’Austria, con 368,8 milioni, evidenzia
una solida propensione agli investimenti digitali, coerente con un modello
industriale orientato alla qualità, alla precisione e all’automazione, elementi
che richiedono soluzioni software avanzate per la progettazione e il controllo.
Il Belgio
presenta un valore di 180,6 milioni, che va letto alla luce della struttura
produttiva fortemente orientata verso settori chimici, farmaceutici e
tecnologici, nei quali il software riveste un ruolo chiave ma dove
probabilmente una parte consistente delle soluzioni digitali è sviluppata internamente
o in collaborazione con fornitori locali, riducendo la quota di software
acquistato contabilizzata come investimento. La Finlandia con 173,4 milioni
evidenzia un livello di spesa coerente con la dimensione della sua economia e
con la forte specializzazione nei settori dell’ingegneria meccanica e della
lavorazione del legno, comparti che sempre più adottano sistemi digitali per
l’ottimizzazione della produzione e la sostenibilità.
Il Portogallo
investe 78,4 milioni, un dato inferiore rispetto alle economie più grandi, ma
che segnala un impegno crescente verso la digitalizzazione, in particolare
nelle filiere tessile, calzaturiera e agroalimentare, dove il software può
migliorare l’efficienza operativa e la tracciabilità. La Slovacchia registra
42,2 milioni, con una struttura manifatturiera fortemente dipendente dal
settore automobilistico, dove i software di automazione, logistica e controllo
qualità sono essenziali ma in parte forniti come pacchetto integrato insieme
agli impianti, con conseguente minor peso statistico degli investimenti
specifici in software acquistato. La Lituania con 38,3 milioni mostra una scala
più ridotta, coerente con un settore manifatturiero meno esteso ma in fase di
modernizzazione, in cui le soluzioni digitali stanno entrando progressivamente
nelle imprese, soprattutto in quelle orientate all’export.
La Grecia con
29,8 milioni presenta un livello di investimento relativamente basso, indice di
un percorso di digitalizzazione del manifatturiero ancora in fase iniziale,
probabilmente legato a una minore diffusione di industrie ad alta intensità
tecnologica e alla prevalenza di settori tradizionali. Il Lussemburgo, con 21,3
milioni, si colloca anch’esso su valori contenuti, in linea con la modesta
dimensione della base produttiva manifatturiera, focalizzata su nicchie di
mercato altamente specializzate. In alcuni Paesi, come Estonia, Lettonia e
Slovenia, i dati risultano pari a zero o non disponibili, il che può riflettere
limiti nella raccolta statistica, metodologie di contabilizzazione differenti o
un effettivo peso marginale di questo tipo di investimento rispetto alle altre
componenti del capitale fisso.
Il quadro
complessivo mette in evidenza un legame chiaro tra dimensione economica,
struttura produttiva e volume degli investimenti in software acquistato. Le
grandi economie manifatturiere come Germania, Italia e Spagna presentano valori
assoluti elevati per effetto della scala produttiva e della crescente
integrazione delle tecnologie digitali nei processi industriali. Paesi di
dimensioni ridotte ma con un’elevata concentrazione di industrie ad alta
tecnologia, come Irlanda e Paesi Bassi, raggiungono livelli di investimento pro
capite molto alti, dimostrando che la spesa in software non è solo una funzione
della dimensione economica ma anche della composizione settoriale e della
strategia industriale. Al contrario, economie caratterizzate da un tessuto
manifatturiero tradizionale o meno orientato alle tecnologie avanzate mostrano
valori più contenuti, anche quando l’industria ha un peso rilevante in termini
di occupazione.
L’anno 2021
rappresenta un momento cruciale perché segna, in molti Paesi, una fase di
recupero post-pandemico e di accelerazione nella digitalizzazione, sostenuta da
programmi pubblici e fondi europei mirati alla transizione digitale e verde.
L’adozione di software gestionali integrati, di strumenti di simulazione e
progettazione, di soluzioni per la manutenzione predittiva e di piattaforme per
il monitoraggio dei dati di produzione diventa una condizione essenziale per
aumentare la produttività, ridurre i costi e migliorare la sostenibilità
ambientale. Questa tendenza appare destinata a proseguire, in quanto la
competitività delle imprese manifatturiere dipenderà sempre più dalla capacità
di sfruttare appieno le potenzialità offerte dalle tecnologie digitali. In
prospettiva, il divario tra Paesi ad alta intensità di investimenti in software
e Paesi con livelli più bassi rischia di ampliarsi, a meno che questi ultimi
non adottino politiche incisive di sostegno agli investimenti immateriali e
programmi di formazione mirati a migliorare le competenze digitali nel settore
produttivo.
Fonte: OCSE
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