L’analisi degli
investimenti nelle vie navigabili nel periodo compreso tra il 2019 e il 2023
rivela una realtà estremamente frammentata, nella quale pochi Paesi emergono
per la consistenza e la continuità della spesa, mentre la maggior parte dei
Paesi, inclusi molti membri dell’OCSE, mostrano dati mancanti, livelli di
investimento trascurabili o scelte politiche poco orientate allo sviluppo del
trasporto fluviale e marittimo interno. Le vie navigabili, sebbene
rappresentino una modalità di trasporto sostenibile, economica e a basso
impatto ambientale, sembrano spesso escluse dalle strategie infrastrutturali
centrali, eccezion fatta per alcuni Stati europei con una consolidata
tradizione logistica fluviale o portuale. I dati disponibili, seppur parziali,
offrono uno spaccato interessante sul valore attribuito a questa modalità di
trasporto e sulle differenze profonde tra i vari contesti geografici.
Il Paese che si
distingue maggiormente per la consistenza degli investimenti è la Germania, che
registra valori particolarmente elevati in tutti gli anni osservati. Si parte
da 1,11 miliardi di euro nel 2019 per arrivare a una stima di 1,22 miliardi nel
2023, con un picco di 1,37 miliardi nel 2022. Questo andamento riflette
chiaramente l’importanza strategica delle vie navigabili interne per l’economia
tedesca, soprattutto nel contesto della Renania e lungo il bacino del Reno, uno
dei fiumi più navigati e cruciali per i trasporti commerciali in Europa. La
Germania ha storicamente investito nella manutenzione, nell’ammodernamento e
nell’integrazione delle infrastrutture fluviali con quelle stradali e
ferroviarie, promuovendo un modello di logistica integrata che rende
competitivo il trasporto merci interno e transfrontaliero.
Anche i Paesi
Bassi rappresentano un caso paradigmatico. Le cifre, sempre superiori ai 500
milioni di euro annui, raggiungono un massimo di oltre 826 milioni nel 2021,
per poi calare leggermente nei due anni successivi, fermandosi comunque a più
di 734 milioni nel 2023. La posizione geografica dei Paesi Bassi, la loro
infrastruttura fluviale densa e ramificata e la presenza di uno dei più grandi
porti europei, quello di Rotterdam, rendono le vie d’acqua una colonna portante
del sistema logistico nazionale. L’attenzione e la continuità negli investimenti
mostrano una visione lungimirante e coerente con le politiche ambientali
europee, che puntano a spostare parte del traffico merci dalla strada
all’acqua.
La Francia segue
un percorso simile, anche se con un’impostazione più graduale. Nel 2019
l’investimento era di 163 milioni di euro, ma nel 2023 si stima un valore più
che triplicato, attorno ai 667 milioni. Questo incremento costante rivela una
crescente attenzione al ruolo delle vie navigabili, probabilmente favorita da
progetti di sviluppo intermodale, dalla modernizzazione di canali storici e da
iniziative collegate alla transizione ecologica. I canali francesi, spesso
sottoutilizzati, stanno diventando oggetto di rinnovato interesse in un
contesto in cui l’efficienza e la sostenibilità della logistica stanno
assumendo un valore prioritario.
Anche il Belgio
si distingue, con cifre notevoli e stabili, a partire da 197 milioni nel 2019
fino a un picco di 562 milioni nel 2021, per poi scendere leggermente a 382
milioni nel 2023. Il Belgio, con la sua rete articolata di canali e porti
interni, rappresenta uno dei casi più avanzati di utilizzo strategico delle vie
d’acqua a livello europeo. È plausibile che una parte importante di questi
investimenti sia indirizzata alla manutenzione e all’efficienza dei collegamenti
tra i poli logistici, in un’ottica di competitività internazionale e di
sostenibilità.
Diversa è la
situazione della Repubblica Ceca e della Polonia. Entrambe mostrano dati
modesti, con la Repubblica Ceca che passa da circa 51 milioni nel 2019 a poco
più di 20 milioni nel 2023, in calo progressivo. La Polonia, invece, oscilla
tra i 39 e gli 86 milioni nel quinquennio, con un massimo nel 2022. Questi
numeri indicano una certa attenzione alla manutenzione o a progetti specifici,
ma non sembrano riflettere una strategia di sviluppo ambiziosa delle vie
navigabili come alternativa concreta al trasporto su gomma. In particolare,
nella Repubblica Ceca il calo della spesa potrebbe riflettere una disillusione
verso il potenziale economico delle vie d’acqua, oppure la concorrenza di
modalità più rapide come ferrovia e strada.
L’Italia
presenta dati molto irregolari. Si parte da 79 milioni nel 2019, si scende
drasticamente a soli 15 milioni nel 2021 e si risale a 117 milioni nel 2022.
L’assenza del dato per il 2023 non consente una lettura completa del trend, ma
la forte oscillazione suggerisce una mancanza di pianificazione sistemica o, in
alternativa, la realizzazione di progetti isolati non collegati a un piano
strategico organico. Considerando che l’Italia possiede vie navigabili storiche
come il Po e una rete significativa di porti fluviali e marittimi, il
potenziale di sviluppo appare sottoutilizzato, anche alla luce degli obiettivi
europei sulla riduzione delle emissioni del trasporto merci.
Negli Stati Uniti,
i dati sono disponibili solo per il triennio 2019–2021, con una spesa stabile
attorno ai 290 milioni di euro. Questo valore, per quanto significativo, è
sorprendentemente basso se rapportato alla vastità del territorio e
all’importanza delle vie d’acqua interne americane, in particolare il sistema
Mississippi–Missouri. È possibile che parte delle spese per le vie d’acqua sia
gestita a livello statale o da agenzie federali con bilanci separati, oppure
che i dati disponibili non riflettano l’intero volume di investimenti.
In altri Paesi i
dati sono scarsi o assenti. In molti casi, come in Australia, Giappone, Corea
del Sud, Spagna, Svezia e Norvegia, le informazioni non sono disponibili,
suggerendo che le vie d’acqua non rientrano tra le priorità di spesa
infrastrutturale oppure che i volumi sono troppo esigui per essere riportati.
In paesi come l’Ungheria o la Lituania, i livelli di investimento sono
estremamente bassi e incostanti. L’Ungheria, ad esempio, registra poco più di
900.000 euro nel 2019, scendendo quasi a zero negli anni successivi. La
Lituania mostra un modesto interesse con 10 milioni nel 2021 e 2 milioni nel
2023. Queste cifre sono insufficienti a sostenere lo sviluppo di un sistema
navigabile competitivo e sembrano indicare un disinteresse strutturale.
Nel contesto dei
Paesi non OCSE, i livelli di investimento sono per lo più marginali. In Serbia,
i numeri mostrano un lieve calo: da circa 49 milioni nel 2019 a 39 milioni nel
2023. In Russia, i dati disponibili per il biennio 2019–2020 si aggirano sui
122 milioni, ma non è possibile capire se la tendenza sia proseguita. Altri
Paesi, come la Croazia, mostrano piccoli segnali di attenzione, con
investimenti stabili attorno ai 10 milioni, mentre in molti altri casi, come
Albania, Armenia, Macedonia del Nord o Georgia, non si registrano spese
dichiarate. Queste assenze sono indicative di una mancanza di interesse, ma
possono anche riflettere una carenza di capacità di programmazione o di risorse
pubbliche disponibili.
Nel complesso,
il quadro globale degli investimenti nelle vie d’acqua mostra una
polarizzazione evidente. Pochi Paesi, in particolare Germania, Paesi Bassi,
Francia e Belgio, hanno sviluppato una strategia strutturata di valorizzazione
delle vie navigabili, considerandole una componente fondamentale del sistema
logistico nazionale. In altri contesti, le vie d’acqua sono ancora percepite
come marginali o obsolete, nonostante le evidenze scientifiche e ambientali
suggeriscano il contrario. In un momento storico in cui la decarbonizzazione
dei trasporti è diventata un obiettivo urgente, il potenziamento delle vie
navigabili rappresenta una delle soluzioni più promettenti. Ma per diventare
realtà, tale potenziale deve tradursi in scelte politiche concrete, in visioni
a lungo termine e in investimenti continui e coerenti.
Fonte: OCSE
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